Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20911 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20911 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16028/2024 R.G. proposto da : COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica legale
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE , domiciliazione telematica legale
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 635/2024 depositata il 03/05/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME al fine di ottenere la dichiarazione d’inefficacia ex art.2901, cod. civ., dell’atto pubblico con il quale la seconda aveva alienato al figlio COGNOME alcuni beni immobili;
allegavano in particolare che:
–COGNOME era debitrice della restituzione del doppio della caparra versata in relazione a un contratto preliminare stipulato con la stessa dal quale i deducenti avevano receduto per grave inadempimento della promittente venditrice;
-le ragioni di credito vantate dagli attori, oggetto di un giudizio di accertamento e condanna definito in senso favorevole agli attori, erano anteriori all’atto di disposizione, che esauriva il patrimonio immobiliare della debitrice, sicché lo stesso si rivelava dolosamente preordinato al fine di pregiudicare il soddisfacimento delle ragioni creditorie degli attori;
il Tribunale, davanti al quale resistevano i convenuti, accoglieva la domanda con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare:
-le richieste istruttorie, su cui avevano insistito con motivo di gravame convenuti, erano generiche e irrilevanti;
-la sussistenza dell’elemento soggettivo necessario alla tutela pauliana era evincibile dal rapporto di stretta parentela, dalle modalità di vendita, effettuata da NOME in favore del figlio rappresentato dalla stessa quale procuratrice speciale;
-la cessione dei due beni immobili oggetto di negozio aveva determinato un peggioramento quantitativo e qualitativo della garanzia generica dei creditori, non essendo stata
offerta, da parte dei convenuti, alcuna prova in ordine al fatto che anche solo uno di essi, come allegato da quelli in linea subordinata, sarebbe stato idoneo a soddisfare il credito preteso dagli istanti, non essendo stato neppure specificato alcun ritenuto valore effettivo dei singoli cespiti;
avverso questa decisione ricorrono per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME articolando tre motivi, illustrati da memoria;
resiste con controricorso NOME COGNOME in proprio e quale erede di NOME COGNOME
il consigliere delegato dal Presidente ha proposto la definizione anticipata del giudizio a norma dell’art. 380 -bis , cod. proc. civ., per improcedibilità del ricorso in difetto della prova della relazione della dichiarata notifica della sentenza impugnata e in difetto della c.d. prova di resistenza, ossia di un’intervenuta impugnazione nel termine di 60 giorni a far tempo, comunque, dalla pubblicazione dell’atto oggetto di gravame;
i ricorrenti si sono opposti alla suddetta proposta chiedendo la decisione collegiale e depositando memora;
parte controricorrente ha invece chiesto la dichiarazione di estinzione del giudizio in mancanza di risultanze di un’opposizione tempestiva alla proposta di definizione anticipata dello stesso.
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che non vi era prova del pure affermato passaggio in giudicato della sentenza indicata come titolo giudiziale del credito tutelato con la domanda di revocatoria, e dunque non vi era la necessaria prova certa di quello;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 e 1414, cod. civ., poiché la Corte di
appello avrebbe errato mancando di considerare che l’azione svolta dai convenuti avrebbe dovuto essere quella per l’accertamento della simulazione assoluta della vendita, emergente dagli stessi fatti allegati, mentre non era stato provato che il patrimonio immobiliare fosse così stato dismesso né che non vi fossero altri beni o non fosse aggredibile il preteso ricavato dell’alienazione, ovvero, in altri termini, che fosse sussistente l’oggettivo pregiudizio ai creditori;
con il terzo motivo si prospetta l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte di appello negando l’ammissione dei mezzi istruttori oggetto di articolazione in prime cure da parte dei deducenti, in quanto le prove richieste avrebbero messo in luce l’infondatezza della domanda di revocatoria specie in relazione alla diversa azione simulatoria che gli attori avrebbero dovuto proporre.
Considerato che
preliminarmente deve osservarsi che l’istanza di decisione, in opposizione alla proposta di definizione anticipata del giudizio comunicata il 19/11/2024, è stata tempestivamente depositata il 20/12/2024;
ciò posto, come osservato nella suddetta proposta, la difesa ricorrente non ha depositato, nel previsto termine perentorio, la relata di notifica della sentenza impugnata, dichiarata come avvenuta dalla parte impugnante con manifestazione di autoresponsabilità processuale; tale relata, inoltre, neppure è stata prodotta dalla controparte, e la notifica del ricorso non è comunque tempestiva, nel termine più breve di sessanta giorni, a far tempo dalla pubblicazione del provvedimento gravato;
il ricorso non è quindi procedibile ai sensi dell’art. 369, n. 2, cod. proc. civ., senza che rilevi la concorde indicazione del tempo della notifica in parola ad opera della difesa controricorrente, trattandosi di profilo di ordine pubblico processuale indisponibile dalle parti (Cass., 05/10/2015, n. 20883, Cass., 07/06/2021, n.
15832, Cass., Sez. U., 06/07/2022, n. 21349, Cass., 22/10/2024, n. 27313);
come osserva Cass., n. 27313 del 2024, cit. (pagg. 11 e seguenti), «il difetto di procedibilità, poi, deve essere rilevato d’ufficio, né può essere sanato dalla mancata contestazione da parte della controricorrente, perché l’improcedibilità trova la sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo di una parte che ostacola la stessa sequenza di avvio di un determinato processo (cfr. Cass., SU, n. 9005 del 2009; Cass., SU, n. 10648 del 2017; Cass., SU, n. 21349 del 2022; Cass. nn. 17014 e 19475 del 2024), sicché nessun valore può assumere, al fine di escluderla, l’eventuale comportamento di non contestazione di un’altra parte. Chiarissima, in tal senso, è l’affermazione di Cass., SU, n. 21349 del 2022, laddove spiega che ‘Non può condividersi l’affermazione, contenuta nell’ordinanza interlocutoria, secondo cui la sanzione dell’improcedibilità sarebbe inapplicabile quando “la controparte (controricorrente) che ha notificato il provvedimento di merito impugnato (…) abbia riconosciuto nel giudizio di legittimità la data in cui l’adempimento è stato da lei stessa curato, rendendo in tal modo inutile ogni accertamento dell’ufficio al riguardo” . Ed infatti, il ricorrente che, pur dichiarando che la sentenza impugnata è stata notificata in una certa data, depositi la copia autentica della stessa omettendo di depositare la relata della notifica, incorre nella sanzione dell’improcedibilità, trattandosi di omissione che impedisce alla Suprema Corte la verifica – a tutela dell’esigenza pubblicistica del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, a nulla valendo la non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente, ovvero il mero reperimento di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga, in ipotesi, la tempestività dell’impugnazione ( ex plurimis , Cass. 3466 del 2020, n. 9987 del
2016, n. 9004 del 2009)’. 2.3.1. In altri termini, la previsione di un termine perentorio per il deposito della relata a cura del ricorrente, ex art. 369 cod. proc. civ., o eccezionalmente del controricorrente, ex art. 370, comma 3, cod. proc. civ., è funzionalmente preordinata all’immediato e diretto riscontro, da parte del giudicante, dell’ordinato svolgersi del giudizio di legittimità mediante la verifica d’ufficio della tempestività dell’impugnazione e del conseguente formarsi del giudicato: tanto giustifica la già spiegata efficacia sanzionatoria della declaratoria di improcedibilità. 2.3.2. È stato insegnato pure che essa è compatibile con il diritto di accesso al giudice se configurata nelle fasi di impugnazione, risolvendosi, altrimenti, in una non ragionevole compromissione del diritto di difesa e che la selezione delle impugnazioni da scrutinare nel merito va perciò compiuta se i termini fissati dal legislatore per la sequenza procedimentale siano stati rispettati (cfr. Cass., SU, n. 10648 del 2017). Infatti, consentire il recupero della omissione mediante la produzione a tempo indeterminato con lo strumento di cui all’art. 372 cod. proc. civ. vanificherebbe il senso del duplice adempimento nel meccanismo processuale che è anche quello di selezionare tempestivamente i ricorsi ai fini della scelta del rito processuale di legittimità più consono. 2.3.3. Va rimarcato, inoltre, che, giusta la recente Cass. n. 19475 del 2024, ‘In tema di giudizio di cassazione, l’omessa produzione della relata di notifica della sentenza impugnata comporta l’improcedibilità del ricorso ex art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ., e tale sanzione non contrasta con gli artt. 24 e 111 Cost. e 6 CEDU, trattandosi di un adempimento preliminare, tutt’altro che oneroso e complesso, che non mette in discussione il diritto alla difesa ed al giusto processo, essendo finalizzato a verificare, nell’interesse pubblico, il passaggio in giudicato della decisione di merito ed a selezionare la procedura più adeguata alla definizione della controversia’»;
è quindi evidente che, una volta dichiarata la notifica del provvedimento impugnato, con connesso impegno conseguente all’autoresponsabilità processuale così implicata (Cass., Sez. U., n. 21349 del 2022, cit.), contrariamene a ciò che è stato sostenuto, in modo manifestamente infondato, da parte ricorrente in memoria, non viene più in gioco il c.d. termine lungo, applicabile appunto in assenza della suddetta notificazione;
le spese debbono seguire la soccombenza così come le previste statuizioni ex art. 96, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., di cui sussistono i presupposti di legge in ragione delle evidenze riassunte (cfr., Cass., Sez. U., 13/10/2023, n. 38540, Cass., Sez. U., 27/12/2023, n. 36069).
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento in favore di parte controricorrente: delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; della somma di euro 5.000,00 ex art. 96, 3° o., c.p.c. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende ai sensi dell’art. 96, 4° co., c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti in solido, al competente ufficio di merito, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 16/6/2025