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Improcedibilità del ricorso: la copia autentica è onere

La Corte di Cassazione dichiara l’improcedibilità del ricorso avverso una sentenza di fallimento. La causa principale è il mancato deposito, da parte della società ricorrente, della copia autentica e integrale del provvedimento impugnato, un onere processuale fondamentale previsto dall’art. 369 c.p.c. La Corte sottolinea che tale obbligo non è venuto meno neanche con la Riforma Cartabia e la sua violazione determina la sanzione dell’improcedibilità, a prescindere da contestazioni della controparte. Inoltre, la ricorrente è stata condannata per responsabilità aggravata per abuso del processo.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Improcedibilità del ricorso: quando un errore formale costa caro

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del processo civile: il rispetto degli oneri formali è essenziale per poter accedere alla giustizia. In questo caso, il mancato deposito della copia autentica della sentenza impugnata ha portato a una declaratoria di improcedibilità del ricorso, con pesanti conseguenze economiche per la parte ricorrente. Questa decisione sottolinea come, anche dopo la Riforma Cartabia, alcuni adempimenti non possano essere trascurati.

I Fatti di Causa

Una società, dichiarata fallita dal Tribunale a seguito di un reclamo accolto dalla Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso per cassazione avverso la sentenza che confermava lo stato di fallimento. La società creditrice, che aveva dato il via alla procedura, si costituiva in giudizio con un controricorso, resistendo alle pretese della società fallita. Il Procuratore della Repubblica e la curatela fallimentare, invece, non svolgevano attività difensiva.

Il caso arriva in Cassazione, dove viene preliminarmente formulata una proposta di definizione accelerata del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., evidenziando fin da subito la probabile improcedibilità del ricorso. Nonostante ciò, la società ricorrente insisteva per la decisione nel merito.

L’importanza della copia autentica e l’improcedibilità del ricorso

La Corte di Cassazione, conformemente alla proposta preliminare, ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso. Il punto centrale della decisione risiede nella violazione dell’art. 369, comma 2, n. 2 del codice di procedura civile.

Questa norma impone al ricorrente di depositare, a pena di improcedibilità, una copia autentica della sentenza o della decisione impugnata entro venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso alle controparti. Nel caso di specie, la società ricorrente non ha adempiuto a tale onere. Nonostante nel ricorso si facesse riferimento a un ‘doc. a sentenza’, tra i documenti telematici depositati non figurava la copia autentica del provvedimento della Corte d’Appello. Il sistema informatico del Ministero della Giustizia aveva persino generato un avviso automatico (‘warning’) segnalando la mancanza del documento, anomalia che non è mai stata sanata.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha ribadito che l’onere di depositare la copia autentica è un adempimento imprescindibile, finalizzato a garantire la certezza della conformità del documento impugnato all’originale. Questo requisito, definito dalla giurisprudenza come ‘non particolarmente complesso’, non ostacola il diritto di difesa ma assicura il corretto svolgimento del processo. I giudici hanno chiarito che la Riforma Cartabia (d.lgs. 149/2022) non ha modificato questa regola, che continua a prevedere la sanzione dell’improcedibilità per l’omissione.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che la mancata contestazione da parte della controparte (il controricorrente) non sana il vizio, poiché si tratta di un presupposto di procedibilità che il giudice deve verificare d’ufficio. Neanche il fatto che la controparte non avesse, a sua volta, depositato la copia poteva essere d’aiuto alla ricorrente. L’eccezione di tardività del ricorso, sollevata dalla controparte, è stata ritenuta assorbita dalla declaratoria di improcedibilità per il vizio preliminare.

Le Conclusioni: Abuso del Processo e Condanna

La decisione assume un’importanza ancora maggiore per le conseguenze economiche. Poiché la ricorrente ha insistito nel proseguire il giudizio nonostante la chiara proposta di definizione che ne evidenziava l’improcedibilità, la Corte ha ravvisato un’ipotesi di abuso del processo. Di conseguenza, applicando l’art. 96, commi 3 e 4, c.p.c., come richiamato dall’art. 380-bis, ha condannato la società ricorrente non solo al pagamento delle spese legali in favore della controparte (liquidate in € 10.200), ma anche al versamento di un’ulteriore somma di € 10.000 a titolo di responsabilità aggravata. A ciò si è aggiunta una sanzione di € 2.500 in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha così applicato il principio, stabilito dalle Sezioni Unite, secondo cui l’insistenza nel portare avanti un ricorso palesemente inammissibile o improcedibile, dopo la proposta di definizione, integra una presunzione di responsabilità aggravata, sanzionando l’abuso dello strumento processuale.

Cosa succede se non si deposita la copia autentica della sentenza quando si fa ricorso in Cassazione?
Il ricorso viene dichiarato improcedibile. Ciò significa che la Corte non entra nel merito della questione e il ricorso viene respinto per una violazione di una regola procedurale essenziale, come stabilito dall’art. 369 c.p.c.

La Riforma Cartabia ha eliminato l’obbligo di depositare la copia autentica del provvedimento impugnato?
No. L’ordinanza chiarisce che la Riforma Cartabia (d.lgs. 149/2022) non ha modificato questo specifico onere. Il mancato deposito della copia autentica continua a essere sanzionato con l’improcedibilità del ricorso.

Quali sono le conseguenze economiche per chi insiste con un ricorso palesemente improcedibile?
Oltre alla condanna al pagamento delle spese legali della controparte, la parte ricorrente può essere condannata per responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c. Questo comporta il pagamento di una somma aggiuntiva a titolo risarcitorio e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, configurando un abuso del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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