Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15318 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 15318 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6856/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA COGNOMEINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-ricorrenti- contro
CONDOMINIO INDIRIZZO GENOVA, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 1395/2018 depositata il 17/09/2018.
Udita la relazione svolta nella udienza pubblica del 06/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Uditi gli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso articolato in dieci motivi, alcuni dei quali a loro volta suddivisi in autonomi paragrafi, avverso la sentenza n. 1395/2018 della Corte d’appello di Genova depositata il 17 settembre 2018.
Resiste con controricorso il Condominio INDIRIZZO di Genova. La Corte d’appello ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Genova il 9 aprile 2015. Il giudizio concerne l’opposizione avanzata da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME al decreto ingiuntivo intimato dal Condominio di INDIRIZZO di Genova e notificato con precetto il 19 febbraio 2013 per la somma di € 8.685,50, relativo alla riscossione di contributi condominiali, nell’importo complessivo di € 7.071,00, fondati sulle deliberazioni assembleari del 10 marzo 2009, del 31 marzo 2010 e del 31 marzo 2011. Il Tribunale aveva revocato il decreto ingiuntivo, essendo stata pagata in corso di causa la somma ingiunta, condannando comunque gli opponenti alle spese di lite. La tesi difensiva degli opponenti, rimasta disattesa ai giudici del merito, è che la somma ingiunta di € 7.071,00 non fosse dovuta, a fronte dei pagamenti già effettuati e non contabilizzati e di controcrediti vantati dai medesimi signori COGNOME e COGNOME. La Corte d’appello ha dato per incontroverso fra le parti che nessun pagamento vi fosse stato dopo l’approvazione delle menzionate
delibere di rendiconto e riparto e prima della notificazione del decreto ingiuntivo. Gli errori lamentati dagli opponenti sarebbero dunque consistiti nelle mancate contabilizzazioni in tali delibere dei crediti da loro vantati, nonché dell’avvenuto pagamento delle spese per i lavori del tetto. La Corte d’appello ha escluso di poter delibare nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 63 disp. att. c.c. le questioni attinenti alla annullabilità o alla nullità delle delibere su cui l’ingiunzione è fondata.
Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, ha depositato memoria chiedendo l’accoglimento del ricorso, con riferimento particolare al suo secondo motivo, osservando che ‘il vizio oggetto di doglianza integra una causa di nullità della delibera proprio perché non viene contestato un errore di calcolo o un errore di ripartizione, ma l’omessa contabilizzazione dei crediti attorei nei rendiconti condominiali’.
Anche ricorrenti e controricorrente hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
È infondata l’eccezione sollevata dal controricorrente circa la ‘inammissibilità del ricorso ex art. 360 -bis c.p.c.’. Lo scrutinio ex art. 360-bis (n. 1, è da intendersi) c.p.c., è da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione ad un persistente orientamento giurisprudenziale in ordine all’esame delle questioni di diritto decise nel provvedimento impugnato.
Il ricorso di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME si sviluppa in dieci motivi. Il primo motivo è suddiviso in tre censure numerate 1-A, 1-B e 1-C, così come il terzo motivo è suddiviso in tre censure numerate 3-A, 3-B e 3-C, mentre il sesto motivo è suddiviso in due censure numerate 6-A e 6-B. I motivi recano lunghi elenchi di importi di somme di denaro e richiamano trentanove documenti. La
particolare ampiezza di tale atto -pur eccedente alla complessità giuridica o all’importanza economica delle fattispecie affrontate -induce a fare sintetica esposizione delle singole censure con rinvio per relazione.
1.Il primo motivo è rubricato ‘ omesso fondamento, a supporto della decisione oggetto di impugnazione, delle prove fornite dagli esponenti nonché dei fatti non specificamente contestati dalla parte costituita Violazione dell’art. 115 c.p.c. ‘. I tre sottomotivi sono rubricati: ‘ omesso fondamento della prova con cui gli esponenti hanno dimostrato il loro credito non prescritto prodotto da volontario pregresso pagamento a mezzo di assegno bancario e di otto bonifici bancari non contabilizzati per spese Lavori tetto’ ; ‘ omesso fondamento, a supporto della decisione oggetto di impugnazione, della prova con cui gli esponenti hanno dimostrato il loro credito non prescritto, derivato da precedente pagamento coattivo non contabilizzato per spese Lavori tetto’ ; ‘ omesso fondamento, a supporto della decisione oggetto di impugnazione, della prova con cui gli esponenti hanno dimostrato il loro credito non prescritto prodotto da interessi legali e da rivalutazione monetaria su somme trattenute indebitamente per anni dal Condominio ‘.
1.2.- Il primo motivo di ricorso è inammissibile ove riconducibile al vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., operando la previsione di cui all’art. 348ter , comma 5, c.p.c. (applicabile ratione temporis ), che esclude che possa essere impugnata la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” e che risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme).
Parimenti inammissibile è la deduzione della violazione dell’art. 115 c.p.c., ove non si denuncia che la Corte d’appello, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a
fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, quanto disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), ma che essa, nel valutare le prove proposte dai ricorrenti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass. Sez. Un. n. 20867 del 2020).
Il primo motivo di ricorso è, in realtà, finalizzato a domandare alla Corte di cassazione un rinnovato apprezzamento di fatto delle complesse risultanze documentali (assegni, estratti contabili, corrispondenza) per quantificare l’esatto importo del saldo dei rapporti di dare e avere tra i condomini ricorrenti e la gestione condominiale, quantificando l’entità delle spese dovute e tenendo conto delle somme effettivamente versate, il che suppone un accesso diretto agli atti e una loro integrale delibazione.
2. Il secondo motivo di ricorso deduce la ‘ mancata rilevazione d’ufficio della violazione di norme imperative, per le quali la sentenza impugnata è suscettibile di un conflitto di giudicato con la nullità giudiziale (deducibile in ogni tempo) delle approvazioni di rendiconti condominiali non veritieri illegittima applicazione dell’art. 1137 co. 2 c.c. e conseguente falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c .’
Il terzo motivo di ricorso è rubricato: ‘ arricchimento senza causa da parte del Condominio tramite denaro degli opponenti, illegittimamente incassato e reincassato giudizialmente senza titolo alcuno, e con denaro incassato in via stragiudiziale a seguito di mancata registrazione ed accreditamento nei rendiconti condominiali -violazione della norma di cui all’art. 2041 co. 1 c.c. e conseguente falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c. ‘. Il suo primo sottomotivo è rubricato: ‘ arricchimento senza causa con denaro attoreo illegittimamente reincassato dal Condominio con il decreto de quo a
titolo di copertura spese ‘Lavori tetto’, nonostante l’avvenuta copertura con il precedente maggior prelievo coattivo di denaro allo stesso titolo ‘ . Il suo secondo sottomotivo recita: ‘ arricchimento senza causa del Condominio, con denaro illegittimamente trattenuto dal Condominio a titolo di conguaglio spese ‘Lavori tetto’ a credito attoreo ‘. Il suo terzo sottomotivo si intitola: ‘ arricchimento senza causa da parte del Condominio, con denaro attoreo incassato dal Condominio a mezzo di assegno bancario ed otto bonifici bancari non accreditati per omessa registrazione e contabilizzazione nei rendiconti ‘.
Il quarto motivo di ricorso è rubricato: ‘ arricchimento senza causa da parte del Condominio, con interessi moratori e rivalutazione monetaria derivanti dall’illecito godimento pluriennale di somme corrisposte da terzi agli esponenti ma trattenute indebitamente dal Condominio, nonché derivanti dall’illecito godimento delle indebite somme di cui al ‘3º motivo’ – violazione della norma di cui agli artt. 1282 co. 1 e 2041 co. 1 c.c. e conseguente falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c. ‘.
