Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8843 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8843 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 5329-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’ amministratore unico e legale rappresentante ‘ pro tempore ‘ , domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale, AVV_NOTAIO COGNOME, domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
RAGIONE_SOCIALE DANNI
Improcedibilità del ricorso
R.G.N. 5329NUMERO_DOCUMENTO2021
COGNOME.
Rep.
Ud. 16/11/2023
Adunanza camerale
Avverso la sentenza n. 448/20 del la Corte d’appello d i Lecce, sezione distaccata di Taranto, depositata il 18/12/2020; udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 16/11/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 448/20, del 18 dicembre 2020, della Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, che -in accoglimento del gravame esperito dalla società RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, ‘RAGIONE_SOCIALE‘) avverso la sentenza n. 826/17, del 23 marzo 2017, resa dal Tribunale di Taranto -ha respinto la domanda di liquidazione di indennizzo assicurativo avanzata dalla società RAGIONE_SOCIALE in forza di polizza per la responsabilità civile sottoscritta da RAGIONE_SOCIALE.
Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente di aver richiesto alla propria assicuratrice per la responsabilità civile la liquidazione dell’indennizzo, essendo stata, a propria volta, richiesta dalla società RAGIONE_SOCIALE di risarcire i danni cagionati, tra il luglio e l’ottobre 2012, alla stiva della motonave ‘Roma Snug’, nell’effettuazione di operazioni di pulizia, raccolta e accumulo del minerale ivi presente, e ciò nell’esecuzione di un contratto di appalto corrente, per l’appunto, tra le società NOME e COGNOME.
A fronte del rifiuto della propria assicuratrice a liquidare l’indennizzo, basato sull’assunto che i danni causati alla motonave non rientrassero nella garanzia, secondo quanto previsto dalla lettera c) dell’art. 16 della polizza (escludendo essa ‘i danni sulle cose sulle quali si eseguono i lavori), la società RAGIONE_SOCIALE adiva l’autorità giudiziaria.
Accolta la domanda dal primo giudice, che recepiva la tesi dell’allora attrice secondo cui le parti contraenti l’ assicurazione ‘con due appendici di polizza hanno esteso l’operatività della copertura assicurativa’ (in particolare, quanto all’appalto ricevuto dall’RAGIONE_SOCIALE, includendovi i danni ‘alle cose nell’ambito dell’esecuzione dei lavori presso terzi’, nonché, alle cose ‘trovantisi nell’ambito di esecuzione dei lavori stessi, che per volume o peso non possono essere rimosse’), tale decisione veniva integralmente riformata in appello, su gravame svolto dalla convenuta.
Il giudice di seconde cure motivava il rigetto della domanda di COGNOME accogliendo i motivi primo e quarto di appello.
In particolare, con il primo motivo, era stata posta la questione -non ritenuta dalla Corte territoriale oggetto di una ‘eccezione in senso stretto’, che sarebbe stata inammissibile , in quanto nuova -relativa all’assenza di un preventivo accertamento giudiziale o negoziale della responsabilità di COGNOME e, dunque, alla carenza di esigibilità del credito indennitario azionato verso RAGIONE_SOCIALE. In accoglimento del quarto motivo, invece, veniva recepita l’interpretazione delle condizioni generali di polizza proposta dalla compagnia assicuratrice, secondo cui, per danni coperti dalla garanzia, doveva no intendersi ‘quelli a cose e a beni di versi dalle opere e dai beni oggetto dei lavori’, ciò che , si assumeva, ‘trova conferma nella clausola RG179 delle garanzie aggiuntive’, specificando essa ‘che «per cose trovantisi nell’ambito di esecuzione dei lavori» dovevano intendersi (non le cose su cui i lavori erano eseguiti ma) quelle cose trovantisi nell’ambito di es ecuzione dei lavori che non potevano essere spostate per il peso o il volume’.
Avverso la sentenza della sezione tarantina della Corte salentina ha proposto ricorso per cassazione la società RAGIONE_SOCIALE, sulla base -come detto -di tre motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in riferimento all’art. 345, comma 2, cod. proc. civ.
