Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32757 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 32757 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
NOME
-intimato – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 389/2023, del 19/1/2023, pubblicata in pari data e notificata il 30/1/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11 dicembre 2024 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
Oggetto: RILASCIO E USUCAPIONE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 06807/2023 R.G. proposto da
COGNOME NOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi, unitamente e disgiuntamente, dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati presso lo studio dei predetti, in Terraciano, INDIRIZZO
-ricorrenti – contro
Con ricorso ex art. 447 cod. proc. civ., NOME COGNOME agì in giudizio nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME al fine di sentir dichiarare risolto il contratto di comodato senza determinazione di durata, avente ad oggetto l’abitazione di sua proprietà, sita in Terracina, INDIRIZZO concessa ad essi in uso gratuito, ma non ancora restituita nonostante la formale richiesta inoltrata con raccomandata del 27/04/2010, ed ottenere la loro condanna al rilascio dell’immobile e al risarcimento dei danni.
Costituitisi in giudizio, NOME COGNOME e NOME COGNOME chiesero il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la declaratoria di usucapione dell’immobile in loro favore per possesso trentennale.
Nelle more del giudizio, si costituì anche NOME COGNOME figlio ed erede universale della ricorrente deceduta.
Con sentenza n. 2766/2018, pubblicata il 14/11/2018, il Tribunale di Latina, dopo aver mutato il rito da speciale a ordinario, dichiarò la risoluzione, alla data del 30/4/2010, del contratto di comodato intercorso tra le parti, ordinò a NOME COGNOME e NOME COGNOME l’immediato rilascio del bene e li condannò al pagamento della complessiva somma di euro 41.200,00 a titolo di risarcimento dei danni per occupazione senza titolo.
Il giudizio di gravame, incardinato da NOME COGNOME e NOME COGNOME si concluse, nella resistenza di NOME, con la sentenza n. 389/2023, pubblicata il 19/1/2023, con la quale la Corte d’Appello di Roma rigettò l’appello.
Contro la predetta sentenza, COGNOME NOME e COGNOME NOME propongono ricorso per cassazione, affidato a un motivo, illustrato anche con memoria. NOME è rimasto intimato.
Il consigliere incaricato ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti.
In seguito a tale comunicazione, i ricorrenti, a mezzo del difensore munito di nuova procura speciale, hanno chiesto la decisione del ricorso.
Fissata l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che :
1. Con l’unico motivo di ricorso, si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., e in particolare la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., per avere la Corte d’Appello omesso del tutto di esaminare le circostanze messe in evidenza dai testimoni di parte ricorrente, non facendone menzione in sentenza sebbene oggetto di discussione tra le parti.
2. Il ricorso è improcedibile.
L’omesso deposito, da parte del ricorrente, della copia autenticata della sentenza impugnata, comporta, infatti, l’improcedibilità del ricorso ai sensi dell’art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ., salvo che il provvedimento risulti depositato dal controricorrente, atteso che una differente soluzione, di carattere formalistico, determinerebbe un ingiustificato diniego di accesso al giudizio di impugnazione in contrasto con il principio di effettività della tutela giurisdizionale, o che il ricorrente alleghi e dimostri l’impossibilità del deposito per cause dovute ad un malfunzionamento del sistema e formuli istanza di rimessione in termini ex art. 153, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ., entro un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo (Cass., Sez. 2, 24/4/2024, n.
11043; Cass., Sez. 5, 14/02/2019, n. 4370; Cass., Sez. 62, 26/01/2023, n. 2473).
Nella specie, il ricorrente ha insistito nel sostenere di avere depositato la sentenza impugnata, richiamando all’uopo l’allegato F) delle produzioni effettuate unitamente al ricorso, benché detto allegato contenga la sentenza del Tribunale di Latina n. 2766/18 del 14/11/2018 e non quella della Corte d’Appello di Roma n. 389/2023, pubblicata il 19/1/2023, oggetto dell’impugnazione, la quale non è stata prodotta neppure dalla controparte, essendo questa rimasta intimata.
Indipendentemente da ciò, la censura è, peraltro, inammissibile, atteso che, nell’ipotesi di c.d. «doppia conforme», prevista dall’art. 348ter , quinto comma, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (per tutte, Cass., Sez. 3, 28/2/2023, n. 5947; Cass., Sez. 3, 20/9/2023, n. 26934;Cass., sez. L., 06/08/2019, n. 20994; Cass., Sez. 5, 11/05/2018, n. 11439; Cass., sez. 1, 22/12/2016, n. 26774; Cass., Sez. 5, 18/12/2014, n. 26860), incombente questo rimasto inadempiuto. 2. In conclusione, va dichiarata l’improcedibilità del ricorso. Nulla sulle spese, non avendo l’intimato spiegato difese,
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., va applicato -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ. -il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento di una somma – nei limiti di legge – in favore della cassa delle ammende.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’improcedibilità del ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende;
dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 11/12/2024.