Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33353 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 33353 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12577/2019 R.G. proposto da:
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso la Delegazione Romana della Regione Puglia
-ricorrente-
contro
Cipriani Rosa
-intimata- avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 1979/2018 depositata il 29/10/2018.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza in data 03/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udita l’Avv. NOME COGNOME per la parte ricorrente.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Bari ha dichiarato improcedibile il gravame proposto dalla Regione Puglia avverso la sentenza di condanna
dell’amministrazione regionale al pagamento in favore di NOME COGNOME di una somma a titolo di trattamento di fine servizio.
Per quel che qui rileva, la Corte territoriale ha dichiarato d’ufficio l’improcedibilità per non essere comparso nessuno all’udienza di discussione e non risultare provata la notifica del ricorso in appello, non essendo consentito il rinvio della causa ex art. 348, secondo comma, cod. proc. civ., in dichiarata conformità a precedente di questa Corte.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione la Regione Puglia articolando due motivi, mentre la COGNOME è rimasta intimata.
Con ordinanza in data 12 luglio 2024 n. 19273 questa Corte ha rimesso la causa alla pubblica udienza per sollecitare il contraddittorio sulla necessità o meno di fissare una nuova udienza ex art. 348, secondo comma, cod. proc. civ., nel caso di mancata comparizione delle parti alla prima udienza, onde consentire all’appellante di provare l’avvenuta notifica del gravame per la prima udienza alla parte appellata non costituita.
Il Pubblico Ministero ha depositato memoria concludendo per l’accoglimento del ricorso .
La ricorrente ha depositato memoria.
La causa giunge in decisione all’esito della trattazione in pubblica udienza, nella quale sono intervenuti il difensore del ricorrente e il rappresentante del Pubblico Ministero, che, nel richiamare le conclusioni già rassegnate nella memoria depositata, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza, ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. in relazione all’errata interpretazione dell’art. 348, comma secondo, cod. proc. civ., sul rilievo che la Corte territoriale avrebbe dovuto fissare una nuova udienza a seguito della mancata comparizione dell’appellante alla prima udienza , precisandosi che, nella specie, l’atto d’appello era stato ritualmente notificato in tempo utile per l’udienza fissata ex art. 435 cod. proc. civ.
Con il secondo motivo si prospetta la medesima censura ma in termini di violazione e falsa applicazione dell’art. 348, secondo comma, cod. proc. civ., ai sensi del n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ., richiamando anche l’art. 291 cod. proc. civ., oltre agli artt. 2 e 111 Cost., 6 TUE e 6 CEDU.
Le censure, da valutare congiuntamente in quanto complessamente intese a denunciare l’erronea interpretazione seguita dalla Corte d’appello in ordine all’applicazione dell’art. 348, secondo comma, cod. proc. civ., sono fondate.
In prima analisi, giova chiarire che il primo comma dell’art. 348 cod. proc. civ. -secondo cui l’appello è dichiarato improcedibile, anche d’ufficio, se l’appellante non si costituisce nei termini è inapplicabile al rito previsto per le controversie di lavoro , considerato che l’appellante si costituisce in giudizio con il deposito del ricorso ai sensi dell’art. 434 cod. proc. civ. (fra molte, Cass. Sez. L, 19/03/2001, n. 3920), mentre la fase della vocatio in ius si pone in un momento successivo, con la notifica del ricorso e del decreto di fissazione di udienza ex art. 435 cod. proc. civ.
4.1. Viceversa, come evidenziato dal Pubblico Ministero, con riferimento al secondo comma dell’art. 348 cod. proc. civ. in virtù del quale se l’appellante non compare alla prima udienza , benché si sia anteriormente costituito, il collegio, con ordinanza non impugnabile, rinvia la causa ad una prossima udienza, della quale il cancelliere da comunicazione all’appellante -, questa Corte ha affermato anche di recente che la disciplina dell ‘ inattività delle parti dettata dal codice di procedura civile, con riguardo sia al giudizio di primo grado che a quello di appello, si applica anche alle controversie individuali di lavoro regolate dalla legge n. 533 del 1973, non ostandovi la specialità del rito da questa introdotto, né i principi cui essa si ispira; ne consegue che, ai sensi dell ‘ art. 348 cod. proc. civ., anche in tali controversie, la mancata comparizione dell ‘ appellante all ‘ udienza di cui all ‘ art. 437 cod. proc. civ. non consente la decisione della causa nel merito, ma impone la fissazione di nuova udienza, da comunicare nei modi previsti, nella quale il ripetersi di tale difetto di comparizione
comporta la dichiarazione di improcedibilità dell’appello (così Cass. Sez. L, 28/12/2021, n. 41733).
Tale principio, che si pone in continuità con un consolidato indirizzo espresso sul punto (fra molte, Cass Sez. 6-L, 12/02/2015, n. 2816; Cass. Sez. L, 04/03/2011, n. 5238; Cass. Sez. L, 05/05/2001, n. 6326; Cass. Sez. U, 25/05/1993, n. 5839), va qui ribadito, in tal modo superando l’opposta soluzione ermeneutica di cui è espressione il precedente seguito nella specie dalla Corte di merito, secondo cui nel rito del lavoro, in caso di mancata costituzione di entrambe le parti all ‘ udienza di discussione, il giudice di appello deve dichiarare d ‘ ufficio l ‘ improcedibilità -che non è nella disponibilità delle parti – senza poter rinviare la causa ad altra udienza, ai sensi dell ‘ art. 348, secondo comma, cod. proc. civ., poiché detto rinvio presuppone la regolare vocatio in ius e nelle ipotesi in cui l ‘ appellante non provi che la notifica del ricorso e del decreto di fissazione sia avvenuta, non è consentito al giudice assegnare un termine per la rinotifica, dovendosi tutelare l ‘ aspettativa della controparte al giudicato (Cass. Sez. L, 03/07/2018, n. 17368).
Infatti, nel richiamare la motivazione già adotta nei precedenti citati e qui condivisi, ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., si osserva, altresì, che l’appellante nel rito lavoro si costituisce con il deposito del ricorso (pertanto, anteriormente all’udienza) e che nessuna norma, neppure del rito speciale, impone la necessità di depositare la prova della notifica del ricorso prima dell’udienza, non potendosi, pertanto, accedere ad interpretazioni che espongano la parte a conseguenze sanzionatorie, sul piano processuale, diverse da quelle espressamente previste. A tale conclusione sospinge anche la cogente valorizzazione del principio di effettività della difesa, di cui all’art. 24 Cost. ed agli artt. 6 CEDU e 6 TUE, opportunamente richiamati anche dal Pubblico Ministero, nel senso che il principio del giusto processo di cui all ‘ art. 111, secondo comma, Cost., impone non solo il rispetto dei tempi ma anche la tendente finalizzazione ad una decisione di merito (Cass. Sez. L, 01/08/2013, n. 18410). Così, l’opzione a favore dell’applicazione del secondo comma dell’art. 348,
secondo comma, cod. proc. civ., consente all’appellante di dimostrare di aver provveduto ritualmente alla notifica dell’appello , nel l’opportuno bilanciamento del diritto di difesa e de ll’interesse a pervenire alla decisione entro un tempo ragionevole, attraverso la previsione di un rinvio dell’udienza, con un differimento che può essere anche contenuto.
4.2. In questo senso, tale approdo è pienamente rispettoso dell’indirizzo aperto da Cass. Sez. U, 30/07/2008, n. 20604, in virtù del quale nel rito del lavoro l ‘ appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell ‘ udienza non sia avvenuta, non essendo consentito – alla stregua di un ‘ interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cosiddetta ragionevole durata del processo ex art. 111, secondo comma, Cost. – al giudice di assegnare, ex art. 421 cod. proc. civ., all ‘ appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell ‘ art. 291 cod. proc. civ. Infatti, la fissazione della nuova udienza, nell’ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 348 cod. proc. civ., non implica l’assegnazione all’appellante di un nuovo termine per provvedere alla notificazione -ciò che, in effetti, si porrebbe in contrasto con la ragionevole durata del processo, nei sensi indicati -ma consente allo stesso di dimostrare di aver provveduto tempestivamente al predetto adempimento, vale a dire alla notifica per l’udienza originariamente fissata ai sensi dell’art. 435 , in tal modo salvaguardando il diritto di difesa a prezzo di un modesto differimento della definizione del giudizio.
Ne consegue che l’appello va dichiarato improcedibile ove al l’udienza differita l’appellante non compaia ovvero , benché compaia, non comprovi l’avvenuta tempestiva notifica per l’udienza già fissata , nel senso che la notifica non sia stata affatto eseguita ovvero risulti inesistente (così, fra molte, Cass. Sez. L, 09/09/2013, n. 20613), senza addurre alcun giustificato impedimento al fine di essere rimesso in termini ai sensi dell ‘ art. 153 cod. proc. civ., dovendosi tutelare l ‘ aspettativa della controparte al giudicato. Né può rilevare, come possibile sanatoria, la notificazione
eseguita nel periodo intermedio fra la prima e la seconda udienza, cui la causa sia stata rinviata proprio ai sensi dell ‘ art. 348 cod. proc. civ. per mancata comparizione delle parti, non potendo la parte ricorrente giovarsi di tale ulteriore inerzia al fine di ottenere in altro modo una rimessione in termini che l ‘ ordinamento, in virtù di un ‘ interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cd. ragionevole durata del processo ex art. 111, comma 2, Cost., non consente di riconnettere ad una notificazione puramente e semplicemente omessa (così Cass. Sez. L, 26/11/2020, n. 27079).
5. Pertanto, poiché nelle specie, come risulta dalla sentenza impugnata, l’improcedibilità è stata dichiarata alla prima udienza, senza disporre il rinvio per consentire all’appellante di provare l’avvenuta tempestiva notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza -notifica che parte ricorrente assume di aver regolarmente eseguito rispetto all’udienza fissata ex art. 435 cod. proc. civ. -va cassata la sentenza impugnata e disposto il rinvio della causa, anche in ordine alla regolamentazione delle spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Bari, che si atterrà al seguente principio di diritto:
«La disciplina prevista dal secondo comma dell’art. 348 cod. proc. civ. trova applicazione anche nelle controversie individuali di lavoro ex artt. 409 e ss. cod. proc. civ., non ostandovi la specialità del rito introdotto dalla legge n. 533 del 1973. Ne consegue che, in caso di mancata comparizione dell’appellante all’udienza di cui all’art. 437 cod. proc. civ. , va disposto il rinvio della causa ad una prossima udienza, da comunicare nei modi previsti, nella quale va dichiarata l’ improcedibilità dell ‘ appello ove si ripeta la mancata comparizione ovvero difetti la prova della tempestiva notificazione del ricorso e del decreto di fissazione per l ‘ udienza originaria, a nulla rilevando la notificazione eseguita nel periodo intermedio fra la prima e la seconda udienza, cui la causa sia stata rinviata ai sensi dell’art. 348 cod. proc. civ.».
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bari , anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della