Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6918 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6918 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30520/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME NOME , digitalmente domiciliato presso l’indirizzo pec
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE CON UNICO SOCIO, in persona del rappresentante in atti indicato, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME NOME e dall ‘ avvocato COGNOME NOME, e digitalmente domiciliato per legge presso gli indirizzi pec EMAIL e
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n. 869/2021 depositata il 16/06/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2024 dal
Consigliere Dott. COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Nel 1991 COGNOME NOME conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Rossano, la RAGIONE_SOCIALE, al fine di sentire accertare la responsabilità della società convenuta per l’inquinamento delle falde acquifere e la contaminazione delle colture di sua proprietà in seguito alla fuoriuscita di carburante dalle cisterne della stazione di servizio RAGIONE_SOCIALE confinante con un suo fondo, ove era in corso di ultimazione un complesso edilizio destinato ad albergo ristorante; e, quindi, per sentire condannare detta società al risarcimento dei danni subiti. In particolare, per quanto qui rileva, la domanda del COGNOME, quale proprietario del complesso edilizio destinato ad albergo ristorante con terreno circostante adibito ad orto e giardino, era diretta ad ottenere il ristoro dei danni conseguenti all’evento di spargimento che aveva causato, da un lato, il deterioramento delle colture e degli impianti idrici dell’albergo e del ristorante e, dall’altro, aveva reso non utilizzabile l’acqua del pozzo.
Si costituiva la RAGIONE_SOCIALE, che confermava la fuoriuscita del carburante dalle cisterne avvenuta nel 1984, ma contestava l’esistenza dei lamentati danni.
La causa veniva istruita mediante prove documentali, orali e tecniche. In particolare, veniva anche acquisita la documentazione prodotta da parte attorea, indicativa di un progetto imprenditoriale volto alla creazione di una attività recettiva (atto di compravendita della attività per AVV_NOTAIO del 1974, licenza commerciale e rinnovo della medesima; fotografie della struttura, licenza di agibilità) e delle relative voci di danno subite (consulenza di parte dell’AVV_NOTAIO).
Il Tribunale di Rossano, con sentenza n 523/2006, accoglieva la domanda condannando la RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di Euro 50.000,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi, a titolo di risarcimento dei danni, in favore del COGNOME, nonché alla rifusione delle spese di lite.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE con unico socio, già RAGIONE_SOCIALE, proponeva gravame, chiedendo il rigetto della domanda risarcitoria proposta dall’appellato.
All’impugnazione resisteva il COGNOME, il quale proponeva, altresì, appello incidentale lamentando che il primo giudice avesse liquidato per difetto i danni.
La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n.31/2011:
-in accoglimento dell’appello principale ed in riforma dell’impugnata sentenza, rigettava la domanda risarcitoria proposta dal COGNOME,
dichiarava assorbito l’appello incidentale,
condannava, quindi, l’appellato alla restituzione, in favore della società appellante, delle somme già versate da quest’ultima, e compensava le spese dei due gradi di giudizio.
Avverso la sentenza di secondo grado, il COGNOME proponeva un primo ricorso per cassazione sulla base di due motivi, cui resisteva con controricorso la RAGIONE_SOCIALE con unico socio, che depositava memoria.
Questa Corte, con sentenza n. 16052/2015, in accoglimento del primo motivo del ricorso (assorbito il secondo), cassava la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviava, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione.
In motivazione, detta Corte – dopo aver dato atto che: a) nel caso di specie va applicato l’art. 2050 c.c.; b) la presunzione di colpa a carico del danneggiante, posta dall’art. 2050 c.c., presuppone il
previo accertamento dell’esistenza del nesso eziologico, la cui prova incombe al danneggiato, tra l’esercizio dell’attività e l’evento dannoso; restando, poi, a carico del danneggiante l’onere di provare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno; c) l’accertamento dell’esistenza del nesso eziologico tra l’esercizio dell’attività e l’evento dannoso rientra tra i poteri del giudice di merito ed è incensurabile in cassazione ove sufficientemente e logicamente motivato – ha ritenuto che nella specie l’esclusione della sussistenza di tale nesso non era adeguatamente motivata.
Successivamente il COGNOME riassumeva la causa davanti alla Corte d’appello di Catanzaro.
Si costituiva la RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello di Catanzaro, quale giudice di rinvio, con sentenza n. 1523/2016, in parziale riforma della sentenza n. 523/2006 emessa dal Tribunale di Rossano:
rigettava la domanda di risarcimento dei danni formulata dal COGNOME;
confermava nel resto la sentenza n. 523/2006 del Tribunale di Rossano;
condannava il COGNOME a restituire alla RAGIONE_SOCIALE le somme da quest’ultima versate in esecuzione della sentenza n 523/2006 emessa dal Tribunale di Rossano in data 24.7.2006, maggiorate degli interessi legali maturati dalla data del pagamento;
compensava le spese di tutti i gradi e di tutte le fasi del giudizio.
In sintesi, la corte territoriale, pronunciando in sede di rinvio, accoglieva nuovamente, seppur per ragioni diverse, il motivo d’appello con il quale RAGIONE_SOCIALE aveva censurato la sentenza di primo grado per avere ritenuto sussistenti i danni lamentati dell’attore. Invero – pur ritenendo accertata l’esistenza di un nesso causale tra l’inquinamento della falda acquifera sottostante il terreno di proprietà dell’attore e le
infiltrazioni di carburante – riteneva tuttavia insussistenti i danni lamentati in conseguenza di tale evento.
Avverso tale decisione il COGNOME, proponeva per la seconda volta ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Resisteva RAGIONE_SOCIALE con unico socio (già RAGIONE_SOCIALE), depositando controricorso e memoria.
Questa Corte con ordinanza n. 22824/2018 accoglieva il primo e il secondo motivo di ricorso; dichiarava assorbito il terzo; cassava la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinviando alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione, cui demandava di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Successivamente il COGNOME riassumeva la causa davanti alla Corte d’appello di Catanzaro, insistendo nel rigetto dell’appello a suo tempo proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, nonché nell’accoglimento del suo appello incidentale.
Si costituiva la RAGIONE_SOCIALE che a sua volta, preso atto della decisione della Corte regolatoria, insisteva nei propri motivi di appello e chiedeva il rigetto dell’appello incidentale, chiedendo in subordine, in caso di liquidazione di un danno a favore di controparte, la condanna della stessa a restituire le maggiori somme già incassate.
La Corte territoriale: dapprima, espletava consulenza tecnica d’ufficio, formulando al tecnico nominato il seguente quesito: ‘…esaminati gli atti, descriva le caratteristiche tecniche del pozzo semiartesiano; accerti la quantità di acqua potabile prelevabile dal pozzo e in che misura percentuale avrebbe presuntivamente soddisfatto il fabbisogno di acqua potabile per uso domestico e l’irrigazione del terreno destinato a giardino nel periodo 1984-2025; accerti l’eventuale differenza tra il valore del terreno prima dell’inquinamento e quello stimabile alla sua cessazione (2025) se possibile o , in alternativa, quello attuale; riferisca ogni altro elemento utile ai fini della decisione…’; poi, con sentenza n. 869/2021:
in accoglimento della domanda risarcitoria, condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di NOME COGNOME della somma di € 37.902,39; dava atto dell’avvenuto pagamento della somma di € 226.820,07 ed ordinava al COGNOME la restituzione in favore di RAGIONE_SOCIALE della somma di € 188.917,68, oltre interessi legali dal 15.2.2007;
compensava tra le parti le spese di lite per la metà e condannava l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore del COGNOME, con distrazione in favore del difensore ex art 93 cpc, della restante metà.
Avverso tale ultima sentenza n. 869/2021 emessa dalla corte territoriale quale giudice di rinvio, per la terza volta, ha proposto ricorso il COGNOME, articolando due motivi.
7.1. Con il primo motivo ha denunciato: <>.
Ha censurato la sentenza della corte territoriale nella parte in cui ha affermato che: a) <>; b) <>; c) la mancata quantificazione dei danni alle colture ed agli impianti idrici siccome, a dire con la sentenza impugnata <>; d) <>; e) <>
Ha sottolineato che, nel principio di diritto offerto in sede di rinvio, in alcuna considerazione si tenevano la potabilità dell’acqua (invece, assunta come elemento dirimente dal giudice del rinvio) ovvero l’effettivo utilizzo della risorsa a scopi (anche solo potenzialmente) imprenditoriali, mentre si faceva espresso riferimento a <>, che non erano stati utilizzati.
Ha indicato come espresso oggetto di doglianza (p. 43) il fatto che la corte territoriale è incorsa in macroscopico errore motivazionale ed in non corretta applicazione del principio di diritto indicato nella ordinanza di rimessione: <>.
7.2. Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato: <> nella parte in cui la corte territoriale, all’esito di una erronea e falsa applicazione delle norme regolatrici, quanto alle spese ha statuito che: <>.
Ha dedotto che lui non solo risultava già vittorioso nel merito in primo grado, ma, costretto dalla RAGIONE_SOCIALE ad un giudizio di secondo grado, aveva deciso di ivi ricorrere incidentalmente per sentire dichiarare che l’inquinamento della falda sottostante il terreno di proprietà derivasse dalle infiltrazioni dei carburanti fuoriusciti dalle cisterne della RAGIONE_SOCIALE e conseguentemente condannare al risarcimento dei tutti subiti e subendi. Sebbene in tale secondo grado di giudizio, la sua legittima pretesa non aveva trovato accoglimento, questa Corte, cassando con rinvio, aveva restituito rilievo alla sua posizione ed aveva cristallizzato non solo la legittimità della sua pretesa risarcitoria ma anche il suo corretto comportamento processuale.
Ha indicato come espresso oggetto di doglianza il fatto che la corte territoriale ha posto nel nulla il suo lungo e travagliato impegno per ottenere la declaratoria di responsabilità dell’inquinamento (sempre ostinatamente negato da RAGIONE_SOCIALE) ed il risarcimento dei danni subiti dall’illecito posto in essere dalla RAGIONE_SOCIALE medesima.
Ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE.
Per l’odierna udienza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, mentre i Difensori di entrambe le parti hanno presentato memoria a sostegno delle rispettive ragioni. Il Difensore di parte resistente ha anche fatto presente che la corte di rinvio, nelle more del presente giudizio, ha respinto per due volte (con ordinanza del 14 aprile e del 20 dicembre 2023) la richiesta di
sospensione della esecuzione della sentenza qui impugnata ed ha chiesto, con la memoria, la liquidazione delle relative spese.
Il Collegio si è riservato il deposito della motivazione della decisione entro il termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
È impossibile eludere il rilievo dell’improcedibilità del ricorso.
Come è noto, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., <> deve essere depositata, a pena di improcedibilità, <>.
Orbene – premesso che il ricorso è stato iscritto telematicamente e che con la stessa modalità sono stati depositati dal ricorrente tutti gli allegati al ricorso e la successiva memoria illustrativa – copia autentica della sentenza n. 869/2021, emessa dalla corte territoriale quale giudice di rinvio, non è stata rinvenuta dal Collegio in nessuno dei documenti del fascicolo informatico del ricorrente, benché tutti questi siano stati direttamente, analiticamente e singolarmente verificati in camera di consiglio. Né la copia autentica della sentenza impugnata è stata depositata da parte resistente o è altrimenti in atti.
Si segnala inoltre che: a) il ricorrente a pag. 52 del ricorso afferma di depositare, unitamente al ricorso, come allegato 10), copia autentica della sentenza impugnata n. 869/2021, ma detto allegato 10) non si ritrova nel fascicolo informatico; b) i files, che nel fascicolo informatico risultano indicati come Id 26 e Id 27, non sono leggibili; c) nella nota di iscrizione a ruolo non è stata neppure indicata, come oggetto di deposito, la copia del provvedimento impugnato.
All’improcedibilità del ricorso principale consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle sole spese sostenute da parte resistente e la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. n. 4315/2020).
Non può essere invece esaminata la richiesta di liquidazione delle spese (articolata da parte resistente in sede di memoria) relative al rigetto (di cui alle ordinanze del 14 aprile e del 20 dicembre 2023 della corte territoriale) della richiesta di sospensione della esecuzione (articolata dall’odierno ricorrente) della sentenza impugnata.
Invero, è jus receptum nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 24201/2018) che: <>.
In applicazione del suddetto principio, la richiesta deve essere dichiarata inammissibile, in quanto parte resistente non soltanto non ha provato, ma non ha neppure dedotto la previa notifica a controparte dell’atto, con il quale la richiesta è stata articolata, nonché della produzione della relativa documentazione.
P. Q. M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle sole spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 3.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo
di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2024, nella camera di consiglio