Il quinto motivo di ricorso ha questa rubrica: ‘ omessa rilevazione di ripetuti atti di interruzione della prescrizione opposta dagli esponenti in merito al loro diritto di credito – violazione degli artt. 2946, 2943, 2945, 2935 c.c. e conseguente falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c. ‘. Il sesto motivo di ricorso è rubricato ‘ indebito oggettivo per ingiunzione ed incasso di capitale eccedente il valore complessivo dei titoli di credito prodotti dal Condominio nel ricorso per procedimento monitorio -violazione della norma di cui all’art. 2033 c.c. e conseguente falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c. ‘. Il suo primo sottomotivo è così presentato: ‘ indebito oggettivo di posta inesistente nella domanda monitoria del decreto de quo privo di alcuna allegazione del relativo titolo di credito, ma tardivamente qualificata
come ‘Totale dovuto per saldi richiesta fondi’ solo nel corso della causa d’opposizione ‘. Il suo secondo sottomotivo ha questa rubrica: ‘ indebito oggettivo di posta richiesta nella domanda monitoria del decreto de quo ma di cui non è stata allegata alcuna delibera d’approvazione di riparto del consuntivo ‘Lavori eliminazione infiltrazioni appartamento COGNOME‘ riguardanti un bene non condominiale ‘.
Il settimo motivo di ricorso reca la rubrica: ‘ illegittima riscossione di contributi condominiali non approvati in base allo stato di ripartizione oggetto dell’assemblea condominiale violazione dell’art. 1173 c.c. e 63 co. 1 disp. att. c.c. e conseguente falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c. ‘.
L’ottavo motivo deduce: ‘ illecito ricorso a procedura monitoria per somme il cui diritto di credito del Condominio risultava già precedentemente estinto, nonché inesistente per l’assenza di taluni titoli di credito nel ricorso monitorio – violazione degli artt. 633 co. 1 n. 1 c.p.c. e 641 c.p.c. con conseguente violazione dell’art. 474 c.p.c. e falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c. ‘.
Il nono motivo viene spiegato come ‘ omessa pronuncia su parte della domanda degli odierni ricorrenti falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. ‘.
Infine, il decimo motivo è sintetizzato come: ‘ omessa desunzione, a supporto della decisione oggetto di impugnazione, di argomenti di prova dalla condotta del Condominio nel processo di 1º grado, al termine del quale il Condominio ha confessato il debito solo ad avvenuto danneggiamento economico in danno degli esponenti omessa applicazione dell’art. 116 co. 2 c.p.c. ‘.
2.1. -I motivi dal secondo al decimo, ed i sottomotivi in cui alcuni di essi si scompongono, possono esaminarsi tutti congiuntamente perché evidentemente ed intrinsecamente connessi.
2.2. – Tutti lamentano errori nella gestione condominiale e si basano su molteplici documenti, assegni, estratti di conto, corrispondenza, per dimostrare che l’importo azionato in sede monitoria nasce da una erronea sistemazione contabile delle partite di dare e di avere e che è perciò fallace il saldo posto dal Condominio INDIRIZZO a fondamento della sua domanda di ingiunzione. Così, i rendiconti allegati a sostegno del decreto opposto, per l’importo complessivo di € 7.071,00, come risultante dalle deliberazioni assembleari del 10 marzo 2009, del 31 marzo 2010 e del 31 marzo 2011, non spiegherebbero correttamente, come deve un fedele rendiconto, “ciò che è accaduto”, e cioè la dimostrazione dei fatti storici, coi relativi documenti giustificativi, che hanno prodotto entrate ed uscite di denaro nei rapporti tra il Condominio e i condomini Nicolosi e COGNOME.
Le censure interagiscono nel senso di una critica complessiva della sentenza impugnata, formulata sotto una molteplicità di profili inestricabilmente combinati, talvolta non riconducibili ad una delle categorie logiche di vizio tassativamente stabilite dall’art. 360 c.p.c. Per lo più, i motivi dal secondo al decimo addebitano alla Corte d’appello di Genova una erronea ricognizione della fattispecie concreta e le censure sono mediate dalla contestata valutazione delle risultanze di causa, per l’omesso o l’inesatto esame di documenti asseritamente decisivi, idonei, cioè, se esaminati, a determinare un esito diverso della controversia. Non sempre dei tanti documenti richiamati è specificato il contenuto rilevante, né “come” e “quando” tali documenti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti.
A proposito del primo motivo, si è peraltro già evidenziato che non è ammissibile ipotizzare in questo giudizio di cassazione il vizio ex art.
360, comma 1, n. 5, c.p.c., operando la previsione di cui all’art. 348ter , comma 5, c.p.c.
2.3. -Va osservato che, stando all’esposizione dei fatti della causa contenuta nello stesso ricorso per cassazione, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno eccepito in compensazione (giudiziale) propri controcrediti per paralizzare la pretesa avversaria di € 7.071,00, eccezione che, ai sensi dell’art. 1243, comma 2, c.c., avrebbe imposto di procedere al relativo accertamento.
La tesi difensiva è, piuttosto, che non fosse adeguatamente provato il credito di € 7.071,00 azionato dal Condominio nel decreto ingiuntivo opposto, giacché i rendiconti e gli stati di ripartizione delle spese approvati dalle deliberazioni assembleari del 10 marzo 2009, del 31 marzo 2010 e del 31 marzo 2011 non sarebbero veritieri.
3. -La radicale ragione di infondatezza dei motivi dal secondo al decimo del ricorso sta in ciò.
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, quale quello in esame, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Cass. n. 15696 del 2020).
La delibera condominiale di approvazione della spesa costituisce, così, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito è ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere.
Dall’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore, pertanto, per effetto della vincolatività tipica dell’atto collegiale stabilita dal primo comma dell’art. 1137 c.c., discende l’insorgenza, e quindi anche la prova, dell’obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese ordinarie per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni dell’edificio o per la prestazione dei servizi nell’interesse comune (Cass. n. 11981 del 1992).
Alla stregua dei principi enunciati nella sentenza Cass. Sez. Unite n. 9839 del 2021 (in ciò correggendo la motivazione della sentenza impugnata, restandone corretto il dispositivo, ai sensi dell’art. 384, comma 4, c.p.c.), nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c.; da ciò discende l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio, dell’eccezione con la quale l’opponente deduca soltanto vizi comportanti l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento.
Ne consegue che un rendiconto consuntivo approvato dall’assemblea, che, come assumono i ricorrenti, contenga errori nel prospetto dei conti individuali del singolo condomino per successivi periodi di gestione (cfr. Cass. n. 3847 del 2021), e che non sia altrimenti idoneo a rendere intellegibili le voci di entrata e di spesa, non riportando debiti del condominio verso il medesimo condomino, deve comunque essere impugnato dai condomini assenti, dissenzienti o astenuti nel termine stabilito dall’art. 1137, comma 2, c.c., non
essendo consentito rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell’impugnazione della delibera (cfr. Cass. n. 3747 del 1994; n. 3291 del 1989; n. 5254 del 2011; in particolare, n. 3402 del 1981). Se non impugnato, tale rendiconto è esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non configurando un nuovo fatto costitutivo del credito.
Gli ipotizzati vizi delle deliberazioni assembleari del 10 marzo 2009, del 31 marzo 2010 e del 31 marzo 2011 danno luogo comunque all’annullabilità della stessa, alla stregua dei principi enunciati dalla medesima sentenza Cass. Sez. Unite n. 9839 del 2021, in quanto non viene dedotta una modificazione dei criteri legali di riparto delle spese da valere per il futuro, quanto una erronea ripartizione in concreto in violazione di detti criteri, sicché tali vizi non potevano essere sindacati dal giudice in sede di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi condominiali fondati su tali delibere (e tanto meno in sede di opposizione al conseguente precetto), in mancanza di apposita domanda riconvenzionale di annullamento.
4. -Vertendo il presente giudizio unicamente sulla fondatezza del credito € 7.071,00 azionato dal Condominio nel decreto ingiuntivo opposto, comprovato dai rendiconti e dagli stati di ripartizione delle spese approvati dalle deliberazioni assembleari del 10 marzo 2009, del 31 marzo 2010 e del 31 marzo 2011, non impugnate né in questa sede né, a quanto risulta, in separati giudizi, non è quindi neppure ravvisabile alcun ingiustificato arricchimento del Condominio, essendo il relativo spostamento patrimoniale munito di una valida causa di obbligazione che lo giustifica.
5. – Il ricorso va perciò rigettato, con condanna in solido dei ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.
Deve respingersi l’istanza del controricorrente di condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c. Non risultano accertate la mala fede o la colpa grave dei ricorrenti soccombenti, ai fini della condanna al risarcimento dei danni da responsabilità aggravata, sub specie di pretestuosità dell’iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, ovvero di palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 3.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile