Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25076 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25076 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4877/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che li rappresenta e difende ex lege
-ricorrenti- contro
COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n. 1496/2019 depositata il 11/10/2019, indicata come notificata il 27.11.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Si premette che il Grand Hotel Fasano, di proprietà di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, è allocato in una residenza storica, risalente al periodo austroungarico e già utilizzata dall’imperatore d’Austria, posta sul lago di Garda; si tratta di un immobile di interesse storico artistico, sotto la tutela della Sovrintendenza per i Beni Culturali; uno degli edifici che lo compongono, INDIRIZZO, era stato ampliato nei primi anni ’90 sul fronte lago; il complesso fruisce in regolare concessione dell’area destinata a parco e giardino e di accesso diretto al lago, di proprietà statale.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia del Demanio hanno introdotto il giudizio sul presupposto che l’immobile sopra descritto, in particolare l’edificio denominato INDIRIZZO, violasse le distanze legali e di vedute dal bene dato in concessione, affermandone la demanialità, e hanno chiesto il risarcimento dei danni per tali violazioni.
Esperita CTU, il Tribunale aveva accolto la domanda e riconosciuto l’indennizzo richiesto.
La Corte d’Appello aveva riconosciuto la demanialità dell’intera area fruita in concessione dal Grand Hotel e aveva riconosciuto l’effettiva violazione delle norme in materia di distanze legali e di vedute, con riferimento al confine con l’area demaniale (il confine era stato determinato infine dal TSAP, con rigetto del ricorso per cassazione e del ricorso per revocazione proposti dal Grand RAGIONE_SOCIALE e, secondo la Corte d’Appello, la stessa pronuncia aveva accertato con efficacia di giudicato anche la demanialità dell’area), ma aveva negato il risarcimento richiesto per carenza di prova del danno.
Propongono ricorso il Ministero e l’Agenzia del Demanio articolandolo su un unico motivo così sintetizzato: ‘ Violazione e falsa applicazione, ex art.360 n.3 c.p.c., dell’art.2043 c.c., in relazione all’art.2697 c.c. nonché all’art.96, lett. f), RD n.523/1904 e agli art.872 e s., 905/907 c.c.: il danno avrebbe dovuto essere ritenuto esistente in re ipsa, senza necessità di prova alcuna e, del resto, la sua esistenza deriva proprio dal fatto che gli unici a fruire dell’area in concessione, da sempre, sono proprio i titolari del Grand Hotel. La stessa giurisprudenza di legittimità richiamata dalla Corte di merito ha del resto affermato che il danno ‘ben può consistere nella percezione del minor reddito ricavabile dalla concessione ad altri, dietro corrispettivo, del godimento dell’immobile (cfr. Cass. n.1624/1980)’ .
I proprietari del Grand Hotel Fasano resistono con controricorso,
Sia i ricorrenti che i resistenti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ritiene la Corte in via assorbente rispetto ad ogni altra questione che il ricorso debba essere dichiarato improcedibile per violazione dell’art. 369 comma 2 n. 2 cpc , perché non è stata depositata nel termine di cui all’art.369 c.p.c. la copia notificata della sentenza impugnata, nonostante le Amministrazioni ricorrenti abbiano attestato in ricorso l’avvenuta notificazione della stessa in data 27.11.2019.
Dispone l’art. 369 comma 2 n. 2 cpc che insieme col ricorso deve essere depositata, a pena di improcedibilità, la copia autentica della sentenza ‘ con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta …’. Detto deposito deve avvenire nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione (v. comma 1). La formulazione della norma processuale è chiarissima nel senso di richiedere, a pena di improcedibilità, il deposito materiale dell’atto unitamente al ricorso.
Ebbene, nel caso di specie la parte ricorrente dà atto della avvenuta notifica della sentenza impugnata in data 27.11.2019 (v. pag. 1 ricorso), ma nell’incarto processuale non si rinviene la relazione di notificazione della sentenza (del resto, nell’ultima pagina del ricorso si dichiara di depositare la ‘ copia autentica della sentenza impugnata ‘ che è ben altra cosa ).
È vero che le Sezioni Unite hanno affermato la procedibilità del ricorso per cassazione quando la copia notificata della sentenza impugnata, non prodotta dal ricorrente, che pur abbia dichiarato l’esistenza di tale evento, sia stata depositata da un’altra parte nel giudizio di legittimità o comunque sia presente nel fascicolo di ufficio (Cass. S.U. sentenza n. 10648/2017), ma nel caso di specie si è fuori anche da tali ipotesi, come verificato dal Collegio.
Nè soccorre l’altra pronuncia delle sezioni unite n. 8312/2019 sulle conseguenze della mancanza delle prescritte attestazioni di conformità, ipotesi ben diversa da quella in esame, in cui ciò che manca è addirittura il deposito – che deve essere tempestivo – della copia della relazione di notificazione della sentenza e dei relativi messaggi via PEC in caso di notificazione per via telematica (v. pag. 42 par. 2 S.U. cit.).
Né soccorre parte ricorrente il principio (cfr. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 11386 del 30/04/2019 Rv. 653711; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013 Rv. 628539 ed altre) che esenta dalle formalità di deposito della copia notificata nel solo caso di intervallo, tra pubblicazione della sentenza e notifica del ricorso, inferiore al termine breve, visto che tale intervallo è, nella specie, ben maggiore (sentenza d’Appello pubblicata il 11.10.2019 e ricorso notificato il 23.1.2020).
La sanzione dell’improcedibilità è quindi inevitabile ai sensi dell’art. 369 cpc (cfr. tra le varie, Sez. L -, Sentenza n. 3466 del 12/02/2020 Rv. 656775; Sez. 1 -, Ordinanza n. 14360 del 25/05/2021; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 19695 del 22/07/2019 Rv. 654987).
Infine, ma solo per completezza, va aggiunto che secondo la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (sentenza del 23 maggio 2024, Ricorso n. 37943/17; sentenza del 28 ottobre 2021, Ricorso n. 55064/11 e altri), l’osservanza dell’obbligo di depositare la relazione di notificazione entro il termine di venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso, ai sensi dell’articolo 369 comma 1 del codice di procedura civile, giacché consente alla Corte di cassazione di adottare una decisione sulla procedibilità del ricorso nella fase iniziale del procedimento grazie a una procedura accelerata, non costituisce un impedimento sproporzionato tale da compromettere la sostanza stessa del diritto di accesso a un tribunale dei ricorrenti garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione (v. al riguardo Cass. ord. n. 7635/2025).
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 3.000 ,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Così deciso in Roma, il 18 giugno 2025.