Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22205 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22205 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7128 R.G. anno 2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME
ricorrente
contro
COGNOME Michele , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 237/2023 depositata il 19 gennaio 2023 del 19 gennaio 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 luglio 2025 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. ─ NOME COGNOME ha convenuto in giudizio Poste Italiane s.p.a. deducendo di essere titolare di un buono postale fruttifero dell’importo di lire 2.000.000 appartenente alla serie «P» ed emesso il 26 aprile 1986; ha rilevato di aver ricevuto alla scadenza una somma inferiore a quella che le sarebbe spettata avendo riguardo ai tassi di interesse riportati a tergo del titolo. Ha quindi domandato che controparte fosse condannata al pagamento della somma di euro 3.999,70, pari alla differenza tra la somma liquidata e quella dovuta, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Poste Italiane si è costituita in giudizio e ha resistito alla domanda attrice.
Il Giudice di pace di Arienzo ha accolto la domanda e condannato la convenuta al pagamento della predetta somma di euro 3.999,70.
2 . ─ Poste Italiane ha proposto appello, cui ha resistito NOME COGNOME.
Con sentenza del 19 gennaio 2023 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha respinto il gravame. Muovendo dall’arresto di Cass. Sez. U. 15 giugno 2007, n. 13979, secondo cui nella disciplina dei buoni postali fruttiferi il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei titoli di volta in volta sottoscritti, il Giudice di appello ha ritenuto che qualsiasi variazione delle clausole contrattuali debba essere concordata tra le parti e comunque resa nota al risparmiatore: in conseguenza, secondo il Tribunale, a fronte di una unilaterale variazione dei tassi di interesse senza consenso e comunicazione in merito, si delinea una violazione degli obblighi contrattuali e devono essere applicati i tassi di interesse convenuti. Il Giudice sammaritano ha precisato che sul buono postale oggetto di causa non era stata indicata, né al momento della sua emissione, né successivamente, la possibilità di una variazione dei tassi di interesse e ha evidenziato che l’appellato non aveva mai sottoscritto una clausola che prevedesse l’eventualità di una tale variazione; inoltre,
allo stesso COGNOME non era stata mai comunicata la modifica delle condizioni di rimborso. Il Tribunale ha quindi precisato che la condotta tenuta da Poste Italiane era lesiva del principio dell’affidamento rilevando come la buona fede svolga una funzione integrativa dell’obbligazione assunta dal debitore quale limite all’esercizio delle corrispondenti pretese.
– Per la cassazione di tale pronuncia Poste Italiane ha spiegato un’impugnazione articolata su di un unico motivo cui resiste con controricorso NOME COGNOME. Vi sono memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-La ricorrente oppone la violazione e falsa applicazione dell’art. 173 d.P.R. n. 156/1973 e degli artt. 4, 5 e 6 d.m. 13 giugno 1986, oltre che dell’art. 1339 c.c.. In poche parole, Poste Italiane contesta il percorso motivazionale del Tribunale, incentrato sul valore che assumerebbe la letteralità del titolo nel quadro della regolamentazione dell’obbligazione avente ad oggetto i rendimenti dello stesso. L’istante assume non essere dirimente l ‘ap posizione del timbro recante le condizioni economiche, visto che il buono postale fruttifero e integrato ex art. 1339 c.c. dal decreto ministeriale ad esso applicabile.
-Il ricorso è improcedibile.
Parte ricorrente ha dichiarato, col ricorso, che la sentenza impugnata le era stata notificata il 26 gennaio 2023, ma non ha depositato la relata di notificazione, né tale deposito è stato effettuato dalla parte controricorrente.
La dichiarazione contenuta nel ricorso per cassazione di avvenuta notificazione della sentenza impugnata, attesta un «fatto processuale» – la notificazione della sentenza – idoneo a far decorrere il termine «breve» di impugnazione e, quale manifestazione di «autoresponsabilità» della parte, impegna quest’ultima a subire le conseguenze di quanto dichiarato, facendo sorgere in capo ad essa l’onere di depositare, nel termine stabilito dall’art. 369 c.p.c., copia
della sentenza munita della relata di notifica (ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo PEC), senza che sia possibile recuperare alla relativa omissione mediante la successiva, e ormai tardiva, produzione ai sensi dell’art. 372 c.c. (Cass. Sez. U. 6 luglio 2022, n. 21349). L’improcedibilità del ricorso è poi rilevabile anche d’ufficio, senza necessità di stimolare il contraddittorio, trattandosi di questione di rito relativa ai requisiti di procedibilità della domanda, salve le ipotesi -che qui non ricorrono -della produzione della notifica da parte del controricorrente, della legge che, anche implicitamente, ricolleghi la decorrenza del termine per impugnare al compimento di attività di comunicazione doverose della cancelleria di cui resti traccia nel fascicolo d’ufficio, e del perfezionamento della notificazione della sentenza, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla sua pubblicazione (Cass. 22 ottobre 2024, n. 27313).
3. – Le spese di giudizio seguono la soc combenza e vanno distratte.
P.Q.M.
La Corte
dichiara improcedibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore del difensore della parte controricorrente, antistatario, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del difensore di parte convenuta; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione