Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15766 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15766 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 25148-2021 proposto da:
NOMECOGNOME con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME ma domiciliato ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
CONFEDERAZIONE RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante ‘ pro tempore ‘ , domiciliata ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
INDEBITO ARRICCHIMENTO
Improcedibilità del ricorso
R.G.N. 25148/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 15/1/2025
Adunanza camerale
Avverso la sentenza n. 4719/21, de lla Corte d’appello di depositata in data 26/1/2021;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale 15/1/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Roma, del
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di sei motivi, per la cassazione della sentenza n. 4719/21, del 26 giugno 2021, della Corte d’appello di Roma, che respingendone il gravame avverso la sentenza n. 15156/18, del 20 luglio 2018, del Tribunale della stessa città -ha confermato la declaratoria di inammissibilità, per carenza di legittimazione attiva, del l’opposizione proposta dallo COGNOME avverso il provvedimento monitorio con il quale era stato ingiunto, all’API Foggia, il pagamento di € 46.880,00 in favore della Confapi-Confederazione Italiana della Piccola e Media Industria Privata (d’ora in poi, ‘RAGIONE_SOCIALE‘).
Riferisce, in punto di fatto, l’odiern o ricorrente che Confapi ebbe a conseguire il suddetto decreto ingiuntivo, sul presupposto del mancato pagamento, da parte dell’associazione non riconosciuta API Foggia, di quote associative -relative ad un preteso rapporto confederativo tra varie associazioni territoriali -per gli anni dal 2009 al 2015 (escluso il 2010).
Avendo ricevuto la notificazione del decreto ingiuntivo nell ‘indicata qualità -risultante dallo stesso ricorso monitorio -di presidente e legale rappresentante dell’associazione suddetta, lo COGNOME proponeva opposizione ai sensi dell’art. 645 cod. proc. civ., per contestarla, assumendo di essere stato, in passato, legale rappresentante di un diverso ente, ovvero d ell’ API di Capitanata di Foggia.
Costituitasi in giudizio l’opposta, il giudice di prime cure dichiarava inammissibile l’opposizione, per difetto di legittimazione dello COGNOME, richiamando il principio secondo cui l’iniziativa ex art. 645 cod. proc. civ. può essere assunta esclusivame nte dall’ingiunto, e non da altro soggetto, decisione, poi, confermata in appello, essendo stato rigettato il gravame dal già opponente.
Avverso la sentenza della Corte capitolina ha proposto ricorso per cassazione lo COGNOME sulla base -come detto -di sei motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -‘ errores in procedendo ‘ e ‘ in iudicando ‘, per violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost., in combinato disposto con l’art. 645 cod. proc. civ., per errata declaratoria di inammissibilità per difetto di legittimazione ad agire di esso COGNOME.
La sentenza è censurata, là dove reput a che ‘la pretesa di non essere legale rappresentante dell’associazione’ nei cui confronti era stato emesso il provvedimento monitorio -‘non genera l’interesse ad opporre l’ingiunzione da parte di un soggetto diverso dall’ingiunto, che resta estraneo alla pretesa’.
Si richiama, infatti, il ricorrente al principio secondo cui, quando ‘un decreto ingiuntivo sia notificato a soggetto diverso dal debitore effettivo, ma che potrebbe essere considerato debitore a causa delle ambigue indicazioni contenute nel ricorso, questo è legittimato a pr oporre opposizione avverso l’ingiunzione giacché, non essendo più possibile la successiva esatta identificazione del soggetto destinatario della pretesa, il decreto ingiuntivo acquisterebbe autorità di cosa giudicata e qualità di titolo esecutivo ove non opposto dall’ingiunto, con conseguente
incidenza pregiudizievole nella sfera giuridica sostanziale dell’intimato’ (Cass. Sez. 3, sent. 5 maggio 2011, n. 9911; Cass. Sez. 2, sent. 28 maggio 2015, n. 11040).
