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Impugnabilità revoca amministratore: no della Cassazione

Un amministratore, revocato per gravi irregolarità gestionali ai sensi dell’art. 2409 c.c., ha presentato ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che l’impugnabilità della revoca amministratore è esclusa. Tali provvedimenti, infatti, non hanno carattere decisorio e non sono appellabili in Cassazione, se non per la parte relativa alla condanna alle spese legali.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Societario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Impugnabilità revoca amministratore: la Cassazione chiarisce i limiti

La questione dell’impugnabilità della revoca di un amministratore decisa a seguito di gravi irregolarità gestionali è un tema cruciale nel diritto societario. Con l’ordinanza n. 16468/2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su questo argomento, stabilendo un principio netto: i provvedimenti emessi ai sensi dell’art. 2409 c.c. non sono, di regola, soggetti a ricorso straordinario in Cassazione. Analizziamo insieme la vicenda e le motivazioni di questa importante decisione.

Il caso: dalla revoca in primo grado al ricorso in Cassazione

La vicenda ha origine dalla denuncia presentata dal collegio sindacale di una società per azioni nei confronti dell’amministratore unico di una società a responsabilità limitata. I sindaci contestavano gravi irregolarità nella gestione, tra cui la prosecuzione illegittima dell’attività d’impresa, l’aumento dell’esposizione debitoria, l’omessa istanza di fallimento e il pagamento preferenziale di alcuni creditori in violazione della par condicio creditorum.

Il Tribunale di primo grado, accogliendo la denuncia, revocava l’amministratore dalla sua carica. Quest’ultimo proponeva reclamo alla Corte d’Appello, che però confermava la decisione del Tribunale. Non ritenendosi soddisfatto, l’amministratore revocato decideva di portare il caso dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, lamentando vizi procedurali e una valutazione errata delle ‘gravi irregolarità’ contestate.

I motivi del ricorso e la questione dell’impugnabilità revoca amministratore

L’amministratore basava il suo ricorso su due motivi principali:
1. Vizi procedurali: Sosteneva l’inammissibilità del ricorso originario dei sindaci, i quali si erano dimessi al momento della presentazione, e lamentava la mancata considerazione di alcune sue richieste istruttorie.
2. Errata valutazione nel merito: Contestava alla Corte d’Appello di aver confermato la sussistenza delle ‘gravi irregolarità’ senza un’adeguata verifica del danno e del nesso di causalità, e senza considerare cause di giustificazione come l’inerzia della pubblica amministrazione e l’impatto della pandemia.

Prima ancora di esaminare questi motivi, la Cassazione ha dovuto affrontare una questione pregiudiziale, sollevata anche dai controricorrenti: l’impugnabilità della revoca amministratore tramite ricorso straordinario ex art. 111 della Costituzione.

La decisione della Suprema Corte: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale che distingue nettamente i provvedimenti di giurisdizione contenziosa da quelli di volontaria giurisdizione, come quelli emessi ai sensi dell’art. 2409 c.c.

le motivazioni

Il cuore della motivazione risiede nella natura dei provvedimenti ex art. 2409 c.c. Secondo la Corte, questi atti non hanno carattere ‘decisorio’. Essi non sono volti a risolvere una controversia su diritti soggettivi contrapposti, ma rappresentano piuttosto misure di gestione e controllo nell’interesse della società, finalizzate a ripristinare la corretta amministrazione. Mancando di decisorietà, tali provvedimenti non sono idonei a passare in ‘giudicato’ e, di conseguenza, non possono essere oggetto del ricorso straordinario per cassazione previsto dall’art. 111 della Costituzione, che è riservato alle sentenze e ai provvedimenti che hanno natura di sentenza.

L’unica eccezione a questa regola generale, come precisato dalla Corte, riguarda la statuizione sulle spese processuali. La condanna al pagamento delle spese, infatti, crea un rapporto obbligatorio autonomo di debito-credito tra le parti. Questa specifica parte del provvedimento ha natura decisoria e giurisdizionale e, pertanto, è l’unica che potrebbe essere impugnata in Cassazione. Nel caso di specie, tuttavia, i motivi di ricorso dell’amministratore erano diretti esclusivamente contro la revoca e non contro la condanna alle spese, rendendo l’intero ricorso inammissibile.

le conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale: la procedura di cui all’art. 2409 c.c. è uno strumento di tutela dell’integrità societaria, non un giudizio ordinario tra parti contrapposte. La decisione sulla revoca di un amministratore per gravi irregolarità è quindi definitiva con il decreto della Corte d’Appello in sede di reclamo e non può essere ulteriormente contestata nel merito dinanzi alla Cassazione. Questa interpretazione rafforza l’efficacia e la celerità di uno strumento essenziale per la vigilanza sulla corretta gestione delle società di capitali, limitando i gradi di giudizio e assicurando che le decisioni prese nell’interesse della società diventino rapidamente operative.

È possibile impugnare in Cassazione un provvedimento che revoca un amministratore per gravi irregolarità?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che i provvedimenti resi ai sensi dell’art. 2409 c.c., inclusa la revoca dell’amministratore, sono privi di carattere decisorio e quindi non sono impugnabili con ricorso straordinario, tranne che per la parte relativa alla condanna alle spese processuali.

Perché i provvedimenti ex art. 2409 c.c. non sono considerati ‘decisori’?
Perché non risolvono una controversia su diritti soggettivi tra le parti, ma sono strumenti di volontaria giurisdizione finalizzati a proteggere l’interesse generale della società. Non hanno l’attitudine a passare in ‘giudicato’.

Qual è l’unica parte di un decreto ex art. 2409 c.c. che può essere contestata in Cassazione?
L’unica parte impugnabile è la statuizione relativa alla condanna alle spese processuali. Questa parte, infatti, incide su posizioni giuridiche soggettive di debito e credito, costituendo una decisione giurisdizionale autonoma e suscettibile di passare in giudicato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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