Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20378 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20378 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2860/2020 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n.2555/2019 depositata il 24.10.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5.6.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 504/2012, il Tribunale di Livorno accoglieva, tra le altre proposte, la domanda attorea di COGNOME NOME, volta ad ottenere la restituzione delle somme pagate in eccedenza rispetto ai lavori effettivamente eseguiti dall’impresa appaltatrice, la NOME RAGIONE_SOCIALE Vincenzo RAGIONE_SOCIALE con riferimento al contratto di appalto avente ad oggetto la ristrutturazione di una villetta di proprietà della medesima sita in Livorno, INDIRIZZO sulla base del calcolo dei lavori eseguiti sia dalla direzione lavori che dal consulente tecnico di parte, ing. NOME COGNOME condannando così l’impresa appaltatrice convenuta alla restituzione della somma di € 25.579,79 oltre interessi dalla domanda e rivalutazione monetaria.
La sentenza di primo grado accoglieva, altresì, la domanda di risoluzione del contratto di appalto per inadempimento imputabile all’appaltatrice, risultando ingiustificata l’interruzione dei lavori da parte dall’impresa nel giugno del 2004 nonostante le richieste di ripresa da parte della committenza, ma non riconosceva a favore della COGNOME alcun danno per vizi e difetti dell’opera appaltata, e neppure per il ritardo dell’impresa nell’esecuzione dei lavori, non
essendo stata data prova dello stesso e non essendo stata prevista contrattualmente una penale, respingendo altresì la domanda della COGNOME di condanna al risarcimento danni della RAGIONE_SOCIALE in persona degli architetti COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME responsabile del progetto e della direzione lavori, che a sua volta aveva chiamato in causa in garanzia la RAGIONE_SOCIALE, poi RAGIONE_SOCIALE
Avverso tale sentenza proponeva appello in via principale la NOME RAGIONE_SOCIALE ed in via incidentale COGNOME NOME, e resistevano le altre parti.
Con la sentenza n. 2555/2019 del 23.7/24.10.2019, indicata come notificata in data 8.11.2019, la Corte d’Appello di Firenze accoglieva parzialmente l’appello principale e, per l’effetto, condannava la Lico Ing. NOME RAGIONE_SOCIALE alla restituzione del corrispettivo di appalto percepito in eccesso in favore di COGNOME NOME, rideterminato nella minor somma di € 13.261,79, oltre interessi dalla domanda, e rigettava per il resto l’appello principale e l’appello incidentale, confermando, per le statuizioni non emendate, la sentenza impugnata. La Corte distrettuale, inoltre, compensava per metà le spese processuali tra COGNOME NOME e l’appaltatrice, condannando quest’ultima a rimborsarle la residua metà, poneva a carico dell’appellante principale ed incidentale, in misura eguale, le spese di ATP e di CTU, e condannava la COGNOME al pagamento delle spese processuali di secondo grado in favore della RAGIONE_SOCIALE in persona degli architetti COGNOME NOME e COGNOME NOME e della RAGIONE_SOCIALE
Avverso questa sentenza, COGNOME NOME ha proposto ricorso a questa Corte il 7.1.2020, affidandosi a cinque motivi, e COGNOME NOME e COGNOME NOME, già titolari dello Studio RAGIONE_SOCIALE hanno proposto controricorso, mentre la COGNOME Ing.
RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE sono rimaste intimate.
In data 25.3.2025, la COGNOME ha depositato la copia notificata della sentenza impugnata.
Ritiene la Corte che il ricorso debba essere dichiarato improcedibile ex art. 369 comma 2 n. 2) c.p.c., in quanto la ricorrente non ha depositato entro venti giorni dall’ultima notificazione, effettuata il 7.1.2020, la copia della sentenza impugnata che nell’atto introduttivo ha dichiarato esserle stata notificata a mezzo pec l’8.11.2019, avendo in sede di iscrizione a ruolo depositato solo la copia della sentenza impugnata estratta dal registro informatico della Corte d’Appello di Firenze, come peraltro anche indicato in calce al ricorso (in cui si parla solo di deposito di copia conforme della sentenza impugnata, e non della copia della stessa notificatale), e non essendo stata depositata col controricorso la copia della sentenza impugnata notificata neppure dai controricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOME, mentre l’appaltatrice é rimasta intimata.
Il deposito della copia notificata della sentenza impugnata, avvenuto da parte della ricorrente in data 25.3.2025, é tardivo ed inammissibile rispetto al termine di decadenza previsto dall’art. 369 comma primo c.p.c., ed il termine di 60 giorni dalla pubblicazione della sentenza impugnata, avvenuta il 24.10.2019, sarebbe scaduto il 23.12.2019, mentre il ricorso a questa Corte é stato notificato solo in data 7.1.2020.
In effetti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, formatasi a partire dalla sentenza delle sezioni unite n. 9004 del 2009, il vizio -rilevabile d’ufficio non è sanato dalla non contestazione sull’osservanza del termine breve per l’impugnazione da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio da cui emerga in ipotesi la tempestività dell’impugnazione
(vedi in tal senso Cass. sez. lav. ord. 12.2.2020 n. 3466). Le sezioni unite di questa Corte sono nuovamente intervenute, con la sentenza n. 10648 del 2017, precisando che l’unico modo per sanare il difetto è il deposito della relazione di notificazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 372 c.p.c., ma entro il termine di cui dell’art. 369 comma 1, circostanza non verificatasi nella presente fattispecie.
Non può giovare nella specie neppure l’orientamento più recente meno restrittivo della Suprema Corte (Cass. sez. un. n.8312/2019; Cass. n.22438/2018), relativo alle ipotesi di notifica telematica della sentenza impugnata, nel cui contesto è stato valorizzato il comportamento processuale del controricorrente, onerandolo della contestazione della ritualità e della tempestività del ricorso avversario, mentre in assenza di contestazione l’improcedibilità del ricorso non potrebbe essere pronunciata.
La sentenza n. 8312/2019 delle sezioni unite di questa Corte ha, infatti, avuto modo di precisare, alla pag. 42, sub 2), che ai fini della procedibilità del ricorso, si palesa comunque necessario il tempestivo deposito della copia della relata della notificazione telematica della sentenza impugnata e del corrispondente messaggio PEC con annesse ricevute, ancorchè prive di attestazione di conformità del difensore oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, posto che solo in tal caso è dato al ricorrente provvedere al deposito sino all’udienza dell’attestazione di conformità del messaggi cartacei (cfr. Cass. ord. n.19695/2019), mentre nel caso di specie la copia della sentenza impugnata, depositata dalla ricorrente entro il termine dell’art. 369 comma primo c.p.c., era stata estratta dal registro informatico della Corte d’Appello di Firenze, ed era del tutto priva della relata di notifica e non solo dell’attestazione di conformità.
In base al principio della soccombenza la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità,
liquidate in dispositivo, in favore dei controricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOME, mentre nulla va disposto per le parti intimate.
Occorre dare atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002, per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, dichiara improcedibile il ricorso di COGNOME NOME e la condanna al pagamento in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese vive ed € 4.500,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Dà atto che sussistono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1quater D.P.R. n.115/2002 per imporre un ulteriore contributo unificato a carico della ricorrente, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5.6.2025