Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20237 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20237 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7236/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
Avverso la sentenza del TRIBUNALE di ROMA n. 23641/2019 depositata il 10/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il condominio di INDIRIZZO chiese l’emissione di un decreto ingiuntivo dovute dalla condomina NOME COGNOME per oneri condominiali insoluti (pari ad Euro 4.316.84) relativi alla proprietà dei box contraddistinti con i nn. 1, 2, 3, 7 e 8, siti nel complesso. Avverso tale decreto l’odierna ricorrente propose opposizione che venne respinta.
Il Tribunale di Roma evidenziò che:1) COGNOME NOME acquistò dalla società RAGIONE_SOCIALE 5 box (dei 29 costruiti), con contratto preliminare del 20.11.2006, concluso il 4.10.2007; 2) al contempo il condominio di INDIRIZZO nel quale insistevano i box acquistati, non avendone preventivamente autorizzato la costruzione, agì in giudizio contro RAGIONE_SOCIALE e, in forza dell’esito fausto della causa, tre dei 5 box di proprietà della Bigelli vennero chiusi; 3) nelle more il costituito condominio approvò i bilanci annuali (relativi alle somme richieste con il decreto ingiuntivo opposto) e questi non vennero impugnati; ai fini dell’individuazione del soggetto tenuto al pagamento degli oneri contava chi fosse proprietario, ancorché formalmente, all’epoca della delibera, sebbene poi tra le parti avrebbero poi essere potute porre domande di tipo risarcitorio o restitutorio; 4) era da accogliere l’eccezione di giudicato sollevata dal condominio in relazione alla sentenza di questa Corte n. 24431 del 2017, pronunciata inter partes , in quanto avente oggetto identico a quello per cui era causa.
COGNOME NOME agisce in giudizio con un motivo di ricorso, il condominio di INDIRIZZO resiste con controricorso.
In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.COGNOME NOME impugna la decisione per violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 177 c.p.c. nonché degli art. 132 c.p.c., 118 disp.att. c.p.c., per aver erroneamente attribuito valore di giudicato all’ordinanza emessa dalla Suprema Corte di Cassazione; nonchè per inesistenza/infondatezza della pretesa creditoria del condominio di INDIRIZZO stante l’inesistenza del ‘condominio’ all’esito della sentenza divenuta definitiva emessa dal giudice di pace di Roma tra le medesime parti con sentenza n. 26833/2017 con conseguente formazione del giudicato sul punto nonché comunque mancanza ovvero mera apparenza nonché illogicità della motivazione.
Rileva il Collegio in via assorbente rispetto all’esame del motivo di ricorso, che esso è improcedibile ai sensi dell’art. 369 comma 2 n. 2 cpc, perché unitamente allo stesso non è stata depositata la copia notificata della sentenza impugnata, che parte ricorrente dichiara espressamente esser stata, appunto, notificata in data 16.12.2019 (cfr. pag. 1 del ricorso).
Il ricorso è stato notificato in data 13.2.2020.
Nel fascicolo di ufficio (ed in quello della ricorrente in esso ricompreso), invero, si rinvengono esclusivamente plurime copie autentiche della menzionata sentenza, nessuna delle quali, però, corredata anche della relazione di notificazione suddetta che il codice di rito richiede a pena di improcedibilità. Lo stesso tenore del ricorso, inoltre, indica fra le produzioni la copia autentica, della citata sentenza, tuttavia senza traccia alcuna della relazione della sua avvenuta notificazione.
Giova ricordare, allora, che, come ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass., SU, n. 21349 del 2022), la dichiarazione, contenuta nel ricorso per cassazione, di avvenuta notificazione della
sentenza impugnata attesta un «fatto processuale» – la notificazione della sentenza – idoneo a far decorrere il termine «breve» di impugnazione e, quale manifestazione di «autoresponsabilità» della parte, impegna quest’ultima a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere in capo ad essa l’onere di depositare, nel termine stabilito dall’art. 369 cod. proc. civ., copia della sentenza munita della relata di notifica (ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo PEC), senza che sia possibile riparare alla relativa omissione mediante la successiva, e ormai tardiva, produzione ai sensi dell’art. 372 cod. civ. (cfr., nel medesimo senso, pure nelle rispettive motivazioni, anche la precedente Cass. n. 15832 del 2021 e le più recenti Cass. nn. 14790 e 19475 del 2024).
Il difetto di procedibilità, poi, deve essere rilevato d’ufficio, né può essere sanato dalla mancata contestazione da parte della controricorrente, perché l’improcedibilità trova la sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo di una parte che ostacola la stessa sequenza di avvio di un determinato processo (cfr. Cass., SU, n. 9005 del 2009; Cass., SU, n. 10648 del 2017; Cass., SU, n. 21349 del 2022; Cass. nn. 17014 e 19475 del 2024), sicché nessun valore può assumere, al fine di escluderla, l’eventuale comportamento di non contestazione di un’altra parte.
In altri termini, la previsione di un termine perentorio per il deposito della relata a cura del ricorrente, ex art. 369 cod. proc. civ., o eccezionalmente del controricorrente, ex art. 370, comma 3, cod. proc. civ., è funzionalmente preordinata all’immediato e diretto riscontro, da parte del giudicante, dell’ordinato svolgersi del giudizio di legittimità mediante la verifica d’ufficio della tempestività dell’impugnazione e del conseguente formarsi del giudicato: tanto
giustifica la già spiegata efficacia sanzionatoria della declaratoria di improcedibilità.
Quanto innanzi, non è messo in discussione, anzi è confermato da successive pronunce delle Sezioni Unite, in materia di notifica della sentenza impugnata in formato digitale e deposito della copia notificata da parte del ricorrente senza attestazione di conformità all’originale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 22438 del 24/09/2018, Rv. 650462; conf. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8312 del 25/03/2019, Rv. 653597). Invero, dette sentenze hanno chiaramente ribadito la validità del tradizionale orientamento di questa Corte, operando unicamente un temperamento dello stesso nel caso di ricorso o di sentenza impugnata notificati a mezzo p.e.c. e della mancata asseverazione di conformità delle copie della sentenza o della relata depositate dal ricorrente. Solo in tali casi, le Sezioni Unite hanno attribuito rilievo alla non contestazione della controparte rispetto alla mancanza di attestazione di conformità di atti che risultano in ogni caso depositati in giudizio. Tale attenuazione, tuttavia, non è applicabile al caso di specie, non essendo stata depositata neanche la copia dell’eventuale notificazione eseguita in via telematica, sia pure senza l’attestazione di conformità (cfr. Cass. n. 28781 del 2024).
Infine, ma solo per completezza, va aggiunto che secondo la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (sentenza del 23 maggio 2024, Ricorso n. 37943/17; sentenza del 28 ottobre 2021, Ricorso n. 55064/11 e altri), l’osservanza dell’obbligo di depositare la relazione di notificazione entro il termine di venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso, ai sensi dell’articolo 369 comma 1 del codice di procedura civile, giacché consente alla Corte di cassazione di adottare una decisione sulla procedibilità del ricorso nella fase iniziale del procedimento grazie a una procedura accelerata, non costituisce un impedimento sproporzionato tale da compromettere la sostanza
stessa del diritto di accesso a un tribunale dei ricorrenti garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione.
Va quindi ribadito (in continuità con Cass. Sez. 6 – 3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013 e da ultimo Cass. Sez. 2, n. 28781 del 2024)) il seguente principio: ‘L’art. 369 c.p.c. non consente di distinguere tra deposito della sentenza impugnata e deposito della relazione di notificazione, con la conseguenza che anche la mancanza di uno solo dei due documenti determina l’improcedibilità del ricorso. Tale sanzione può essere evitata se il deposito del documento mancante avviene in un momento successivo, purché entro il termine di venti giorni dalla notifica del ricorso per cassazione; non, invece, quando il deposito avvenga oltre detto termine, in quanto consentire il recupero dell’omissione mediante la produzione a tempo indeterminato con lo strumento dell’art. 372 c.p.c. vanificherebbe il senso del duplice adempimento del meccanismo processuale. Inoltre, la sanzione dell’improcedibilità non è applicabile quando il documento mancante sia nella disponibilità del giudice perché prodotto dalla controparte o perché presente nel fascicolo d’ufficio acquisito su istanza della parte, senza che, però, ove tale fascicolo manchi, ancorché richiesto, se ne debba attendere l’acquisizione. Infine, l’improcedibilità non sussiste quando il ricorso per cassazione risulta notificato prima della scadenza dei sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza e quindi nel rispetto del termine breve per l’impugnazione, perché in tal caso perde rilievo la data della notifica del provvedimento impugnato’.
Fermo quanto precede, poiché, nella specie, la notifica del ricorso è avvenuta in data 13 febbraio 2020, l’improcedibilità dello stesso nemmeno può essere scongiurata in riferimento alla data della pubblicazione della sentenza impugnata (10 dicembre 2019), come stabilito dalla giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte
secondo cui, pur in difetto della produzione della relata di notificazione, il ricorso per cassazione deve ugualmente ritenersi procedibile ove risulti che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza (Cass. n. 11386 del 2019; Cass. 17066 del 2013).
In conclusione il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.
Le spese sono liquidate come da dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso improcedibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 3.000,00 più 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10.6.2025