Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27062 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27062 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/10/2024
Oggetto
Responsabilità civile generale -Danni da spoglio illecito Impugnazioni civili – Cassazione (ricorso per) – Deposito di atti – Sentenza notificata – Omessa produzione della relata di notifica – Conseguenze – Improcedibilità del ricorso
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2999/2023 R.G. proposto da COGNOME AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso da sé stesso (p.e.c. indicata: EMAIL), con domicilio eletto in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (p.e.c. indicata: EMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 1545/2022 depositata in data 16 settembre 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 settembre
2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 3015/2019 il Tribunale di Palermo, ritenuta la sussistenza dell’illecito denunciato dall’AVV_NOTAIO per essere stato spogliato della codetenzione dell’immobile, ove questi conviveva con la compagna NOME COGNOME, proprietaria dell’immobile, prima della rottura della relazione, condann ò quest’ultima al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti dal ricorrente.
In parziale riforma di tale decisione, la Corte d’appello di Palermo, con sentenza n. 1545/2022, resa pubblica il 16 settembre 2022, ritenuto che, in mancanza di prova del dedotto danno patrimoniale, poteva riconoscersi la sussistenza solo di un danno non patrimoniale, da liquidarsi equitativamente nella misura di Euro 2.000, determinata all’attualità, ha in tal senso statuito nel dispositivo e condannato il COGNOME « alla restituzione delle somme eventualmente pagate in eccedenza dall’appellante, in forza della sentenza di primo grado ».
Avverso tale decisione l’AVV_NOTAIO ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui ha resistito l’intimata depositando controricorso.
In data 27 gennaio 2024 il Consigliere delegato ha formulato proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., comunicata in data 13 marzo 2024 ai difensori delle parti, con pronuncia di improcedibilità, sulla base della seguente motivazione:
« Improcedibilità del ricorso per mancato deposito della relazione di notificazione della sentenza, il cui deposito è prescritto a pena di improcedibilità dall’art. 369 cpc (la circostanza della notifica del ricorso nei 60 giorni dalla data indicata come notifica della sentenza fa assumere rilevanza, alla dichiarazione di avvenuta notifica della sentenza, di attestazione dell’esistenza del termine breve per
l’impugnazione, indipendentemente dalla circostanza che, unitamente alla detta notifica, sia avvenuta anche la notifica del precetto) ».
In data 11 aprile 2024 l’AVV_NOTAIO, difeso da sé stesso, ha depositato istanza per la decisione del ricorso.
La trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ..
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Insieme con la menzionata istanza ex art. 380bis , comma secondo, cod. proc. civ. ed a supporto della stessa, parte ricorrente ha prodotto, « a i fini della prova della … tempestività del ricorso e ciò soprattutto per il diritto di difesa costituzionalmente tutelato dall’art. 24 Cost. ed allo stesso tempo la garanzia della certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia (Sentenza CEDU 28 ottobre 2021, Succi e altri c/ Italia) … » (così testualmente nell’istanza):
« 1) Certificazione attestante la notificazione della sentenza da parte dell’AVV_NOTAIO avvenuta il 24/11/2022 come da estrazione della pec del ricorrente ‘RAGIONE_SOCIALE PEC’ dalla quale si evince mittente e destinatario;
Copia comparsa di risposta dell’AVV_NOTAIO nel giudizio definito dal Tribunale di Palermo RG 16078/2022 dalla quale si evince al punto 1.2) che il detto Avvocato affermava di aver notificato la sentenza qui gravata in data 24/11/2022 unitamente ad atto di precetto;
Atto di precetto notificato unitamente alla sentenza impugnata dal quale è dato evincersi che la sentenza della Corte d’Appello n. 1545/2022 è stata notificata in uno a questo come da certificazione pec di cui al punto 1);
Sentenza n. 5143 di cui al RG 16078/2022 del Tribunale di Palermo a seguito di opposizione ex art. 615 c.p.c. spiegata dall’odierno istante nei confronti dell’intimante l’atto di precetto
fondato sulla sentenza n.1545/2022 della Corte d’Appello di Palermo dalla quale è dato evincersi a pag. 2 ultimo periodo ‘Deduceva, al riguardo, (la convenuta) che il 24.11.2022 aveva notificato un precetto in forza della sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 1545/2022 … ».
Ritiene il Collegio che, in piena conformità della proposta di definizione anticipata, i cui fondamenti fattuali e giuridici non sono scalfiti dalle argomentazioni svolte nella su riferita istanza, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile, a causa del mancato deposito, da parte della ricorrente, unitamente a copia autentica della sentenza impugnata, della relata della notificazione (che si afferma, in ricorso, essere stata effettuata in data 24 novembre 2022), in violazione dell’art. 369, comma secondo, num. 2, cod. proc. civ..
Il Collegio ha proceduto alla verifica degli atti depositati unitamente al ricorso (o, comunque, nei venti giorni successivi all’ultima notificazione dello stesso) , ma vi ha rinvenuto solo, per l’appunto, la copia della sentenza impugnata con attestazione di conformità alla copia estratta dal fascicolo informatico, ma non anche alcuna relata della notifica.
Ancora in punto di fatto va rimarcato che la notifica del ricorso è stata effettuata a mezzo p.e.c. in data 23 gennaio 2023, oltre sessanta giorni dopo la data di pubblicazione della sentenza (16 settembre 2022).
I n tale contesto va dichiarata l’improcedibilità del ricorso per le ragioni qui di seguito esposte.
4.1. Secondo il tradizionale orientamento di questa Corte, « la previsione – di cui all’art. 369 c.p.c., comma secondo, n. 2, dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al comma 1 della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione – a tutela
dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve. Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto dell’art. 372 c.p.c., comma 2, applicabile estensivamente, purché entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1, e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell’impugnazione » (Cass. Sez. U. n. 9005 del 16/04/2009; conff., ex multis, Cass. n. 11376 del 11/05/2010; Cass. n. 25070 del 10/12/2010; Cass. n. 1443 del 27/01/2015).
Con successiva sentenza le Sezioni Unite hanno temperato la portata del predetto principio, osservando che: « deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma secondo, n. 2, al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perché prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio » (Cass. Sez. U. n. 10648 del 2/05/2017).
È stato peraltro ulteriormente precisato che, in mancanza del
fascicolo di ufficio di cui pure risulti chiesta l’acquisizione, deve comunque dichiararsi l’improcedibilità, posto che l’art. 369, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ., prevede tale sanzione per l’omesso deposito in parola ad opera della parte, senza che possano dilatarsi irragionevolmente i tempi processuali per una carenza comunque imputabile alla stessa, e anche atteso che non è previsto, al di fuori di ipotesi eccezionali, qui non dedotte, che nel fascicolo d’ufficio debba inserirsi copia della relata di notifica, trattandosi di attività che non avviene su iniziativa dell’ufficio e che interviene in un momento successivo alla definizione del giudizio (Cass. 31/05/2018, n. 13751; 15/09/2017, n. 21386).
Da ultimo, sul punto, sono intervenute nuovamente le Sezioni Unite, chiarendo che « nel giudizio di cassazione, è esclusa la dichiarazione di improcedibilità ex art. 369, comma 2, n. 2), c.p.c., quando l’impugnazione sia proposta contro una sentenza notificata, di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica (o le copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notifica a mezzo p.e.c.), ove tale documentazione risulti comunque nella disponibilità del giudice, per essere stata prodotta dal controricorrente nel termine di cui all’art. 370, comma 3, c.p.c., ovvero acquisita – nei casi in cui la legge dispone che la cancelleria provveda alla comunicazione o alla notificazione del provvedimento impugnato (da cui decorre il termine breve per impugnare ex art. 325 c.p.c.) – mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio » (Cass. Sez. U. n. 21349 del 6/07/2022); con riferimento a tale ultima precisazione è appena il caso di rilevare che, nel caso in esame, trattandosi di giudizio di cognizione piena, la legge non dispone la comunicazione della sentenza da parte della cancelleria ai fini del decorso del termine breve per impugnare.
4.2. Alla luce di tali interventi il quadro di riferimento può così essere riassunto:
l’art. 369 c.p.c. non consente di distinguere tra deposito della sentenza impugnata e deposito della relazione di notificazione, con la conseguenza che anche la mancanza di uno solo dei due documenti determina l’improcedibilità del ricorso;
l’improcedibilità può essere evitata se il deposito del documento mancante avviene in un momento successivo, purché entro il termine di venti giorni dalla notifica del ricorso per cassazione (art. 369, comma primo, cod. proc. civ.);
l’improcedibilità non può invece essere evitata allorquando il deposito avvenga oltre detto termine, in quanto consentire il recupero dell’omissione mediante la produzione a tempo indeterminato con lo strumento dell’art. 372 c.p.c. vanificherebbe il senso del duplice adempimento del meccanismo processuale;
la sanzione della improcedibilità non è applicabile quando il documento mancante sia nella disponibilità del giudice perché prodotto dalla controparte o perché presente nel fascicolo d’ufficio acquisito su istanza della parte (ciò però nel solo caso, nella specie come detto non ricorrente, in cui la legge dispone che la cancelleria provveda alla comunicazione o alla notificazione del provvedimento impugnato prevedendo che da tale adempimento decorra il termine breve per impugnare ex art. 325 c.p.c.: Cass. Sez. U. n. 21349 del 2022, cit.);
l’improcedibilità non sussiste quando il ricorso per cassazione risulta notificato prima della scadenza dei sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza e quindi nel rispetto del termine breve per l’impugnazione, perché in tal caso perde rilievo la data della notifica del provvedimento impugnato (Cass. n. 17066 del 10/07/2013).
4.3. Tale indirizzo non è in contrasto, ma anzi è confermato dalle due note pronunce delle Sezioni Unite in materia, rispettivamente, di ricorso per cassazione notificato a mezzo posta elettronica certificata
(p.e.c.) e depositato in copia analogica non autenticata dal difensore di parte ricorrente (Cass. Sez. U. n. 22438 del 24/09/2018) e di notifica della sentenza impugnata in formato digitale e deposito della copia notificata da parte del ricorrente senza attestazione di conformità all’originale (Cass. Sez. U. n. 8312 del 25/03/2019).
Invero, dette sentenze hanno chiaramente ribadito la validità del tradizionale orientamento della RAGIONE_SOCIALE.C., operando unicamente un temperamento della rigorosità dello stesso nel caso di ricorso o di sentenza impugnata notificati a mezzo p.e.c. e depositati in copia cartacea con la relata di notificazione, mancante, tuttavia, di asseverazione di conformità all’originale digitale.
In tali ipotesi, infatti, le Sezioni Unite hanno attribuito rilievo alla mancata contestazione di controparte, giustificando tale scelta in ragione del fatto che il controricorrente, rispettivamente: a) è il destinatario della notificazione dell’unico originale formato digitalmente (atto notificato come documento informatico nativo digitale), sicché è perfettamente in grado di verificare la conformità del ricorso depositato a quello in suo possesso.; b) è il soggetto che ha effettuato la notifica in forma digitale della sentenza impugnata, sicché è perfettamente in grado di verificare l’effettività della data di notificazione della sentenza impugnata depositata in copia non autentica.
È dunque evidente che, in entrambi i casi, ciò che viene sanato dalla non contestazione della parte controricorrente è la mancata attestazione di conformità della copia notificata del ricorso o della sentenza impugnata depositata dal ricorrente; e ciò rispetto ad atti che risultano in ogni caso depositati in giudizio, sebbene privi dell’attestazione di conformità, e che la parte controricorrente ha ricevuto in originale (ricorso) o ha provveduto a notificare telematicamente (sentenza impugnata).
Nella specie, però, giova ribadire, quel che non risulta depositata
nei termini, neppure in via telematica, non è l’attestazione di conformità ma proprio la relata di notifica.
Dall’esame del fascicolo di causa, come detto, si evince che il ricorrente non ha depositato tale relata, nel termine previsto dalla legge (venti giorni dalla notificazione del ricorso ai sensi dell’art. 369, primo comma, c.p.c.).
La sentenza notificata, ossia corredata dalla relata, non risulta nemmeno indicata tra gli allegati depositati unitamente al ricorso.
Né la relata è stata prodotta dalla controricorrente.
Inoltre, come s’è già detto, il ricorso è stato notificato a mezzo p.e.c. solo il 23 gennaio 2024, sicché a quella data era già decorso il termine breve di impugnazione (sessanta giorni) dalla data di deposito della sentenza impugnata (avvenuto il 16 settembre 2022) e non può pertanto invocarsi, come detto, la c.d. prova di resistenza (v. Cass. 10/07/2013, n. 17066).
4.4. L’orientamento giurisprudenziale cui l’esposta ricostruzione si conforma è stato ritenuto dalla Corte EDU non integrare violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo con la sentenza 23/05/2024, RAGIONE_SOCIALE and RAGIONE_SOCIALE c. Italia, ric. n. 37943/17.
Con tale pronuncia la Corte di Strasburgo ha, infatti, escluso essere incorso in tale violazione lo Stato italiano per avere la S.C. dichiarato improcedibile, con ordinanza n. 24481 del 2016, il ricorso per cassazione in un caso in cui, analogamente a quanto accade nella specie, la parte ricorrente non aveva ottemperato all’obbligo, imposto dall’art. 369, secondo comma, n. 2 c.p.c., di depositare insieme al ricorso nella cancelleria della Corte copia notificata della sentenza impugnata con la relazione di notificazione, che si affermava essere avvenuta.
Giova rimarcare al riguardo che in detta occasione la Corte EDU, premesso che nel caso sottoposto al suo esame (come nel presente)
la relata di notifica non era presente nel fascicolo trasmesso dalla cancelleria del giudice a quo , né era stata depositata dalla controparte, ha evidenziato che (v. §§ 82-84):
─ l’inosservanza da parte dei ricorrenti dell’articolo 369 del Codice di procedura civile ha impedito alla Corte di cassazione di valutare se i termini per proporre ricorso fossero stati rispettati nella fase iniziale del procedimento;
─ non era condivisibile l’argomento dei ricorrenti secondo cui essi avrebbero dovuto poter rimediare al loro errore procedurale depositando l’avviso di notificazione in una fase successiva ;
─ l’accoglimento delle conclusioni tardive avrebbe vanificato l’obiettivo di garantire il rapido svolgimento del procedimento e impedito alla Corte di cassazione di pronunciarsi sull’ammissibilità del ricorso senza richiedere ulteriori adempimenti e senza ritardo;
─ il provvedimento impugnato era quindi adeguato a raggiungere lo scopo legittimo perseguito;
─ q uanto alla gravità delle conseguenze per il diritto di accesso ad un tribunale dei ricorrenti, data la natura speciale del ruolo della Corte di cassazione, che si limita a controllare se la legge è stata correttamente applicata, poteva accettarsi che la procedura seguita dalla Corte di cassazione fosse più formale, soprattutto in procedimenti come quello del caso di specie, in cui i ricorrenti erano rappresentati da un avvocato specializzato membro dell’ordine delle corti superiori;
─ non si può quindi affermare che la decisione della Corte di cassazione costituisca un ostacolo sproporzionato che pregiudichi l’essenza stessa del diritto dei ricorrenti di accesso ad un tribunale garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione o abbia oltrepassato il margine nazionale di apprezzamento.
Alla luce dei principi sopra esposti si appalesa evidente l’inconferenza della produzione offerta in allegato alla istanza di
decisione.
5.1. Deve anzitutto rilevarsi che, quand’anche fosse idonea a colmare la lacuna rilevata, si tratterebbe di produzione tardiva, dovendo ribadirsi che « la produzione del documento digitale originale contenente la relazione di notificazione della sentenza impugnata, effettuata solo successivamente alla comunicazione della proposta di definizione anticipata nelle forme previste dall’art. 372, co. 2, c.p.c., è evidentemente tardiva perché eseguita solo dopo la scadenza dei termini per la costituzione dei controricorrenti, la chiusura della fase introduttiva del giudizio di legittimità e l’opinamento della Corte circa le modalità di definizione del giudizio » (così, da ultimo, Cass. 15/07/2024, n. 19475).
5.2. In ogni caso, tale idoneità non potrebbe comunque riconoscersi a nessuno dei documenti prodotti, non potendosi essi considerarsi equipollenti alla relata di notifica la cui produzione è richiesta ai sensi dell’art. 369, num. 2, c.p.c..
Ed invero:
─ i l documento allegato sub 1 non è la relata di notifica della sentenza e non è nemmeno il messaggio p.e.c. che l’avrebbe dovuta avere come allegato insieme con la copia della sentenza, ma è la stampa in PDF di un riepilogo estratto dal gestore RAGIONE_SOCIALE il quale evidenzia i seguenti metadati: « Tipo messaggio: postacertificata Data e ora: 24/11/2022 10:35:19 Mittente: EMAIL Destinatario/i PEC: EMAIL Oggetto: NOTIFICAZIONE AI SENSI DELLA L. 53/1994 Identificativo messaggio: opec2114.20221124103519.35229.EMAIL ID Messaggio originale:
5267a81e0858d57bb4be314eda0ea626EMAIL Gestore: RAGIONE_SOCIALE Dimensione: 4.599.862 »; si tratta con ogni evidenza di indicazioni che non consentono di appurare quale
documento sia stato ricevuto con la p.e.c. di cui sono indicati gli estremi e del resto non si comprende, né viene detto, per quale motivo la parte abbia preferito produrre tale estratto e non invece una copia del messaggio p.e.c. ricevuto;
─ gli altri documenti dimostrano (al più) che anche il procuratore della controparte abbia, in altra sede processuale, affermato di aver notificato la sentenza unitamente all’atto di precetto, ma tali affermazioni per pacifico orientamento non possono essere considerati equipollenti alla produzione della relata richiesta ex art. 369 cod. proc. civ., essendo questa funzionale alla diretta verifica che alla Corte di cassazione deve essere consentita di un fatto processuale di rilevanza pubblicistica come tale sottratto alla disponibilità delle parti (v. ex plurimis , Cass. Sez. U. n. 9004 del 2009; Id. n. n. 21349 del 2022; Cass. 3466 del 2020, n. 9987 del 2016).
Il ricorso deve dunque essere dichiarato improcedibile, con la conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali, in favore della controricorrente, liquidate come da dispositivo.
Essendo stato definito il giudizio in conformità della proposta, si applicano il terzo ed il quarto comma dell’art. 96 c.p.c.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Dichiara improcedibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente
giudizio, liquidate in Euro 2.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, nonché al pagamento della somma di Euro 1.000,00 ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c..
Condanna il ricorrente al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 500,00.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P .R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza