Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9721 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9721 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 31572-2020 proposto da:
COGNOME NOME , nella qualità di amministratore e rappresentante legale della ‘RAGIONE_SOCIALE, domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME, COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentato e difeso dall ‘AVV_NOTAIO COGNOME;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 1292/20 del la Corte d’appello d i Palermo, depositata il 02/09/2020;
Oggetto
OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE
Improcedibilità del ricorso
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 29/11/2023
Adunanza camerale
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 29/11/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 1292/20, del 2 settembre 2020, della Corte d ‘a ppello di Palermo, che -respingendone il gravame avverso la sentenza n. 78/18, del 5 gennaio 2018, del Tribunale della stessa città -ha confermato l’accoglimento dell’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. proposta da NOME COGNOME, in relazione alla p retesa creditoria azionata ‘ in executivis ‘ dal COGNOME sulla base di un decreto ingiuntivo emesso, per l’importo di € 6.726,00, dal medesimo Tribunale palermitano .
Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente di aver conseguito il suddetto provvedimento monitorio, divenuto inoppugnabile ed esecutivo in quanto non opposto a norma dell’art. 645 cod. proc. civ., in relazione ad un credito per prestazioni di pulizia svolte in favore del Condominio del quale il COGNOME risulta uno dei condomini. Richiesto, invano, il pagamento del dovuto al Condominio, il COGNOME poneva in esecuzione il proprio titolo nei confronti del COGNOME e di altri tre condomini, notificando precetto e titolo esecutivo.
Proponeva opposizione il COGNOME, a norma dell’art. 615 cod. proc. civ., contestando al creditore esecutante di non aver preventivamente agito, ex art. 63 disp. att. cod. civ., nei confronti dei condomini morosi e, inoltre, di non aver portato a termine la procedura esecutiva, che pure aveva avviato a carico del Condominio. Si costituiva in giudizio il COGNOME per resistere alla proposta opposizione, allegando, in particolare, di non aver ricevuto nulla dal Condominio, ragion per cui la ripartizione
dell’obbligazione a carico dei condomini con il ‘ beneficium escussionis ‘ previsto dal suddetto art. 63 dis p. att. cod. civ. -non poteva trovare applicazione, per carenza completa del pagamento, precisando, altresì, che il pignoramento presso terzi, tentato a carico del NOME, si era rivelato infruttuoso.
Concessa la sospensione del titolo e dei conseguenti atti esecutivi, al l’esito della fase di merito del giudizio di opposizione -in occasione della cui conclusione il COGNOME precisava, nella comparsa conclusionale, di agire nei confronti del COGNOME nella misura di € 281,88, pari al debito parziale di costui verso il Condominio (e quindi, di riflesso, verso esso creditore procedente) -l’opposizione veniva accolta. Decisione motivata dal giudice di prime cure sul rilievo che il creditore esecutante non avesse dato rigorosa prova della previa escussione dei condomini morosi e, ancor prima, del Condominio.
Esperito gravame dal creditore esecutante, il giudice d’appello lo rigettava.
Avverso la sentenza della Corte panormita ha proposto ricorso per cassazione il COGNOME, sulla base come detto -di unico motivo.
3.1. Esso denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione ed interpretazione dell’art. 63 disp. att. cod. civ., nonché ‘irrilevanza dell’applicazione della norma’ suddetta ‘relativamente al « petitum » dedotto in giudizio’.
Sostiene il ricorrente, che l’iniziativa da esso assunta nel ‘precettare e poi pignorare (in maniera infruttuosa) singoli condomini’ non è stata ‘bizzarramente rivolta’, come pare ritenere la sentenza di appello, ‘senza alcuna considerazione della previa doverosità delle somme liquidate con il provvedimento monitorio da parte del Condominio ovvero da parte dei condomini
morosi’. Infatti, dalla corrispondenza con l’amministratore condominiale -si tratta delle comunicazioni via ‘pec’ del 12 e del 21 gennaio 2016, prodotte in giudizio -risulta come esso COGNOME ‘abbia insistentemente richiesto di conoscere’ quanti ‘tra i condomini (e quindi i relativi nominativi) fossero morosi rispetto alle spese di pulizia dovute’, affermando pure che, in assenza del pagamento , sarebbe stato costretto ‘a procedere esecutivamente’. In definitiva, ‘lo stesso lessico utilizzato’ in quelle comunicazioni -assume sempre l’odierno ricorrente -denoterebbe come ‘vi fossero stati dei pagamenti all’amministratore per spese di pulizia (pagamenti evidenziati nel «prospetto di ripartizione del debito» poi ottenuto e che è versato in atti)’, senza, però, che tali somme fossero state , di seguito, ‘ trasferite alla ditta che aveva effettuato le attività di pulizia e che aveva ottenuto il decreto ingiuntivo’.
Il COGNOME, dunque, assume di aver ‘contestato il debito previamente al Condominio’, di aver ‘richiesto l’indicazione dei condomini morosi’ e, solo ‘in mancanza di qualsiasi informazione rituale proprio ai sensi dell’art. 63 disp. att. cod. civ.’, di aver ‘proceduto esecutivamente nei riguardi di alcuni condomini’ , i quali, come il COGNOME, ‘risultavano pure indicati quali debitori delle somme per spese di pulizia nel predetto «prospetto di ripartizione del debito», e quindi ‘da considerarsi a tutti gli effetti morosi’.
Secondo il ricorrente, l’art. 63 disp. att. cod. civ. ‘indica delle «fasi progressive di azione» che presuppongono:
l’esistenza di un debito insoddisfatto dal Condominio;
la individuazione dei «morosi»;
la conoscenza (per contrasto rispetto alla informazione dei morosi), dei condomini in regola ed, evidentemente, l’avvenuto trasferimento delle somme da questi corrisposti al terzo creditore insoddisfatto’.
Orbene, tutto ciò -nel caso di specie -non risulterebbe avvenuto, ragion per cui, ricorrendo una ‘ipotesi di «totale assenza» di collaborazione da parte del Condominio’, ovvero di ‘mancata informativa circa i «morosi»’ (come attestato dalle ‘pec’ del gennaio 2016), e quindi di ‘totale misconoscenza dei condomini «in regola con i pagamenti»’, la sola ‘azione necessitata del terzo’ era quella ‘ nei riguardi dei singoli condomini (comunque morosi perché in difetto con il pagamento del debito) che non hanno ve rsato alcunché’.
Errerebbe, quindi, la Corte d’appello quando afferma che ‘il condomino in regola con i pagamenti non potrà essere sottoposto all’azione esecutiva del creditore in tutto o in parte insoddisfatto, finché questi non abbia agito in executivis nei confronti di tutti i condomini morosi’, giacché la responsabilità del primo ‘non è attuale e diretta per inadempimento di un’obbligazione propria ma eventuale e sussidiaria a garanzia del debito del Condominio’. Tale affermazione, sostiene il ricorrente non, risponde alla ‘ ratio legis ‘, ovvero, ‘ evitare che, attraverso lo schermo del Condominio, il creditore terzo non abbia tutela per il soddisfacimento dei servizi resi n ell’interesse del Condominio’, mirando, viceversa, la norma in esame ‘a consentire, con le dovute accortezze, che lo stesso creditore si sostituisca all’amministratore nell’esercizio dell’attività di riscossione’.
Inoltre, ‘assolutamente non coerente con i fatti di causa’ sarebbe l’ulteriore passaggio della sentenza impugnata secondo cui il COGNOME , ‘non soltanto non ha dato prova di aver interpellato l’amministratore del condominio , ma (in linea con il suo convincimento dell’inapplicabilità dell’articolo 63) non ha neppure allegato di averlo fatto essendo di tutt’altro oggetto le richieste menzionate alle pagine 12 -13 dell’atto di appello’, ovvero le comunicazioni a mezzo ‘pec’ del 1 2 e 21 gennaio 2016. Esse, infatti, recherebbero solo ‘ un invito a fornire non meglio
precisati «chiarimenti richiesti», rivelandosi ininfluente il fatto, decisivo a dire dell’opposto, che l’amministratore non abbia precisato che qualche condomino non era moroso «avendo pagato la sua quota mettendola a disposizione», posto che nessuna richi esta risulta, come detto, essere stata formulata in tal senso’.
Tale assunto, sostiene il ricorrente, ‘non corrisponde al tono delle comunicazioni inviate dal COGNOME‘, nonché ‘svilisce e contraddice il senso della norma suddetta’.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, il COGNOME, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del presente ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Il controricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è improcedibile.
8.1. Agli atti del presente giudizio non risulta presente la relata di notificazione della sentenza impugnata, il deposito della quale è invece prescritto, dall’art. 369, comma 2, cod. proc. civ., a pena d’improcedibilità del ricorso stesso .
T rova, pertanto, applicazione il principio secondo cui ‘il ricorso per cassazione è improcedibile qualora la parte ricorrente dichiari di avere ricevuto la notificazione della sentenza impugnata,
depositando, nei termini indicati dall’art. 369, comma 1, cod. proc. civ., copia autentica della sentenza, priva però della relazione di notificazione e di tale documentazione non abbia effettuato la produzione neppure la parte controricorrente (cfr., tra le altre, Cass. Sez. 6-2, ord. 22 luglio 2019, n. 19695, Rv. 654987-01).
D ‘altra parte, nel caso di specie neppure è ipotizzabile quella evenienza -nota come c. d. ‘prova di resistenza’ idonea a precludere la declaratoria di improcedibilità. Evenienza, questa, da ritenere integrata allorché la notificazione del ricorso risulti essersi perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, giacché in questo caso il collegamento tra la data di pubblicazione della sentenza (indicata nel ricorso) e quella della notificazione del ricorso (emergente dalla relata di notificazione dello stesso) assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325, comma 2, cod. proc. civ. (cfr., in tal senso, Cass. Sez. 3, sent. 10 luglio 2013, n. 17066, Rv. 62853901; Cass. Sez. 6-3, ord. 22 settembre 2015, n. 18645, Rv. 636810-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 30 aprile 2019, n. 11386, Rv. 653711-01).
Nel l’ipotesi che occupa, infatti, la notificazione del ricorso è avvenuta il 22 novembre 2020 e, dunque, oltre sessanta giorni dal momento della pubblicazione della sentenza, risalendo essa al 2 settembre 2020.
Né a precludere l’ esito dell’improcedibilità può valere il rilievo che la controricorrente nulla ha eccepito al riguardo, giacché il vizio ‘ de quo ‘ risulta rilevabile d’ufficio, oltre che non sanabile dalla non contestazione da parte del controricorrente (Cass. Sez. Lav., sent. 12 febbraio 2020, n. 3466, Rv. 656775-01).
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico del ricorrente e liquidate come da dispositivo.
A carico del ricorrente, stante la declaratoria di improcedibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso, condannando NOME COGNOME a rifondere, a NOME COGNOME, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 800,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contribut o unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della