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Importo complessivo erogato: esclusione indennità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ex dirigente contro un fondo di assistenza sanitaria. Il dirigente, dopo aver transatto la causa di licenziamento per una cifra cospicua, si è visto negare una prestazione aggiuntiva dal fondo. La decisione si basava sul superamento del tetto massimo previsto dal regolamento del fondo, che calcolava anche le somme risarcitorie nell'”importo complessivo erogato”. La Corte ha stabilito che il regolamento del fondo è un atto di autonomia privata e non una legge, pertanto il ricorso per violazione di legge era inammissibile. L’interpretazione corretta doveva essere contestata sotto il profilo della violazione delle norme sull’ermeneutica contrattuale.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Importo Complessivo Erogato: la Cassazione e i Limiti alle Prestazioni dei Fondi di Assistenza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come interpretare la nozione di importo complessivo erogato all’interno dei regolamenti dei fondi di assistenza privati. La decisione sottolinea una distinzione fondamentale tra le norme di legge e i regolamenti di natura contrattuale, con importanti conseguenze procedurali per chi intende impugnare le decisioni basate su di essi. Il caso riguarda un ex dirigente che, dopo aver ricevuto una significativa somma a seguito di una transazione per licenziamento, si è visto negare un’ulteriore prestazione di disoccupazione dal proprio fondo di assistenza sanitaria integrativa.

La Vicenda: Il Contesto del Ricorso

Un dirigente, iscritto da anni a un fondo di assistenza sanitaria integrativa, veniva licenziato. La controversia con l’ex datore di lavoro si concludeva con un accordo transattivo, in base al quale il dirigente percepiva una somma totale di 425.000 euro. Di questa cifra, 360.000 euro erano a titolo di risarcimento per danni professionali, biologici e non patrimoniali, mentre il resto copriva le competenze di fine rapporto.

Successivamente, il dirigente richiedeva al fondo una prestazione aggiuntiva all’indennità di disoccupazione, ma la domanda veniva respinta. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello confermavano il diniego, basandosi su una specifica clausola del regolamento del fondo.

Il Regolamento del Fondo e la Clausola Controversa

L’articolo 4 del regolamento del fondo escludeva esplicitamente l’erogazione della prestazione nel caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro che prevedesse un importo complessivo erogato superiore a una certa soglia (nel caso specifico, 180.000 euro, data l’anzianità di servizio). I giudici di merito avevano incluso nel calcolo anche la somma di 360.000 euro percepita a titolo risarcitorio, superando così ampiamente il limite previsto.

L’Errore Procedurale: Perché la Cassazione ha Dichiarato l’Inammissibilità

Il dirigente ha proposto ricorso in Cassazione denunciando la violazione dell’art. 12 delle preleggi (sull’interpretazione della legge) e sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nell’interpretare l’espressione “importo complessivamente erogato”. A suo avviso, le somme a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale non costituiscono reddito e non avrebbero dovuto essere computate.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile per un motivo prettamente procedurale. Ha chiarito che il regolamento di un fondo di assistenza come quello in questione, frutto di accordi tra organizzazioni datoriali e sindacali, non ha natura di norma di legge. Si tratta, invece, di un atto di autonomia privata, le cui clausole devono essere interpretate secondo i canoni dell’ermeneutica contrattuale (artt. 1362 e ss. c.c.).

Il ricorrente aveva invece impostato il suo ricorso su una presunta “violazione di legge” (art. 360, n. 3, c.p.c.), un motivo non applicabile all’interpretazione di un regolamento privato. Avrebbe dovuto, invece, contestare la violazione delle specifiche norme sull’interpretazione dei contratti, cosa che non ha fatto.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha ribadito che i regolamenti degli enti di previdenza e assistenza privati, se non recepiti da una fonte primaria, sono espressione del potere di autorganizzazione degli enti stessi e hanno natura negoziale. Di conseguenza, il loro sindacato in sede di legittimità è limitato alla verifica del rispetto dei canoni di ermeneutica contrattuale.

Nel merito, sebbene non fosse tenuta a farlo data l’inammissibilità, la Corte ha osservato come l’interpretazione dei giudici di merito fosse logica. Il regolamento parla di “importi” e non di “redditi”, un termine volutamente ampio. Inoltre, la finalità assistenziale della prestazione giustifica la previsione di un tetto massimo: superata una certa soglia di risarcimento, si presume che il lavoratore abbia già ricevuto un sostegno economico tale da rendere superfluo un ulteriore intervento solidaristico da parte del fondo. Il richiamo alla normativa fiscale è stato ritenuto fuorviante, poiché attiene a un sistema con finalità diverse (l’individuazione della materia imponibile) rispetto a quello mutualistico e assistenziale del fondo.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, evidenzia l’importanza di inquadrare correttamente il motivo del ricorso in Cassazione: l’errata interpretazione di un regolamento privato deve essere contestata come violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti, non come violazione di legge. In secondo luogo, conferma che, nell’interpretare tali regolamenti, il giudice deve attenersi al significato letterale delle parole e alla finalità dell’atto, senza lasciarsi influenzare da discipline di altri settori, come quello fiscale, a meno che il regolamento stesso non vi faccia esplicito riferimento. Per i lavoratori e i loro legali, ciò significa prestare la massima attenzione alla natura giuridica delle fonti che regolano i loro diritti e doveri.

Le somme ricevute come risarcimento danni contano nel calcolo del tetto massimo previsto da un fondo di assistenza per erogare una prestazione?
Sì. Secondo la decisione in esame, il termine “importo complessivamente erogato” utilizzato nel regolamento del fondo è stato interpretato come onnicomprensivo, includendo quindi anche le somme corrisposte a titolo di risarcimento del danno e non solo quelle di natura retributiva.

Un regolamento di un fondo di assistenza privato è considerato una “norma di legge” ai fini di un ricorso in Cassazione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che i regolamenti di enti associativi privati, derivanti da accordi collettivi, hanno natura negoziale e non di legge. Pertanto, un’errata interpretazione di tali regolamenti non può essere denunciata come “violazione di legge” ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c.

È corretto usare la normativa fiscale per interpretare i termini di un regolamento di un fondo di assistenza privato?
No. La Corte ha ritenuto tale approccio fuorviante. La distinzione fiscale tra reddito e risarcimento del danno risponde a finalità impositive e non è pertinente per interpretare un regolamento privato con scopi assistenziali e solidaristici, che si basa su una logica differente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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