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Improcedibilità ricorsi fallimentari: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha stabilito che la norma sull’improcedibilità dei ricorsi fallimentari (art. 10 d.l. 23/2020) non si applica retroattivamente. La misura, introdotta per l’emergenza Covid, riguarda solo le istanze depositate tra il 9 marzo e il 30 giugno 2020, escludendo quelle già pendenti. La Corte ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata, confermando la discrezionalità del legislatore nel definire il perimetro delle norme emergenziali.

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Improcedibilità Ricorsi Fallimentari: La Cassazione delimita la Sospensione Covid

L’emergenza pandemica ha spinto il legislatore a introdurre misure straordinarie a tutela delle imprese. Una di queste è stata la temporanea improcedibilità dei ricorsi fallimentari, prevista dall’art. 10 del d.l. n. 23/2020. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sull’ambito di applicazione di questa norma, specificando che la sua efficacia è limitata ai soli ricorsi depositati durante il periodo emergenziale e non si estende a quelli già pendenti.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata in liquidazione è stata oggetto di un’istanza di fallimento presentata dall’Agente della Riscossione nell’ottobre 2019, a causa di un debito significativo. Durante il procedimento prefallimentare, la società ha invocato l’applicazione della normativa emergenziale sopravvenuta, in particolare l’art. 10 del d.l. n. 23/2020, che sanciva l’improcedibilità delle istanze di fallimento depositate tra il 9 marzo 2020 e il 30 giugno 2020. La richiesta della società mirava a bloccare il procedimento, sebbene l’istanza nei suoi confronti fosse stata depositata circa sei mesi prima dell’inizio del periodo di sospensione.

Il Tribunale di primo grado ha respinto la tesi della società, dichiarandone il fallimento. Successivamente, anche la Corte d’Appello ha confermato la decisione, ritenendo la norma non applicabile al caso di specie e manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla debitrice. Contro questa sentenza, la società ha proposto ricorso per cassazione.

L’ambito dell’improcedibilità dei ricorsi fallimentari

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione dell’art. 10, comma 1, del d.l. n. 23/2020. La società ricorrente sosteneva che la norma dovesse essere interpretata in modo costituzionalmente orientato, estendendone l’effetto a tutti i procedimenti pendenti durante il periodo emergenziale, a prescindere dalla data di deposito del ricorso. Secondo questa visione, lo scopo del legislatore era quello di offrire una protezione generalizzata al ceto imprenditoriale per evitare un’ondata di fallimenti durante la crisi pandemica.

In subordine, la società ha sollevato una questione di legittimità costituzionale per violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), lamentando una disparità di trattamento tra imprenditori basata sull’elemento casuale della data di deposito del ricorso, anziché sull’effettiva incidenza della crisi sulla loro situazione finanziaria.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi di ricorso, ritenendoli infondati. I giudici hanno sottolineato la chiarezza del testo normativo, che definisce “improcedibili” i ricorsi di fallimento “depositati nel periodo tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020”. La formulazione non lascia spazio a interpretazioni estensive: la norma riguarda esclusivamente i procedimenti iniziati in quel preciso arco temporale, e non quelli già pendenti.

La Corte ha specificato che tale disposizione ha un carattere eccezionale e transitorio. La finalità del legislatore non era quella di fornire una protezione indiscriminata a tutte le imprese insolventi, comprese quelle la cui crisi era pregressa alla pandemia. Piuttosto, l’obiettivo era arginare il prevedibile aumento di nuove istanze di fallimento causate direttamente dalla crisi sanitaria ed economica, alleggerendo il carico sugli uffici giudiziari e offrendo un temporaneo respiro alle imprese colpite dall’emergenza. Rientra pienamente nella discrezionalità del legislatore definire il perimetro di operatività di una misura emergenziale, senza che ciò violi i principi di parità di trattamento o di ragionevolezza. Limitare la sospensione a un periodo definito è una scelta politica non censurabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Suprema Corte consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso: le norme emergenziali, per loro natura eccezionale, devono essere interpretate in modo letterale e non possono essere applicate al di fuori del perimetro temporale e oggettivo esplicitamente previsto dal legislatore. La sospensione dei ricorsi fallimentari è stata una misura mirata a gestire una specifica fase della crisi pandemica e non uno scudo retroattivo per situazioni di insolvenza già consolidate prima dell’emergenza. La decisione riafferma la distinzione tra crisi d’impresa preesistenti e quelle direttamente innescate da eventi eccezionali, confermando che le tutele speciali non possono essere invocate per sanare situazioni debitorie croniche.

La sospensione dei ricorsi di fallimento prevista dalla normativa Covid si applica anche ai procedimenti già in corso prima del 9 marzo 2020?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’art. 10 del d.l. n. 23/2020 si applica esclusivamente ai ricorsi per dichiarazione di fallimento depositati nel periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e il 30 giugno 2020. Non ha efficacia retroattiva sui procedimenti già pendenti.

Perché la Corte ha ritenuto che non vi fosse una violazione del principio di uguaglianza?
Perché la scelta di limitare temporalmente l’efficacia della norma rientra nella discrezionalità del legislatore. L’obiettivo non era proteggere tutte le imprese insolventi in modo indiscriminato, ma arginare il peso delle nuove procedure prefallimentari aperte durante l’emergenza pandemica, senza estendere la tutela a crisi d’impresa pregresse.

Qual era la finalità della norma sull’improcedibilità dei ricorsi fallimentari?
La finalità era duplice: da un lato, evitare un’ondata di istanze di fallimento causate dalle difficoltà economiche e finanziarie generate dall’emergenza sanitaria; dall’altro, ridurre la pressione sugli uffici giudiziari, consentendo una migliore gestione della crisi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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