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Improcedibilità del ricorso: sentenza non depositata

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso presentato da due conviventi che, dopo aver perso in primo e secondo grado una causa per il rilascio di un immobile ricevuto in comodato, avevano omesso di depositare la copia autentica della sentenza d’appello. La Corte ha ribadito che tale adempimento è un requisito essenziale a pena di improcedibilità del ricorso, confermando come un errore formale possa precludere l’esame nel merito della controversia.

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Improcedibilità del ricorso: la Cassazione e l’onere del deposito della sentenza

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione sottolinea un principio fondamentale della procedura civile: il rigore formale non è un mero capriccio legislativo, ma una garanzia di ordine e certezza del diritto. Un recente caso ha dimostrato come un errore apparentemente banale, come il mancato deposito della sentenza impugnata, possa portare alla dichiarazione di improcedibilità del ricorso, chiudendo di fatto le porte della giustizia di ultima istanza. Questo provvedimento ci offre l’occasione per analizzare le conseguenze di tali omissioni e l’importanza degli adempimenti processuali.

I Fatti di Causa: Dal Comodato alla Richiesta di Usucapione

La vicenda trae origine da una controversia immobiliare. La proprietaria di un’abitazione aveva concesso la stessa in comodato d’uso gratuito a una coppia. Dopo diverso tempo, la proprietaria ha richiesto la restituzione dell’immobile, ma i comodatari si sono rifiutati, sostenendo di averne acquisito la proprietà per usucapione, avendo posseduto il bene per oltre trent’anni. Ne è scaturita un’azione legale per ottenere il rilascio dell’immobile e il risarcimento dei danni per l’occupazione senza titolo.

Il Percorso Giudiziario e la “Doppia Conforme”

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione alla proprietaria (nel frattempo deceduta e rappresentata dal suo erede universale). I giudici di merito hanno dichiarato risolto il contratto di comodato, ordinato l’immediato rilascio dell’immobile e condannato gli occupanti al pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno. La domanda di usucapione proposta dagli occupanti è stata respinta in entrambi i gradi di giudizio, realizzando così una cosiddetta “doppia conforme”, ovvero due decisioni identiche nel merito.

L’improcedibilità del ricorso: un errore fatale

Nonostante le due sentenze sfavorevoli, la coppia ha deciso di tentare l’ultima carta, proponendo ricorso per cassazione. Tuttavia, la loro iniziativa si è arenata su un ostacolo puramente procedurale. I ricorrenti, infatti, non hanno depositato, unitamente al ricorso, la copia autentica della sentenza della Corte d’Appello che intendevano impugnare. Hanno erroneamente allegato la sentenza di primo grado del Tribunale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso per violazione dell’art. 369, secondo comma, n. 2, del codice di procedura civile. Questa norma stabilisce in modo inequivocabile che, a pena di improcedibilità, il ricorrente deve depositare una copia autentica della sentenza o della decisione impugnata. La Corte ha chiarito che tale onere non è un mero formalismo, ma un requisito essenziale per consentire alla stessa Corte di avere piena conoscenza del provvedimento oggetto di scrutinio.

I giudici hanno specificato che tale omissione non può essere sanata, a meno che la sentenza non venga depositata dalla controparte (cosa non avvenuta nel caso di specie, essendo il resistente rimasto intimato) o che il ricorrente dimostri l’impossibilità del deposito per cause non imputabili, come un malfunzionamento dei sistemi telematici. Nessuna di queste eccezioni era applicabile al caso concreto.

Inoltre, la Corte ha aggiunto un’ulteriore motivazione di inammissibilità. Anche se il ricorso fosse stato procedibile, sarebbe stato comunque inammissibile in virtù dell’art. 348-ter c.p.c. (la regola della “doppia conforme”). In questi casi, il ricorrente ha l’onere specifico di dimostrare che le ragioni di fatto poste a base delle decisioni di primo e secondo grado sono diverse. I ricorrenti non hanno adempiuto a tale onere, rendendo il loro motivo di ricorso inammissibile anche sotto questo profilo.

Conclusioni: L’Importanza del Rigore Formale nel Processo

La decisione finale della Corte è stata netta: improcedibilità del ricorso. I ricorrenti sono stati inoltre condannati al pagamento di una somma di euro 2.000,00 a favore della cassa delle ammende e al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza cruciale del rispetto delle regole procedurali. L’esito di una causa non dipende solo dalla fondatezza delle proprie ragioni nel merito, ma anche dalla diligenza e dalla precisione con cui vengono compiuti gli atti processuali. Un errore formale, come il mancato deposito di un documento obbligatorio, può avere conseguenze definitive e precludere irrimediabilmente l’accesso alla giustizia.

Cosa succede se non si deposita la copia autentica della sentenza impugnata nel ricorso per cassazione?
Il ricorso viene dichiarato improcedibile, ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 2, del codice di procedura civile. Ciò significa che la Corte di Cassazione non può esaminare il merito della questione, e la decisione impugnata diventa definitiva.

In cosa consiste la regola della “doppia conforme” e quali conseguenze ha?
La regola della “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter c.p.c., si applica quando le sentenze di primo e secondo grado giungono alla stessa conclusione sui fatti. In questo caso, il ricorso in Cassazione per omesso esame di un fatto decisivo è ammissibile solo se il ricorrente dimostra che le ragioni di fatto alla base delle due decisioni sono diverse tra loro.

Perché il ricorrente è stato condannato a pagare una somma alla cassa delle ammende?
Poiché il ricorso è stato deciso in conformità a una proposta di definizione che ne evidenziava la palese inammissibilità/improcedibilità, la Corte ha applicato l’art. 96, quarto comma, c.p.c., che prevede una condanna pecuniaria in favore della cassa delle ammende come sanzione per aver promosso un’impugnazione inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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