SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ANCONA N. 363 2025 – N. R.G. 00000239 2025 DEPOSITO MINUTA 31 10 2025 PUBBLICAZIONE 31 10 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA
sezione civile
composta dai magistrati:
dr. NOME COGNOME
Presidente
dr. NOME COGNOME Consigliere rel.
dr. NOME COGNOME
Consigliere
Riunita in camera di consiglio, tenutasi ai sensi dell’art. 127 ter cpc; lette le note illustrative, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa recante il n. 239/2025 r.g. vertente
TRA
, rappr.ta e difesa per procura in atti dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, entrambi del Foro di Fermo
ricorrente in riassunzione-appellante
E
,
,
, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO
resistenti in riassunzione-appellati
Conclusioni come in atti
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ordinanza n. 11661/2025 dell’11 marzo 2025 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso proposto da , cassavano la sentenza con cui la Corte di Appello di Ancona in data 23 novembre 2017 aveva confermato la decisione del Tribunale di Fermo di rigetto della domanda dalla medesima avanzata nei confronti dei figli ed eredi di , intesa ad accertare la propria qualità di collaboratrice all’interno dell’impresa familiare, esercitata in forma di azienda agri cola denominata ‘Il Poggio del Belvedere’ di dall’anno 2004 fino al 28 novembre 2012, data del decesso di , con riconoscimento quantomeno al 50% del valore dei beni acquistati e degli utili conseguiti, compresi gli incrementi patrimoniali in costanza di rapporto. In particolare, i giudici di legittimità disponevano che la Corte territoriale in sede di rinvio procedesse ad un nuovo esame della controversia tenendo conto della pronuncia del
, quali eredi di
Giudice delle leggi interpretativa additiva dell’art. 230 -bis terzo comma cod. civ. ed in via conseguenziale demolitoria dell’art. 230 -ter cod. civ., dunque nel senso della piena estensione al convivente di fatto della medesima tutela prevista per il familiare.
Con atto depositato il 30 luglio 2025 ha riassunto il giudizio, chiedendo, in riforma della pronuncia del Tribunale, l’accoglimento della domanda formulata in primo grado con vittoria di spese di lite; a tal fine ha evidenziato di essere stata sempre presente in azienda a partire dall’anno 2008, tranne che per qualche breve periodo, svolgendo una fattiva attività anche promozionale, in quanto dedita ad intrattenere rapporti esterni con i vari enti, clienti, professionisti, e ad organizzare eventi; il tutto in maniera pienamente compatibile con lo svolgimento dell’attività lavorativa di pubblico impiego, anche grazie alla fruizione di ferie e di periodi di aspettativa, nonché in virtù della scelta di trasformare il rapporto di lavoro in regime part-time a partire dal gennaio 2011.
I resistenti indicati in epigrafe hanno chiesto il rigetto dell’avverso gravame, deducendo che, oltre alla questione di diritto inerente all’astratta applicabilità dell’istituto dell’impresa familiare al convivente more uxorio , il Giudice di rinvio avrebbe dovuto verificare in concreto la sussistenza di tutti i presupposti applicativi della normativa invocata; al riguardo, hanno evidenziato come la presenza occasionale della ricorrente nell’azienda agricola di cui era titolare non potesse valere ad integrare gli estremi di una collaborazione lavorativa caratterizzata da stabilità e continuatività; hanno, inoltre, sottolineato la circostanza che la ricorrente avesse sottoscritto contratti stagionali come bracciante agricola presso l’azienda del de cuius , per i quali era stata regolarmente retribuita; infine, hanno richiamato la pacifica e documentata circostanza che e che tale vincolo matrimoniale fosse perdurato, intatto, valido ed efficace sino al giorno del decesso del titolare d’impresa, non essendo mai stata
fosse coniugato con richiesta dai coniugi né la separazione né il divorzio.
Allo scadere del termine per il deposito delle note sostitutive d’udienza, la Corte ha trattenuto la causa in decisione
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’indagine di merito rimessa al vaglio di questa Corte in sede di rinvio consente di esaminare tutti gli elementi acquisiti al processo, onde accertare l’esistenza o meno del diritto vantato dall’originaria ricorrente ed appellante a vedersi riconosciuta la qualità di collaboratrice nell’impresa familiare facente capo al convivente , con ogni conseguenza di carattere giuridico e patrimoniale.
Ritiene il Collegio che la ricorrente non abbia fornito prova sufficiente circa l’offerta di un apporto lavorativo di carattere continuativo all’impresa di cui era titolare il convivente nel periodo dedotto in causa.
Al riguardo, secondo un consolidato orientamento dei giudici di legittimità, affinché si configuri una relazione riconducibile alle previsioni dell’art. 230 bis c.c. non è sufficiente che il collaboratore dell’imprenditore offra in via sporadica ed occasionale il proprio contributo finanziario o professionale, essendo necessario, invece, che egli presti attività lavorativa continuativa per l’impresa (cfr. Cass., Sez. L – , Sentenza n. 11533 del 15/06/2020).
Se è vero, infatti, che la continuità dell’apporto richiesto dall’art. 230 bis cod. civ. per la configurabilità della partecipazione all’impresa familiare non esige una ininterrotta presenza fisica in azienda, è pur vero che il partecipante ha l’onere di provare non soltanto di avere offerto saltuariamente il proprio aiuto o sostegno nel ‘tempo libero’, perché ciò connota in generale tutte le relazioni improntate all’ affectio familiaris, bensì di avere concretamente contribuito, in virtù di un apporto lavorativo regolare e costante, all’accrescimento della produttività della impresa, tanto da giustificarne la partecipazione agli utili e agli incrementi e tanto da escludere, per l’appunto, che il proprio intervento, ove pure preordinato ad una qualche forma di assistenza e di collaborazione di economica rilevanza, rientrasse nelle tipiche manifestazioni di solidarietà familiare.
In quest’ottica, attraverso l’istruttoria svolta in primo grado è emerso che l’appellante, impegnata in un rapporto di pubblico impiego a tempo pieno ed indeterminato presso la Regione Lombardia (Bergamo) e poi presso il Tribunale di Fermo fino all’anno 2010, ha optato per il regime parttime a decorrere dal gennaio 2011; che, tuttavia, il di lei interesse per l’azienda agricola nella titolarità del convivente, nonché il tipo di assistenza offerto all’attività d’impresa – essenzialmente rispetto all’organizzazione di alcuni eventi, finalizzati a pubblicizzare i prodotti della cantina o della vigna o dell’uliveto, ed alla cura degli ospiti presenti in tali occasioni – non ha registrato nel tempo rilevanti cambiamenti o incrementi per effetto della trasformazione del contratto di lavoro a tempo parziale; ciò a sua volta implica che l’apporto quali -quantitativo offerto dalla ricorrente all’impresa si è assestato, nel corso degli anni di convivenza con , in termini di sicura compatibilità con la piena osservanza dei ritmi di lavoro e degli orari di servizio imposti alla generalità dei dipendenti dai suddetti Enti pubblici, notoriamente costituenti realtà lavorative articolate e complesse, oltre che del tutto estranee e geograficamente distanti dall’azienda agricola in questione.
Occorre, inoltre, considerare che, a seguito della trasformazione del rapporto di pubblico impiego in regime parttime, la ricorrente ha contratto con l’impresa agricola del convivente due rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato di carattere stagionale; tale documentata circostanza mette in luce come, nei limitati periodi di effettiva messa a disposizione da parte sua di energie lavorative in via continuativa, il rapporto sia stato regolamentato e formalizzato secondo il modello tipico della subordinazione; ciò vale, quantomeno in termini presuntivi, a rafforzare l’idea che nei restanti periodi la presenza in azienda dalla ricorrente si sia realizzata in termini di occasionale e marginale partecipazione “affectionis vel benevolentiae causa” all’andamento generale dell’impresa del compagno, non avendo la stessa adeguatamente assolto all’onere di fornire precisi e pregnanti elementi di contraria valenza.
Alla stregua delle suesposte considerazioni, di carattere assorbente rispetto ad ogni altra questione sollevata, la sentenza di primo grado può essere confermata, sia pure con diversa motivazione.
La particolare natura della vicenda dedotta in causa e i profili di problematicità ad essa inerenti suggeriscono di compensare integralmente fra le parti le spese dell’intero giudizio
P.Q.M.
La Corte, decidendo quale giudice di rinvio, a seguito dell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 11661 dell’11 marzo 2025, sull’appello proposto da nei confronti di , e ed avverso la sentenza n. 193/2016 emessa il 13 ottobre 2016 dal Tribunale di Fermo , così provvede:1) Rigetta l’appello e conferma la sentenza impugnata; 2) compensa integralmente tra le parti le spese di lite dell’intero giudizio
Ancona, 30 ottobre 2025
Il Consigliere est.
Il Presidente