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Impugnazione delibera comunione: i termini decadenza

Un partecipante a una comunione ha citato in giudizio l’amministratore per ottenere il risarcimento dei danni a seguito dell’interruzione della fornitura d’acqua, disposta con delibera assembleare per presunta morosità. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che, a differenza del condominio, nella comunione non si applica il vizio di eccesso di potere. La mancata impugnazione della delibera comunione entro il termine di decadenza di 30 giorni la rende definitiva, precludendo qualsiasi successiva richiesta di risarcimento nei confronti dell’amministratore che l’ha eseguita.

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Impugnazione Delibera Comunione: la Cassazione Chiarisce Termini e Limiti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per chiunque sia parte di una comproprietà: l’impugnazione delibera comunione. La decisione chiarisce in modo netto le differenze con la disciplina del condominio e sottolinea l’importanza di rispettare i termini di decadenza per contestare le decisioni assembleari, pena la perdita di ogni tutela risarcitoria. Analizziamo il caso per comprendere le implicazioni pratiche di questa pronuncia.

Il Contesto: Interruzione dell’Acqua e Richiesta di Risarcimento

Il caso ha origine dalla richiesta di risarcimento danni avanzata da un comproprietario. L’amministratore della comunione, in esecuzione di una delibera assembleare, aveva interrotto l’erogazione di acqua proveniente da pozzi comuni destinata al suo fondo, a causa di una presunta morosità. Il comproprietario, ritenendo l’interruzione illegittima e dannosa per le sue coltivazioni, ha avviato un’azione legale per ottenere il risarcimento dei danni subiti.

La Decisione dei Giudici: le Differenze tra Comunione e Condominio

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, aveva già respinto la domanda risarcitoria. Il punto centrale della sua argomentazione, poi confermato dalla Cassazione, risiede nella distinzione fondamentale tra l’istituto della comunione (regolata dagli artt. 1100 e ss. c.c.) e quello del condominio.

Secondo i giudici, nella comunione non trova applicazione il principio, elaborato dalla giurisprudenza in materia condominiale, dell’eccesso di potere assembleare. Questo vizio, che può rendere nulla una delibera condominiale, non è contemplato tra i motivi di impugnazione tassativamente indicati dall’art. 1109 c.c. per le delibere della comunione.

Impugnazione Delibera Comunione e i Termini di Decadenza

La decisione di interrompere l’erogazione dell’acqua, pur essendo un atto di amministrazione straordinaria che pregiudicava l’interesse di un singolo partecipante, doveva essere contestata seguendo le regole specifiche della comunione.

La Mancata Impugnazione e le sue Conseguenze

L’art. 1109 c.c. stabilisce un termine di decadenza di trenta giorni per l’impugnazione delle delibere che si ritengono pregiudizievoli. Nel caso di specie, il comproprietario non aveva impugnato la delibera nei termini previsti. Questa omissione ha avuto una conseguenza decisiva: la delibera è diventata definitiva e inattaccabile. Di conseguenza, l’operato dell’amministratore, che si è limitato a dare esecuzione a una decisione assembleare valida ed efficace, non può essere considerato fonte di responsabilità per danni.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del comproprietario, ritenendolo infondato e inammissibile sulla base di due principali filoni argomentativi.

Primo Motivo: L’Inapplicabilità dell’Eccesso di Potere

La Suprema Corte ha ribadito che i principi sull’eccesso di potere, validi per il condominio, non sono estensibili alla comunione. Le deliberazioni dell’assemblea dei comunisti possono essere impugnate solo per le ragioni indicate dall’art. 1109 c.c. e non per vizi come il conflitto di interessi o l’abuso di potere. La mancata impugnazione nei termini di legge sana ogni potenziale vizio, rendendo legittima l’azione dell’amministratore e assorbendo ogni questione sulla sua responsabilità per aver eseguito la delibera.

Secondo Motivo: Inammissibilità per Mancato Confronto con la Ratio Decidendi

Il secondo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile perché non si confrontava adeguatamente con una specifica ratio decidendi della Corte d’Appello. I giudici di secondo grado avevano infatti sottolineato che l’impianto idrico comune era comunque rotto e inutilizzabile da anni, rendendo di fatto impossibile il ripristino della fornitura. Questa circostanza faceva venir meno l’interesse stesso del ricorrente a una pronuncia sul punto, ma il ricorso per cassazione non ha contestato specificamente questa motivazione, rendendo il motivo inammissibile.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre un importante monito per i partecipanti a una comunione. La sentenza sottolinea che le tutele e le procedure sono diverse da quelle previste in ambito condominiale. È fondamentale agire tempestivamente e impugnare qualsiasi delibera ritenuta lesiva entro il perentorio termine di trenta giorni. Lasciar decorrere questo termine significa rendere la decisione inattaccabile, precludendo non solo la possibilità di annullarla, ma anche di richiedere il risarcimento dei danni derivanti dalla sua esecuzione.

In una comunione, una delibera che limita il godimento di un bene a un singolo partecipante può essere impugnata per eccesso di potere?
No. Secondo la sentenza, in materia di comunione non si applicano i principi giurisprudenziali sull’eccesso di potere assembleare, che sono invece propri del condominio. Le delibere possono essere impugnate esclusivamente per le ragioni indicate dall’art. 1109 c.c.

Quali sono le conseguenze se non si impugna una delibera della comunione entro il termine di 30 giorni previsto dall’art. 1109 c.c.?
La mancata impugnazione della delibera entro il termine di decadenza di 30 giorni la rende definitiva e inattaccabile. Di conseguenza, la delibera diventa pienamente valida ed efficace, e deve essere eseguita.

È possibile chiedere il risarcimento dei danni all’amministratore per aver eseguito una delibera assembleare non impugnata nei termini?
No. Se la delibera non è stata impugnata nei termini di legge, essa è da considerarsi valida. Pertanto, l’amministratore che si limita a dare esecuzione a tale delibera non può essere ritenuto responsabile per eventuali danni che ne derivino, in quanto il suo comportamento è legittimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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