Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20574 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20574 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1711-2023 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 53/2022 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 13/07/2022 R.G.N. 36/2021;
Oggetto
RETRIBUZIONE
AVVOCATO COMUNALE
R.G.N.1711/2023
COGNOME
Rep.
Ud.18/02/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’odierno ricorrente, dirigente dell’avvocatura comunale, ha agito mediante d.i. per ottenere il pagamento di competenze stipendiali relative alle cause patrocinate in nome e per conto dell’ente e conclusesi con esito favorevole allo stesso, così come previsto dall’art. 37 CCNL EE.LL. dirigenti, nonché dal Regolamento dell’Avvocatura Comunale.
Il Tribunale ha accolto l’opposizione revocando il decreto ingiuntivo.
La Corte di appello, confermando la sentenza di primo grado, ha rigettato il gravame sul presupposto che l’obbligo di pagamento in capo alla P.A. possa sorgere unicamente per effetto di impegni di spesa giuridicamente e contabilmente perfezionati, sicché l’unico impegno giuridicamente valido per la P.A. è l’impegno contabile in assenza del quale, com’è noto, non sorge alcun obbligo giuridico di pagamento; quanto all’IRAP è vero che la stessa è a carico dell’amministrazione, ma sempre nell’ambito della somm a prevista e stanziata dall’Amministrazione medesima a titolo di compensi.
In particolare, la corte distrettuale ha rilevato che le due determinazioni invocate dal ricorrente nel ricorso per decreto ingiuntivo, in assenza del visto di esecutività dell’ufficio contabile competente, non possono comportare la esigibilità dei crediti pretesi.
Invero, l’esigibilità presuppone l’esecutività, ma esige un quid pluris ovvero che non vi siano condizioni o termini per il pagamento che nel caso de quo non sarebbe mai potuto avvenire per mancata costituzione del fondo come rilevato anche dal Tribunale.
In particolare, la citata determinazione numero 2935 non ha carattere liquidatorio, atteso che con essa si stabilisce di provvedere ad un accertamento ed al relativo impegno nel bilancio 2014 delle spese legali e, pertanto siffatto atto impegna con riserva di liquidazione di tali spese, previa verifica dei necessari presupposti, il che trova conferma nell’inserimento del credito del Calise nei residui passivi di cui al bilancio del 2014. La determinazione numero 1729 a firma dello stesso ricorrente nella quale si dispone il pagamento non contiene l’indicazione della necessaria copertura finanziaria. Tali determinazioni sono state predisposte prima dell’approvazione del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato del personale dirigente per gli anni 2013/2014/ 2015 che è stato costituito a seguito della presa d’atto del parere del collegio dei revisori dei conti numero 38 del 19/04/2017 secondo cui in assenza di costituzione del fondo tutte le risorse di natura variabile devono costituire economie di spesa e non possono essere oggetto di riparto, a nulla rilevando sanatorie postume degli adempimenti relativi alla formale costituzione del fondo e alla sottoscrizione del contratto decentrato effettuati negli esercizi successivi. Sebbene successivamente siano stati approvati gli atti per la costituzione del riparto del fondo per l’anno 2014, rileva la corte distrettuale che non risultano essere presenti le risorse liquidate
con le determinazioni in questione.
Avverso tale pronuncia il COGNOME ha ricorso in cassazione con due motivi cui ha resistito l’amministrazione con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso ci si duole della violazione e falsa applicazione del decreto legislativo 118 /2011 e dei principi della contabilità finanziaria potenziata; violazione e falsa applicazione
del decreto legislativo 118/2011 – allegato 4 par 5.a ) ; dell’art 183 TUEL (comma 1,5,7) ; dell’art 190 Tuel , dell’art 13 .3 del regolamento dell’avvocatura comunale (delib g.m n° 39 del 22.3.13- doc 3 in ricorso in monitorio); dell’art 9 comma 6 dell a legge 114/2014; dell’ art 1256 cc ; dell’art 107/Tuel., ai sensi dell’art 360, comma 1, n. 3 c.p.c..
Sostiene il ricorrente che la Corte avrebbe errato nel ritenere che le determine dirigenziali nel loro insieme non siano idonee a costituire un impegno contabile per l’ente; le determine in questione, secondo il ricorrente, sono da considerare immediatamente esecutive e non soggette a ‘riserva di liquidazione’ come sostenuto dalla Cda.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 132 comma 2 n. 4 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. Civ., motivazione apparente in rapporto all’art. 111, comma 6, Cost. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.
La corte territoriale non si è pronunciata in alcun modo relativamente alle censure rivolte con l’atto di appello alla sentenza di primo grado.
Il primo motivo è inammissibile.
Al riguardo, va premesso che il ricorso in cassazione deve conformarsi al principio di autosufficienza, ex art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c., che deve ritenersi rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12481 del 19/04/2022) ed ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata
allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o eventualmente ritenuta pacifica (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10761 del 04/04/2022).
Va inoltre precisato (Cass. Sez. Un-, Ordinanza n. 8950 del 18/03/2022) che l’anzidetto principio anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito.
Ciò premesso, va rilevato come il motivo nel richiedere una rivalutazione del giudizio compiuto dalla corte territoriale in ordine alle determinazioni assunte dall’amministrazione che hanno escluso il diritto del Calise alla corresponsione delle competenze stipendiali relative alle cause patrocinate in nome e per conto dell’ente avrebbe dovuto contenere la sintesi o la trascrizione delle stesse.
Orbene, la censura non risponde ai criteri di necessaria autosufficienza, nella misura in cui non vi è l’indicazione delle determine comunali sulle quali il ricorso si fonda o la sintesi del loro contenuto, con trascrizione dei loro passaggi essenziali.
La mancata trascrizione e localizzazione delle determine dirigenziali di cui si chiede il riesame determina la conseguente inammissibilità della censura, in disparte l’ulteriore motivo di inammissibilità costituito dalla richiesta di riesame delle emergenze documentali da parte di questa Corte.
Anche il secondo motivo è inammissibile.
Il ricorrente infatti contesta la mancata pronuncia della corte distrettuale sui motivi di gravame senza specificamente riportare nella censura gli stessi con evidente carenza in termini di autosufficienza del ricorso.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali secondo il principio della soccombenza.
P.Q.M.
La corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al rimborso di € 4.000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione