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Impignorabilità conti stato estero: i criteri della Corte

La Cassazione ha annullato una decisione d’appello sull’impignorabilità dei conti di uno Stato estero, stabilendo che la sola intestazione del conto a scopi pubblici non è sufficiente. È necessaria la prova concreta della destinazione dei fondi a funzioni sovrane, con onere a carico dello Stato estero. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

L’Impignorabilità dei Conti di uno Stato Estero: Quando la Sola Intestazione Non Basta

La questione dell’impignorabilità dei conti di uno Stato estero rappresenta un delicato punto di equilibrio tra il diritto di un creditore a ottenere quanto gli spetta e il principio di immunità sovrana degli Stati. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fatto luce sui criteri da adottare per stabilire quando i fondi detenuti da uno Stato estero in Italia possano essere aggrediti. La Corte ha chiarito che, per i pignoramenti antecedenti alle nuove normative, la semplice intestazione del conto a scopi pubblici non è sufficiente a garantirne l’immunità.

I Fatti del Caso: Il Pignoramento Contro lo Stato Estero

La vicenda trae origine dall’azione di due società creditrici in liquidazione, le quali, per soddisfare i propri crediti, avevano avviato una procedura di pignoramento presso terzi nei confronti di diversi istituti bancari dove uno Stato estero deteneva conti correnti. Lo Stato estero si è opposto all’esecuzione, sostenendo l’impignorabilità delle somme in virtù della loro destinazione a finalità pubblicistiche, legate all’esercizio delle sue funzioni sovrane (iure imperii).

La Decisione della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione

In secondo grado, la Corte d’Appello aveva dato ragione allo Stato estero, ritenendo che l’intestazione dei conti correnti a specifiche funzioni (come “Sezione Sanitaria”, “Stipendi Funzionari”, “Ambasciata studenti”) fosse prova sufficiente della loro destinazione pubblica e, di conseguenza, della loro impignorabilità. Le società creditrici hanno quindi presentato ricorso in Cassazione, contestando tale interpretazione e sostenendo che la Corte d’Appello avesse erroneamente applicato principi normativi non vigenti all’epoca del pignoramento (avvenuto nel 2013) e non avesse richiesto una prova concreta dell’effettivo utilizzo dei fondi.

L’Impignorabilità dei Conti dello Stato Estero secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i ricorsi delle società creditrici, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un’altra sezione della stessa Corte per un nuovo esame. Il principio cardine affermato è che, nel regime giuridico applicabile prima delle riforme del 2014, la prova dell’impignorabilità non può basarsi sulla sola intestazione formale del conto.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su diverse argomentazioni cruciali.

In primo luogo, ha censurato la Corte d’Appello per aver fatto riferimento a normative, come l’art. 19-bis del D.L. 132/2014 e la Convenzione di New York del 2004, che non erano in vigore al momento del pignoramento. In base al principio tempus regit actum, la legittimità di un atto processuale deve essere valutata secondo la legge vigente nel momento in cui è stato compiuto. L’applicazione retroattiva di norme successive è stata considerata un errore di diritto.

In secondo luogo, e questo è il cuore della decisione, la Corte ha stabilito che per affermare l’impignorabilità dei conti di uno Stato estero, quest’ultimo ha l’onere di fornire una prova rigorosa. Non è sufficiente la mera intestazione del conto, ma è necessario dimostrare due elementi fondamentali:

1. Atto di destinazione anteriore: La destinazione delle somme a finalità pubbliche istituzionali deve essere stata impressa con un atto formale avente data certa anteriore alla notifica del pignoramento.
2. Coerenza delle movimentazioni: Le operazioni effettuate sul conto devono essere coerenti con la finalità pubblica dichiarata. Ciò implica una verifica concreta dei flussi finanziari per escludere che i fondi siano stati utilizzati per scopi di natura privatistica o commerciale.

La Cassazione ha sottolineato che ritenere sufficiente la sola intestazione svuoterebbe di significato l’onere probatorio a carico dello Stato che invoca l’immunità, trasformandolo in una presunzione non prevista dalla legge.

Conclusioni: Cosa Cambia per i Creditori degli Stati Esteri

La sentenza stabilisce un principio di diritto chiaro e rigoroso per le esecuzioni iniziate prima della riforma del 2014. I creditori di Stati esteri sanno ora che la semplice intestazione di un conto a una funzione diplomatica o pubblica non costituisce un ostacolo insormontabile al pignoramento. Lo Stato debitore deve fornire una prova concreta e documentale, anteriore al pignoramento, della specifica destinazione dei fondi e della coerenza del loro utilizzo. Questa decisione rafforza la tutela del creditore, richiedendo trasparenza e rigore da parte degli Stati esteri che intendono avvalersi dell’immunità dall’esecuzione forzata.

La sola intestazione di un conto corrente di uno Stato estero a una finalità pubblica è sufficiente a renderlo impignorabile?
No. Secondo la Corte di Cassazione, nel regime giuridico anteriore alla legge del 2014, la sola intestazione del conto non è sufficiente a provarne l’impignorabilità.

Quale prova deve fornire uno Stato estero per dimostrare l’impignorabilità dei suoi conti correnti?
Lo Stato estero deve dimostrare che la destinazione delle somme a finalità pubbliche istituzionali sia stata effettuata con un atto formale anteriore alla notifica del pignoramento e che le movimentazioni del conto siano state coerenti con tale destinazione.

È possibile applicare retroattivamente una nuova legge sull’immunità degli Stati a un pignoramento iniziato prima della sua entrata in vigore?
No. La Corte ha ribadito il principio secondo cui la legge dispone solo per il futuro e non ha effetto retroattivo. Pertanto, si devono applicare le norme vigenti al momento in cui è stata avviata l’esecuzione forzata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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