Assume la ricorrente che l’eccezione di inesigibilità del credito, per mancanza di preventivo accertamento giudiziale o negoziale della responsabilità dell’assicurato, consistendo nell’adduzione di un nuovo fatto estintivo, o meglio impeditivo, del diritto azionato in giudizio, doveva essere ritenuta inammissibile, giacché sollevata per la prima volta in appello.
Che si trattasse, appunto, di un’eccezione in senso stretto è quanto si argomenta sul presupposto che essa riguardava un fatto che, ‘senza escludere la sussistenza del rapporto implicato dalla domanda’ (ovvero, l’esistenza del rapporto assicurativo), costituiva espressione di ‘un potere ad impugnandum ius ‘, ossia di ‘una potestà esercitabile al fine di far venir meno il diritto dell’avversario’ ( sono richiamate, sul punto, Cass. Sez. Un., sent. 3 febbraio 1998, n. 1099, e successive pronunce conformi).
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in riferimento all’art. 1917 cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata, in questo caso, perché -a prescindere dalla questione se l’assenza di accertamento giudiziale o negoziale della responsabilità dell’assicurato costituisse oggetto di un’eccezione in senso stretto ha, comunque, ritenuto che siffatto accertamento costituisca il presupposto necessario dell’obbligo di corrispondere l’indennità assicurativa, di cui all’art. 1917 cod. civ.
Nel rilevare, al riguardo, come l’orientamento giurisprudenziale prevalente smentisca -più che confermare -la tesi della Corte territoriale che individua l’accertamento della responsabilità dell’assicurato quale condizione per l’esigibilità dell’indenniz zo assicurativo al medesimo spettante, la ricorrente osserva, in primo luogo, che tale asserito presupposto ‘non è previsto dalla lettera dell’art. 1917 cod. civ., che nulla dice al riguardo’.
In secondo luogo, si rileva che non osta al pagamento dell’indennizzo la circostanza che il credito sia illiquido, dal momento che ‘il famigerato «motto» latino « in illiquidis non fit mora » non può trovare applicazione con riferimento al debito da risarcimento da fatto illecito’.
In terzo luogo, infine, si osserva come a condividere la tesi espressa dalla sentenza impugnata si finirebbe con il ‘frustrare la causa concreta del contratto di assicurazione che è quella di salvaguardare immediatamente il patrimonio dell’assicurato di fr onte a pretese del terzo danneggiato’.
3.3. Il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in riferimento agli artt. 1363, 1366, 1367, 1369 e 1370 cod. civ.
Si censura, in questo caso, la sentenza impugnata per aver escluso l ‘applicabili tà della polizza assicurativa ritenendola operante, erroneamente, solo in presenza di danni alle cose e agli oggetti trovantesi nell’ambito di esecuzione dei lavori, non ‘rimuovibili per peso o volume’, escludendola in caso di ‘danni alle cose e alle opere su cui si dovevano eseguire i lavori’. In tale ultimo concetto la Corte tarantina ha fatto, dunque, rientrare la nozione di ‘stiva della nave’ e di ‘fermo tecnico della nave’ (eziologicamente collegato al danneggiamento della stiva), così
escludendo dall’oggetto della garanzia assicurativa, irragionevolmente, il danno cagionato da essa RAGIONE_SOCIALE.
Il giudice d ‘ appello avrebbe compiuto una lettura del contratto di assicurazione ‘miope’, oltre che ‘eccessivamente formalistica’, ma soprattutto ‘noncurante del complesso delle clausole convenzionalmente pattuite tra le parti’, in spregio ai criteri legali di interpretazione del contratto. In particolare, si evidenzia che, dovendosi pur sempre verificare il rilievo da assegnarsi alla formulazione letterale di una clausola alla luce dell’intero contesto contrattuale, le singole clausole devono essere considerate in correlazione tra loro, donde il rilievo di ulteriori criteri ermeneutici, quali ‘quelli di interpretazione soggettiva del contratto, di interpretazione funzionale ex art. 1369 cod. civ. e di interpretazione secondo buona fede e correttezza ex art. 1366 cod. civ., considerando lo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e quindi la relativa causa concreta’.
In questa prospettiva, pertanto, la giurisprudenza di legittimità ha affermato -sottolinea la ricorrente -che assume ‘fondamentale rilievo che il contratto venga interpretato avuto riguardo alla sua ratio , alla sua ragione pratica in coerenza con gli interessi che le parti hanno specificamente inteso tutelare mediante la stipulazione contrattuale’, nonché in modo da ‘evitare che il predisponente con un comportamento contrario al principio di buona fede pos sa avvantaggiarsi dell’ambiguità delle clausole un ilateralmente stabilite’.
Reputa, quindi , la ricorrente che ‘alla luce di una lettura omnicomprensiva e generale del contratto di assicurazione concluso tra le parti in causa e della successiva appendice, tenuto conto della ragione pratica del contratto medesimo -il quale mira a salvaguardare g li interessi dell’assicurato e ad evitare che il suo patrimonio possa essere eccessivamente esposto alle pretese del danneggiato -e degli interessi concreti perseguiti dalle parti,
nell’espressione «danni alle cose nell’ambito di esecuzione dei lavori» -espressione con la quale la successiva appendice aveva esteso l’ambito di operatività della polizza per quanto ambigua e poco chiara, non poteva non essere ricondotta anche ed in primo luogo la stiva della nave ovvero, il luogo nel quale (e sul quale) i lavori andavano eseguiti’.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, la società RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del presente ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è improcedibile.
8.1. Agli atti del presente giudizio legittimamente ed effettivamente consultabili dal Collegio al momento della decisione non risulta presente la relata di notificazione della sentenza impugnata, il deposito della quale è, invece, prescritto dall’art. 369, comma 2, cod. proc. civ. a pena d’improcedibilità del ricorso stesso.
T rova, pertanto, applicazione il principio secondo cui ‘il ricorso per cassazione è improcedibile qualora la parte ricorrente dichiari di avere ricevuto la notificazione della sentenza impugnata,
depositando, nei termini indicati dall’art. 369, comma 1, cod. proc. civ., copia autentica della sentenza, priva però della relazione di notificazione e di tale documentazione non abbia effettuato la produzione neppure la parte controricorrente (cfr., tra le altre, Cass. Sez. 6-2, ord. 22 luglio 2019, n. 19695, Rv. 654987-01).
D ‘altr onde, nel caso di specie, neppure è ipotizzabile quella evenienza -nota come c. d. ‘prova di resistenza’ idonea a precludere la declaratoria di improcedibilità del ricorso. Evenienza, questa, da ritenere integrata allorché la notificazione dello stesso risulti essersi perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, giacché in questo caso il collegamento tra la data di pubblicazione della sentenza (indicata nel ricorso) e quella della notificazione del ricorso (emergente dalla relata di notificazione dello stesso) assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325, comma 2, cod. proc. civ. (cfr., in tal senso, Cass. Sez. 3, sent. 10 luglio 2013, n. 17066, Rv. 62853901; Cass. Sez. 6-3, ord. 22 settembre 2015, n. 18645, Rv. 636810-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 30 aprile 2019, n. 11386, Rv. 653711-01). Nel l’ipotesi che occupa, infatti, la notificazione del ricorso è avvenuta il 19 febbraio 2021 e, dunque, oltre sessanta giorni dal momento della pubblicazione della sentenza (tale termine spirando martedì 16 febbraio 2021), risalendo essa al 18 dicembre 2020.
Né a precludere l’improcedibilità può valere il rilievo che la controricorrente nulla ha eccepito al riguardo, giacché il vizio ‘ de quo ‘ risulta, comunque, rilevabile d’ufficio, oltre che non sanabile dalla non contestazione da parte del controricorrente (Cass. Sez. Lav., sent. 12 febbraio 2020, n. 3466, Rv. 656775-01).
Le spese del presente giudizio, seguendo la soccombenza, sono a carico della ricorrente e liquidate in dispositivo.
A carico della ricorrente, stante la declaratoria di improcedibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso, condannando la società RAGIONE_SOCIALE a rifondere, alla società RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 7.5 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co . 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del co. 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della