Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32816 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 32816 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
Dott. NOME COGNOME
Presidente –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
SENTENZA
sul ricorso 2768-2024 proposto da:
MINISTERO DELL ‘ ISTRUZIONE E DEL MERITO (già MINISTERO DELL ‘ ISTRUZIONE DELL ‘ UNIVERSITA ‘ E DELLA RICERCA), in persona del Ministro pro tempore , UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL VENETO, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE EMILIA ROMAGNA, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi ope legis dall ‘ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano in ROMA, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso l ‘ indirizzo pec dell ‘ avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all ‘ avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto: Pubblico impiego -dirigente istruzione -mancato superamento periodo di prova
avverso la sentenza n. 620/2023 della CORTE D ‘ APPELLO di BOLOGNA, depositata il 27/11/2023 R.G.N. 643/2022; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l ‘ improcedibilità o il rigetto del ricorso; uditi gli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d ‘ appello di Bologna, con la sentenza indicata in premessa, decidendo sull ‘ impugnazione di NOME COGNOME ha riformato la sentenza del Tribunale di Bologna n. 254/2022 che aveva rigettato la domanda dell ‘ odierna resistente diretta a ottenere la declaratoria di illegittimità del provvedimento di recesso di lavoro nei ruoli della dirigenza scolastica per mancato superamento dell ‘ anno di prova.
L ‘ Amministrazione aveva ritenuto che la COGNOME, a seguito del periodo di prova svolto nell ‘ anno 2019/2020, in piena emergenza pandemica e in un istituto comprensivo caratterizzato da oggettivi elementi di complessità, non fosse idonea al ruolo dirigenziale.
L ‘ esito negativo del periodo di prova era stato inizialmente sottoposto all ‘ attenzione del Tribunale di Padova, al tempo territorialmente competente, al fine di ottenere un provvedimento d ‘ urgenza per evitare che l ‘ allora ricorrente fosse tenuta a rientrare nei ruoli della docenza.
Il Tribunale, ritenendo non sussistenti i presupposti cautelari, rigettava il ricorso ed il successivo reclamo.
La Chiricosta veniva quindi successivamente fatta rientrare nei ruoli della docenza nella regione Emilia-Romagna (ossia, dove svolgeva l ‘ attività di insegnante prima di superare le prove del concorso per dirigenti scolastici).
Con ricorso del 16/2/2021 la dott.ssa COGNOME conveniva quindi in giudizio le Amministrazioni scolastiche innanzi al Tribunale del lavoro di Bologna, al fine di domandare il reinserimento nel ruolo dirigenziale, previa dichiarazione di illegittimità del provvedimento che aveva disposto la sua estromissione dal medesimo.
Il Tribunale di Bologna, con sentenza n. 254/2022, respingeva le domande proposte dall ‘ allora ricorrente e compensava le spese del giudizio in considerazione della complessità e novità della questione controversa.
La dottoressa COGNOME proponeva quindi gravame avanti alla Corte d ‘ appello di Bologna.
Con sentenza n. 620/2023 pubblicata il 27/11/2023, la Corte del merito rilevava che il provvedimento impugnato era fondato, in termini motivazionali, su una relazione ispettiva acriticamente richiamata, tuttavia non resa disponibile alla COGNOME se non in giudizio. La lex specialis indicava il 31 agosto 2019 (‘termine dell’ anno scolastico di riferimento’) come il momento, superato il quale, la COGNOME sarebbe stata confermata nel ruolo in difetto di diverso provvedimento, e la relazione portante la motivazione per relationem era giunta alla controricorrente solo successivamente.
Richiamava, quanto alla necessità di congrua motivazione con riferimento al mancato superamento della prova nonché al mancato espletamento dell ‘ istruttoria, la nota esplicativa D.M. disciplinante ” Criteri e modalità per la valutazione e la documentazione del periodo di formazione di prova ” (nota MIUR 2689/2020) che prevede che in caso di parere istruttorio sfavorevole o comunque nel corso del periodo di formazione e prova, il Direttore Generale provveda al proprio giudizio finale anche sulla base di ‘ulteriori elementi conoscitivi’.
La Corte felsinea, dunque, in parziale accoglimento del ricorso proposto, riformava la sentenza di primo grado dichiarando l ‘ illegittimità del provvedimento di recesso dal contratto di lavoro della COGNOME nei
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ruoli della dirigenza scolastica per mancato superamento dell ‘ anno di prova e, per l ‘ effetto, ne dichiarava la conferma in servizio ai sensi dell ‘ art. 14 comma 6 CCNL area V del 2006; condannava quindi il Ministero e le sue articolazioni (USR) a procedere all ‘ assegnazione di un nuovo incarico dirigenziale a favore della dott.ssa NOME COGNOME compensando le spese.
Avverso tale sentenza le Amministrazioni scolastiche hanno proposto ricorso affidandolo a quattro motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso eccependo preliminarmente l ‘ improcedibilità del ricorso evidenziando il mancato deposito, da parte dell ‘ Amministrazione, della prova della notificazione della sentenza di appello e deducendo, nel merito, l ‘ infondatezza dello stesso.
Il P.G. ha presentato requisitoria scritta concludendo affinché la Corte dichiari improcedibile o comunque, se rilevata la tempestività del ricorso, lo rigetti.
La controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le Amministrazioni ricorrenti denunciano la violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 3 l. n. 241/1990 e del D.M. n. 956/2019, ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
Assumono che non è applicabile l ‘ obbligo di motivazione ai sensi dell ‘ art. 3 L. 241/1990 alle cause di lavoro, essendo applicabile il D.M. n. 956/2019.
Sostengono che il recesso del datore di lavoro a seguito del periodo di prova ha natura discrezionale.
Con il secondo motivo denunciano la violazione e/o falsa applicazione dell ‘ art. 3 l. n. 241/1990 e del D.M. n. 956/2019, ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
Rilevano che la relazione ispettiva, anche se non allegata al provvedimento, era oggetto di possibile accesso agli atti.
Assumono che, secondo l ‘ art. 14 c.c.n.l. 2006, la conferma in servizio prevedere che difetti in radice la manifestazione di volontà dell ‘ Amministrazione.
Di contro, l ‘ art. 8 del D.M. n. 956/2019 è previsione posta a garanzia della sola Amministrazione.
Con il terzo motivo denunciano la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 14 c.c.n.l. 2006 e dell ‘ art. 8, comma 4, del D.M. n. 956 del 16/10/2019, ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
Osservano che, là dove previsto contrattualmente, è ammessa la verificabilità giudiziale della motivazione; nel provvedimento è sufficiente una motivazione sintetica.
Con il quarto motivo denunciano la violazione e/o falsa applicazione del D.M. n. 956/2019, ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
Sostengono che la nota ministeriale 689/2020 MIM (prima MIUR) non è una fonte del diritto e che il periodo di prova è disciplinato dal D.M. 956/2019.
Il DG non aveva l ‘ obbligo di assumere ulteriori elementi conoscitivi.
È fondata l ‘ eccezione di improcedibilità del ricorso ex art. 369, comma 2, n. 2, cod. proc. civ. (cui le ricorrenti nulla hanno opposto).
A pag. 2 del ricorso è espressamente evidenziato che l ‘ impugnata sentenza n. 620/2023 della Corte d ‘ appello di Bologna, depositata in data 27/11/2023 è stata ‘notificata in data 29/11/2023’.
A detto ricorso risulta allegata la sentenza della Corte d ‘ appello con in calce l ‘ attestazione del deposito in data 27/11/2023 (All. A).
Tuttavia, dell ‘ avvenuta notifica non vi è traccia nella produzione delle Amministrazioni ricorrenti (vi è un All. B che riguarda il D.M. 1763 del 21 agosto 2020; vi sono poi gli allegati che riguardano la notifica del ricorso per cassazione e gli atti già prodotti nel giudizio di merito).
Le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 6 luglio 2022, n. 21349) hanno precisato che, nel giudizio di cassazione, è esclusa la dichiarazione di
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improcedibilità ex art. 369, comma 2, n. 2 cod. proc. civ., quando l ‘ impugnazione sia proposta contro una sentenza notificata, di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica (o le copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notifica a mezzo pec ), ove tale documentazione risulti comunque nella disponibilità del giudice, per essere stata prodotta dal controricorrente nel termine di cui all ‘ art. 370, comma 3, cod. proc. civ., ovvero acquisita – nei casi in cui la legge dispone che la cancelleria provveda alla comunicazione o alla notificazione del provvedimento impugnato (da cui decorre il termine breve per impugnare ex art. 325 cod. proc. civ.) – mediante l ‘ istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio.
Ma nella specie ciò non ricorre.
8. D ‘ altro canto, non può essere applicato il principio di diritto, affermato fin da Cass. 10 luglio 2013, n. 17066, secondo il quale, pur in difetto di produzione di copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima (adempimento prescritto dall ‘ art. 369, secondo comma, numero 2, cod. proc. civ.), il ricorso per cassazione deve egualmente ritenersi procedibile ove risulti, dallo stesso, che la sua notificazione si è perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, poiché il collegamento tra la data di pubblicazione della sentenza (indicata nel ricorso) e quella della notificazione del ricorso (emergente dalla relata di notificazione dello stesso) assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell ‘ impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all ‘ art. 325, secondo comma, cod. proc. civ.
Nello specifico, infatti, il tempo decorso dalla pubblicazione della sentenza della Corte d ‘ appello impugnata (27 novembre 2023, ) e l ‘ avvio alla notifica (29 gennaio 2024) supera i sessanta giorni che
scadevano il 26 gennaio 2023 (che era un venerdì e non spostava la scadenza al successivo 29).
9. Come già affermato da questa Corte, il ricorrente che, pur dichiarando che la sentenza impugnata è stata notificata in una certa data, depositi la copia autentica della stessa omettendo di depositare la relata della notifica, incorre nella sanzione dell ‘ improcedibilità, trattandosi di omissione che impedisce alla Suprema Corte la verifica – a tutela dell ‘ esigenza pubblicistica del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale -della tempestività dell ‘ esercizio del diritto di impugnazione, a nulla valendo la non contestazione dell ‘ osservanza del termine breve da parte del controricorrente, ovvero il mero reperimento di tale copia nel fascicolo d ‘ ufficio, da cui emerga, in ipotesi, la tempestività dell ‘ impugnazione ( ex plurimis , Cass. 12 febbraio 2020, n. 3466; Cass. 22 luglio 2019, n. 19695; Cass. 16 maggio 2016, n. 9987).
Si deve quindi ribadire il principio secondo cui la dichiarazione di avvenuta notificazione della sentenza impugnata, contenuta nel ricorso per cassazione, costituisce l ‘attestazione di un ‘fatto processuale’ -l ‘ avvenuta notificazione della sentenza – idoneo a far decorrere il termine ‘breve’ di impugnazione e, in quanto manifestazione della ‘autoresponsabilità’ della parte, la impegna a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere, in capo ad essa, ai sensi dell ‘ art. 369 cod. proc. civ., l ‘ onere di depositare, nel termine ivi previsto, copia della sentenza munita della relata di notifica ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo pec , senza possibilità di recupero della omissione mediante la produzione a tempo indeterminato con lo strumento di cui all ‘ art. 372 cod. proc. civ. (Cass., Sez. Un., n. 21349/2022 cit.; nel medesimo senso già Cass. 7 giugno 2021, n. 15832; Cass. 19 gennaio 2018, n. 1295).
10. È stato anche di recente precisato che la sanzione della improcedibilità del ricorso ex art. 369, comma 2, n. 2 cod. proc. civ. non
contrasta con gli artt. 24 e 111 Cost. e 6 CEDU, trattandosi di un adempimento preliminare, tutt ‘ altro che oneroso e complesso, che non mette in discussione il diritto alla difesa ed al giusto processo, essendo finalizzato a verificare, nell ‘ interesse pubblico, il passaggio in giudicato della decisione di merito ed a selezionare la procedura più adeguata alla definizione della controversia.
Da tanto consegue che il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, con condanna alle spese secondo soccombenza.
Non occorre dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali di cui all ‘ art. 13 comma 1quater d.P.R. n. 115 del 2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).
P.Q.M.
La Corte dichiara l ‘ improcedibilità del ricorso; condanna le Amministrazioni ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e spese generali al 15%.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio della Sezione Lavoro