Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 10018 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 10018 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7465/2021 R.G. proposto da
NOME COGNOME NOME , domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore
quale mandataria con rappresentanza di
Oggetto: Contratti bancari -Mutuo -Mutuo fondiario -Limite di finanziabilità ex art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 385 del 1993 -Superamento -Nullità -Esclusione – Natura non imperativa della norma Conseguenze
R.G.N. 7465/2021
Ud. 28/03/2025 CC
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore
elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
-intervenuta –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO MILANO n. 3489/2020 depositata il 24/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 28/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 3489/2020, pubblicata in data 24 dicembre 2020, la Corte d’appello di Milano, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE ha respinto l’appello proposto da NOME COGNOME ed NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 10706/2018.
NOME COGNOME ed NOME COGNOME avevano agito premettendo in fatto di avere concluso in data 22 luglio 2005 un contratto di mutuo fondiario con il quale BANCA CARIGE SPA aveva concesso mutuo la somma di € 144.000,00, da restituire in 25 anni mediante 50 rate semestrali scadenti il 31 luglio e il 31 gennaio di ogni anno, da corrispondersi in quote mensili scadenti l’ultimo giorno di ogni mese.
Successivamente BANCA CARIGE RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato alle mutuatarie la decadenza dal beneficio del termine per effetto del mancato pagamento di alcune rate, procedendo poi ad attivare una procedura esecutiva sull’immobile acquistato dalle mutuatarie con la s omma mutuata, procedura conclusasi con la vendita dell’immobile stesso.
Le odierne ricorrenti avevano quindi agito al fine di sentir accertare e dichiarare sia l’usurarietà degli interessi previsti dal contratto e la conseguente illegittimità della sua risoluzione del contratto sia la violazione dell’art. 38 TUB, chiedendo altresì la condanna della Banca al risarcimento dei danni patiti per l’ingiusta espropriazione.
Il Tribunale, con la sentenza n. 10706/18, aveva accolto solo parzialmente la domanda, dichiarando la nullità della clausola determinativa degli interessi di mora e rigettando le altre domande, in quanto, da un lato, aveva escluso il superamento del tasso soglia di legge da parte degli interessi corrispettivi – concludendo, quindi, che legittimamente BANCA CARIGE SPA aveva dichiarato le mutuatarie decadute dal beneficio del termine -e, dall’altro lato, aveva escluso la sussistenza di adeguata prova della violazione dell’art. 38 TUB, rilevando che, in ogni caso, l’eventuale violazione non avrebbe escluso la risoluzione del contratto per inadempimento.
3. La Corte d’appello di Milano, decidendo sui motivi di gravame articolati dalle odierne ricorrenti, per quanto ancora rileva nella presente sede, ha disatteso il motivo con il quale veniva censurata la decisione del giudice di prime cure nella parte in c ui quest’ultimo aveva escluso la sussistenza della violazione dell’art. 38 TUB.
La Corte d’appello, infatti, ha osservato che, da un lato, il motivo di gravame non coglieva l’effettiva ratio della decisione impugnata -la quale aveva concluso che l’eventuale violazione sarebbe valsa
unicamente ad escludere la natura fondiaria del mutuo, senza tuttavia escludere la sussistenza del debito restitutorio -e, dall’altro lato, non emergevano adeguati elementi per affermare l’effettivo superamento del limite di finanziabilità, non potendosi fare affidamento né sul valore individuato in sede esecutiva -in quanto posteriore di cinque anni all’erogazione del finanziamento -né sul corrispettivo dell’acquisto dell’immobile né sulla stima risultante da un documento prodotto dalle appellanti in allegato all’atto di appello, in quanto tardivamente prodotto.
La Corte territoriale, infine, ha osservato ‘ ad abundantiam’ che in ogni caso la domanda risarcitoria delle appellanti, essendo riferita ai danni derivati dall’attivazione della procedura esecutiva, avrebbe dovuto essere proposta all’interno del giudizio di opposizione all’esecuzione e non risultava proponibile in un giudizio autonomo, non ricorrendo una delle ipotesi nelle quali tale distinta proposizione è consentita.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano ricorrono NOME COGNOME ed NOME COGNOME.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE e, per essa, la mandataria RAGIONE_SOCIALE
È rimasta intimata BANCA RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le ricorrenti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 38 TUB.
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte d’appello avrebbe erroneamente:
-escluso che la violazione dell’art. 38 TUB determini la nullità del contratto di mutuo;
-ritenuto che il corrispettivo della compravendita dell’immobile fosse simulato e quindi non attendibile.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 96, terzo comma, c.p.c.
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte territoriale avrebbe ‘stravolto la domanda delle attrici che non hanno agito ai sensi dell’art. 96 c.p.c., ma avevano chiesto l’accertamento circa l’usurarietà del contratto e circa l’illegittimità della risoluzione del contratto e da ciò discendeva il danno derivante dalla perdita dell’immobile, eccependo altresì, sin dal 1° grado con la memoria numero uno, la violazione di cui all’art. 38 TUB’ .
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 33, comma 2, lettera t), e art. 36, comma 1, D. Lgs. n. 206/2005 e della Legge n.108/96.
Le ricorrenti censurano la decisione impugnata in quanto la stessa avrebbe ‘apoditticamente’ escluso l’ipotesi dell’usura ‘malgrado che le odierne ricorrenti avessero prodotto due perizie tecniche, una in primo grado e una in secondo grado, fornendo un principio di prova non confutato da altri tecnici’ .
Ribadisce che il giudice di prime cure aveva rilevato il superamento della soglia ad opera del tasso di mora e, in relazione alla sentenza n. 19597/2020 di questa Corte richiamata dalla decisione della Corte
d’appello, argomenta che, ‘se è vero che può trasparire dalla lettura della sentenza un tentativo di compromesso fra i diritti in conflitto, è inequivocabile l’assoggettabilità dell’interesse di mora alla disciplina antiusura’ e che ‘pertanto, l’usura del tasso di mora costituisce reato la cui commissione fa sorgere in capo alle vittime il diritto al risarcimento dei danni’ .
Preliminarmente deve essere dichiarata l’inammissibilità del controricorso.
Come da questa Corte costantemente ed anche recentemente chiarito (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 28790 del 2024 e, in precedenza, Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 17944 del 22/06/2023), ove una delle parti del giudizio venga ad agire nella veste di cessionaria in blocco di crediti e sul punto vengano mosse contestazioni, si deve, in primo luogo, operare una distinzione tra l’ipotesi in cui il debitore ceduto venga a contestare unicamente l’inclusione dello specifico credito vantato nei propri confronti tra quelli o ggetto della cessione, dall’ipotesi in cui ad essere contestata sia l’esistenza stessa della cessione.
Nel primo caso, infatti, l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell’avviso della cessione pubblicato dalla società cessionaria nella Gazzetta Ufficiale ex art. 58 TUB, può ben costituire adeguata prova dell’avvenuta cessione del lo specifico credito oggetto di contestazione, laddove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano, quindi, di ricondurre con certezza il credito litigioso tra quelli compresi nell’operazione di trasferimento in blocco, in base alle sue caratteristiche concrete (Cass. Civ. 22 giugno 2023, n. 17944).
Diverso, invece, è il secondo caso, e cioè l’ipotesi in cui ad essere contestata sia la stessa esistenza della cessione, contestazione che -va premesso e chiarito – investe un profilo che non concerne la legittimazione attiva del cessionario, bensì la titolarità in capo al
medesimo del lato attivo dell’obbligazione, e cioè un profilo che, come tale, può essere verificato anche d’ufficio (Cass. civ. SS.UU. 16 febbraio 2016, n. 2951; Cass. civ. 15 maggio 2018, n. 11744; Cass. civ. 17 giugno 2024, n. 16814).
Operate tali premesse è indubbio che, in presenza di una contestazione sullo stesso an della cessione, quest’ultima medesima debba essere oggetto di adeguata prova (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 17944 del 22/06/2023; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 5478 del 2024) e che tale prova, pur non dovendo essere necessariamente scritta, non può tuttavia ess ere costituita esclusivamente dall’avviso ex art. 58 TUB, avendo lo stesso la sola funzione di esentare il cessionario dalla notifica della cessione al debitore ceduto, ma non anche dalla prova dell’avvenuta cessione.
Da ciò consegue che, in presenza della contestazione del debitore ceduto, il giudice deve procedere ad un accertamento complessivo delle risultanze di fatto, nell’ambito del quale, tuttavia, la notificazione ex art. 58 TUB può rivestire un valore indiziario, specialmente allorquando la stessa sia avvenuta su iniziativa della parte cedente (Cass. civ. 22 giugno 2023, n. 17944; Cass. civ. 20 luglio 2023, n. 21821; Cass. civ. 13 giugno 2019, n. 15884; Cass. civ. 16 aprile 2021, n. 10200; Cass. civ. 5 novembre 2020, n. 24798; Cass. civ. 5 settembre 2019, n. 22151; Cass., 2 marzo 2016, n. 4116).
Nel caso di specie, poiché i ricorrenti, nella prima (anzi unica) difesa utile -e cioè la memoria ex art. 380bis . 1 c.p.c. -hanno contestato sia il profilo dell’inclusione della propria posizione debitoria tra quelle oggetto di cessione sia l’assenza di adeguata prova dello stesso an della cessione, viene in particolare rilievo questo secondo profilo, dal momento che nell’atto depositato da RAGIONE_SOCIALE risultano prodotti unicamente gli avvisti in Gazzetta Ufficiale ma non vi
è documento alcuno che venga a comprovare la cessione in blocco dei crediti.
Assente tale prova, quindi, l’atto depositato da RAGIONE_SOCIALE quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE deve essere qualificato alla stregua di atto di intervento, e quindi dichiarato inammissibile (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 25423 del 10/10/2019; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 20565 del 07/08/2018).
3. Il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.
Questa Corte ha costantemente affermato il principio per cui, nell’ipotesi in cui il ricorrente abbia allegato espressamente o implicitamente che la sentenza contro cui ricorre gli è stata notificata ai fini del decorso del termine breve di impugnazione, deve ritenersi operante il termine di cui all’art. 325 c.p.c., sorgendo a carico del ricorrente l’onere di depositare, unitamente al ricorso o nei modi di cui all’art. 372, secondo comma, c.p.c., la copia autentica della sentenza impugnata, munita della relata di notificazione, entro il termine previsto dall’art. 369, primo comma, c.p.c., la cui mancata osservanza comporta l’improcedibilità del ricorso con esclusione sia del caso in cui la notificazione del ricorso risulti effettuata prima della scadenza del termine breve decorrente dalla pubblicazione del provvedimento impugnato -c.d. ‘prova di resistenza’ sia del caso in cui la relazione di notificazione risulti prodotta dal controricorrente o comunque presente nel fascicolo d’ufficio (Cass. Sez. U – Sentenza n. 10648 del 02/05/2017; Cass. Sez. U – Sentenza n. 21349 del 06/07/2022; Cass. Sez. 6 – Ordinanza n. 15832 del 07/06/2021; Cass. Sez. 5 – Sentenza n. 1295 del 19/01/2018; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11376 del 11/05/2010; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 25070 del 10/12/2010).
Nella specie, i ricorrenti hanno allegato espressamente la circostanza della notifica della decisione impugnata in data 12 gennaio
2021, ma non hanno provveduto al deposito della copia notificata della sentenza medesima che peraltro non si rinviene in atti e che non è stata prodotta neppure dalla terza intervenuta.
Poiché la notifica del ricorso risulta avvenuta in data 11 marzo 2023, e quindi ben oltre il termine di cui all’art. 325 c.p.c. computato con riferimento alla data di pubblicazione della sentenza impugnata, il ricorso, in applicazione del principio appena richiamato, deve essere dichiarato improcedibile.
Non vi è luogo a statuire sulle spese, attesa l’inammissibilità dell’intervento del terzo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara improcedibile il ricorso;
dichiara inammissibile l’intervento di RAGIONE_SOCIALE quale mandataria con rappresentanza di RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima