Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10461 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10461 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
R.G.N. 7193/24
C.C. 18/03/2025
Vendita -Beni mobili -Risoluzione per inadempimento -Risarcimento danni
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 7193/2024) proposto da: RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (P.IVA: P_IVA, in persona del suo liquidatore e legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso e all’istanza ex art. 380 -bis , secondo comma, c.p.c. vigente ratione temporis , dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-ricorrente –
contro
NOME RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA, in persona del suo procuratore COGNOME NOMECOGNOME in forza di procura per atto pubblico del 10 febbraio 2014, rep. n. 27384, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso gli indirizzi PEC dei difensori;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 3508/2023, pubblicata il 13 dicembre 2023, asseritamente notificata a mezzo PEC l’11 gennaio 2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 marzo 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
vista l’opposizione tempestivamente spiegata dalla ricorrente avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio ex art. 380bis c.p.c.;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse della controricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 3 novembre 2020, la RAGIONE_SOCIALE conveniva, davanti al Tribunale di Milano, la RAGIONE_SOCIALE chiedendo che fosse pronunciata la risoluzione degli ordini per la vendita di capi di abbigliamento per inadempimento della società convenuta acquirente, condannando quest’ultima al risarcimento dei danni subiti per un importo pari al prezzo della merce fornita, pari ad euro 1.554.184,83, oltre rivalutazione monetaria ed interessi.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale contestava la fondatezza in fatto e in diritto delle domande avversarie, chiedendone il rigetto, e -in via subordinata -chiedeva che venisse accertato che l’inadempimento era dovuto ad impossibilità sopravvenuta ovvero ad eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione e -in ulteriore subordine -che fosse disposta la
riduzione del quantum debeatur per avere l’attrice concorso a cagionare il danno, avendo avviato la produzione degli articoli in oggetto senza attendere il relativo acconto, come convenuto in contratto.
Era contestata altresì l’imputabilità dell’inadempimento, riconducibile alla sospensione delle attività commerciali disposta dalle norme di contenimento della diffusione della pandemia da Covid-19.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 8352/2022, depositata il 24 ottobre 2022, notificata il 27 ottobre 2022, in accoglimento delle domande di parte attrice, pronunciava la risoluzione per inadempimento del contratto di vendita e condannava la società convenuta al risarcimento dei danni per l’intera somma richiesta di euro 1.554.184,83, oltre rivalutazione monetaria e interessi dalla domanda giudiziale al saldo.
2. -Con atto di citazione notificato il 24 novembre 2022, la RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) il mancato perfezionamento dei contratti di vendita tra le parti, che avrebbe richiesto la previa accettazione delle proposte da parte di RAGIONE_SOCIALE; 2) la non imputabilità dell’asserito inadempimento; 3) il mancato perfezionamento di alcuni ordini relativi alle stagioni autunno-inverno 2020/2021; 4) l’errata decisione sul risarcimento del danno per inadempimento contrattuale e sul quantum risarcibile.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE la quale instava per la declaratoria di inammissibilità dell’appello ovvero per il suo rigetto.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, in accoglimento per quanto di ragione dell’impugnazione e in parziale riforma della sentenza impugnata, pur confermando la pronuncia di risoluzione della vendita di merci, come da ordini conferiti, per inadempimento dell’acquirente, riduceva la somma dovuta a titolo di risarcimento danni da euro 1.554.184,83 ad euro 1.028.098,20, oltre rivalutazione monetaria e interessi dalla domanda giudiziale al saldo, con la condanna alla restituzione della differenza eventualmente versata.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
Ha resistito, con controricorso, l’intimata RAGIONE_SOCIALE
-All’esito, è stata formulata proposta di definizione del giudizio depositata il 18 settembre 2024, comunicata il 18 settembre 2024, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., alla stregua della ritenuta improcedibilità del ricorso.
Con atto depositato il 25 ottobre 2024, la RAGIONE_SOCIALE ha spiegato opposizione avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio.
