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Impugnativa licenziamento: requisiti di validità

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un lavoratore, confermando che l’impugnativa licenziamento firmata dal solo avvocato è valida solo se supportata da una procura scritta anteriore. In assenza di tale prova, l’atto è inefficace e non interrompe i termini di decadenza. La Corte ha ritenuto inammissibile il motivo relativo a una seconda impugnativa per insufficiente prova di notifica.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Impugnativa Licenziamento: La Procura all’Avvocato è Essenziale

L’impugnativa licenziamento rappresenta il primo e cruciale passo per un lavoratore che intende contestare la cessazione del proprio rapporto di lavoro. Tuttavia, la sua efficacia è subordinata al rispetto di rigidi requisiti formali e temporali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: se la lettera di contestazione è firmata solo dall’avvocato, è onere del lavoratore dimostrare l’esistenza di una procura scritta e anteriore. In assenza, l’atto è nullo e il diritto di impugnare decade.

Il caso: un licenziamento e due impugnazioni contestate

La vicenda riguarda un lavoratore licenziato da una società cooperativa. Entro il termine di 60 giorni previsto dalla legge, vengono inviate due distinte comunicazioni per impugnare il provvedimento.

La prima, pervenuta all’azienda il 13 febbraio 2020, era una nota sottoscritta unicamente da un legale, ma priva di data e, soprattutto, non accompagnata da una procura che ne attestasse i poteri rappresentativi. La seconda, datata 27 febbraio 2020, pur essendo inviata, non era supportata da una documentazione idonea a provare il corretto perfezionamento della notifica secondo le regole postali.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dichiarato il ricorso inammissibile per intervenuta decadenza, ritenendo entrambe le impugnazioni inefficaci e quindi inidonee a interrompere il termine di 60 giorni.

La decisione della Cassazione sull’impugnativa licenziamento

La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei giudici di merito, rigettando il ricorso del lavoratore e chiarendo in modo definitivo i requisiti per una valida impugnativa licenziamento stragiudiziale.

La prima impugnativa: la necessità della procura scritta

Il punto centrale della decisione riguarda la prima lettera. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato: il datore di lavoro ha pieno diritto di contestare in giudizio la validità di un’impugnativa firmata dal solo difensore. Quando ciò accade, scatta per il lavoratore l’onere di dimostrare che il legale era munito di una procura scritta, rilasciata in data anteriore all’invio della comunicazione. Non è sufficiente una successiva ratifica, né il semplice fatto di aver nominato lo stesso (o un altro) avvocato nel successivo giudizio.

Nel caso specifico, il lavoratore non ha fornito alcuna prova dell’esistenza di tale procura. Di conseguenza, la lettera è stata considerata priva di qualsiasi efficacia giuridica, come se non fosse mai stata inviata.

La seconda impugnativa: l’onere della prova della notifica

Anche il motivo di ricorso relativo alla seconda impugnativa è stato respinto. La Corte d’Appello aveva rilevato che i documenti prodotti dal lavoratore (una schermata di riepilogo e un timbro di compiuta giacenza) non contenevano l’attestazione dell’agente postale sulle attività svolte, elemento necessario per verificare la regolarità della procedura. La Cassazione ha ritenuto inammissibile la censura del ricorrente perché non si confrontava specificamente con questa ratio decidendi, ovvero con la motivazione centrale della sentenza impugnata.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha fondato la sua decisione su principi cardine del diritto processuale e del lavoro. In primo luogo, il principio della rappresentanza volontaria, secondo cui chi agisce in nome altrui deve essere legittimato da una procura. Nel contesto dell’impugnativa del licenziamento, questo requisito serve a garantire la certezza dei rapporti giuridici, assicurando al datore di lavoro che la contestazione provenga effettivamente dalla volontà del lavoratore.

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato il rigore dei termini di decadenza. Il termine di 60 giorni per l’impugnazione stragiudiziale è perentorio. Un atto inefficace, come una lettera inviata da un avvocato senza procura, non è in grado di interrompere tale termine. Ne consegue che, scaduti i 60 giorni senza un’impugnazione valida, il licenziamento diventa definitivo e non più contestabile.

Infine, è stato ritenuto irrilevante il richiamo alla sospensione dei termini processuali per la pandemia Covid-19, poiché il problema a monte non era una semplice tardività, ma la radicale inesistenza di un’impugnativa valida prima della scadenza del termine.

Conclusioni: cosa insegna questa ordinanza

Questa pronuncia offre importanti lezioni pratiche per lavoratori e avvocati. Per il lavoratore, emerge la necessità di formalizzare tempestivamente il mandato al proprio legale tramite una procura scritta, datata e firmata, prima che venga inviata qualsiasi comunicazione all’azienda. Per i legali, si conferma l’importanza di allegare sempre la procura alla lettera di impugnazione o, quantomeno, di essere in grado di provarne l’esistenza pregressa in caso di contestazione. Agire con leggerezza su questo punto può compromettere irrimediabilmente il diritto del lavoratore alla tutela contro un licenziamento illegittimo.

L’impugnativa del licenziamento firmata solo dall’avvocato è sempre valida?
No, non è sempre valida. È efficace solo se l’avvocato ha ricevuto dal lavoratore una procura scritta in data anteriore all’invio della comunicazione. Se il datore di lavoro contesta in giudizio la validità dell’atto, spetta al lavoratore dimostrare l’esistenza di tale procura pregressa.

Cosa deve fare il lavoratore se il datore di lavoro contesta la validità della procura dell’avvocato?
Il lavoratore ha l’onere di provare in giudizio che l’atto compiuto dal suo rappresentante era valido. Deve quindi dimostrare, con ogni mezzo di prova, l’esistenza di una procura scritta anteriore all’invio dell’impugnativa. Non è sufficiente una ratifica successiva.

La sospensione dei termini per l’emergenza Covid-19 si applica se l’impugnativa è inesistente?
No. La Corte ha ritenuto irrilevante la sospensione dei termini processuali perché il problema non era una tardività sanabile, ma la radicale inesistenza di un’impugnativa valida. Se l’atto compiuto entro il termine di 60 giorni è giuridicamente inefficace (perché, ad esempio, manca la procura), il diritto si estingue per decadenza a prescindere da eventuali sospensioni successive.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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