Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15043 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15043 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 24794-2022 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
UNIVERSITA PER STRANIERI DI PERUGIA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 221/2022 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, del 13/07/2022 R.G.N. 194/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Risarcimento pubblico impiego
R.G.N. 24794/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 07/05/2025
CC
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME, collaboratore-esperto linguistico (CEL), chiedeva che fosse riconosciuto il suo diritto al risarcimento dei danni subiti a causa della condotta tenuta nel biennio 20142016 dall’Università per Stranieri di Perugia , concretizzatasi in reiterati comportamenti ostili ( id est , mutamento nelle modalità di fruizione del congedo straordinario ed irrogazione di sei provvedimenti disciplinari conservativi per la mancata compilazione del registro on -line, per ingiustificata assenza dal servizio e per mancata comunicazione agli studenti sia delle proprie assenze sia dell’aula di lezione) da cui gli era, a suo dire, derivato un danno alla salute con lesione dell’equilibrio fisiopsichico;
il Tribunale, nel rigettare la domanda, sottolineava che le tre sanzioni, rivelatesi illegittime, non potevano considerarsi espressione di una strategia persecutoria perché, in realtà, ciascuna di esse era occasionata da una condotta del lavoratore passibile di reazione disciplinare; inoltre, le condotte datoriali erano collocate temporalmente a notevole distanza di tempo l’una dall’altra , sicché non potevano ritenersi fonte di responsabilità contrattuale ex art. 2087 c.c.;
la C orte d’appello confermava la sentenza di primo grado sul presupposto che i pochi e non univoci elementi di fatto allegati dal lavoratore, volti a provare il comportamento illecito della Università, così come le carenze probatorie, non consentivano di ritenere sussistente in capo al datore di lavoro un comportamento complessivamente mobbizzante né una condotta di straining ;
contro
la sentenza propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi il lavoratore, cui non si oppone l’Università che resta intimata.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo si denuncia (art. 360 n. 5 c.p.c.) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione ad un fatto controverso, decisivo per il giudizio; si sostiene che la Corte di appello non avrebbe colto il fatto che le diverse modalità di fruizione del congedo gli avevano impedito di tenere i programmati corsi di insegnamento;
con il secondo mezzo si lamenta (art. 360 n. 5 c.p.c.) l’ omessa ammissione della prova testimoniale su un punto decisivo per il giudizio; secondo il ricorrente le prove orali articolate, e tuttavia ingiustamente non ammesse, miravano a provare proprio l’assenza di quella continuità didattica che dipendeva dalla diversa modalità di fruizione del congedo;
con il terzo, ed ultimo, mezzo si denuncia (art. 360 n. 3 c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 e 2043 c.c. nonché «mancato esame di questioni giuridiche sollevate con la domanda»; si sostiene che la Corte territoriale non aveva considerato che anche un solo comportamento scorretto può integrare gli estremi dell’ illecito civile, tanto più che, in tema di straining , è bastevole un’azione ostile purché provochi conseguenze durevoli e costanti sul piano lavorativo tanto da recare alla vit tima un senso di inferiorità rispetto all’aggressore;
il ricorso è improcedibile;
agli atti del presente giudizio non risulta tempestivamente depositata la relata di notificazione della sentenza impugnata, adempimento prescritto dall’art. 369, comma 2, c.p.c., a pena d’improcedibilità del ricorso; trova, pertanto, applicazione il principio secondo cui ‘il ricorso per cassazione è improcedibile qualora la parte ricorrente dichiari di avere ricevuto la notificazione della sentenza impugnata, depositando, nei ter mini indicati dall’art. 369, comma 1, c.p.c., copia autentica
della sentenza, priva però della relazione di notificazione e di tale documentazione non abbia effettuato la produzione neppure la parte controricorrente’ (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 18 marzo 2025, n. 7213; conf. Cass. Sez. 6-2, ord. 22 luglio 2019, n. 19695, Rv. 654987-01);
d’altra parte, nel caso di specie, neppure è ipotizzabile quella evenienza -nota come c.d. ‘prova di resistenza’ idonea a precludere la declaratoria di improcedibilità; evenienza da ritenere integrata allorché la notificazione del ricorso risulti essersi perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, giacché in questo caso il collegamento tra la data di pubblicazione della sentenza (indicata nel ricorso) e quella della notificazione del ricorso (emergente dalla relata di notificazione dello stesso) assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325, comma 2, cod. proc. civ. (cfr., in tal senso, Cass. Sez. 3, sent. 10 luglio 2013, n. 17066, Rv. 628539- 01; Cass. Sez. 6-3, ord. 22 settembre 2015, n. 18645, Rv. 636810-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 30 aprile 2019, n. 11386, Rv. 653711-01); nell’ipotesi che occupa, infatti, la notificazione del ricorso è avvenuta il 10 ottobre 2022 e, dunque, oltre sessanta giorni dal momento della pubblicazione della sentenza, indicata nel 28 luglio 2022;
né a precludere l’esito dell’improcedibilità può valere il rilievo che l’Università (rimasta intimata) non avrebbe eccepito il vizio, giacché, in disparte il rilievo che la notifica del ricorso per cassazione è stata eseguita all’Avvocatura distrettuale dello Stato -ed è, dunque, affetta da nullità -, il vizio ‘de quo’ risulta, comunque, rilevabile d’ufficio, oltre che non sanabile
dalla non contestazione da parte del controricorrente (Cass. Sez. Lav., sent. 12 febbraio 2020, n. 3466, Rv. 656775- 01);
6. segue pertanto la declaratoria di improcedibilità;
questa Corte, nella sua massima sede nomofilattica, ha chiarito, infatti, che la dichiarazione contenuta nel ricorso per cassazione di avvenuta notificazione della sentenza impugnata, ‘attesta un «fatto processuale» la notificazione della sentenza -idoneo a far decorrere il termine «breve» di impugnazione e, quale manifestazione di «autoresponsabilità» della parte, impegna quest’ultima a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere in capo ad essa l’onere di depositare, nel termine stabili to dall’art. 369 cod. proc. civ., copia della sentenza munita della relata di notifica (ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo PEC), senza che sia possibile recuperare alla relativa omissione mediante la successiva, e ormai tardiva, produzione ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ.’ (Cass. Sez. Un., sent. 6 luglio 2022, n. 21349, Rv. 665188-01);
7. non pare ozioso, infine, ribadire che ‘l’improcedibilità del ricorso ex art. 369, comma 2, n. 2), cod. proc. civ.’, conseguente al mancato tempestivo deposito della relata di notificazione della sentenza, in base a quanto affermato dalla Corte EDU nella sentenza del 23 maggio 2024, NOME e altri c. Italia, ‘non si pone in contrasto con l’art. 6 CEDU, poiché integra una sanzione adeguata rispetto al fine di assicurare il rapido svolgimento del procedimento dinanzi alla Corte di cassazione, che è preordinato alla verifica della corretta applicazione della legge ed interviene dopo la celebrazione di due gradi di giudizio deputati alla delibazione nel merito della pretesa, e non costituisce impedimento idoneo a
compromettere il diritto di accesso a un tribunale’ (Cass. Sez. 3, ord. 16 settembre 2024, n. 24724, Rv. 672216-01);
in conclusione, il ricorso va dichiarato improcedibile; non occorre provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, essendo l’Università rimasta intimata.
P. Q. M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della