Tale evenienza sussisterebbe nel caso di specie, dal momento che Confapi -sia nel corpo del ricorso monitorio, sia nella notificazione del decreto ingiuntivo -indicava, erroneamente, esso COGNOME quale legale rappresentante di API Foggia, determinando un pregiudizio al quale il medesimo poteva reagire solo ricorrendo all’opposizione ex art. 645 cod. proc. civ.
Difatti, premesso che delle obbligazioni delle associazioni non riconosciute -a norma dell’art. 38 cod. civ. rispondono ‘anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione’, l’unico modo, per chi non sia rappresen tante dell’associazione, di esimersi da tale responsabilità, non potrebbe che essere l’opposizione al decreto ingiuntivo. E ciò perché inidonea a tale scopo sarebbe l’opposizione all’esecuzione che fosse intrapresa, in forza di un provvedimento monitorio che abbia acquisito -in virtù del mancato esperimento dell’iniziativa ex art. 645 cod. proc. civ. autorità di giudicato, dal momento che, in caso di esecuzione avviata sulla base di titoli giudiziari, l’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. può utilmente esperirsi solo per far valere fatti sopravvenuti.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, nn. 3) e 5), cod. proc. civ. -‘ errores in procedendo ‘ e ‘ in iudicando ‘, quanto alla carenza di legittimazione passiva di esso COGNOME, nonché violazione e falsa applicazione dei principi in merito alla corretta applicazione della legittimazione attiva e passiva, oltre che degli artt. 24 Cost. e 2697 cod. civ.
Si duole il ricorrente del fatto che la sentenza, nel confermare la declaratoria di inammissibilità dell’opposizione, ha erratamente
ritenuto assorbite le altre questioni che erano state oggetto di discussione tra le parti, tra le quali l’evidente difetto di legittimazione passiva di esso COGNOME in relazione alla pretesa azionata verso API Foggia.
3.3. Il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -‘ errores in procedendo ‘ e ‘ in iudicando ‘, per violazione o falsa applicazione dell’art. 145 cod. proc. civ., oltre a nullità/inesistenza della notificazione e inefficacia del decreto ingiuntivo.
In questo caso, il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver omesso di rilevare -come da egli denunciato con l’opposizione -la nullità/inesistenza della notificazione dell’opposto decreto ingiuntivo, giacché essa non avrebbe dovuto, in nessun caso compiersi, presso la sua residenza. E ciò perché egli non era più nemmeno il legale rappresentante di API Capitanata (presso la quale sarebbe stata domiciliata API Foggia), sicché ai sensi dell’art. 145 cod. proc. civ. la notifica avrebbe dovuto compiersi presso la sede legale o effettiva dell’associazione.
3.4. Il quarto motivo denuncia ‘in via di subordine’ ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -errore ‘ in iudicando ‘, per violazione o falsa applicazione dell’art. 633 cod. proc. civ., nonché ‘nullità per assenza di prova scritta’.
Si assume che il decreto ingiuntivo sarebbe stato adottato in carenza dei suoi presupposti, ovvero della prova scritta del presunto credito.
3.5. Il quinto motivo denuncia ‘in via ulteriormente gradata e subordinata’ ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -errore ‘ in iudicando ‘, per violazione o falsa applicazione degli artt.
1957 e 1944 cod. civ. in combinato disposto con l’art. 38 cod. civ., per intervenuta decadenza.
Si censura la sentenza impugnata per aver omesso di esaminare la questione relativa all’intervenuta decadenza semestrale, di cui all’art. 1957 cod. civ., essendo quella del rappresentante legale di un’associazione non riconosciuta una responsabilità -sancita dall’art. 38 cod. civ. assimilabile a quella del fideiussore.
3.6. Il sesto motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -errore ‘ in iudicando ‘, per violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e ss. cod. proc. civ., per illegittima condanna al pagamento delle competenze legali del doppio grado del giudizio.
Si assume che i giudici di primo e secondo grado, nel liquidare le spese di lite, hanno omesso di considerare che il processo era stato, tra l’altro, provocato dall’errata notifica del provvedimento monitorio ad esso COGNOME.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricors o, Confapi, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno presentato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
8. Il ricorso è improcedibile.
9.1. Agli atti del giudizio, a disposizione del Collegio al momento della decisione, non risulta presente la relata di notificazione della sentenza impugnata, il deposito della quale è invece prescritto dall’art. 369, comma 2, cod. proc. civ., a pena d’improcedibilità del ricorso stesso.
Trova, pertanto, applicazione il principio secondo cui ‘il ricorso per cassazione è improcedibile qualora la parte ricorrente dichiari di avere ricevuto la notificazione della sentenza impugnata, depositando, nei termini indicati dall’art. 369, comma 1, co d. proc. civ., copia autentica della sentenza, priva però della relazione di notificazione e di tale documentazione non abbia effettuato la produzione neppure la parte controricorrente (cfr., tra le altre, Cass. Sez. 6-2, ord. 22 luglio 2019, n. 19695, Rv. 654987-01).
Come detto, la ricorrente ha depositato la sentenza impugnata, ma non pure la relata di notificazione, al cui deposito non ha provveduto nemmeno la controricorrente: di essa, infatti, non vi è menzione nei documenti -indicati sub a), b), c) e d) -che Confapi dichiara di allegare al proprio controricorso, così come della stessa non vi è traccia nel fascicolo telematico consultabile dal Collegio.
D’altra parte, nel caso di specie neppure è ipotizzabile quella evenienza -nota come c.d. ‘prova di resistenza’ idonea a precludere la declaratoria di improcedibilità.
Evenienza, questa, da ritenere integrata allorché la notificazione del ricorso risulti essersi perfezionata, dal lato del ricorrente, entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza, giacché in questo caso il collegamento tra la data di
pubblicazione della sentenza (indicata nel ricorso) e quella della notificazione del ricorso (emergente dalla relata di notificazione dello stesso) assicura comunque lo scopo, cui tende la prescrizione normativa, di consentire al giudice dell’impugnazione, sin dal momento del deposito del ricorso, di accertarne la tempestività in relazione al termine di cui all’art. 325, comma 2, cod. proc. civ. (cfr., in tal senso, Cass. Sez. 3, sent. 10 luglio 2013, n. 17066, Rv. 628539-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 22 settembre 2015, n. 18645, Rv. 636810-01; Cass. Sez. 63, ord. 30 aprile 2019, n. 11386, Rv. 653711-01).
Nell’ipotesi che occupa, infatti, la notificazione del ricorso è avvenuta giovedì 30 settembre 2021 e, dunque, oltre sessanta giorni dal momento della pubblicazione della sentenza, risalendo essa al 30 giugno 2021.
Né a precludere l’esito dell’improcedibilità può valere il rilievo che la controricorrente nulla ha eccepito al riguardo, giacché il vizio ‘ de quo ‘ risulta, comunque, rilevabile d’ufficio, oltre che non sanabile dalla non contestazione da parte del controricorrente (per tutte: Cass. Sez. Lav., sent. 12 febbraio 2020, n. 3466, Rv. 656775-01), trattandosi di materia indisponibile, poiché di ordine pubblico processuale.
Infine, non pare ozioso ribadire che ‘l’improcedibilità del ricorso ex art. 369, comma 2, n. 2), cod. proc. civ.’, conseguente al mancato tempestivo deposito della relata di notificazione della sentenza, in base a quanto affermato dalla Corte EDU nella se ntenza del 23 maggio 2024, NOME e altri c. Italia, ‘non si pone in contrasto con l’art. 6 CEDU, poiché integra una sanzione adeguata rispetto al fine di assicurare il rapido svolgimento del procedimento dinanzi alla Corte di cassazione, che è preordinato alla verifica della corretta applicazione della legge ed interviene dopo la celebrazione di due gradi di giudizio deputati alla delibazione nel merito della pretesa, e non costituisce
impedimento idoneo a compromettere il diritto di accesso a un tribunale’ (Cass. Sez. 3, ord. 16 settembre 2024, n. 24724, Rv. 672216-01).
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
A carico del ricorrente, stante la declaratoria di improcedibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso, condannando NOME COGNOME a rifondere, a Confederazione Italiana della Piccola e Media Industria Privata-Confapi, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 5.5 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della