Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2859 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6747/2023 R.G. proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il domicilio digitale del medesimo
Pec:
-ricorrente-
Contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME in ROMA INDIRIZZO
Pec:
contro
ricorrente e ricorrente incidentale
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 2495/2022 depositata il 09/01/2023.
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2859 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2025
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/10/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME, proprietario e locatore di un immobile ad uso abitativo sito in Ravenna, convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Ravenna, il conduttore NOME COGNOME COGNOME intimandogli sfratto per morosità, per il mancato pagamento dei canoni dal mese di gennaio 2019 e per dodici mensilità, oltre oneri accessori, per l’importo complessivo di € 14.695,94.
L’intimato si costituì in giudizio, affermò l’intervenuta restituzione dell’immobile nel febbraio 2020 e, in via riconvenzionale, chiese la compensazione tra quanto dovuto a titolo di canoni e quanto invece a lui dovuto per le migliorie apportate all’immobile. Nel corso del giudizio di primo grado il convenuto affermò che il tentativo di mediazione esperito era invalido sia perché la convocazione era stata inviata ad un indirizzo diverso dalla sua residenza sia perché l’intimante aveva partecipato al relativo incontro non personalmente ma tramite un rappresentante non munito di procura notarile.
Il Tribunale di Ravenna, con sentenza n. 536/2021, dichiarata la validità dell’esperito tentativo di mediazione, accolse la domanda del locatore e condannò il conduttore al pagamento dei canoni ed al rimborso delle utenze e della TARI, per la complessiva somma di € 19.654,94 oltre interessi.
Il conduttore soccombente propose appello riproponendo, tra le altre cose, l’eccezione di improcedibilità della domanda per non idoneo esperimento del tentativo di mediazione.
La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza n. 2495, pubblicata in data 9 gennaio 2023, esaminata e rigettata nel merito l’eccezione di improcedibilità della domanda attorea, ha rigettato il gravame condannando l’appellante alle spese.
Avverso la sentenza, NOME COGNOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo.
NOME COGNOME resiste proponendo anche ricorso incidentale, sulla base di un unico motivo.
In data 20 aprile 2024 il Consigliere Delegato ha formulato una proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. concludendo per la improcedibilità del ricorso, nei seguenti termini:
‘ Considerato che: nel ricorso si asserisce che la sentenza impugnata sarebbe stata notificata il 12 gennaio 2023; dall’esame degli atti risulta depositata soltanto copia autentica della sentenza senza la relata dell’indicata notificazione; la c.d. prova di resistenza (Cass. n. 17066 del 2013) con riferimento alla data di pubblicazione della sentenza, che è stata il 9 gennaio 2023, non consente di considerare tempestivo il ricorso calcolando il decorso del temine breve da essa, atteso che il ricorso è stato notificato in data 13 marzo 2023, mentre il termine scadeva venerdì 10 marzo 2023; sussiste improcedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 369, secondo comma n. 2 c.p.c. (Cass., Sez. Un., n. 21349 del 2022); il ricorso incidentale deve conseguentemente essere ritenuto inefficace in quanto tardivo (v. Cass. n. 19188 del 19/07/2018; n. 14497 del 09/07/2020); lo stesso peraltro, ove scrutinabile, avrebbe dovuto dirsi inammissibile per difetto di interesse, lamentandosi con esso il rigetto dell’eccezione di inammissibilità di motivo di gravame proposto da controparte che la controparte ha comunque rigettato nel merito; pertanto, propone la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ. con pronuncia di improcedibilità del ricorso principale e di inefficacia del ricorso incidentale. ‘
Con istanza di decisione ex art. 380bis c.p.c., il ricorrente ha chiesto la decisione del Collegio.
E’ stata disposta la trattazione del ricorso per l’adunanza camerale del 10 ottobre 2024 ai sensi dell’art. 380bis .1 c.p.c.
Parte resistente ha depositato memoria.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico ministero;
Considerato che:
il Collegio ritiene che la proposta di definizione anticipata vada pienamente confermata essendo prive di ogni fondamento le osservazioni del ricorrente formulate nell’istanza di ‘opposizione’ alla PDA ex art. 380bis .1 c.p.c. Il ricorrente sostiene che, a fronte di una sentenza depositata priva della relata di notifica, non vi sarebbe improcedibilità in ragione della modifica dell’art. 372, comma secondo, c.p.c. che pone un termine entro il quale adempiere all’onere descritto dalla norma così escludendo di poter ritenere preclusa la possibilità del deposito della relata di notifica.
La manifesta infondatezza della riferita tesi deriva dall’esegesi delle norme. La novità normativa introdotta dalla c.d. Riforma Cartabia, infatti, non ha inciso sull’art. 369 c.p.c. il quale prevede che, nel termine di 20 giorni dall’ultima notificazione del ricorso introduttivo del giudizio in Cassazione, parte ricorrente deve, a pena di improcedibilità, depositare copia autentica della decisione impugnata con la relata di notifica, ove questa, come nel caso che ci occupa, sia avvenuta. Il ricorrente, pertanto, avrebbe certamente potuto depositare, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., detta relata di notifica anche dopo il deposito del ricorso, ma la tempestività del deposito della relazione di notificazione, e quindi il rilievo di improcedibilità, resta inevitabilmente ancorata alla previsione di cui all’art. 369, comma I°, c.p.c. e quindi al termine di venti giorni dall’ultima notifica del ricorso (e non invece, al termine di cui all’art. 372 c.p.c., quindici giorni prima dell’Adunanza in camera di consiglio), talché il tardivo deposito della PEC contenente la notifica della sentenza – avvenuto in data 3 maggio 2024 cioè ben oltre un anno dopo la scadenza del termine di cui all’art. 369, comma I°, c.p.c. – non consente di superare il rilievo di improcedibilità del ricorso. Tale interpretazione è l’unica in grado di garantire l’effettivo rispetto della previsione di cui all’art. 369 c.p.c. ed è quella che questa Corte ha costantemente assunto come evidenziato da Cass., S.U. n. 21349 del 6/7/2022: ‘Nel giudizio di cassazione, è esclusa la dichiarazione di improcedibilità ex art. 369, comma 2, n. 2), c.p.c., quando l’impugnazione sia proposta contro una sentenza notificata, di cui il ricorrente non abbia
depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica (o le copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notifica a mezzo PEC), ove tale documentazione risulti comunque nella disponibilità del giudice, per essere stata prodotta dal controricorrente nel termine di cui all’art. 370, comma 3, c.p.c., ovvero acquisita – nei casi in cui la legge dispone che la cancelleria provveda alla comunicazione o alla notificazione del provvedimento impugnato (da cui decorre il termine breve per impugnare ex art. 325 c.p.c.) – mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio.
Sempre Cass. n. 21349 del 2022 statuisce: ‘La dichiarazione contenuta nel ricorso per cassazione di avvenuta notificazione della sentenza impugnata, attesta un “fatto processuale” – la notificazione della sentenza – idoneo a far decorrere il termine “breve” di impugnazione e, quale manifestazione di “autoresponsabilità” della parte, impegna quest’ultima a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere in capo ad essa l’onere di depositare, nel termine stabilito dall’art. 369 c.p.c., copia della sentenza munita della relata di notifica (ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo PEC), senza che sia possibile ovviare alla relativa omissione mediante la successiva, e ormai tardiva, produzione ai sensi dell’art. 372 c.c.’; in senso del tutto conforme Cass., 2, n. 17014 del 20/6/2024, Cass., 1 n. 19475 del 15/7/2024, Cass., 3, n. 24724 del 16/9/2024. In conclusione, ne deriva che la produzione del documento digitale originale contenente la relazione di notificazione della sentenza impugnata, effettuata solo successivamente alla comunicazione della proposta di definizione anticipata nelle forme previste dall’art. 372, co. 2, c.p.c ., è evidentemente tardiva perché eseguita solo dopo la scadenza dei termini per la costituzione dei controricorrenti, la chiusura della fase introduttiva del giudizio di legittimità e l’opinamento della Corte circa le modalità di definizione del giudizio (Cass. 19475/2024) .
Va pertanto confermata l’improcedibilità del ricorso principale.
Il ricorso incidentale, avendo natura di impugnazione incidentale tardiva, è dichiarato inefficace sulla base del nuovo secondo comma dell’art. 334
c.p.c., come modificato dalla citata riforma .
Conclusivamente il ricorso principale va dichiarato improcedibile e quello incidentale inefficace. Le spese sono poste a carico del ricorrente principale e liquidate come in dispositivo.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di una somma a titolo di contributo unificato, pari a quella versata per il ricorso, se dovuta.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso principale improcedibile e quello incidentale inefficace.
Condanna il ricorrente principale al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione che liquida in € 3.500 (oltre € 200 per esborsi), più accessori e spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile