Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2715 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 2715  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30975/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso in proprio (CODICE_FISCALE)
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del legale rappresentante  in carica elettivamente rappresentato  e  difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
– controricorrente –
 avverso  la  SENTENZA  del  TRIBUNALE  di  ROMA  n.  12127/2020 depositata il 10/09/2020.
ASSEGNAZIONE
–
IMPOSTA
DI
REGISTRO
Ad.30/11/2023 CC
Udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 30/11/2023, dal Consigliere relatore NOME COGNOME,
Rilevato che:
la controversia nella fase di merito origina da un’ ordinanza di assegnazione in procedura esecutiva presso terzi che non avrebbe statuito sulle spese e segnatamente su quelle di registrazione dell’ordinanza stessa, cosicché l’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME, difeso in proprio, quale creditore esecutante e non soddisfatto, affermato che esse dovessero gravare sulla RAGIONE_SOCIALE, quale debitrice originaria, a tal fine propose autonoma azione nei confronti della detta banca, volta alla costituzione di un titolo esecutivo diverso dall’ordinanza di assegnazione;
la  domanda  venne  rigettata  dal  Giudice  di  pace  di  Roma  e l’appello, proposto dall’avvocato COGNOME, venne dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 339 cod. proc. civ., dal Tribunale di Roma, con sentenza n. 12127 depositata il 19/10/2020;
a vverso la sentenza d’appello ricorre per cassazione NOME COGNOME,  difeso  in  proprio,  con  atto  affidato  a  un  unico  complesso motivo;
resiste RAGIONE_SOCIALE con controricorso;
entrambe  le  parti  hanno  depositato  memoria per  l’adunanza camerale del 30/11/2023, alla quale la causa è stata trattenuta per la decisione;
Considerato che:
il motivo (che, sostanzialmente, pare incentrarsi sulla tesi della deducibilità della questione della determinazione delle spese di un pregresso  processo  esecutivo  a  sostegno  dell’appello  a  motivi limitati  previsto  dall’art.  339,  comma  3, cod. proc. civ.), non può essere  scrutinato,  sicché  ne  è  superflua  la  stessa  illustrazione:
assumendo preminente e dirimente rilievo la verifica della procedibilità del ricorso, che sortisce esito negativo;
il ricorrente alla seconda pagina del ricorso ha affermato che la sentenza impugnata, emanata dal Tribunale di Roma, n. 12127 del 10/09/2020, gli è stata notificata in data 19/10/2020;
il ricorrente non ha prodotto la copia della sentenza impugnata munita della relazione di notifica da parte del difensore della banca COGNOME dei Paschi di Siena S.p.a.;
in atti, sia cartacei che telematici, vi è soltanto una copia della detta sentenza con attestazione da parte del difensore della banca controricorrente, ma non si rinviene il messaggio di posta elettronica  con  cui  la  relativa  notifica  sarebbe  stata  eseguita,  il quale di questa costituisce parte ineliminabile;
in tema deve richiamarsi la oramai costante giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio e alla quale si intende dare continuità (Cass. n. 15832 del 07/06/2021 Rv. 661874 – 01) che in punto di produzione della copia notificata della sentenza, e più in generale di decorrenza dei termini di impugnazione, afferma: « in tema di notificazione del provvedimento impugnato ad opera della parte, ai fini dell’adempimento del dovere di controllare la tempestività dell’impugnazione in sede di giudizio di legittimità, assumono rilievo le allegazioni delle parti, nel senso che, ove il ricorrente non abbia allegato che la sentenza impugnata gli è stata notificata, si deve ritenere che il diritto di impugnazione sia stato esercitato entro il c.d. termine “lungo” di cui all’art. 327 c.p.c., procedendo all’accertamento della sua osservanza, mentre, nella contraria ipotesi in cui l’impugnante abbia allegato espressamente o implicitamente che la sentenza contro cui ricorre gli sia stata notificata ai fini del decorso del termine breve di impugnazione (nonché nell’ipotesi in cui tale circostanza sia stata eccepita dal 
contro
ricorrente o sia emersa dal diretto esame delle produzioni delle parti o del fascicolo d’ufficio), deve ritenersi operante il termine di cui all’art. 325 c.p.c., sorgendo a carico del ricorrente l’onere di depositare, unitamente al ricorso o nei modi di cui all’art. 372, comma 2, c.p.c., la copia autentica della sentenza impugnata, munita della relata di notificazione, entro il termine previsto dall’art. 369, comma 1, c.p.c., la cui mancata osservanza comporta l’improcedibilità del ricorso, escluso il caso in cui la notificazione del ricorso risulti effettuata prima della scadenza del termine breve decorrente dalla pubblicazione del provvedimento impugnato e salva l’ipotesi in cui la relazione di notificazione risulti prodotta dal controricorrente o presente nel fascicolo d’ufficio »; ribadita, con alcune precisazioni, i cui presupposti fattuali di applicazione non ricorrono nella specie, anche dalla più recente giurisprudenza nomofilattica (Sez. U n. 21349 del 06/07/2022, Rv. 665188 -02);
nella specie, inoltre, e ciò al fine di fugare qualsiasi dubbio sulla rilevata improcedibilità, la sentenza impugnata è stata pubblicata in data 10/09/2020 e il ricorso risulta essere notificato il 24/11/2020 e, quindi, oltre il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione;
la copia notificata della sentenza impugnata non risulta, peraltro, essere stata depositata in atti neppure dalla difesa della controricorrente  RAGIONE_SOCIALE,  così  come  consentito  dalla  sopra richiamata giurisprudenza nomofilattica e, inoltre, la RAGIONE_SOCIALE ha sollevato in controricorso la questione dell’improcedibilità ;
per  mera  completezza  motivazionale,  il  Collegio  ritiene  di precisare  che  il  ricorso  sarebbe  incorso  pure  in  inammissibilità  ai sensi dell’art. 360 -bis, n. 1, cod. proc. civ., per non specificamente argomentata contrarietà all’orientamento di questa Corte espresso nei seguenti termini (Cass. n. n. 31830 del 27/10/2022 Rv. 666069 -01; Cass. n. 10187 del 17/04/2023): « Affrontando una
contro
versia per molti versi similare a quella che occupa e su iniziativa del medesimo ricorrente COGNOME, la recente Cass. n. 31833/2022 ha condivisibilmente affermato che ‘le disposizioni dettate dagli artt. 91, 95 e 553 cod. proc. civ., pur avendo natura di norme processuali (relative al processo esecutivo), non rientrano nel complesso delle norme che, ai sensi degli artt. 311 e seguenti del codice di rito, disciplinano lo svolgimento del processo di cognizione dinanzi al Giudice di pace; né, comunque, una funzione del genere hanno in concreto assolto, neanche in via di mera interposizione, in quanto sono state prese in considerazione dal giudice di pace allo scopo di individuare il soggetto obbligato al rimborso delle somme richiesto dall’attore, cioè a dire, in altre parole, come regole del rapporto sostanziale dedotto in lite: e il loro apprezzamento -corretto o meno che sia, qui non rileva – ha giustificato il rigetto dell’azione di ripetizione delle somme intentata contro per difetto di legittimazione passiva. La (asserita) inosservanza di siffatte disposizioni non era, dunque, qualificabile come violazione di «norme sul procedimento», ai sensi e per gli effetti dell’art. 339, terzo comma, cod. proc. civ., e non poteva essere ammissibilmente dedotta con i motivi di appello’. Il ricorso non offre nessuna ragione per diversamente opinare, sicché la Corte intende dare continuità al citato precedente. Può aggiungersi – quanto al profilo con cui si contesta l’ulteriore affermazione del Tribunale secondo cui il Giudice di pace avrebbe reso non tanto una decisione sulla condizione dell’azione, quanto sul merito – che a maggior ragione l’appello è stato ritenuto inammissibile, giacché il COGNOME non ha dedotto alcuna violazione di norme costituzionali, né di principi fondamentali della materia, come appunto accertato dal giudice d’appello; pertanto, il ricorso in esame, in parte qua, si rivela anche
inammissibile per difetto  d’interesse,  ex  art.  100  c.p.c.,  perché  quand’anche  fossero  fondate  le  doglianze  sulla  pretesa  violazione delle  norme  sul  procedimento -il  COGNOME  non  ha  neanche  in questa sede dedotto che la decisione meritale del Giudice di pace abbia comunque violato norme costituzionali o principi fondamentali  della  materia,  restando  così  confermata  l’ulteriore causa di inammissibilità del gravame »;
il  ricorso  è,  pertanto,  dichiarato  improcedibile,  posto  che  le fattispecie  di  improcedibilità  devono  essere  per  prime  rilevate (Cass. n. 1389 del 22/01/2021 Rv. 660388 – 01);
le spese  di lite di questa  fase di legittimità seguono  la soccombenza del ricorrente e, tenuto conto dell’attività processuale espletata,  in  relazione  al  valore  della  controversia,  sono  liquidate come da dispositivo;
la  decisione  di  improced ibilità  dell’impugnazione comporta che deve darsi atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di  contributo  unificato  pari  a  quello  per  il  ricorso,  a  norma  del comma 1 bis, dello stesso articolo 13, se dovuto;
il  deposito  della  motivazione  è  fissato  nel  termine  di  cui  al secondo comma dell’art. 380 bis 1 cod. proc. civ.;
p. q. m.
la  Corte dichiara improcedibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio  di  legittimità,  che  liquida  in  Euro  800,00  per  compensi, oltre  alle  spese  forfettarie  nella  misura  del  15  per  cento,  agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito  dall’art.  1,  comma  17 ,  della  l.  n.  228  del  2012,  dà  atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte  del  ricorrente,  dell’ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Corte  di