Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14312 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14312 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2107/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del liquidatore NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
NOME COGNOME quale curatore del RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 3293/2020 depositata il 14/12/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/4/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso del 29.10.2019 l’Agenzia delle entrateRiscossione chiese dichiararsi il fallimento di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, società facente capo ai coniugi COGNOME, cancellata dal registro delle imprese il 3.6. 2019, per un debito di € 794.584,16 solo parzialmente sospeso su richiesta di adesione a definizione agevolata ex art. 3 d.l. n. 119/2019 (c.d. rottamazione delle cartelle). In sede prefallimentare i coniugi COGNOME, nel manifesta re l’ intenzione di pagare il debito (tanto da chiedere la riattivazione della partita Iva, richiesta però respinta dal Giudice del Registro di Padova), eccepi rono l’ improcedibilità del ricorso ex art. 10 d.l. n. 23/2020.
1.1. -Il Tribunale di Padova , ritenuta l’ inapplicabilità della norma invocata (in quanto destinata ai ricorsi per dichiarazione di fallimento depositati tra il 9.3.2020 e il 30.6.2020), accertò lo stato di insolvenza della società debitrice e ne dichiarò il fallimento.
1.2. -Con reclamo ex art. 18 l.fall. la società fallita invocò una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 10 d.l. n. 23/2020 e chiese, in subordine, ai giudici del reclamo di sollevare questione di legittimità costituzionale della suddetta normativa emergenziale, per violazione dell’art. 3 Cost.
1.3. -Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello, nella contumacia della curatela fallimentare, ha rigettato il reclamo ex art. 18 l.fall., ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata -posto che spetta al legislatore stabilire la vigenza della eccezionale misura della improcedibilità e che, nella specie, il ricorso per dichiarazione di fallimento era stato depositato circa sei mesi prima dell’inizio della pandemia -ed accertando che alla data del 3.12.2019 il credito ammontava ad € 1.311.611,40, senza che risultasse alcuna richiesta di adesione alla cd. rateizzazione-ter.
-Avverso detta decisione RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrato da
memoria. NOME ha resistito con controricorso, mentre il Fallimento intimato non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo motivo si deduce la «violazione e falsa applicazione dei principi che impongono un’adeguata ricerca dell’interpretazione delle leggi conforme a Costituzione», per avere la corte territoriale fornito dell’art. 10 d.l. n. 23/2020 una lettura letterale, non costituzionalmente orientata, sì da non considerare improcedibili anche i ricorsi di fallimento pendenti, sebbene instaurati prima del 9.3.2020. Secondo il ricorrente, l’eccezione di cui al comma 2 (che prevede la procedibilità del ricorso se proposto dal PM e contenente richiesta di misure cautelari) e la previsione di cui al comma 3 (che “sterilizza” il periodo ai fini dell’art. 10 l.fall. e dell’art. 69-bis l.fall.) dimostrerebbero l’ intento del legislatore di evitare la pressione crescente delle istanze di fallimento sia sul ceto imprenditoriale che sugli uffici giudiziari, introducendo dunque una misura eccezionale e temporanea ma a valenza generale.
2.2. -Con il secondo motivo il ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, d.l. n. 23/2020 per violazione del principio di uguaglianza e ragionevolezza ex art. 3 Cost. e lamenta la non corretta applicazione della normativa emergenziale, sul rilievo che non rileverebbe la causa dell’insolvenza, ma solo l’incidenza della decisione durante il periodo della pandemia. Così interpretata la norma violerebbe il principio di parità di trattamento tra imprenditori (assoggettati a regime diverso in base a ll’elemento casuale della data di deposito del ricorso) e il principio di ragionevolezza (poiché la stessa decretazione d’urgenza conterrebbe diverse misure assistenziali volte ad agevolare la ripartenza delle imprese)
-Entrambi i motivi, che per la loro stretta connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
-Questa Corte ha già avuto modo di stabilire che la norma contenuta nell’art. 10, comma 1, del d.l. 8 aprile 2020, n. 23, nel testo convertito con modificazioni dalla l. n. 40 del 5 giugno 2020, è chiara nel prevedere l’improcedibilità de i ricorsi per dichiarazione
di fallimento «depositati nel periodo tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020 sono improcedibili», e dunque dei soli procedimenti iniziati nel predetto periodo -peraltro con l’eccezione delle richieste del pubblico ministero accompagnate da richiesta di misure cautelari ex art. 15, comma 8, l. fall. -e non anche di tutti quelli pendenti alla data di inizio del periodo medesimo (Cass. 32185/2022; cfr. Cass. 1491/2022).
4.1. -Tale disposizione, di carattere eccezionale e transitorio, è stata espressamente circoscritta al suddetto periodo temporale, senza che possano ritenersi vulnerati i principi di parità di trattamento e di ragionevolezza in relazione alle finalità perseguite dal legislatore dell’emergenza, che non risultano volte ad offrire un’ indiscriminata protezione a tutte le imprese insolventi (anche per cause pregresse alla pandemia), rientrando nella discrezionalità del legislatore ritagliare il perimetro di operatività di misure più limitatamente dirette ad arginare il peso delle procedure prefallimentari aperte in costanza dell’emergenza pandemica .
4.2. -Anche di recente si è detto che con l’art. 10, comma 1, del d.l. n. 23/2020 il legislatore, pienamente consapevole delle difficoltà economiche e finanziarie incontrate dalle imprese durante l’emergenza sanitaria, e del conseguente maggior rischio di insolvenza cui esse andavano incontro, si è preoccupato di stabilire l’improcedibilità delle istanze di fallimento, ma esclusivamente nel periodo tra il 9 marzo e il 30 giugno 2020 (Cass. 5210/2025).
-Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese liquidate come da dispositivo.
-Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 07/04/2025.