Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20992 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 20992 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26733/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocata COGNOME
-ricorrenti-
contro
CONDOMINIO CORTE DOGALE
-intimato- avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di PADOVA n. 218/2019 depositata il 04/02/2019.
Udita la relazione svolta nella udienza pubblica del 10/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME nella qualità di rappresentante della RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE e quale socio della stessa, nonché NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso articolato in cinque motivi avverso la sentenza n. 218/2019 del Tribunale di Padova pubblicata il 4 febbraio 2019.
Il Condominio ‘Corte Dogale’, non meglio specificato in ricorso e in sentenza, non ha svolto difese.
Il giudizio ha ad oggetto un decreto ingiuntivo pronunciato dal competente Giudice di pace ed intimato, su domanda del Condominio “Corte Dogale”, alla RAGIONE_SOCIALE nonché ai soci della stessa, per il pagamento della somma di € 1.816,86 a titolo di spese condominiali insolute di cui ai rendiconti e ripartizioni approvati dall’assemblea il 22 maggio 2012, oltre, come si legge nella sentenza d’appello ‘alle spese procedurali ivi liquidate in € 450,00’, con accessori.
Gli intimati proposero opposizione contestando irregolarità del procedimento assembleare, nonché la ‘ diversa imputazione di pagamento di € 5.000,00 effettuata in data 29 luglio 2010 in acconto su spese condominiali future ‘, chiedendosene la compensazione con i debiti contabilizzati a carico degli opponenti. Il Giudice di pace adito rigettò l’opposizione e le altre domande degli opponenti, condannando questi ultimi al rimborso delle spese di lite liquidate in € 700,00 oltre accessori.
Il Tribunale di Padova ha poi accolto l’appello del Condominio ‘Corte Dogale’, accollando a carico esclusivo degli opponenti, giacché integralmente soccombenti, le spese della CTU grafologica espletata nel corso del giudizio di primo grado e poste provvisoriamente a carico del Condominio.
Viceversa, è stato respinto l’appello avanzato dalla RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, evidenziando come la deliberazione assembleare del 22 maggio 2012, su cui poggia il credito ingiunto, non fosse stata autonomamente impugnata a norma dell’art. 1137 c.c. e dovesse comunque essere considerata valida ed efficace. Peraltro, il giudice di appello ha sostenuto che anche la questione attinente alla diversa imputazione del pagamento di € 5.000,00 eseg uito dalla RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto essere fatto valere in sede di impugnazione della delibera del 22 maggio 2012. Il Tribunale ha comunque pure confutato che l’assegno di € 5.000,00 costituisse ‘ la quota parte dei lavori di manutenzione e riparazione della terrazza di copertura svolti (lastrico solare di proprietà esclusiva del condomini V. e Z., facente copertura anche al condomino RAGIONE_SOCIALE) ‘. La sentenza di secondo grado ha sostenuto che tale intervento di manutenzione di ‘ parti private ‘ era stato oggetto di ‘ gestione separata con interessamento dell’Amministratore interessato per delega dai condomini committenti ‘ e ‘ non doveva e poteva interessare l’assemblea rimanendo tale genere di interventi estraneo all’applicazione dell’art. 1135 c.c. ‘. Ad avviso del Tribunale ‘ orrettamente, pertanto, il primo giudice ribadiva e considerava mancante la prova incombente sul debitore dell’imputazione alle spese condominiali future dell’assegno emesso (evidenziando che la dazione risaliva a due anni prima della delibera condominiale contestata) dando atto che su tale questione non avevano incidenza e rilievo le risultanze della ctu calligrafica …’. La decisione oggetto di ricorso ha concluso che non si comprendesse né ‘ come mai, laddove la dazione di € 5000,00 fosse avvenuta al Condominio in conto spese condominiali future tanto da ritenersi a credito, a fronte della notifica dell’ingiunzione, la Fioreria abbia effettuato in data 19 giugno 2013
ulteriore versamento di € 1.059,24 a titolo di spese condominiali ‘; né ‘ come mai la causale del versamento dell’assegno emesso in data 29 luglio 2010 … riportasse esplicitamente la dizione “acconto per lavori di ristrutturazione”, rendendo se non temeraria del tutto contraddittoria la pretesa diversa imputazione del pagamento avvallata dal difensore avv. COGNOME con il fax successivo ‘.
Ha depositato memoria il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME concludendo per il rigetto del ricorso.
Anche i ricorrenti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.-Il primo motivo del ricorso della NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, nonché di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME denuncia la ‘ Erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 91 c.p.c .’ per avere ‘ il Tribunale di Padova non ritenuto, e non correttamente applicato, la possibilità per il giudice di escludere dal rimborso a parte attrice in primo grado le spese di CTU (perizia calligrafica), atteso essersi trattato di un atto comunque superfluo, richiesto dalla stessa parte che le ha anticipate ‘.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la ‘ violazione degli artt. 92 e 88 c.p.c. e 216 c.p.c .’, per avere ‘ il Tribunale ricompreso nelle spese di soccombenza anche le spese di CTU calligrafa, comunque relative al giudizio incidentale di verificazione di scrittura ex art. 216 c.p.c. introdotto dalla parte rimasta soccombente nello stesso, ossia Condominio Corte Dogale, pur vincitrice nel merito, così violando anche il principio di probità e lealtà delle parti ‘.
1.1. -I primi due motivi di ricorso, esaminabili congiuntamente per la loro evidente connessione, sono inammissibili ex art. 360. bis n. 1 c.p.c. Le censure si contrappongono ad una consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, senza allegare elementi per
mutare tali orientamenti, ed anzi senza nemmeno dimostrarsene consapevoli. Tali orientamenti possono riassumersi come di seguito.
1.2. – Le spese della consulenza tecnica d’ufficio sono liquidate dal giudice nel corso del giudizio e poste a carico della parte che ha l’onere di anticiparle, ai sensi dell’art. 8, comma 1, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. Tale ordine di anticipazione provvisorio è destinato ad essere superato dalla statuizione della ‘sentenza che chiude il processo’ condannando al rimborso la parte soccombente nella controversia (art. 91, primo comma, c.p.c.) (tra le tante, Cass. n. 1753 del 1984; n. 8454 del 1990; n. 12110 del 2003).
Ad identica disciplina sono soggette le spese della c.t.u. disposta nel corso del giudizio incidentale di verificazione di una scrittura privata, restando, cioè, regolate dall’applicazione del principio di causalità e del principio di soccombenza, in quanto l’espletata consulenza svoltasi con la verificazione ed il suo esito risultino comunque strumentali alla definizione del procedimento principale.
1.3. -Il rimborso in favore della parte vittoriosa delle spese anticipate per la consulenza tecnica d’ufficio può essere escluso ove il giudice si avvalga, ai sensi dell’art. 92, primo comma, c.p.c., della facoltà di escluderle dalla ripetizione, ritenendole eccessive o superflue. La valutazione sulla superfluità delle spese giudiziali, al fine di escluderne la ripetizione, resta comunque devoluta al libero ed incensurabile apprezzamento del giudice di merito, senza che neppure sia necessario al riguardo una specifica motivazione, giacché il mancato esercizio di un potere processuale discrezionale non esige, di regola, giustificazione, e non può perciò essere oggetto di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 o n. 4 c.p.c. (tra le tante, già Cass. n. 2758 del 1962).
2. Il terzo motivo del ricorso deduce la ‘ violazione dell’art. 1135 c.c. ‘, per avere il Tribunale ritenuto ‘ necessaria l’impugnazione della
delibera condominiale che erroneamente non aveva considerato né ricompreso la somma versata anticipatamente dal condomino NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE di € 5.000,00 a mezzo assegno intestato al Condominio Corte Dogale, nonostante i poteri dell’assemblea stabiliti nell’art. 1135 c.c. rispetto ai “conti” presentati dall’Amministratore, come delineato dall’ art. 1135 c.c., siano limitati, sostanzialmente, “all’approvazione … delle spese occorrenti durante l’anno e alla relativa ripartizione tra i condomini”.
Il quarto motivo di ricorso allega la ‘ violazione dell’art. 1193 c.c. ‘ e l’omesso esame circa un fatto decisivo, per avere il Tribunale, ‘ in aderenza a quanto argomentato dal Giudice di pace ‘ ritenuto mancante la ‘ prova dell’imputazione a spese condominiali del versamento della somma di € 5.000,00 a mezzo assegno consegnato a mani dell’Amministratore ‘, nonostante la produzione da parte dei ricorrenti ‘ fin nel primo grado di giudizio del documento che comprova l’avvenuta imputazione contestuale al pagamento stesso ‘. Il quinto motivo di ricorso, infine, lamenta la ‘ erroneità della decisione per motivazione apparente , riferendosi a quanto affermato a pagina 5 della sentenza impugnata, ove viene ‘ data per pacifica l’esistenza di una “gestione separata” contestata dal condomino e contraria alle risultanze probatorie, quali la perizia calligrafa svolta in primo grado… che ha concluso per il riconoscimento della sottoscrizione apocrifa attribuita dal Condominio Corte Dogale a Pattaro in calce all’accordo asserito e prodotto da controparte a conferma dell’esistenza della pretesa gestione separata non possibile e non provata ‘.
2.1. -I motivi dal terzo al quinto del ricorso vanno trattati unitamente perché a loro volta connessi e si rivelano non fondati, pur dovendosi in parte correggere in diritto, a norma dell’art. 384, quarto comma, c.p.c., la motivazione della sentenza impugnata.
2.2. -Sono innanzitutto inammissibili le censure riconducibili al vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., operando la previsione di cui all’art. 348ter , comma 5, c.p.c. (applicabile ratione temporis ), che esclude che possa essere impugnata la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” e che risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme).
2.3. -I motivi terzo, quarto e quinto del ricorso lamentano errori nella gestione condominiale e si basano su molteplici documenti, per dimostrare che l’importo azionato in sede monitoria nasce da una erronea sistemazione contabile delle partite di dare e di avere e che è perciò fallace il saldo posto dal Condominio “Corte Dogale” a fondamento della sua domanda di ingiunzione nei confronti della RAGIONE_SOCIALE nonché dei soci della stessa, sulla base dei rendiconti e delle ripartizioni approvati dall’assemblea il 22 maggio 2012, non essendo stata operata la dovuta compensazione con il controcredito degli opponenti nascente dalla auspicata corretta imputazione del pagamento di € 5.000,00 effettuato con l’assegno emesso in data 29 luglio 2010, quale ‘acconto su spese condominiali future’.
Le censure interagiscono nel senso di una critica complessiva della sentenza impugnata, formulata sotto una molteplicità di profili inestricabilmente combinati, talvolta non riconducibili ad alcuna delle categorie logiche di vizio tassativamente stabilite dall’art. 360 c.p.c. Per lo più, i motivi dal terzo al quinto addebitano al Tribunale di Padova una erronea ricognizione della fattispecie concreta e le censure sono mediate dalla contestata valutazione delle risultanze di causa, per l’omesso o l’inesatto esame di documenti asseritamente decisivi, idonei, cioè, se esaminati, a determinare un esito diverso della controversia. Dei molti documenti richiamati non viene sempre
specificato il contenuto rilevante, né “come” e “quando” tali documenti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti.
2.4. -Va osservato che, stando all’esposizione dei fatti della causa contenuta nello stesso ricorso per cassazione, non è chiaro se NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME abbiano ritenuto di eccepire in compensazione (giudiziale) il proprio controcredito di € 5.000,00 per paralizzare la pretesa avversaria di € 1.816,86 azionata in monitorio; oppure abbiano dedotto che i rendiconti e gli stati di ripartizione delle spese approvati dall’assemblea il 22 maggio 2012 non fossero veritieri per la mancata contabilizzazione di tale posta.
2.5. -La prospettazione della illegittimità dei conti approvati dall’assemblea del 22 maggio 2012 del Condominio “Corte Dogale” è preclusa dalle seguenti considerazioni.
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, quale quello in esame, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Cass. n. 15696 del 2020).
La delibera condominiale di approvazione della spesa costituisce, così, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito è ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere.
Dall’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore, pertanto, per effetto della vincolatività tipica dell’atto collegiale stabilita dal primo comma dell’art. 1137 c.c., discende l’insorgenza, e
quindi anche la prova, dell’obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese ordinarie per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni dell’edificio o per la prestazione dei servizi nell’interesse comune (Cass. n. 11981 del 1992).
Alla stregua dei principi enunciati nella sentenza Cass. Sez. Unite n. 9839 del 2021 (in ciò correggendo la motivazione della sentenza impugnata, restandone corretto il dispositivo, ai sensi dell’art. 384, comma 4, c.p.c.), nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c.; da ciò discende l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio, dell’eccezione con la quale l’opponente deduca soltanto vizi comportanti l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento.
Ne consegue che un rendiconto consuntivo approvato dall’assemblea, che, come pure assumono i ricorrenti, contenga errori nel prospetto dei conti individuali del singolo condomino per successivi periodi di gestione (cfr. Cass. n. 3847 del 2021), e che non sia altrimenti idoneo a rendere intellegibili le voci di entrata e di spesa, non riportando debiti del condominio verso il medesimo condomino, deve comunque essere impugnato dai condomini assenti, dissenzienti o astenuti nel termine stabilito dall’art. 1137, comma 2, c.c., non essendo consentito rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell’impugnazione della delibera (cfr. Cass. n. 3747 del 1994; n. 3291 del 1989; n. 5254 del 2011; in
particolare, n. 3402 del 1981). Se non impugnato, tale rendiconto è esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non configurando un nuovo fatto costitutivo del credito.
Gli ipotizzati vizi della deliberazione assembleare del 22 maggio 2012 danno luogo comunque all’annullabilità della stessa, alla stregua dei principi enunciati dalla medesima sentenza Cass. Sez. Unite n. 9839 del 2021, in quanto non viene dedotta una modificazione dei criteri legali di riparto delle spese da valere per il futuro, quanto una erronea ripartizione in concreto in violazione di detti criteri, sicché tali vizi non potevano essere sindacati dal giudice in sede di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi condominiali fondati su tali delibere, in mancanza di apposita domanda riconvenzionale di annullamento.
2.6. -In alternativa, è corretto ritenere in astratto che il condomino, eseguendo un pagamento per spese condominiali, può imputarlo ai debiti per singoli esercizi e può escludere che le somme pagate vengano imputate a crediti contestati (Cass. n. 5038 del 2013).
Mentre è errata in diritto l’affermazione del Tribunale di Padova secondo cui i ‘ lavori di manutenzione e riparazione della terrazza di copertura svolti (lastrico solare di proprietà esclusiva del condomini INDIRIZZO. e Z., facente copertura anche al condomino RAGIONE_SOCIALE ‘, riguardando ‘ parti private ‘, sarebbero stati oggetto di ‘ gestione separata con interessamento dell’Amministratore interessato per delega dai condomini committenti ‘, gestione che ‘ non doveva e poteva interessare l’assemblea rimanendo tale genere di interventi estraneo all’applicazione dell’art. 1135 c.c. ‘. Il Tribunale non ha così considerato che l’obbligo dei proprietari di unità abitative sottostanti il lastrico solare o la terrazza a livello in uso o di proprietà esclusivi di concorrere, nella misura dei due terzi, nelle relative spese
di ricostruzione o manutenzione, ex art. 1126 c.c., trova fondamento nel principio per cui i condomini sono tenuti a contribuire alle spese in ragione dell’ utilitas che la cosa da ricostruire o riparare fornisce ai singoli appartamenti; sicché, indipendentemente dal regime di uso o proprietà esclusivi, le decisioni circa la necessità di procedere alla riparazione, ricostruzione e sostituzione degli elementi strutturali del lastrico o della terrazza a livello, funzionali alla copertura dell’edificio (quali solaio, guaine impermeabilizzanti, etc.), spettano proprio all’assemblea (Cass. n. 19779 del 2017; Cass. Sez. Un. n. 9449 del 2016; Cass. n. 11283 del 1998).
Tuttavia, il punto dirimente, che conduce alla infondatezza delle censure, è che i giudici del merito, nell’ambito dell’apprezzamento del materiale probatorio loro spettante, hanno concluso che i debitori non avessero dimostrato che con l’assegno dell’importo di € 5.000,00 emesso in data 29 luglio 2010 avessero corrisposto somme idonee ad estinguere il debito di € 1.816,86 vantato dal condominio in forza del rendiconto approvato dall’assemblea il 22 maggio 2012, ovvero circa due anni dopo quel pagamento che gli opponenti pretendono di imputare ad estinzione del credito ingiunto.
D’altro canto, il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, deve riportare tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti rimaste insolute (le quali costituiscono non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una posta di debito permanente di quel partecipante) (Cass. n. 3847 del 2021).
Le disposizioni dell’art. 1193 c.c., sull’individuazione del debito al quale riferire l’adempimento, presuppongono una pluralità di rapporti obbligatori tra le stesse parti ed hanno lo scopo di eliminare l’incertezza circa la sorte degli stessi, evitando che a ciascun atto di
pagamento non segua l’effetto solutorio di una ben determinata obbligazione. Ne deriva che la questione dell’imputazione del pagamento non è proponibile quando sussista un unico debito, perché l’adempimento di questo, se è totale, ne determina l’estinzione, mentre, se è parziale, comporta la permanenza dell’obbligazione di eseguire la prestazione nella parte residua. Pertanto, qualora il condomino debitore, convenuto per il pagamento del saldo negativo riportato nel rendiconto consuntivo, eccepisca di aver corrisposto acconti maggiori di quelli ammessi dal creditore, e questi deduca che tali acconti sono già stati computati nella determinazione del saldo richiesto, spetta al condomino convenuto, a norma dell’art. 2697 c.c., provare il fatto totalmente o parzialmente solutorio.
Si torna alla conclusione, pertanto, che il rendiconto approvato dall’assemblea può essere impugnato ai sensi dell’art. 1337 c.c., costituendo altrimenti esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non dando luogo ad un nuovo fatto costitutivo del credito stesso.
– Il ricorso va perciò rigettato, non dovendosi provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, in quanto l’intimato non ha svolto attività difensive.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile