SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA N. 1261 2025 – N. R.G. 00002386 2021 DEPOSITO MINUTA 12 07 2025 PUBBLICAZIONE 12 07 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA
Prima Sezione Civile
La Corte di Appello nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME
Presidente Consigliere Consigliere Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. r.g. 2386/2021 promossa da:
con il patrocinio e dell’avv. COGNOME NOME con domicilio in INDIRIZZO MILANO
APPELLANTI
contro
con il patrocinio dell’avv. NOME COGNOME con domicilio in INDIRIZZO ROMA ‘
APPELLATO
Oggetto: appello avverso l ‘ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. emessa l’ 1° dicembre 2021 dal Tribunale di Rimini nel procedimento n. 1993/2021 R.G.
Conclusioni :
per le parti appellanti, come da note scritte in sostituzione di udienza depositate in data 24.03.2025:
‘ Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello adita, contrariis reiectis,
in via principale, in integrale riforma dell’ordinanza emessa in data 1° dicembre 2021 dal Tribunale di Rimini nel procedimento n. 1993/2021 R.G., accertare la risoluzione del contratto wedding stipulato in data 16 novembre 2020, per le ragioni indicate in narrativa, e per l’effetto condannare alla restituzione in favore degli appellanti della somma di € 11.935,50, oltre interessi
dalla data dei pagamenti sino al saldo.
Con vittoria di spese e compensi di entrambi i gradi di giudizio, oltre alle spese e ai compensi per l’esperimento del procedimento di mediazione ‘.
Per la parte appellata, come da note scritte in sostituzione di udienza depositate in data 27.03.2025:
‘ L’Avv. COGNOME dunque, nel chiedere che la causa venga trattenuta in decisione, precisa le proprie conclusioni insistendo affinchè l’Ecc.ma Corte d’Appello adita, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, voglia così provvedere:
· In accoglimento delle eccezioni, deduzioni e richieste, così come formulate dalla Rigettare integralmente l’atto di citazione ex art 702 quater c.p.c., così come proposto dai Sig.ri ed in quanto infondato in fatto e in diritto, con conferma dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Rimini, nella persona del Dott. COGNOME nell’ambito del procedimento recante RGN 1993/2021, Verbale di prima udienza n. cronol. 12865/2021;
· Con vittoria di spese, diritti ed onorari di entrambi i gradi di giudizio da distrarsi in favore dello scrivente procuratore che se ne dichiara antistatario ‘.
Svolgimento del processo
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato il 28 giugno 2021, e citavano in giudizio dinanzi al Tribunale di Rimini la per sentire accertare la risoluzione ex art. 1463 c.c. del contratto di wedding stipulato in data 16 novembre 2020 per l’estinzione dell’obbligazione ai sensi dell’art. 1256 c.c. a carico di a causa delle misure adottate per il contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid 19 che impedivano lo svolgimento del banchetto nuziale nel giorno concordato; in subordine, chiedevano che venisse accertata la nullità del sopracitato contratto. Per l’effetto, i ricorrenti chiedevano la condanna di alla restituzione delle somme percepite a titolo di
acconto pari ad € 11.935,50 oltre interessi dalla data dei pagamenti sino al saldo.
Si costituiva in giudizio la Società convenuta contestando le istanze avversarie e chiedendo, pertanto, il rigetto del ricorso. In particolare, parte resistente eccepiva che al momento della sottoscrizione del contratto fossero già vigenti le restrizioni dovute alla situazione epidemiologica e dunque i ricorrenti accettavano il rischio di dover rimandare il proprio matrimonio conferendo alla data fissata per il banchetto -programmato per il 22 maggio 2021- natura di termine non essenziale. Pertanto, la sussistenza di un fatto impeditivo al possibile svolgimento del ricevimento non rappresentava un evento sopravvenuto e/o imprevedibile e, conseguentemente, non costituiva fatto idoneo a configurare la risoluzione del contratto. Piuttosto, la Società il contratto di wedding avrebbe dovuto intendersi sospeso con la conseguenza che, una volta venuta meno la causa di impossibilità della prestazione, la controparte avrebbe dovuto consentire alla di adempiere; la resistente, in proposito, offriva ai ricorrenti la possibilità di scegliere tra l’emissione di un voucher del valore corrispondente alle somme percepite a titolo di acconto e la possibilità di rimandare l’evento ad altra data. Il rifiuto dei ricorrenti di accettare l’adempimento della prestazione di parte resistente avrebbe determinato una condotta in contrasto con i doveri di buona fede e correttezza.
Il Tribunale di Rimini, all’udienza dell’1 dicembre 2021 , pronunciava ordinanza ai sensi dell’art 702 ter comma 5 c.p.c. con la quale rigettava la domanda proposta da parte ricorrente, negando che sussistessero i presupposti per la risoluzione del contratto ed il rimborso delle somme. In particolare, il Tribunale argomentava la decisione con le seguenti motivazioni: a) i ricorrenti per esonerarsi dalla responsabilità avrebbero dovuto provare ai sensi dell’art. 1218 c.c. il nesso eziologico tra l’inadempimento e la causa di impossibilità sopravvenuta della prestazione dovuta alla necessità di assicurare il rispetto delle prescrizioni di contenimento dell’epidemia; b) ogniqualvolta circostanze fattuali e/o giuridiche modificano i presupposti dell’assetto contrattuale, alla parte danneggiata deve essere riconosciuta la possibilità di rinegoziare il contenuto delle prestazioni adeguandolo alle nuove esigenze. A tal proposito veniva richiamata la disciplina di cui all’art. 1467 c.c. (eccessiva onerosità
sopravvenuta).
Tanto premesso, nel caso di specie risultava pacifico: 1) che le parti fossero a conoscenza delle misure prese in fase di emergenza in quanto all’epoca della sottoscrizione -avvenuta il 16 novembre 2020- era già in vigore il DPCM del 3 novembre 2020 che ammetteva le sole cerimonie in chiesa vietando i ricevimenti; 2) che la resistente offriva ai ricorrenti la possibilità di scegliere tra l’emissione del voucher di somma corrispondente a quanto pagato dai ricorrenti a titolo di acconto e la possibilità di rimandare l’evento.
Le soluzioni prospettate dalla resistente venivano considerate eque ed accettabili alla luce dell’economia del contratto e, pertanto, il Giudice riteneva che la Società dovesse considerarsi adempiente. Il Tribunale di Rimini dichiarava assorbita ogni altra questione e, in punto alle spese di lite, disponeva la compensazione.
e
impugnavano l’ordinanza di
primo grado con atto di citazione, depositato il 23 dicembre 2021 e notificato in pari data, contestando la decisione per due motivi.
Con il primo motivo di appello gli appellanti deducevano che l’ordinanza impugnata avrebbe erroneamente qualificato la fattispecie come un’ipotesi di eccessiva onerosità sopravvenuta, applicando la relativa disciplina, mentre sarebbe riconducibile all’ipotesi dell’impossibilità sopravvenuta. Infatti, la prestazione dovuta dalla Società sarebbe risultata inutilizzabile in un altro momento da parte degli sposi poiché, per sua stessa natura, il banchetto di nozze deve tenersi nel giorno del matrimonio; né può negarsi l’intervenuta risoluzione del contratto per effetto dei rimedi alternativi proposti dalla Società in quanto questi devono essere valutati alla luce dell’interesse del creditore.
Con il secondo motivo di appello gli appellanti deducevano che la decisione fosse viziata anche nella parte in cui escludeva l’obbligo per la Società di restituire gli acconti, dunque, chied evano la condanna
di alla restituzione delle somme percepite a titolo di acconto.
In punto alle spese di lite, gli appellanti chiedevano la vittoria di spese e compensi di entrambi i gradi
del giudizio, oltre alle spese e ai compensi per l’esperimento del procedimento di mediazione.
Si costituiva nel presente giudizio la chiedendo il rigetto dell’impugnazione e la conferma dell’ordinanza del Tribunale di Rimini richiamando le argomentazioni in fatto ed in diritto già esposte in primo grado.
Con ordinanza del 01/04/2025 la causa è stata trattenuta in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.
Esposizione delle ragioni della decisione
L’appello è fondato e merita l’accoglimento in riforma dell’ordinanza impugnata per le motivazioni che si vanno di seguito ad esporre.
I due motivi di appello sono strettamente collegati e, pertanto, meritano la trattazione congiunta.
Il Giudice di primo grado ha erroneamente qualificato la fattispecie in termini di eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione ai sensi dell’art. 1467 c.c., norma che regola l’ipotesi in cui, a causa di accadimenti straordinari ed imprevedibili, la prestazione di una delle parti sia divenuta eccessivamente onerosa; in tale ipotesi trova applicazione la disciplina richiamata dall’ordinanza di primo grado che impone, quale rimedio allo squilibrio contrattuale alternativo allo scioglimento del negozio, quello della riconduzione ad equità attraverso la rinegoziazione.
Diversamente, nel caso di specie, la pandemia, pur essendo un evento straordinario ed imprevedibile, non ha determinato la situazione di eccessiva onerosità descritta dalla norma, poiché non vi è stata alcuna alterazione del sinallagma contrattuale che abbia determinato una situazione di sproporzione o pregiudizio ai danni di una delle due parti tale da rendere necessaria una rinegoziazione. Piuttosto, la fattispecie deve essere inquadrata nell’ambito dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione di cui all’art. 1256 c.c. (c.d. factum principis) in quanto l’emergenza epidemiologica ed il complesso di norme aventi carattere di eccezionalità hanno reso oggettivamente inattuabile lo svolgimento del banchetto nuziale nella data programmata (cioè il 22 maggio 2021).
Come noto, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione può avere durata permanente (nel qual caso
la prestazione diventa impossibile), oppure temporanea. In tale ultimo caso, di regola, l’obbligazione non si estingue salvo che l’impossibilità perduri fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non possa più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non abbia più l’interesse a conseguirla.
Orbene, alla luce delle circostanze fattuali emerse, il caso che ci occupa rientra proprio nell’ultima ipotesi. Infatti, vero è che si trattava di un’impossibilità di carattere provvisorio , limitata al periodo di durata della pandemia e della normativa vigente al tempo, ma non può prescindersi dal considerare che tale impedimento è perdurato fino al momento in cui il creditore ha perso il proprio interesse a conseguire la prestazione (come manifestato con la pec inviata il 30 aprile 2021). D’altronde, la funzione del banchetto nuziale è strettamente connessa allo svolgimento del festeggiamento in concomitanza della cerimonia.
Invero, ‘ l’impossibilità sopravvenuta della prestazione si ha non solo nel caso in cui sia divenuta impossibile l’esecuzione della prestazione del debitore, ma anche nel caso in cui sia divenuta impossibile l’utilizzazione della prestazione della controparte, quando tale impossibilità sia comunque non imputabile al creditore e il suo interesse a riceverla sia venuto meno, verificandosi in tal caso la sopravvenuta inutilizzabilità della finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto e la conseguente estinzione dell’obbligazione ‘ (Cass. n. 8766/2019).
In tale ottica, appare ancor più evidente la non conformità della richiamata disciplina della rinegoziazione delle condizioni del contratto, il cui presupposto necessario è che, pur essendo intervenute modificazioni rispetto al momento della stipula del negozio, entrambe le parti abbiano un interesse attuale a ricevere la prestazione tanto da essere disposte a rimodulare le condizioni e le modalità di esecuzione.
In altre parole, il termine fissato per l’adempimento della prestazione -e cioè a dire la data del 22 maggio 2021, in cui da contratto era previsto il ricevimento- può considerarsi, per la natura del contratto, un termine essenziale. Dunque, nel caso di specie può parlarsi di sopravvenuta irrealizzabilità
della finalità essenziale del contratto, essendo naturalmente venuto meno l’interesse degli appellanti a ricevere una prestazione che sarebbe inadatta ed inidonea a realizzare la causa del negozio (il festeggiamento della cerimonia nuziale).
Dal punto di vista soggettivo vero è che al momento della stipula del contratto (in data 16 novembre 2020) erano già in vigore le restrizioni connesse all’emergenza epidemiologica in atto , ma non può ritenersi che ciò sia sufficiente ai fini dell’assunzione del rischio da parte degli appellanti di dover rimandare il proprio matrimonio per una pluralità di motivazioni:
1. In primo luogo, la pandemia dovuta alla diffusione del Covid -19 è stato un evento che ha rivestito un carattere decisamente eccezionale e con evoluzioni nel corso del tempo assolutamente non prevedibili. La normativa e le restrizioni, infatti, cambiavano di continuo a seconda del corso dell’emergenza e gli sviluppi, dunque, non erano prevedibili pur usando l’ordinaria diligenza. Fino al 20 aprile 2021, infatti, non era ancora stata emanata alcuna regolamentazione che riguardasse i ricevimenti: soltanto il 22 aprile si veniva a sapere che non si sarebbero potuti svolgere eventi analoghi (cfr. conversazioni WhatsApp in tali date tra e la referente della Società). A fronte di quest’ultimo accadimento -il 26 aprile 2021- la Società prospettava ai nubendi la seguente soluzione: ‘ Aspettiamo un paio di giorni se si ottiene una data dal governo. Altrimenti come ti dicevo la soluzione ideale è spostare. In alternativa se non volete spostare discuteremo come uscire dal contratto ‘ (cfr. conversazione WhatsApp della stessa data tra e la referente della Società);
2. In secondo luogo, risulta del tutto evidente la buona fede degli appellanti, i quali fino all’ultimo confidavano nella realizzazione dell’evento nella data prevista, diversamente non avrebbero versato il 27 novembre 2020 ed il 18 febbraio 2021 in acconto complessivo di € 11.935,50;
3. In terzo luogo, il rischio di dover rimandare l’evento era stato previsto nel regolamento contrattuale, ma la relativa disciplina poneva al punto n. 5 una clausola unilaterale a carico esclusivo della Società la quale si è assunta il rischio derivante da eventuali problematiche connesse alla pandemia in atto. In particolare, la suddetta clausola disponeva che: ‘ Nel caso in cui non fosse possibile lo svolgimento
dell’evento per cause e/o ragioni inerenti l’emergenza COVID -19, si rende disponibile a posticipare la data dell’evento, entro i successivi 12 mesi, nelle date ancora disponibili in agenda ‘. Ma se la Società si assume l’obbligo eventuale di spostare l’evento ciò non può far automaticamente sorgere il correlativo obbligo in capo agli appellanti di accettare il posticipo della data pur avendo perso l’interesse all’adempimento della prestazione nei termini già descritti.
Ciò vale, ancor di più nel caso di specie se si considera che:
– La normativa emergenziale vigente al 22 maggio 2021 permetteva lo svolgimento della funzione religiosa e quindi i nubendi avevano tutto l’interesse a svolgere la cerimonia nella data prefissata. Tale aspetto era ben noto alla Società come emerge dallo scambio della messagistica agli atti del procedimento;
– Alcuni invitati al matrimonio provenivano dagli Stati Uniti ed avevano già prenotato i biglietti aerei, circostanza nota alla Società appellata e non contestata nel primo grado del giudizio, come emerge dallo scambio della messaggistica e dalla comunicazione inviata via pec il 30 aprile 2021 depositate nel corso del primo grado del giudizio;
– Altrettanto pacifico per le stesse motivazioni espresse nel punto che precede, la circostanza che e avevano già prenotato il viaggio di nozze e, pertanto, avevano ancora una volta tutto l’interesse a svolgere la cerimonia nella data prefissata.
Per tutto quanto sopra esposto, dunque, può ritenersi che nel caso di specie, prima che venisse meno la situazione di impossibilità della prestazione determinata dall’epidemia in atto e dalla normativa ad essa correlata, fosse venuto meno l’interesse di e allo svolgimento del banchetto di nozze con conseguente estinzione dell’obbligazione. Per le stesse motivazioni, deve escludersi che l’interesse degli appellanti sarebbe stato soddisfatto dall’emissione del voucher di importo corrispondente alle somme versate a titolo di acconto utilizzabile entro un anno.
Pertanto, in ossequio alla previsione di cui all’art. 1463 c.c. , la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che ha già
ricevuto secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito. Nel caso di specie, gli odierni appellanti avevano pagato alla Società in data 27 novembre 2020 l’importo di € 8.695,50 e in data 18 febbraio 2021 l’importo di € 3.240,00, per un totale di € 11.935,50 versati a titolo di acconto. Dunque, in ossequio ai principi sopra descritti deve ritenersi che la debba restituire l’intero importo anche in considerazione del fatto che né nel corso del primo grado del giudizio, né nel corso del presente giudizio , è stata allegata alcuna spesa sostenuta dall’appellata per l’evento in seguito annullato. Le somme andranno restituite secondo le norme sulla ripetizione dell’indebito e, dunque, esclusa la mala fede della Società appellata ai sensi dell’art. 2033 c.c. , gli interessi andranno corrisposti dal 30 aprile 2021 data in cui è stata trasmessa via pec la messa in mora stragiudiziale.
La riforma dell’ordinanza impugnata comporta che debba provvedersi sulle spese di entrambi i gradi del giudizio seguendo il principio della soccombenza. Ciò giustifica la condanna di alla refusione delle spese di entrambi i gradi del giudizio nei confronti degli odierni appellati che così si liquidano: ai sensi del D.M. n. 147/2022, avuto riguardo al valore della causa (pari ad € 11.935,50, cioè nello scaglione compreso da € 5.201 a € 26.000) e alla complessità bassa della controversia, per il primo grado per quattro fasi in € 2.000,00, oltre spese forfettarie, IVA e CPA come per legge; per il grado di appello per tre fasi in € 2.000,00 oltre spese forfettarie, IVA e CPA come per legge.
Gli appellanti hanno chiesto anche il rimborso delle spese sostenute per il tentativo di mediazione, ma tali spese non sono state né dimostrate nè quantificate se non per la somma di € 49,75 (ricevuta di pagamento della camera di commercio del 27 maggio 2021): in tali limiti la domanda deve essere accolta.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, sull’appello proposto da e nei confronti di così dispone:
-Accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma dell’
pagina 9 di 10 ordinanza emessa in data 1° dicembre 2021
dal Tribunale di Rimini nel procedimento n. 1993/2021 R.G., condanna al pagamento in favore di e della somma di € 11.935,50 , oltre interessi dal 30 aprile 2021 al saldo effettivo;
-Condanna al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio che liquida, per il primo grado in € 2.000,00, oltre spese forfettarie, IVA e CPA come per legge e per il grado di appello in € 2.000,00 oltre spese forfettarie, IVA e CPA come per legge , oltre al rimborso di € 49,70 e a quello pari al contributo unificato.
Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, l’8. 7.25.
Il Consigliere estensore dott. NOME COGNOME
Il Presidente dott. NOME COGNOME