5. -La controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con i quattro motivi articolati la ricorrente denuncia: A) ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1223 e 2697 c.c., per avere la
Corte di merito erroneamente confermato la misura del risarcimento del danno in tesi patito dalla venditrice per l’inadempimento dei primi due ordini del luglio 2019, avendo riguardo al prezzo contrattuale, ancorché ridotto in via equitativa del 10%, utilizzando argomenti presuntivi fondati sull’ id quod plerumque accidit , ma senza il conforto del benché minimo supporto probatorio; B) ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2727 c.c., per avere la Corte territoriale erroneamente determinato l’entità del danno sulla scorta di presunzioni, pur non sussistendo i fatti noti da cui sussumere i fatti ignoti, in difetto di alcun elemento da cui desumere la misura del guadagno non conseguito; C) ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., per avere la Corte distrettuale ridotto l’entità del risarcimento nella misura pari al 10% dell’importo contrattuale, facendo esercizio dei propri poteri in tema di liquidazione equitativa del danno, in violazione dei principi sulla liquidazione secondo equità giudiziale correttiva o integrativa, che avrebbe presupposto la sussistenza di un danno risarcibile in ordine all’ an debeatur , nella fattispecie mai dimostrato, con indebita duplicazione del vantaggio dell’alienante; D) ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte del gravame omesso di esaminare un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, tralasciando di pronunciarsi sul motivo d’appello con il quale era stata contestata la quantificazione del risarcimento effettuata.
2. -In via preliminare, si rileva che non risulta depositata, entro il termine di cui all’art. 369, primo comma, c.p.c., la copia notificata della sentenza impugnata, sicché il ricorso è improcedibile, posto che, a fronte della pubblicazione della pronuncia il 13 dicembre 2023, il ricorso di legittimità è stato notificato a mezzo PEC l’11 marzo 2024, ossia oltre il termine breve di 60 giorni dal deposito.
3. -E tanto perché la dichiarazione di avvenuta notificazione della sentenza impugnata, contenuta nel ricorso per cassazione, costituisce l’attestazione di un ‘fatto processuale’ l’avvenuta notificazione della sentenza -idoneo a far decorrere il termine ‘breve’ di impugnazione e, in quanto manifestazione della ‘autoresponsabilità’ della parte, la impegna a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere, in capo ad essa, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., l’onere di depositare, nel termine ivi previsto, copia della sentenza munita della relata di notifica (Cass. Sez. U, Sentenza n. 21349 del 06/07/2022; Sez. 2, Sentenza n. 12874 del 22/04/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 36426 del 24/11/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 15832 del 07/06/2021; con riferimento alla notifica a mezzo PEC Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 14790 del 27/05/2024).
A fronte della mancata produzione della copia notificata della sentenza, a nulla rileva che il ricorso sia stato ipoteticamente notificato nel termine breve decorrente dalla data di notificazione della sentenza (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 14360 del 25/05/2021; Sez. 6-2, Ordinanza n. 19695 del 22/07/2019).
Ed, infatti, la previsione, in seno all’art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c., dell’onere del ricorrente di depositare –
entro il termine di venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso -la copia della decisione impugnata, munita della relazione di notificazione, se avvenuta, è funzionale all’adempimento, da parte della Corte di cassazione, del dovere di controllare la tempestività dell’esercizio del potere di impugnazione, a tutela dell’esigenza pubblicistica non disponibile dalle parti -del rispetto della ‘cosa giudicata formale’ (art. 324 c.p.c.), che si risolve nella ‘incontrovertibilità’ delle pronunce giurisdizionali e, quindi, nella stabilità delle situazioni giuridiche sulle quali il giudice si è pronunciato.
Segnatamente, in tema di giudizio di cassazione, l’omessa produzione della relata di notifica della sentenza impugnata comporta l’improcedibilità del ricorso ex art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c. e tale sanzione non contrasta con gli artt. 24 e 111 Cost. e 6 CEDU, trattandosi di un adempimento preliminare, tutt’altro che oneroso e complesso, che non mette in discussione il diritto alla difesa ed al giusto processo, essendo finalizzato a verificare, nell’interesse pubblico, il passaggio in giudicato della decisione di merito ed a selezionare la procedura più adeguata alla definizione della controversia (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 28119 del 31/10/2024; Sez. 1, Ordinanza n. 19475 del 15/07/2024).
Ora, la notificazione della sentenza, ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare, costituisce un atto della parte destinato esclusivamente alla controparte, che rimane di per sé ignoto al giudice, il quale non ha modo di venirne a conoscenza, se non mediante le dichiarazioni rese dalle stesse parti nel giudizio di impugnazione o mediante i documenti dalle medesime
prodotti, anche mediante deposito telematico (da effettuare nel giudizio di legittimità).
Assume, pertanto, un ruolo fondamentale, ai fini della conoscenza da parte della Corte della decorrenza del termine breve di impugnazione, la posizione assunta dalle parti, con le loro allegazioni e con le loro produzioni.
Per l’effetto, quando il ricorrente alleghi espressamente (enunciando la circostanza nel ricorso) oppure implicitamente (producendo copia autentica della sentenza impugnata, recante la relata di notificazione idonea ai fini del decorso del termine per l’impugnazione) che la sentenza, contro cui ricorre, è stata notificata ai fini del decorso del termine di impugnazione ovvero quando l’avvenuta notificazione della sentenza risulti dalla eccezione del controricorrente o dalle emergenze del diretto esame delle produzioni delle parti o del fascicolo d’ufficio, deve intendersi che il ricorrente abbia esercitato l’impugnazione nel termine breve, cosicché sorge, a carico dello stesso, l’onere di depositare la copia autentica della sentenza impugnata, munita della relata di notificazione, unitamente al ricorso ovvero separatamente da esso, ai sensi dell’art. 372, secondo comma, c.p.c., purché entro il termine di cui al primo comma dell’art. 369 c.p.c. (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 9005 del 16/04/2009; nello stesso senso, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1295 del 19/01/2018; Sez. 6-3, Ordinanza n. 3564 del 24/02/2016; Sez. 3, Sentenza n. 20883 del 15/10/2015; Sez. L, Sentenza n. 7469 del 31/03/2014).
La mancata produzione, nel termine di cui all’art. 369 c.p.c., della relata di notifica comporta -escluso il caso in cui il ricorso
per cassazione sia stato notificato prima della scadenza del termine breve decorrente dalla pubblicazione del provvedimento impugnato (Cass. Sez. 6, Ordinanza n. 15832 del 07/06/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 11386 del 30/04/2019; Sez. 6-3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013) -l’improcedibilità del ricorso, la quale va dichiarata d’ufficio e non può ritenersi sanata dalla circostanza che il resistente abbia proposto controricorso senza formulare alcuna eccezione di improcedibilità, finanche riconoscendo la notificazione (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17014 del 20/06/2024; Sez. U, Sentenza n. 8312 del 25/03/2019; Sez. L, Sentenza n. 3466 del 12/02/2020), come nel caso di specie.
Non può, tuttavia, l’improcedibilità essere dichiarata ove la relata di notifica della sentenza impugnata risulti comunque nella disponibilità del giudice, perché prodotta dalla parte controricorrente ovvero presente nel fascicolo d’ufficio (Cass. Sez. U, Sentenza n. 10648 del 02/05/2017; Sez. U, Ordinanza n. 9005 del 16/04/2009; Sez. U, Ordinanza n. 9006 del 16/04/2009; Sez. 3, Ordinanza n. 20795 del 28/09/2009; Sez. 3, Sentenza n. 9928 del 26/04/2010; Sez. 3, Sentenza n. 25296 del 01/12/2009).
4. -Alla luce dei principi esposti, tutte le citate condizioni ricorrono nella fattispecie, posto che: a ) la sentenza impugnata è stata pubblicata il 13 dicembre 2023; b ) la ricorrente ha dato atto nel ricorso che la medesima sentenza impugnata è stata notificata l’11 gennaio 2024; c ) il ricorso per cassazione è stato notificato l’11 marzo 2024; d ) benché la controricorrente non abbia contestato l’avvenuta notifica nella data indicata, né nel fascicolo di parte ricorrente, né negli atti del fascicolo d’uffi cio, né
nel fascicolo di parte controricorrente è stata rinvenuta la relata di notifica della sentenza.
-In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché, all’esito dell’opposizione alla proposta di definizione anticipata del giudizio, ai sensi dell’art. 380 -bis , ultimo comma, c.p.c., il giudizio è stato definito in conformità alla proposta, deve essere applicato l’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c., con la conseguente condanna ulteriore della ricorrente soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata nonché, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00, somme che si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara l’improcedibilità del ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 12.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge; condanna altresì la
ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, della somma equitativamente determinata in euro 4.000,00 e al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 2.500,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda