Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17161 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17161 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20182/2021 R.G. proposto da
COGNOME COGNOME NOME , elettivamente domiciliati ex lege presso CANCELLERIA CORTE RAGIONE_SOCIALE, domicilio digitale presso PEC EMAIL, rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME COGNOME COGNOME
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in
Oggetto: Intermediazione finanziaria
R.G.N. 20182/2021
Ud. 10/06/2025 CC
COGNOME, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME COGNOMEcontroricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1386/2021 depositata il 07/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 10/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 1386/2021, pubblicata in data 7 maggio 2021, la Corte d’appello di Venezia, nella regolare costituzione degli appellati NOME COGNOME e NOME COGNOME ha accolto l’appello proposto da BANCA RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Verona n. 1869/2016, pubblicata in data 27 giugno 2016 , e, per l’effetto, ha respinto le domande originariamente proposte dagli odierni ricorrenti.
Questi ultimi avevano adito il Tribunale di Verona riferendo in fatto di essere da alcuni anni clienti di Banca Agricola Mantovana – già appartenente al gruppo BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA -avendo con la stessa un rapporto per la gestione su base individuale di portafogli di investimento e di essersi determinati, in data 23 novembre 2007, a svincolare il patrimonio conferito in gestione e – su consiglio di un promotore finanziario della Banca – a reinvestirlo nel fondo comune RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , gestito dalla società Monte dei Paschi RAGIONE_SOCIALE, appartenente al gruppo Monte dei Paschi di Siena.
Avevano ulteriormente riferito che l’andamento del fondo si era rivelato negativo e che, pertanto, si erano determinati a chiedere alla
RAGIONE_SOCIALEnel frattempo fusasi per incorporazione in RAGIONE_SOCIALE l’immediato rimborso del capitale investito , ottenendo il rimborso della somma di € 441.057,32, a fronte di un versamento iniziale di € 504.000,00.
Avevano quindi dedotto la violazione da parte della Banca degli obblighi informativi nei confronti della clientela della fase precontrattuale nonché la violazione degli obblighi relativi alla identificazione, gestione ed eventuale disclosure dei conflitti d’interesse – previsti dagli artt. 21 TUF, 27 e ss reg. intermediari n. 16190/2007 e dall’art. 23, comma 3, del regolamento Consob in materia di intermediari che prestano servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio -chiedendo la condanna di RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni quantificati in € 62.942,68 oltre rivalutazione ed interessi a titolo di danno emergente ed in € 50.000,00 a titolo di lucro cessante.
Costituitasi regolarmente RAGIONE_SOCIALE per contestare la fondatezza della domanda, il Tribunale di Verona aveva accolto la domanda limitatamente al riconoscimento del danno emergente.
La Corte d’appello di Venezia ha accolto il gravame ritenendo che la banca appellante avesse fornito piena prova degli obblighi su di essa gravanti.
La Corte territoriale, infatti, ha evidenziato la presenza di documentazione -questionari Mifid; ‘contratto quadro’ del 16 novembre 2007; ‘nota informativa’ ; ‘Regolamento unico di gestione dei fondi comuni di investimento speculativi’ ; conferma di investimento -tutta sottoscritta dagli appellati e dalla quale emergeva che gli odierni ricorrenti, i quali avevano comunque profilo di investitori non inesperti,
avevano ricevuto adeguate informazioni sulla natura degli investimenti.
La Corte d’appello ha ulteriormente richiamato il contenuto delle prove testimoniali, dalle quali ha ritenuto emergesse ulteriormente che gli odierni ricorrenti avevano ricevuto informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione sia documentalmente – in particolare tramite la consegna del Regolamento unico di gestione dei fondi comuni di investimento mobiliare speculativi RAGIONE_SOCIALE – sia mediante colloqui.
La Corte veneziana ha ulteriormente ritenuto fondate le censure rivolte alla decisione di prime cure nulla parte in cui la stessa non aveva accertato la sussistenza del nesso eziologico fra inadempimento e danno, osservando che, venendo nella specie in rilievo una mera ipotesi di inosservanza degli obblighi informativi, l’esistenza del nesso causale doveva essere accertata in concreto, non potendosi escludere che l’investitore, una volta correttamente informato, avrebbe deciso di dar corso ugualmente all’investimento.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Venezia ricorrono NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3, e 4 c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 343 e 346 c.p.c. ‘per avere la Corte ritenuto che l’inosservanza delle
disposizioni applicabili in ragione del conflitto di interessi in cui versava l’intermediario, assorbita nel giudizio di primo grado in esito all’accoglimento della domanda principale promossa dagli attori, dovesse essere da questi riproposta con appello incidentale, quindi tardivo, in luogo di pura e semplice riproposizione ex art. 346 con erronea applicazione, poi, delle conseguenze previste dall’art. 343, primo comma, c.p.c. ‘
Si censura la decisione impugnata nella parte in cui la stessa evidenziando che il Giudice di prime cure aveva escluso la fondatezza delle contestazioni degli odierni ricorrenti relative all’omessa adozione da parte della Banca di misure organizzative tese a garantire comunque l’indipendenza del servizio a fronte del conflitto di interessi -ha affermato che tale punto della decisione, non essendo stato proposto appello incidentale era passato in giudicato.
Evidenziano i ricorrenti sia che, nel costituirsi in appello, avevano riproposto in modo univoco la questione della violazione delle norme che disciplinano l’attività posta in essere dall’intermediario che versi il conflitto di interessi sia che la Corte territoriale avrebbe confuso i distinti profili del le ‘misure organizzative’ e de gli ‘obblighi informativi’, ‘sicché, anche a voler prestare credito alla sua tesi, l’impugnazione incidentale avrebbe semmai dovuto riguardare la sola questione attinente alle misure organizzative, unico obbligo a cui il Tribunale si riferisce’ .
1.2. Con il secondo motivo -espressamente proposto subordinatamente e condizionatamente all’accoglimento del precedente – il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c.; 21, comma 1bis , lett. a) e b), e 23, ultimo comma, D. Lgs. 58/1998; 27, 28, 29 e 34 del Reg. Intermediari Consob 16190/2007, ‘per avere la Corte
erroneamente ritenuto provato l’adempimento degli obblighi gravanti sull’intermediario in ragione del suo obiettivo e specifico conflitto di interessi’ .
Argomentano i ricorrenti che ‘ove, in accoglimento del primo motivo di ricorso, l’Ecc.ma Corte ritenesse ingiustamente trascurata dai Giudici d’appello la dedotta violazione delle disposizioni disciplinanti il conflitto di interessi, alla luce degli dagli atti di causa la Banca non avrebbe assolto l’onere probatorio su di essa gravante ex art. 23, ultimo comma, TUF’ e ciò in quanto la controricorrente non avrebbe dimostrato di avere adempiuto agli obblighi in questione con la dovuta diligenza professionale.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1, comma 1, lett. mduodecies ), 21, comma 1, lett. a) e b), D. Lgs. 58/1998; 31, 39 e 40 Reg. Intermediari Consob 16190/2007 ‘per avere la Corte territoriale ritenuto adempiuti gli obblighi informativi dovuti da MPS nei confronti dei clienti, anche qualificandoli investitori esperti di fatto ‘ .
Si censura la decisione impugnata nella parte in cui la stessa avrebbe attribuito la qualifica di investitori esperti di fatto ai ricorrenti, deducendosi in contrario la inidoneità dei questionari Mifid prodotti a soddisfare gli obblighi informativi gravanti sull’intermediario.
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1, comma 1, lett. mduodecies ), 21, comma 1, lett. a) e b), D. Lgs. 58/1998; 31, 39 e 40 Reg Intermediari Consob 16190/2007 ‘per avere la Corte territoriale ritenuto adempiuti gli obblighi informativi dovuti da MPS nei confronti di COGNOME .
Si censura la decisione impugnata nella parte in cui la stessa, pur riconoscendo che dalle prove era emerso che NOME COGNOME
non aveva partecipato agli incontri volti a valutare l’operazione di investimento, presenziando il solo giorno della sottoscrizione, ha ritenuto la circostanza non rilevante, avendo comunque la ricorrente sottoscritto tutta la documentazione informativa.
Si deduce che i doveri di informazione gravanti sull’intermediario possano ritenersi adempiuti solo se adempiuti nei confronti di tutti i cointestatari e peraltro in tempo utile, senza che le informazioni rese ad un cointestatario sollevino l’intermediario dal dovere di adempiere diligentemente e con compiutezza a tutti gli obblighi informativi anche nei confronti dell’altro titolare.
1.5. Il quinto mezzo deduce, testualmente, ‘ Violazione e falsa applicazione ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. la dell’art. 21 comma 1 lett. a) e b) e 23 comma 6 del d.lgs n. 58 del 1998, dell’art. 29 Dir. 2004/39/CE e degli artt. 27, 29, 31, 34, 39 e 40 Reg. Intermediari in ambito di Informazione sugli strumenti finanziari, per aver la Corte territoriale ritenuto adempiuto l’oner e informativo ed ottemperata la fase di valutazione adeguata nei confronti dei signori COGNOME e COGNOME, nonché denuncia ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. per aver omesso la Corte di valutare la testimonianza della NOME COGNOME in merito all’omess a disclosure quale decisivo elemento per il giudizio. ‘
Il ricorso richiama il contenuto delle deposizioni testimoniali per argomentare che l’odierna controricorrente non aveva adempiuto il proprio obbligo informativo e chiede a questa Corte di valutare se ‘possa parimenti considerarsi compiuto l’esame delle risultanze istruttorie’ .
Il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.
Questa Corte ha costantemente affermato il principio per cui, nell’ipotesi in cui il ricorrente abbia allegato espressamente o implicitamente che la sentenza contro cui ricorre gli è stata notificata
ai fini del decorso del termine breve di impugnazione, deve ritenersi operante il termine di cui all’art. 325 c.p.c., sorgendo a carico del ricorrente l’onere di depositare, unitamente al ricorso o nei modi di cui all’art. 372, secondo comma, c.p.c., la copia autentica della sentenza impugnata, munita della relata di notificazione, entro il termine previsto dall’art. 369, primo comma, c.p.c.
Onere la cui mancata osservanza comporta l’improcedibilità del ricorso con esclusione sia del caso in cui la notificazione del ricorso risulti effettuata prima della scadenza del termine breve decorrente dalla pubblicazione del provvedimento impugnato -c.d. ‘prova di resistenza’ sia del caso in cui la relazione di notificazione risulti prodotta dal controricorrente o comunque presente nel fascicolo d’ufficio (Cass. Sez. U – Sentenza n. 10648 del 02/05/2017; Cass. Sez. U – Sentenza n. 21349 del 06/07/2022; Cass. Sez. 6 – Ordinanza n. 15832 del 07/06/2021; Cass. Sez. 5 – Sentenza n. 1295 del 19/01/2018; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11376 del 11/05/2010; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 25070 del 10/12/2010).
In particolare, è stato enunciato il principio per cui la previsione dell’art. 369, secondo comma, c.p.c. non consente di distinguere tra il deposito della sentenza impugnata e quello della relazione di notificazione della stessa, con la conseguenza che la mancanza di uno dei due documenti determina l’improcedibilità del ricorso, a meno che -si ripete – ricorra una delle seguenti condizioni: 1) il deposito del documento mancante sia avvenuto entro il termine di venti giorni dalla notifica del ricorso per cassazione; 2) detto documento sia nella disponibilità del giudice perché prodotto dalla controparte o presente nel fascicolo d’ufficio; 3) il ricorso per cassazione risulti notificato prima della scadenza dei sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza (cfr. da ultimo, Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 28781 del 08/11/2024;
Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 27883 del 29/10/2024; Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 27313 del 22/10/2024; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 24023 del 07/08/2023).
Nella specie, i ricorrenti hanno allegato espressamente la circostanza della notifica della decisione impugnata in data 10 maggio 2021, ma non hanno provveduto al deposito della copia notificata della sentenza medesima.
Più nello specifico: il ricorso indica nel proprio elenco documenti un documento ‘B) copia notificata della sentenza impugnata’ ma l’apertura dell’allegato presente sull’applicazione digitale (il ricorso è interamente telematico) evidenzia che tale allegato contiene non la notifica PEC della sentenza impugnata, bensì la notifica PEC dello stesso ricorso, come desumibile sia dalla data della PEC medesima ( ’08/07/2021′ ) sia dall’apertura degli allegati ivi presenti (ricorso per cassazione, procura e relata di notifica).
Nessuno degli altri allegati al ricorso -a seguito di verifica -risulta consistere nella notifica della sentenza impugnata, né tale atto risulta essere stato prodotto dalla controricorrente.
Poiché la notifica del ricorso risulta avvenuta in data 8 luglio 2021, e quindi due giorni oltre il termine di cui all’art. 325 c.p.c. computato con riferimento alla data di pubblicazione della sentenza impugnata (termine che scadeva il 6 luglio 2021), il ricorso, in applicazione del principio appena richiamato, deve essere dichiarato improcedibile.
Declaratoria di improcedibilità -si ggiunge per completezza -che non si pone in contrasto con l’art. 6 CEDU (cfr. Corte EDU, sentenza del 23 maggio 2024, COGNOME e altri c. Italia) poiché integra una sanzione adeguata rispetto al fine di assicurare il rapido svolgimento del procedimento dinanzi alla Corte di cassazione, che è preordinato alla verifica della corretta applicazione della legge ed interviene dopo
la celebrazione di due gradi di giudizio deputati alla delibazione nel merito della pretesa, e non costituisce impedimento idoneo a compromettere il diritto di accesso a un tribunale (Cass. Sez. 3 Ordinanza n. 24724 del 16/09/2024; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 19475 del 15/07/2024).
L’accertata improcedibilità del ricorso preclude l’esame del medesimo ed il vaglio delle argomentate eccezioni sollevate dalla controricorrente, alla luce del principio per cui, qualora il ricorso sia improcedibile in ragione del suo mancato deposito nel fascicolo informatico (ex artt. 396 c.p.c. e 196-quater, comma 1, disp. att. c.p.c.), l’esame dell’atto non è consentito nemmeno per rilevarne l’inammissibilità (Cass. Sez. U – , Ordinanza n. 22074 del 24/07/2023; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7431 del 05/07/1991).
Dalla declaratoria di improcedibilità discende la condanna dei ricorrenti alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara improcedibile il ricorso;
condanna i ricorrenti a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 7.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima