Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9805 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9805 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al R.G.N. 36841-2019 proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME , elettivamente domiciliati in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME, giusta procura speciale in atti;
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME ;
– intimati – avverso la sentenza n. 660/2019 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 19/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/03/2023 dal Consigliere AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato il 16/07/2013, NOME COGNOME e NOME COGNOME, nella loro rispettiva qualità di proprietaria e di titolare del diritto di abitazione su un immobile sito in Messina, INDIRIZZO, con connesso diritto di servitù per lo smaltimento delle acque piovane, dopo aver richiesto ed ottenuto un accertamento tecnico preventivo sulle opere e impianti realizzati dai convenuti nel fondo di loro proprietà, convenivano avanti il Tribunale di Messina NOME COGNOME e NOME COGNOME, proprietari del terreno contiguo al loro fabbricato, chiedendo che i predetti fossero condannati a demolire la rampa carrabile eseguita in violazione delle distanze legali, con creazione di illegittime servitù, ad eliminare ogni opera e tubazione di convogliamento di acque bianche nel cunettone in cui essi NOME avevano diritto di scarico e a rimediare alle otturazioni dei fori presenti nel loro muro, nonchè a manutenere il cunettone medesimo.
Con ordinanza n. 28/2017 il Tribunale, nella dichiarata contumacia di NOME COGNOME, rigettata l’eccezione di difetto di legittimazione attiva di NOME COGNOME avanzata da NOME COGNOME all’atto della sua costituzione in giudizio, ordinava la demolizione della rampa perché realizzata a distanza di meno di tre metri dall’edificio dei ricorrenti, ritenendo così assorbita la questione della veduta esercitabile della stessa struttura e condannava parte resistente all’esecuzione delle altre opere individuate dal nominato consulente.
NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano appello avverso tale pronuncia, chiedendo di essere autorizzati a portare la rampa in aderenza al fabbricato dei COGNOME o in subordine a demolirne la sola porzione posta a distanza inferiore ai tre metri, di riconoscere il loro diritto ad utilizzare la canaletta di scolo
Ric. 2019 n. 36841 sez. S2 – ud. 15-03-2023 -2-
revocando la condanna all’eliminazione dei tubi provenienti dal condominio adiacente e di affermare l’obbligo dei NOME a partecipare alle spese per la manutenzione pulizia della canaletta.
Si costituivano in giudizio gli appellati NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o di infondatezza del gravame.
Con sentenza n. 660/2019, la Corte di Appello di Messina, in parziale accoglimento dell’appello, in riforma della decisione appellata, condannava in solido NOME COGNOME e NOME COGNOME a demolire la parte di rampa posta a distanza inferiore a metri tre dal fabbricato COGNOME ovvero a portare la costruzione in aderenza al fabbricato e, nel secondo caso, a collocare una pannellatura fino all’altezza di metri due dal piano di calpestio; revocava la condanna dei COGNOME all’esecuzione di quanto previsto al punto 3 n.3 del dispositivo dell’ordinanza gravata, fatta eccezione che per la ricostruzione delle parti di canaletta mancanti; revocava la condanna dei predetti COGNOME all’esecuzione di quanto previsto dal l’ordinanza gravata (punto 3 n. 4 del dispositivo) e dichiarava gli stessi obbligati in solido a partecipare al 50% delle spese di manutenzione e pulizia del cunettone eseguite dai COGNOME.
Avverso tale decisione NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi.
COGNOME NOME e COGNOME NOME sono rimasti intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Ritiene il Collegio, in via preliminare ed assorbente rispetto ad ogni altra questione, che nel caso in esame
sussistono le condizioni per pervenire immediatamente alla declaratoria di improcedibilità del ricorso.
Dispone l’art. 369 comma 2 n. 2 c .p.c. che insieme con il ricorso deve essere depositata, sempre a pena di improcedibilità, la copia autentica della sentenza ‘ con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta …’. Detto deposito deve avvenire nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, come previsto dal comma 1 dello stesso articolo.
La formulazione della norma processuale è chiara nel senso di richiedere, a pena di improcedibilità, il deposito materiale dell’atto unitamente al ricorso. Ebbene, nel caso di specie la parte ricorrente dà atto della avvenuta notifica della sentenza impugnata in data 2.10.2019 (v. pag. 1 ricorso), ma nell’incarto processuale non si rinviene la relazione di notificazione della sentenza (in calce alla pronuncia, infatti, è presente solo l’attestazione di conformità al provvedimento contenuto nel fascicolo informatico).
È vero che le Sezioni Unite hanno affermato la procedibilità del ricorso per cassazione quando la copia notificata della sentenza impugnata, non prodotta dal ricorrente, che pur abbia dichiarato l’esistenza di tale evento, sia stata depositata da un’altra parte nel giudizio di l egittimità o comunque sia presente nel fascicolo di ufficio (Cass. S.U. n. 10648/2017), ma nel caso di specie si è fuori anche da tali ipotesi, come verificato dal Collegio e attestato anche dalla Cancelleria con apposita dichiarazio ne ‘ consultati gli atti del fascicolo del ricorrente e del controricorrente ‘. Né soccorre la pronuncia delle Sezioni Unite n. 8312/2019 sulle conseguenze della mancanza delle prescritte attestazioni di conformità, ipotesi ben diversa da quella in esame, in cui ciò che manca è proprio il deposito – che deve essere tempestivo – della copia della relazione di notificazione
della sentenza e dei relativi messaggi via PEC in caso di notificazione per via telematica (v. pag. 42 par. 2 S.U. cit.), come risulterebbe, stando alle dichiarazioni del ricorrente (v. sempre pag. 1 del ricorso (‘ notificata il 2.10.201 ‘ – all. 1).
Né, infine, soccorre parte ricorrente il principio (cfr. Sez. 6 3, Ordinanza n. 11386 del 30/04/2019; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 17066 del 10/07/2013) che esenta dalle formalità di deposito della copia notificata nel solo caso di intervallo, tra pubblicazione della sentenza e notifica del ricorso, inferiore al termine breve, visto che tale intervallo è, nella specie, maggiore (sentenza di appello pubblicata il 19.09.2019 e ricorso notificato il 29.11.2019).
La sanzione dell’improcedibilità è quindi inevitabile ai sensi dell’art. 369 c .p.c. (cfr. tra le varie, Sez. L -, Sentenza n. 3466 del 12/02/2020; Sez. 1 -, Ordinanza n. 14360 del 25/05/2021; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 19695 del 22/07/2019).
Non vi è ragione di decidere sulle spese, essendo COGNOME NOME e COGNOME NOME rimasti intimati.
Sussistono le condizioni per il versamento dell’ulteriore contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione dichiara improcedibile il ricorso.
Sussistono a carico dei ricorrenti i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione