Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6936 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 6936 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6826-2023 proposto da:
NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4150/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 11/01/2023 R.G.N. 2525/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025 dal AVV_NOTAIO. RILEVATO CHE
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 21/01/2025
CC
la Corte d’Appello di Napoli ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME, confermando la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile, per intervenuta decadenza, l’impugnativa del licenziamento al medesimo intimato il 23 gennaio 2020 dalla RAGIONE_SOCIALE
La Corte di appello ha rilevato che, ai fini del rispetto del termine di 60 giorni previsto dall’art. 6 della legge n. 604 del 1966 non poteva essere considerata idonea la nota sottoscritta dal solo AVV_NOTAIO NOME COGNOME, priva di data e pervenuta alla società il 13.02.2020, in assenza di una pregressa procura al difensore sia di una successiva ratifica, anche tenuto conto del fatto che il lavoratore, nel giudizio di appello, era assistito da altro AVV_NOTAIO. Nemmeno poteva essere idonea la seconda impugnativa, effettuata con missiva del 27.02.2020, poiché i documenti prodotti per fornire la relativa prova di perfezionamento dell’invio non recavano alcuna attestazione delle attività compiute dall’agente postale (necessarie per verificare la ritualità dell’iter seguito), con relativa sottoscrizione.
La consigliera delegata ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., rilevando la conformità della sentenza gravata ai precedenti di questa Corte specificamente indicati.
Parte ricorrente, tramite difensore munito di nuova procura speciale, ha depositato nei termini istanza per chiedere la decisione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; è stato, quindi, instaurato il procedimento in camera di consiglio; COGNOME ha depositat o memoria ex art. 378 c.p.c.; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con un unico motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.3 il ricorrente deduce la violazione degli articoli 112 e 116 c.p.c. con conseguente falsa applicazione dell’art. 6, l. 604/1966.
Segnatamente evidenzia che avrebbe errato la Corte d’Appello confermando la prima sentenza che aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso per tardività dell’impugnativa del licenziamento, senza considerare che l’invio della raccomandata a mezzo di un servizio di posta privata, riconosciuto equivalente a quello offerto da RAGIONE_SOCIALE, aveva in ogni caso determinato il perfezionamento della notificazione per compiuta giacenza. Avrebbe altresì errato non considerando la sospensione dei termini processuali dovuta alla pandemia Covid19 nel periodo compreso tra il 9/03/2020 e l’11/05/2020.
Quanto alla prima notifica di impugnazione, del 13.02.2020, deduce la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art. 112 c.p.c., in quanto la Corte d’Appello non avrebbe esaminato specificamente le eccezioni sollevate dalla società resistente in merito alla validità dell’impugnazione stragiudiziale del licenziamento firmata dal solo difensore, da ritenersi idonea in assenza di una contestazione tempestiva da parte del datore di lavoro sulla regolarità dell’atto.
Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
Questa corte ha da tempo chiarito che il datore di lavoro convenuto in giudizio può contestare l’idoneità dell’impugnativa stragiudiziale sottoscritta dal solo difensore, anche se in precedenza non si sia avvalso della facoltà a lui concessa dall’art. 1393 c.c. In tal caso, sarà onere del lavoratore dimostrare la validità dell’atto compiuto dal rappresentante, offrendo la prova dell’anteriorità della procura scritta (cfr. Cass.
n. 9650 del 2021; n. 16416 del 2019), che può essere fornita con ogni mezzo (Cass. n. 7866 del 2012; n. 3634 del 2017).
A tali principi si è attenuta la Corte d’appello che, in ordine alla prima lettera di impugnativa del licenziamento, ha accertato trattarsi di una ‘nota sottoscritta dal solo AVV_NOTAIO NOME COGNOME, priva di data e pervenuta alla società il 13.02.2020 ‘; ha, inoltre, appurato che la società aveva contestato in giudizio l’esistenza sia di una valida e pregressa procura al difensore e sia di una successiva ratifica e che nessuna prova era stata fornita dal lavoratore (‘ ..nella fattispecie in esame, non è stata provata né l’esistenza di una procura ad hoc all’AVV_NOTAIO COGNOME né l’ipotesi della ratifica successiva, anche considerato che il ricorso giudiziale era affidato a diverso difensore’); ha quindi ritenuto che la nota fosse priva di qualsiasi efficacia probatoria al fine di impedire la decadenza di cui all’art. 6, della legge n. 604 del 1966.
