Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14776 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14776 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11252-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2042/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 05/11/2020 R.G.N. 1085/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 05/03/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Sanzioni amministrative
lavoro
R.G.N. 11252/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 05/03/2025
CC
Fatti di causa
La Corte d’Appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate e ha rigettato l’opposizione della società RAGIONE_SOCIALE avverso atto di irrogazione sanzioni in materia di impiego di lavoratori dipendenti non risultanti da scritture o altra documentazione obbligatoria.
La Corte di Roma ha affermato, in particolare – al contrario del Tribunale, che aveva dichiarato la nullità della notifica dell’atto di irrogazione sanzioni del 2008 (sanzione amministrativa pecuniaria di € 120.412 , ridotta in via agevolata a € 30.103), per avere impiegato nell’anno 2002 lavoratori dipendenti non risultanti da scritture o altra documentazione obbligatoria, in giudizio derivante di riassunzione di quello inizialmente promosso avanti la CTP di Roma e in grado di appello avanti la CTR del Lazio, che con sentenza del 17.3.2015 aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice tributario – che, in assenza di tempestiva impugnazione della cartella di pagamento avente ad oggetto il medesimo credito impugnato, notificata ritualmente in data 9.7.2009, non era più possibile contestare la fondatezza della pretesa sanzionatoria oggetto dell’atto impugnato, poiché tale contestazione avrebbe dovuto essere fatte valere mediante tempestiva impugnazione della cartella, da presentarsi entro il termine p erentorio di cui all’art. 21 d. lgs. n. 546/1992.
Propone ricorso per cassazione l’originaria opponente, con sei motivi; resiste l’Agenzia con controricorso, illustrato da memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza.
Ragioni della decisone
Con il primo motivo, parte ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 327, comma 1, c.p.c., in relazione all’art. 360 , n. 4 c.p.c., per non avere la C orte d’Appello dichiarato l’appello inammissibile per tardività.
Il motivo è infondato.
E’ stato applicato dalla Corte territoriale il principio di ultrattività del rito (come spiegato a p. 4 della sentenza impugnata); poiché il giudizio era stato riassunto dalla società innanzi al Giudice del lavoro, nelle forme della cognizione speciale, mediante ricorso depositato in Cancelleria e successivamente notificato unitamente al decreto di fissazione d’udienza, e trattato e deciso dal Tribunale nelle forme del rito del lavoro, il giudizio di appello è stato correttamente instaurato ai sensi degli artt. 433 ss. c.p.c. (cfr. Cass. n. 15272/2014, n. 20705/2018, n. 28519/2019, n. 2329/2023).
Con il secondo motivo, parte ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 2719 c.c. e dell’art. 60, comma 1, lett. bbis del d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto ritualmente effettuata la notificazione della cartella di pagamento conseguente all’atto di irrogazione sanzioni impugnato.
Il motivo non è fondato.
Nella sentenza impugnata è stato osservato che la notifica di tale cartella è stata ritualmente effettuata in data 9.7.2009, ai sensi dell’art. 145 c.p.c., presso la sede della società in Orbetello, con consegna a soggetto qualificatosi come addetto alla ricezione atti. Come rilevato nella memoria della difesa erariale, la notificazione della cartella di pagamento non è avvenuta ai sensi dell’art. 60, comma 1, lett. b -bis ) del d.P.R. n. 600/1973, bensì a termini dell’art. 26 del d.P.R. n. 602/1973
(nella versione vigente ratione temporis ), il cui primo comma, dopo aver previsto che ‘ la cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale ‘, precisa che ‘ la notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento ‘, e che ‘ in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda ‘ (cfr. anche Cass. n.12577/2023).
Con il terzo motivo, parte ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 437, comma 2, c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., per avere la Corte distrettuale ritenuto nuova una prova già inserita agli atti del processo tributario, e non depositata dall’Agenzia delle Entrate nel giudizio di primo grado seguito alla riassunzione.
8. Il motivo non è fondato.
Atteso che il documento era agli atti dell’intero unitario giudizio, svoltosi prima avanti il Giudice tributario e poi di fronte al Giudice ordinario, la sentenza impugnata ha chiarito che il documento in questione (fotocopia della relata di notifica della cartella), indispensabile ai fini della decisione del giudizio, oltre che riprodotto nell’atto di appello ritualmente notificato (in via equivalente alla sua produzione in copia in allegato, perché tale da non ledere le garanzie del diritto di difesa della parte resistente a cui sono finalizzate le modalità di produzione documentale), era stato ritualmente acquisito nel giudizio tributario alla stregua di quanto previsto dall’art. 58, comma 2,
d. lgs. n. 546/1990 e conseguentemente, in virtù del principio della translatio iudicii , anche nella fase di riassunzione.
Con il quarto motivo, parte ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., e dell’art. 329, comma 2, c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c., per avere la Corte territoriale violato il giudicato interno formatosi per effetto della mancata impugnazione della sentenza di primo grado, nella parte in cui l’Agenzia delle Entrate era stata dichiarata decaduta dal potere sanzionatorio in ragione della mancata tempestiva notificazione dell’atto di irrogazione sanzioni.
11. Il motivo è infondato.
La sentenza gravata ha implicitamente, ma evidentemente, escluso il giudicato sul punto, per avere adottato una soluzione incompatibile con tale prospettazione, avendo affermato che l’ eventuale irregolarità della notificazione dell’atto sanzionatorio, presupposto alla cartella di pagamento, avrebbe dovuto essere contestata opponendosi tempestivamente alla cartella esattoriale.
Le suddette argomentazioni sono conformi alla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 9310/2014, n. 24506/2016, n. 7156/2023), che ha precisato che il momento di garanzia può essere recuperato utilizzando il primo atto idoneo a porre il soggetto interessato in grado di esercitare validamente il proprio diritto di difesa, rispetto al quale andrà verificata la tempestività dell’opposizione, con la conformazione della disciplina applicabile a quella dettata per l’azione recuperata; nel caso di specie, l’azione cd. recuperatoria proposta dalla parte è intempestiva in relazione all’ultimo termine, stante l’ accertata mancata contestazione giudiziaria della cartella di pagamento.
Con il quinto motivo, parte ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. , per apparenza della motivazione.
Il motivo non è fondato, poiché il sindacato di legittimità sulla motivazione è circoscritto alla sola verifica della violazione del cd. minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass. S.U. n. 8053 e 8054/2014, n. 23940/2017, n. 16595/2019).
Con il sesto motivo, parte ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 36 -bis , comma 7bis , del d.l. n. 223/2006, convertito nella legge n. 248/2006, e dell’art. 20, comma 1, d. lgs. n. 472/1997, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la Corte di merito attribuito alla tardiva notifica della cartella di pagamento un effetto di reviviscenza in capo all’amministrazione finanziaria di un potere sanzionatorio esaurito per decorso del termine di decadenza.
Il motivo non è fondato, dovendosi condividere il principio espresso nella sentenza gravata, nel senso che non è stata l’ amministrazione a far rivivere un potere esaurito, ma la parte a impugnare un atto superato.
Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono il regime della soccombenza.
Al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 5.500 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell ‘ Adunanza camerale del 5 marzo 2025.