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Impianti eolici e distanze: prevale la pubblica utilità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 696/2024, ha respinto il ricorso di una proprietaria che lamentava la violazione delle distanze legali da parte di una torre eolica. La Corte ha stabilito che gli impianti eolici sono qualificati dalla legge come opere di pubblica utilità. Di conseguenza, il vicino non può chiederne la rimozione ma ha diritto a un’indennità, assimilabile a quella per espropriazione, per il pregiudizio subito.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Impianti Eolici e Distanze Legali: Quando l’Interesse Pubblico Supera quello Privato

La crescente diffusione degli impianti eolici solleva importanti questioni sul bilanciamento tra la produzione di energia rinnovabile e la tutela della proprietà privata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 696/2024) ha fornito un chiarimento fondamentale: una torre eolica, anche se costruita da un’azienda privata, è considerata un’opera di pubblica utilità. Questo status speciale la sottrae alle normali regole sulle distanze legali tra costruzioni, ma garantisce al proprietario confinante il diritto a un’indennità. Analizziamo insieme la decisione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla domanda di una proprietaria terriera che citava in giudizio una società energetica. L’oggetto della contesa era una torre eolica installata su un fondo vicino, a suo dire, a una distanza inferiore a quella prevista dalla legge e con le pale che invadevano lo spazio aereo sovrastante la sua proprietà. La richiesta era chiara: ottenere l’arretramento della struttura per ripristinare le distanze legali.
Sia in primo grado che in appello, la domanda della proprietaria era stata respinta. I giudici avevano fondato la loro decisione sulla natura dell’opera, qualificandola come di pubblica utilità ai sensi della normativa speciale in materia di energie rinnovabili.

La Decisione della Corte: la Natura degli Impianti Eolici

La proprietaria ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la qualifica di “opera pubblica” non potesse discendere automaticamente dalla legge, ma richiedesse un formale provvedimento amministrativo di dichiarazione di pubblica utilità. In assenza di tale atto, secondo la ricorrente, l’impianto doveva essere considerato una costruzione privata e, come tale, soggetta al pieno rispetto delle norme del Codice Civile sulle distanze.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la linea dei giudici di merito e consolidando un importante principio di diritto. Il punto centrale della decisione risiede nell’interpretazione della Legge n. 10 del 1991, che disciplina le fonti di energia rinnovabile.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che l’art. 1, comma 4, della Legge n. 10 del 1991 (e successivamente l’art. 12 del D.Lgs. n. 387 del 2003) qualifica ex lege, cioè direttamente per effetto della legge stessa, gli impianti eolici come opere “di pubblico interesse e di pubblica utilità”. Questa qualificazione non è subordinata all’attivazione di un procedimento di espropriazione o a un atto amministrativo specifico. La legge stessa attribuisce questa natura all’opera per l’obiettivo di interesse collettivo che persegue: la produzione di energia pulita.

Di conseguenza, la disciplina applicabile non è più quella puramente privatistica del Codice Civile (art. 873), che consentirebbe al vicino di chiedere la demolizione o l’arretramento dell’opera. Al contrario, si applica un regime di stampo pubblicistico. La violazione delle distanze legali e l’invasione dello spazio aereo non danno diritto a una tutela ripristinatoria (la rimozione), ma a una tutela per equivalente: il risarcimento attraverso un’indennità. La situazione è assimilata a quella di un’espropriazione per pubblica utilità, dove il sacrificio del diritto del privato è compensato economicamente.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione offre un’indicazione chiara per tutti i casi simili. La qualifica di pubblica utilità degli impianti eolici è un dato normativo che prevale sulle regole civilistiche ordinarie in materia di distanze. Per i proprietari di terreni confinanti con aree destinate a parchi eolici, ciò significa che la strategia legale non può essere quella di bloccare la costruzione basandosi sulle norme sulle distanze. La via da percorrere, invece, è quella di agire per ottenere il giusto indennizzo per la compressione del proprio diritto di proprietà, quantificando il pregiudizio subito a causa della vicinanza dell’impianto. La decisione, in definitiva, rafforza il quadro giuridico a sostegno dello sviluppo delle energie rinnovabili, pur salvaguardando il diritto del privato a una compensazione economica.

Un impianto eolico costruito da un’azienda privata è considerato un’opera di pubblica utilità?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la Legge n. 10 del 1991 qualifica direttamente gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili come opere di pubblico interesse e di pubblica utilità, a prescindere dal soggetto che li realizza.

Se una torre eolica viola le distanze legali, il proprietario del fondo vicino può chiederne la rimozione?
No. A causa della natura di pubblica utilità dell’opera, il proprietario confinante non ha diritto alla tutela ripristinatoria (cioè la rimozione o l’arretramento della struttura), ma può agire per ottenere un’indennità che compensi il pregiudizio subito.

La qualifica di pubblica utilità per gli impianti eolici richiede un provvedimento amministrativo specifico?
No. La Corte ha chiarito che tale qualifica discende direttamente dalla legge (ex lege) e non necessita di un formale atto amministrativo che la dichiari. Questo vale anche se il terreno per l’installazione è stato acquisito tramite accordo privato e non con una procedura di esproprio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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