Le censure mosse dal ricorrente sono manifestamente infondate nella parte in cui assumono, in contrasto con i precedenti richiamati, che ‘il dichiarare di agire in nome e per conto, giusta nomina a difensore, risponde ai requisiti di efficacia dell’impugnativa stragiudiziale ex art. 6 legge n. 604 del 1966’; le censure sono inammissibili nella parte in cui negano, prospettando la violazione dell’art. 112 c.p.c., che la società avesse contestato l’esistenza di una precedente procura, in quanto sono formulate senza il rispetto delle prescrizioni imposte dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c.
A tal fine, come statuito da questa RAGIONE_SOCIALE, è necessario che nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, che siano trascritti i passaggi essenziali degli stessi o riassunto il contenuto, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio
di merito (così Cass., S.U. n. 8950 del 2022; Cass. n. 12481 del 2022).
Il motivo di ricorso è inammissibile anche nella parte in cui critica la decisione d’appello in ordine alla seconda lettera di impugnativa del licenziamento datata 27 febbraio 2020, perché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha escluso l’esistenza della prova di una rituale comunicazione dell’atto alla società in quanto ‘i documenti prodotti non recano alcuna attestazione delle attività compiute dall’agente postale (necessarie per verificare la ritualità dell’iter seguito), con relativa sottoscrizione’, avendo l’appellante prodotto ‘una mera schermata con il riepilogo di alcune operazioni e un timbro di compiuta giacenza, senza altra annotazione sulla ricevuta di spedizione’, il che impedisce di ‘ritenere integrato l’iter previsto dalla legge per la presunzione di conoscenza’ da parte del destinatario.
Né ricorre la violazione dell’art. 116 c.p.c. che, come più volte precisato da questa Corte (cfr. Cass., S.U. n. 20867 del 2020; Cass. n. 11892 del 2016; n. 25029 del 2015; n. 25216 del 2014), è rinvenibile nei casi in cui il giudice valuti una prova legale secondo prudente apprezzamento o un elemento di prova liberamente valutabile come prova legale, anomalie neanche prospettate nel motivo in esame.
Infine irrilevante è la dedotta sospensione dei termini processuali dovuta alla pandemia Covid-19 nel periodo compreso tra il 9/03/2020 e l’11/05/2020, giacchè parte ricorrente, alla luce della natura della sentenza impugnata in cui non si discute di rimessione in termini o di tardività ma della stessa sussistenza dell’impugnativa, non chiarisce quale rilievo assumerebbe la sospensione.
Per i motivi esposti il ricorso deve essere pertanto rigettato in sostanziale corrispondenza al provvedimento di proposta di definizione anticipata ex art. 380-bis c.p.c.
Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate in dispositivo in favore della controricorrente.
Riguardo alle sanzioni previste dall’ultimo comma dell’art. 380 -bis c.p.c., stante l’esito giudiziale conforme alla proposta di definizione accelerata, nel senso ivi indicato, occorre applicare il terzo ed il quarto comma dell’art. 96 c.p.c. Alla presente pronuncia di rigetto del ricorso fa quindi seguito la condanna di parte ricorrente al pagamento di una somma equitativamente determinata ai sensi del terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ., nonché della sanzione di cui al successivo quarto comma, da versare alla RAGIONE_SOCIALE delle RAGIONE_SOCIALE, entrambe liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del DPR n.115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 -bis del citato D.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.800 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge. Condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte di una somma di € 2400 ex art. 96, 3° comma c.p.c., nonché a pagare in favore della cassa delle ammende la somma di € 2400 ex art. 96, 4 comma c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio, 21 gennaio 2025