Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27285 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27285 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16550/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, difeso e rappresentato dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliato lo studio di quest’ultimo in INDIRIZZO;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio digitale pec: EMAIL; -controricorrente- per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Genova n. 599/2023, depositata il 23 maggio 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-A seguito di ricorso proposto da NOME COGNOME, titolare dell’omonima ditta individuale, veniva emesso decreto ingiuntivo n. 246/2017 dal Tribunale di Imperia con il quale veniva ingiunto ad NOME COGNOME di pagare al ricorrente l’importo di euro 45.555,90, derivante da due fatture emesse nel marzo 2009, oltre interessi legali dal 2 gennaio 2017, oltre alle spese di lite. Tale somma era richiesta a saldo per opere edili eseguite dal ricorrente in una costruzione sita in Cipressa e di proprietà COGNOME.
Il decreto veniva opposto con atto di citazione notificato il 13 giugno 2017, con il quale NOME COGNOME sosteneva che la somma pretesa non era dovuta perché aveva già pagato un importo di euro 69.575,00, portato da fatture quietanzate, e che peraltro aveva corrisposto altre somme non fatturate che, sommate alle precedenti, portavano il totale a euro 119.494,00; l’opponente, inoltre, affermava di non aver ricevuto la fattura di euro 4.363,00, già pagata da anni e mai fatturata; di essere in credito verso il COGNOME di euro 10.000,00 per lavori mai eseguiti; lamentava di non aver mai ricevuto il certificato di collaudo del cemento armato e concludeva chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo, con il rigetto di ogni pretesa avanzata dall’attore.
Si costituiva in giudizio il COGNOME contestando le affermazioni contenute nell ‘ opposizione.
Il Tribunale di Imperia, in accoglimento parziale della opposizione, revocava il decreto ingiuntivo e condannava NOME COGNOME al pagamento della somma di euro 35.000,00, oltre agli interessi legali a far data dal 2 gennaio 2017 sino al saldo, compensando integralmente le spese di lite.
-Avverso la sentenza ha proposto appello il NOME.
Si costituiva l’appellato, contestando la fondatezza di tutti i motivi addotti e chiedendone la reiezione.
La Corte di appello di Genova, con sentenza n. 599/2023, depositata il 23 maggio 2023, ha accolto l’impugnazione,
condannando il COGNOME alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite del doppio grado di giudizio.
-il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
4. -A seguito della proposta di definizione ex art. 380 bis cod. proc. civ. del Consigliere delegato, il ricorrente ha chiesto la decisione.
Parte ricorrente ha depositato una memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Preliminarmente va dichiarata l’improcedibilità del ricorso (con i tre motivi articolati in ricorso si denuncia: 1) ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. , l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., per avere la Corte di merito ritenuto che non fosse stata provata l’esecuzione RAGIONE_SOCIALE opere descritte nelle fatture azionate con il decreto ingiuntivo, senza che tale esecuzione fosse stata mai contestata; 2) ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale leso i principi dispositivo, di disponibilità RAGIONE_SOCIALE prove e di non contestazione; 3) ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. , il difetto assoluto di motivazione e, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 112, 115, 116 e 194 cod. proc. civ. nonché dell’art. 2697 cod. civ., per avere la Corte distrettuale disatteso l’istanza di ammissione di consulenza tecnica d’ufficio sulla scorta della ritenuta mancanza di prova dell’esecuzione RAGIONE_SOCIALE opere, con il conseguente impedimento all’assolvimento del relativo onere probatorio).
La dichiarazione contenuta nel ricorso per cassazione di avvenuta notificazione della sentenza impugnata attesta un “fatto
processuale” – la notificazione della sentenza – idoneo a far decorrere il termine “breve” di impugnazione e, quale manifestazione di “autoresponsabilità” della parte, impegna quest’ultima a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere in capo ad essa l’onere di depositare, nel termine stabilito dall’art. 369 cod. proc. civ., copia della sentenza munita della relata di notifica (ovvero RAGIONE_SOCIALE copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo EMAIL), senza che sia possibile recuperare alla relativa omissione mediante la successiva, e ormai tardiva, produzione ai sensi dell’art. 372 cod. civ. (Cass., Sez. Un., 6 luglio 2022, n. 21349; Cass., Sez. VI, 7 giugno 2021, n. 15832)
La sanzione d’improcedibilità del ricorso ex art. 369, comma 2, n. 2, cod. proc. civ., in caso di omessa produzione della relata di notifica della sentenza impugnata, non contrasta con gli artt. 24 e 111 Cost. e 6 CEDU, trattandosi di un adempimento preliminare, tutt’altro che oneroso e complesso, che non mette in discussione il diritto alla difesa ed al giusto processo, essendo finalizzato a verificare, nell’interesse pubblico, il passaggio in giudicato della decisione di merito ed a selezionare la procedura più adeguata alla definizione della controversia (Cass., Sez. I, 15 luglio 2024, n. 19475).
Nel caso di specie la relata della notifica della sentenza d’appello non è stata prodotta nel termine previsto dall’art. 369 cod. proc. civ., né risulta nella disponibilità del giudice, per essere stata prodotta dal controricorrente nel termine di cui all’art. 370, comma 3, cod. proc. civ., ovvero acquisita – nei casi in cui la legge dispone che la cancelleria provveda alla comunicazione o alla notificazione del provvedimento impugnato (da cui decorre il termine breve per impugnare ex art. 325 cod. proc. civ.) – mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio (Cass., Sez. Un., 6 luglio 2022, n. 21349), né vale la mancata contestazione da parte del controricorrente a sanare la nullità, perché l’improcedibilità trova la
sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo che ostacola la stessa sequenza di avvio di un determinato processo (Cass., Sez. II, 20 giugno 2024, n. 17014). A fronte della pubblicazione della pronuncia il 23 maggio 2023, il ricorso è stato notificato a mezzo PEC il 31 luglio 2023, ossia oltre il termine breve di 60 giorni dal deposito (Cass. n. 15832/2021; Cass. n. 11386/2019; Cass. n. 17066/2013).
2. -Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Essendo la decisione resa nell’ambito del procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ. (novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE ulteriori somme ex art. 96 commi 3 e 4 cod. proc. civ., sempre come liquidate in dispositivo (sulla doverosità del pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE: Cass. S.U. n. 27195/2023).
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.500,00 per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Condanna altresì il ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ., al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di euro 3.500,00 equitativamente determinata, nonché -ai sensi dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ. – al pagamento della somma di euro 3.500,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione