Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20063 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20063 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11579/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) unitamente all’avvocato COGNOME (DLMLNG51C24F205W),
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE,
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente agli avvocati
NOME COGNOME (LBRNNG48M03A377V), COGNOME NOME (BNLLNE78D58B563F),
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 242/2024 depositata il 02/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Venezia Sezione Specializzata in materia di impresa con sentenza n. 242/2024, pubblicata il 2/2/2024, ha confermato la sentenza del Tribunale di Venezia del 2022 che aveva respinto le domande di RAGIONE_SOCIALE, società operante nel settore delle macchine per il riciclo di materiale plastico e che aveva prodotto una macchina « cambiafiltri » la cui forma esteriore, essendo divenuta distintiva della provenienza, aveva assunto valenza di marchio tridimensionale di fatto, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, per sentire accertare la contraffazione, attraverso la commercializzazione della machina denominata « RAGIONE_SOCIALE », avente forma esteriore « quasi identica a quella di Fimic », del proprio segno distintivo di fatto, nonché la condotta di concorrenza sleale oer imitazione servile e scorrettezza professionale, posta in essere dalle convenute, con condanna delle stesse al risarcimento del danno.
In particolare, la Corte d’appello ha ritenuto che le condotte indicate dall’attrice non integravano una concorrenza parassitaria (la semplice creazione di un macchinario che nella forma ricorda pur di colori diversi quello creato da RAGIONE_SOCIALE, non essendo le
conoscenze e le tecniche costruttive messe a punto da Fimic coperte da protezione alcuna).
Avverso la suddetta pronuncia, che si assume « notificata il 5/3/2024 », la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, notificato il 3/5/2024, affidato a due motivi, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE, e di RAGIONE_SOCIALE (e resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE incorporante per fusione RAGIONE_SOCIALE) e di RAGIONE_SOCIALE (che resiste con controricorso).
E’ stata depositata, il 23/5/2025, istanza di trattazione orale per il giorno 19/6/2024, in considerazione « della novità e complessità delle questioni, nonché per la rilevanza delle stesse » nel settore della concorrenza e della particolare rilevanza della questione di diritto in oggetto (concorrenza sleale parassitaria ex art.2598 n. 3 c.c.).
La ricorrente ha anche depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., in quanto, nell’affermare che « non vi è prova che RAGIONE_SOCIALE abbia utilizzato le conoscenze e la tecnica costruttiva messa a punto da RAGIONE_SOCIALE » (p. 12), la Corte di Appello avrebbe del tutto trascurato l’esame delle « specifiche » caratteristiche tecniche della macchina RAGIONE_SOCIALE e della macchina RAGIONE_SOCIALE, seppur puntualmente rappresentate nei documenti n. 2, 3, 4, 8 a-p, 10, 11, 28, 36, 37 e 38 prodotti dall’esponente (fascicolo di appello) e quali fatti in sé decisivi per il riscontro della « copiatura di sana piana » della macchina Break da quella originaria (e precedente di almeno un decennio) prodotta da Fimic; b) con il secondo motivo di ricorso, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2598, n. 3, c.c., ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la sentenza ritenuto atto non rientrante nell’ambito dei comportamenti lesivi dei principi della
correttezza professionale quello consistente nel copiare di « sana pianta » un macchina da tempo già prodotta e commercializzata dal concorrente, con sfruttamento delle altrui ricerche, investimenti e studi e con danneggiamento dell’altrui immagine o, in alternativa, la nullità della sentenza, ex art. 360, n. 4, per violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., 111, comma 7, Cost., per non avere pronunciato sulla domanda formulata dall’attuale ricorrente, ovvero pure per averla respinta senza in alcun modo motivare.
Preliminarmente, il ricorso risulta improcedibile.
La ricorrente (pag. 6, punto 7) deduce che la sentenza impugnata « è stata notificata, per impulso di parte, a mezzo pec in data 5 marzo 2024 al domicilio eletto del precedente procuratore di Fimic ».
Tuttavia non è stata depositata copia della corrispondente relazione di notificazione, come imposto, invece, dall’art. 369, comma 2, n. 2, cod. proc. civ.
Il doc.to a) dell’indice, in calce al ricorso, indicato come relativo a « Copia sentenza ….notifica » riguarda, in realtà, la copia della sentenza impugnata pubblicata in data 2/02/2024, con attestazione di conformità dell’Avv.to COGNOME datata 3 maggio 2024, ma non la copia della sentenza con la relata di notifica del « 5/3/2024 ».
Come ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass., SU, n. 21349 del 2022), la dichiarazione, contenuta nel ricorso per cassazione, di avvenuta notificazione della sentenza impugnata attesta un « fatto processuale » – la notificazione della sentenza idoneo a far decorrere il termine « breve » di impugnazione e, quale manifestazione di «autoresponsabilità» della parte, impegna quest’ultima a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere in capo ad essa l’onere di depositare, nel termine stabilito dall’art. 369 cod. proc. civ., copia della sentenza munita della relata di notifica (ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo PEC),
senza che sia possibile riparare alla relativa omissione mediante la successiva, e ormai tardiva, produzione ai sensi dell’art. 372 cod. civ. (cfr., nel medesimo senso, pure nelle rispettive motivazioni, anche la precedente Cass. n. 15832 del 2021 e le più recenti Cass. nn. 14790 e 19475 del 2024).
Il difetto di procedibilità, poi, deve essere rilevato d’ufficio, né può essere sanato dalla mancata contestazione da parte della controricorrente, perché l’improcedibilità trova la sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo di una parte che ostacola la stessa sequenza di avvio di un determinato processo (cfr. Cass., SU, n. 9005 del 2009; Cass., SU, n. 10648 del 2017; Cass., SU, n. 21349 del 2022; Cass. nn. 17014 e 19475 del 2024), sicché nessun valore può assumere, al fine di escluderla, l’eventuale comportamento di non contestazione di un’altra parte ( Cass., SU, n. 21349 del 2022).
Nella recente Cass. n. 19475 del 2024, si è ribadito: « In tema di giudizio di cassazione, l’omessa produzione della relata di notifica della sentenza impugnata comporta l’improcedibilità del ricorso ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. e tale sanzione non contrasta con gli artt. 24 e 111 Cost. e 6 CEDU, trattandosi di un adempimento preliminare, tutt’altro che oneroso e complesso, che non mette in discussione il diritto alla difesa ed al giusto processo, essendo finalizzato a verificare, nell’interesse pubblico, il passaggio in giudicato della decisione di merito ed a selezionare la procedura più adeguata alla definizione della controversia » (conf. Cass. n. 27313/2024).
La copia della impugnata sentenza, munita della corrispondente relata di sua notificazione, poi, neppure è nella disponibilità di questa Corte perché prodotta dalle parti controricorrenti e ciò preclude anche la possibilità di ritenere che, malgrado l’omessa produzione da parte del ricorrente, l’avvio della sequenza
procedimentale non sia stato comunque impedito, né apprezzabilmente ritardato (cfr. SU, n. 10648 del 2017).
La medesima copia neppure può essere in possesso dell’ufficio perché presente nel fascicolo trasmesso dal giudice di appello (cfr. Cass., SU n. 10648 del 2017), in quanto la notificazione della sentenza, idonea a far decorrere il termine breve, è, in difetto di previsioni speciali correlate a comunicazione da parte della cancelleria, quella frutto di una successiva ed autonoma iniziativa della parte interessata ad abbreviare i tempi di formazione del giudicato e non è previsto che nel fascicolo d’ufficio (nel quale sono inseriti i soli atti indicati nell’art. 168 cod. proc. civ.) debba inserirsi copia della relata di notifica, trattandosi evidentemente di attività che non avviene su iniziativa dell’ufficio e che interviene in un momento successivo alla definizione del giudizio.
Fermo quanto precede, poiché, nella specie, la notifica del ricorso è avvenuta in data 3/6/2024, l’improcedibilità dello stesso nemmeno può essere scongiurata in riferimento alla data della pubblicazione della sentenza impugnata, avvenuta il 2/2/2024, essendosi superato il termine di sessanta giorni (cfr. Cass. n. 11386 del 2019; Cass. n. 17014 del 2024).
La improcedibilità della odierna impugnazione può essere rilevata d’ufficio senza necessità di stimolare il contraddittorio, perché il divieto di porre a fondamento della decisione una questione non sottoposta al previo contraddittorio delle parti non si applica alle questioni di rito relative ai requisiti di procedibilità della domanda previsti da norme la cui violazione è rilevabile in ogni stato e grado del processo, senza che tale esito processuale integri una violazione dell’art. 6, par. 1, della CEDU, il quale -nell’interpretazione data dalla Corte Europea – ammette che il contraddittorio non venga previamente suscitato su questioni di rito che la parte, con una minima diligenza, avrebbe potuto e dovuto attendersi o prefigurarsi (cfr. in senso analogo, sebbene con
riferimento al rilievo della tardività della impugnazione, Cass. n. 7356 del 2022. In senso sostanzialmente conforme, cfr. pure Cass. n. 6218 del 2019)
3.Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato improcedibile il ricorso.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate, in favore di ciascuna parte controricorrente, in complessivi € 3.500,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per i ricorsi, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 19 giugno 2025.