Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17153 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17153 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23028/2022 R.G. proposto
da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME
Oggetto: Intermediazione finanziaria
R.G.N. 23028/2022
Ud. 10/06/2025 CC
COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO MILANO n. 2098/2022 depositata il 14/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 10/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 2098/2022, pubblicata in data 14 giugno 2022, la Corte d’appello di Milano, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE ha respinto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 3958/2020, pubblicata in data 7 luglio 2020, la quale, a propria volta, aveva respinto l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto ingiuntivo n. 7178/2017 -R.G. n. 3421/2017, depositato il 15 marzo 2017.
Il decreto, avente ad oggetto l’ingiunzione di pagamento della somma di €.3.939.720,02 oltre gli interessi e rivalutazione, era stato chiesto ed ottenuto da RAGIONE_SOCIALE a titolo di rimborso di un finanziamento di complessivi € 10 .200.000,00 concesso ad RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto di 2550 azioni ordinarie della società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE aveva proposto opposizione al decreto ingiuntivo ‘deducendo -come riferisce la decisione impugnata -che il ruolo di RAGIONE_SOCIALE nella vicenda non era stato quello di un semplice finanziatore ma di proponente l’investimento in RAGIONE_SOCIALE, con conseguente nullità del contratto di finanziamento perché collegato alla prestazione di servizi
di investimento abusivamente (e comunque non correttamente) svolti da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e quindi argomentando che il contratto in questione avrebbe dovuto essere qualificato come contratto di investimento.
Costituitasi regolarmente RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Milano aveva respinto l’opposizione, rilevando che la documentazione disponibile deponeva unicamente a favore della conclusione di un normale contratto di finanziamento e non di prestazione di servizi di investimento, escludendo la natura simulata dell’operazione.
La Corte d’appello di Milano ha disatteso il gravame, convenendo con il primo giudice in ordine all’assenza di elementi indiziari a supporto della domanda dell’appellante.
La Corte, quindi, ha disatteso le censure indirizzate alla qualificazione dell’operazione svolta dal primo giudice, affermando che, al di là del profilo della sussistenza di una simulazione -menzionato nella decisione del Tribunale ma che l’appellante neg ava di aver dedotto -il giudice di prime cure aveva correttamente proceduto alla ricostruzione e qualificazione dell’operazione, richiamando l’istituto della simulazione al solo scopo di evidenziare la stessa prospettazione di base dell’appellante, nel momento in cui quest’ultima aveva inteso ricondurre l’operazione ad un istituto diverso.
La Corte ambrosiana ha infine escluso che le circostanze indiziarie invocate dall’odierna ricorrente a supporto del gravame esaminate nel dettaglio – valessero in qualche modo a supportare la tesi per cui l’operazione negoziale posta in essere non sarebb e stata quella del finanziamento bensì quella della prestazione di servizi di investimento.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c. Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, testualmente, ‘Errore di diritto e vizio di ragionamento nell’interpretazione del contratto’ .
Si imputa alla decisione della Corte d’appello di basarsi su premesse inesatte premesse, per aver richiamato l’istituto della simulazione che la ricorrente nega di aver mai invocato.
La ricorrente deduce, invece, di aver qualificato l’operazione con la controricorrente in termini di prestazione di servizi di investimento che tuttavia la ricorrente non era abilitata a svolgere.
Argomenta, quindi, che l’intera operazione finanziamento e investimento sarebbe stata posta in essere in violazione dell’art. 166 TUF, con conseguente sua nullità.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce ‘Violazione dell’art. 112 c.p.c. Mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Violazione art. 23 T.U.F. Nullità del contratto di prestazione di servizi di investimento e di tutti i contratti ad esso collegati ivi compreso quello di finanziamento ‘
Dopo aver ribadito di non aver mai dedotto la natura simulata dell’operazione, la ricorrente deduce che ‘la sentenza gravata ha erroneamente qualificato i rapporti effettivamente intercorsi tra le parti come simulati (con tutte le relative conseguenze anche in termini di onere della prova della simulazione relativa) mentre nulla ha detto con riferimento alle deduzioni di parte opponente relativamente alla nullità
dei contratti per mancanza della forma scritta richiesta ad substantiam in piena ed insanabile violazione dell’art. 112 c.p.c.’ , deducendo quindi la violazione anche dell’art. 23 TUF.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce ‘Motivazione illogica, violazione dell’art. 118 delle disp. att. c.p.c. e dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c.’ .
Si censura la decisione impugnata in quanto la stessa non avrebbe fornito ‘una adeguata motivazione logica, in grado di far comprendere le ragioni di fatto e di diritto della decisione’ ed anzi, sempre a causa del non pertinente riferimento alla simulazione, avrebbe adottato ‘una motivazione farraginosa e soprattutto illogica, perché il Giudicante pone le basi del proprio ragionamento su qualcosa che non doveva assolutamente essere oggetto della controversia, l’istituto della simulazione appunto’ .
Il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.
2.1. Risulta in modo pacifico -in quanto riconosciuto dalla stessa ricorrente -che il deposito del ricorso è avvenuto oltre il termine di cui all’art. 369 c.p.c. , essendo il medesimo avvenuto in data 6 ottobre 2022, a fronte della notifica del ricorso in data 14 settembre 2022 e della conseguente scadenza del termine ex art. 369 c.p.c. in data 4 ottobre 2022.
Ne consegue l’improcedibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio e non esclusa dalla costituzione del resistente (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 25453 del 26/10/2017; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12894 del 24/05/2013), salva la possibilità di rimessione in termini, ai sensi dell’art. 153, comma secondo, c.p.c., ove il mancato tempestivo deposito sia dipeso da causa non imputabile al ricorrente (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 29889 del 12/10/2022; Cass. Sez. 2 – , Sentenza n. 22092 del 04/09/2019).
2.2. Proprio la rimessione in termini ha costituito oggetto di una istanza formulata dalla ricorrente, la quale ha allegato di aver proceduto ad un tentativo di deposito in data 4 ottobre 2022, constatando -dopo che il sistema aveva generato ricevuta di accettazione e consegna ( ‘RdAC’ ) -il mancato ricevimento della c.d. ‘terza PEC’ ( ‘ esito controlli automatici deposito ‘ ) e procedendo -dopo accertamenti presso la Cancelleria di questa Corte -al successivo nuovo deposito in data 6 ottobre 2022.
Le deduzioni della ricorrente valgono ad escludere in radice che possa ritenersi tempestivo il deposito esperito il 4 ottobre 2022: infatti, se è vero che la generazione della ‘ricevuta di avvenuta consegna’ (‘RdAC’ -c.d. ‘seconda PEC’) individua il momento di perfezionamento del deposito e costituisce il riferimento temporale sulla cui base valutare la tempestività o meno del deposito medesimo ( ex plurimis Cass., sez. U, 21/07/2022, n. 22834; Cass., sez. L, 19/01/2022, n. 12422; Cass., sez. 2, 12/07/2021, n. 19796), tuttavia, tale efficacia costituisce un effetto anticipato meramente provvisorio, in quanto risulta comunque subordinata al generarsi con esito positivo delle successive PEC, e cioè quella ‘esito controlli automatici deposito ‘ (c.d. ‘terza PEC’) e quella di ‘accettazione deposito’ (cd. ‘quarta PEC’) e ciò ‘in quanto lo scopo del deposito non può dirsi raggiunto finché non vi sia stata l’accettazione dell’atto da parte della Cancelleria, che ne determina la conoscibilità a beneficio delle parti del processo e del giudice, e la cui prova è data dal messaggio di posta elettronica certificata contenente l’esito dell’intervento di accettazione (cd. quarta p.e.c.)’ con la conseguenza che ‘in caso di manc ato completamento dell’iter del deposito telematico, ed in particolare ove sia risultato negativo l’esito di una o di entrambe le ultime fasi della procedura, il deposito telematico, pur perfetto, non può dirsi efficace, poiché
inidoneo al raggiungimento dello scopo’ (così Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 19307 del 07/07/2023, nonché Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 11706 del 2024).
Esaminando, allora, l’istanza ex art. 153 c.p.c. , si deve rammentare che questa Corte ha riteratamente chiarito la rimessione in termini, sia nella norma dettata dall’art. 184bis c.p.c. che in quella di più ampia portata contenuta nell’art. 153, secondo comma, c.p.c., come novellato dalla l. n. 69 del 2009, richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà (Cass. Sez. L – , Ordinanza n. 18435 del 05/07/2024; Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 30324 del 25/11/2024), il quale presenti i caratteri dell’assolutezza e non della mera difficoltà (Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 19384 del 07/07/2023) e non sia imputabile al difensore (Cass. Sez. 1 – , Ordinanza n. 3340 del 10/02/2021).
Ebbene emerge proprio dalla documentazione allegata all’istanza ex art. 153 c.p.c. che l’esito non favorevole del primo tentativo di notifica è stato determinato da fattore imputabile alla stessa parte come emerge in particolare dal DOC. 3, contenente una comunicazione di posta elettronica da parte del ‘RAGIONE_SOCIALE Cassazione’, con la quale s i evidenziava, testualmente’ che ‘purtroppo il vostro deposito non arriva nei nostri sistemi in quanto la lunghezza dell’oggetto del deposito è troppo grande’ .
Se, quindi, si può riconoscere che la ricorrente si è riattivata tempestivamente, non altrettanto è a dirsi per quanto concerne la non imputabilità del fattore che ha determinato il mancato rispetto del termine, emergendo anzi che quest’ultim o è derivato dal mancato rispetto delle specifiche tecniche in materia di processo civile telematico, note e peraltro agevolmente (e doverosamente)
conoscibili, e quindi da un fattore che è direttamente imputabile alla parte.
L’istanza ex art. 153 c.p.c., quindi, deve essere disattesa, con conseguente declaratoria di improcedibilità del ricorso.
Declaratoria di improcedibilità -si ggiunge per completezza -che non si pone in contrasto con l’art. 6 CEDU (cfr. Corte EDU, sentenza del 23 maggio 2024, COGNOME e altri c. Italia ) poiché integra una sanzione adeguata rispetto al fine di assicurare il rapido svolgimento del procedimento dinanzi alla Corte di cassazione, che è preordinato alla verifica della corretta applicazione della legge ed interviene dopo la celebrazione di due gradi di giudizio deputati alla delibazione nel merito della pretesa, e non costituisce impedimento idoneo a compromettere il diritto di accesso a un tribunale (Cass. Sez. 3 Ordinanza n. 24724 del 16/09/2024; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 19475 del 15/07/2024).
L’accertata improcedibilità del ricorso preclude l’esame del medesimo ed il vaglio delle argomentate eccezioni di inammissibilità sollevate dalla controricorrente, alla luce del principio per cui, qualora il ricorso sia improcedibile in ragione del suo mancato deposito nel fascicolo informatico (ex artt. 396 c.p.c. e 196-quater, comma 1, disp. att. c.p.c.), l’esame dell’atto non è consentito nemmeno per rilevarne l’inammissibilità (Cass. Sez. U – , Ordinanza n. 22074 del 24/07/2023; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7431 del 05/07/1991).
Il ricorso deve quindi essere dichiarato improcedibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo, sulla base del valore dichiarato in ricorsso (superiore ad € 520.000,00) e del valore di lite che emerge dagli atti (€ 3.939.720,00) .
5. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara improcedibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 25.200,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima