Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14008 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14008 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1026 R.G. anno 2021 proposto da:
NOME NOME, NOME NOME, NOME, NOME, NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME;
ricorrente
contro
Ufficio del registro delle imprese , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
contro
ricorrente avverso il decreto del Tribunale di Cagliari n. 2371/2019 del 29 aprile 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 aprile 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, NOME, NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, eredi di NOME COGNOME, hanno proposto ricorso ex art. 2189, comma 3, c.c. avverso il provvedimento con il quale il Conservatore del registro delle imprese di Cagliari aveva rifiutato l’iscrizione della modificazione dell’atto costitutivo della società RAGIONE_SOCIALE; tale modificazione risultava della deliberazione dei soci documentata dal verbale di assemblea del 23 luglio 2015, allegato in copia autentica alla domanda di iscrizione trasmessa con plico raccomandato del 30 novembre 2015.
Il Giudice del registro ha osservato che, decorsi due anni dalla data di entrata in vigore della l. n. 340 del 2000, le domande, le denunce e gli atti che li accompagnano presentati all’ufficio del registro delle imprese, ad esclusione di quelle presentate dagli imprenditori individuali e dai soggetti iscritti nel repertorio delle notizie economiche ed amministrative di cui all’art. 9 d.P.R. n. 581 del 1995 , sono inviate per via telematica ovvero presentate su supporto informatico ai sensi dell’art. 15 , comma 2, l. n. 59 del 1997; posto che la domanda non era stata trasmessa con detta modalità, ha respinto il ricorso.
Gli istanti soccombenti hanno proposto reclamo, cui ha resistito l’Ufficio . L’impugnazione è stata r igettata dal Tribunale di Cagliari con decreto del 29 aprile 2020.
I reclamanti soccombenti ricorrono per cassazione avverso il detto decreto: fanno valere sei motivi di ricorso. Resiste con controricorso l’Ufficio del registro delle imprese , che ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 1, comma 1, d.p.r. n. 340 del 2000, dell’art. 20, com ma 1, l. n. 59/1997, degli artt. 11, commi 6, 7 e 15, d.p.r. n. 581 del 1995, degli artt. 2, 3, comma 1, 3 -bis , commi, 4, 4 -bis , 4 -ter e 4 -quater , 4, comma 2, 22, commi 2 e 3, d.lgs. n. 83/2005, degli artt. 2, 59, 60 e 18, commi 1 e 3, d.p.r. n.
445/200, dell’art. 6, comma 1, lett. b), l. n. 241/1990.
Il secondo mezzo oppone la violazione degli artt. 2, 7, 20, 21novies e 21quinquies l. n. 241/1990, 2, 3, 11, 14, e 15 d.P.R. n. 581/1995, 1 l. n. 580/1993.
Col terzo motivo si lamenta la violazione del legittimo affidamento.
Il quarto motivo prospetta la violazione dell’art. 10 -bis della l. n. 241 del 1990.
Col quinto motivo si deduce la violazione dell’art. 6, comma 1, lett. b), l. n. 241/1990 e dell’art. 11 d.P.R. n. 581/1995.
Col sesto mezzo la sentenza impugnata è censurata per violazione dell’art. 112 c.p.c..
2. Il ricorso è inammissibile.
Per la giurisprudenza consolidata di questa Corte, che il Collegio condivide, il decreto emesso in sede di reclamo dal tribunale, ai sensi dell’art. 2192 c.c., non è impugnabile con il ricorso straordinario per cassazione, di cui al settimo comma dell’a rt. 111 Cost., con riguardo alle statuizioni che si riferiscono alla gestione del registro ma solo per la decisione con la quale il giudice, pronunciando sul reclamo, condanni una parte al pagamento delle spese processuali (Cass. 23 febbraio 2012, n. 2757): statuizione, questa, che non è investita dall’impugnazione di cui ci si sta occupando. Se è vero, infatti, che anche i provvedimenti in forma di decreto, pronunciati all’esito di un procedimento camerale, sono suscettibili di ricorso per cassazione, a norma dell’art. 111, comma 7, Cost., ogni qual volta essi rivestano quei caratteri di definitività e decisorietà che consentono di equipararli, dal punto di vista sostanziale, a una sentenza, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire, in più occasioni, che i caratteri della definitività e della decisorietà non sono riscontrabili nei decreti emesso all’esito dei procedimenti di reclamo avverso i provvedimenti del giudice del registro, disciplinati dall’art. 2192 c.c., trattandosi di
decreti che non incidono su posizioni di diritto soggettivo e si risolvono in meri atti di gestione di un pubblico registro a tutela di interessi generali: donde l’impossibilità di impugnarli col ricorso straordinario per cassazione (così la cit. Cass. 23 febbraio 2012, n. 2757, in motivazione, ove il richiamo a Cass. 29 gennaio 2009, n. 2219, Cass. 11 marzo 2005, n. 5390 e Cass. 15 novembre 1991, n. 12227). I provvedimenti in questione sono pronunciati dal giudice nell’adempimento dei compiti di controllo di legalità formale, controllo che tende non a realizzare la volontà di legge nel caso concreto, bensì a garantire, genericamente e in via preventiva, gli interessi per la cui tutela sono predisposte le norme delle quali viene verificata l’osservanza; in tal senso, i provvedimenti in questione non riconoscono o attribuiscono alcun diritto soggettivo, oggetto di contestazione, anche solo eventuale, ma si limitano al riscontro del rispetto, o meno, delle norme sull’ iscrizione nel registro delle imprese degli atti societari, senza risolvere alcuna controversia, anche potenziale, fra soggetti in lite in ordine al diritto all’iscrizione dell’atto, senza esprimere alcuna decisione sulla validità degli atti e senza statuire sui diritti dei soggetti da essi coinvolti, che restano tutelabili con l’impugnazione dei medesimi (così, in motivazione, Cass. 26 ottobre 2006, n. 23077). Il ricorso per cassazione è del resto inammissibile se pure il ricorrente lamenti la lesione di situazioni aventi rilievo processuale, quali espressione del diritto di azione, atteso che la pronuncia sull’osservanza delle norme che regolano il processo, disciplinando i presupposti, i modi e i tempi con i quali la domanda può essere portata all’esame del giudice, ha necessariamente la medesima natura dell’atto giurisdizionale cui il processo è preordinato e, pertanto, non può avere autonoma valenza di provvedimento decisorio e definitivo, se di tali caratteri dell’atto sia privo, stante la natura strumentale della problematica processuale e la sua idoneità a costituire oggetto di dibattito soltanto nella sede, e nei limiti, in cui sia aperta o possa essere riaperta la discussione sul merito
(Cass. 11 marzo 2005, n. 5390, cit.).
3. Alla statuizione di inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti, che risultano soccombenti, al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, facente capo a parte ricorrente, d ell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione