Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 29140 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 29140 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/11/2025
SENTENZA
sul ricorso 29649-2021 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME; – controricorrente avverso la sentenza n. 474/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 07/06/2021 R.G.N. 1004/2018; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/10/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per improcedibilità del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato NOME COGNOME; udito l’avvocato NOME COGNOME.
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 08/10/2025
PU
Fatti di causa
La Corte di Appello di Milano, con la sentenza n. 474/2021, in riforma della pronuncia del Tribunale della stessa sede, ha condannato NOME COGNOME alla corresponsione, in favore della RAGIONE_SOCIALE datrice di lavoro di quest’ultima, della somma di euro 1.301.442,54, oltre accessori, perché, all’insaputa della società , la dipendente si era impossessata dal 2004 al 2014 del suddetto importo attraverso molteplici bonifici disposti periodicamente in proprio favore.
Per la cassazione di tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso sulla base di sei motivi, cui ha resistito con controricorso la società.
Il 16 settembre 2024 è stata formulata proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. nei sensi dell’ improcedibilità del ricorso per mancato deposito della copia autentica della sentenza impugnata con la relata di notifica, se effettuata.
La ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
La trattazione della causa, in un primo tempo fissata in udienza camerale, è stata rinviata all’odierna pubblica udienza.
Ragioni della decisione
I motivi sono stati così rubricati secondo la prospettazione della stessa parte ricorrente.
Con il primo motivo si denuncia la violazione/errata applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., in relazione al combinato disposto degli artt. 648 e 652 cpp e 573 co. 2 cpp, nonché degli artt. 113 e 115 c.p.c. e/o omesso esame, ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c., di un fatto decisivo per il giudizio.
Con il secondo motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. delle norme
regolatrici dell’onere probatorio in relazione all’illecito addebitato alla ex lavoratrice/collaboratrice, ovvero violazione dell’art. 99 c.p.c. ed erronea applicazione del regime di cui all’art. 2104 cod. civ. anziché all’art. 2043 cod. civ.
Con il terzo motivo si denuncia la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. delle preclusioni in tema di produzione documentale, erronea e/o falsa applicazione dell’art. 437 c.p.c. nonché violazione del contraddittorio ex art. 111 Cost.
Con il quarto motivo la ricorrente si duole della violazione ex art. 360 co. n. 3 c.p.c. del contraddittorio prescritto dall’art. 111 Cost. e del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost relativamente alle ‘note scritte’ depositate da RAGIONE_SOCIALE per l’udienza dell’11 gennaio 2021 avanti alla Corte di appello di Milano.
Con il quinto motivo si lamenta la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. dell’art. 112 c.p.c. per difetto di giudicato sulla domanda s volta nell’appello principale RG 1004/2018 proposto da essa ricorrente.
Con il sesto motivo si deduce ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, con conseguente vizio di motivazione della sentenza e violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c..
Ciò premesso, come correttamente rilevato nella proposta di definizione anticipata del giudizio, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.
Un dato fondamentale, che è necessario rimarcare, riguarda il fatto che la sentenza impugnata non è stata depositata dalla controricorrente.
Orbene, il Collegio rileva che la tesi di parte ricorrente, secondo cui la busta complementare (in aggiunta a quella principale contenente il ricorso notificato il 3.12.2021)
sarebbe rimasta ‘sospesa’, a causa del difettoso funzionamento informatico, senza essere stata accettata dal sistema e, solo a seguito dell’intervento dei tecnici della società incaricata dell’invio telematico , era stata rintracciata e successivamente ritrasmessa, non trova riscontro nella documentazione in atti.
In primo luogo, infatti, deve essere ribadito quanto sottolineato in sede di PDA in ordine alla circostanza che l’indicazione della copia autentica della sentenza impugnata non è stata inclusa nell’elenco degli atti allegati al ricorso per cassazione, ove, peraltro, non si fa riferimento ad alcun elenco aggiuntivo.
In secondo luogo, poi, dallo stesso documento depositato da parte ricorrente, riguardante la ricostruzione di ciò che era avvenuto come riportato dalla società informatica, si evince che la busta complementare (o integrativa), contenente la copia autentica della sentenza impugnata, è stata preparata il 3.12.2021 ma inviata l’8.10.2024: non viene fatto alcun cenno ad una sospensione della stessa da parte del sistema né ad un suo successivo reperimento.
In terzo ed ultimo luogo, va evidenziato che, qualora effettivamente la busta fosse stata inviata il 3.12.2021, comunque una ricevuta (la prima) avrebbe dovuto essere generata dal sistema: invece, ciò non risulta ed è, quindi, ragionevole desumere che la busta complementare, in data 3.12.2021, sia stata solo preparata, ma poi inviata in data 8.10.2024, cioè dopo la proposta di definizione accelerata, a distanza, quindi, di tra anni dalla presentazione del ricorso.
Ricorre, pertanto, una causa di improcedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 369 co. 2 c.p.c..
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.
Alla declaratoria di improcedibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Poiché il giudizio viene definito in conformità della PDA, va disposta la condanna di NOME COGNOME a norma dell’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c.
Vale, infatti, rammentare quanto segue: in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) ─ che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. ─ codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
In tal senso, dunque, la ricorrente va condannata a pagare alla controricorrente la somma equitativamente determinata di € 5.000,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contribu to unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
La Corte dichiara improcedibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 10.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Condanna altresì la ricorrente al pagamento della somma di €. 5.000,00 in favor e della controricorrente e di una ulteriore somma di €. 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, l’8 .10.2025.
Il cons. est. Il Presidente
Dott. NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME