Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24999 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 24999 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/09/2025
SENTENZA
sul ricorso 9376-2024 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
AMBASCIATA DELLA REPUBLICA D’ARMENA PRESSO LA REPUBBLICA ITALIANA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3939/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 31/10/2023 R.G.N. 362/2021;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/06/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 9376/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 11/06/2025
PU
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Roma aveva rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la decisione con cui il locale tribunale aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano con riguardo alla impugnativa del licenziamento intimato dalla Ambasciata della Repubblica di Armenia al Fia il 15.4.2019 e per il quale era stata richiesta la reintegrazione nel posto di lavoro, ed aveva invece (il tribunale) rigettato le ulteriori domande risarcitorie anche proposte dal lavoratore.
La Corte territoriale confermava la decisione del tribunale in punto di carenza di giurisdizione del giudice italiano quanto alla domanda di reintegrazione nel posto di lavoro avanzata dal lavoratore. In proposito richiamava l’art. 11 della convenzione del le Nazioni Unite con riguardo all ‘ immunità giurisdizionale prevista in riferimento ad atti e comportamenti dello Stato estero espressione dei suoi poteri sovrani di autorganizzazione e richiamava la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di legittimità nella interpretazione da ultimo adottata con riferimento alla teoria della c.d. <> e alla esclusione dalla giurisdizione del giudice italiano dei giudizi riguardanti domande di reintegrazione a fronte di impugnazione di licenziamenti (SU nn. 13980/2017; SU n.34474/2019; SU n. 18661/2019).
Quanto alle ulteriori domande di natura risarcitoria avanzate dal Fia, relative a mobbing e demansionamento, la corte di merito ne escludeva l’accoglimento in quanto prive di sufficienti allegazioni e comunque genericamente prospettate anche in sede di articolazione dei capitoli di prova dedotti e la cui ammissione era stata negata.
Avverso detta decisione NOME COGNOME ha proposto ricorso articolato su 18 motivi, coltivati con successiva memoria, cui ha resistito l’Ambasciata della Repubblica di Armenia con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1)- Con il primo motivo è stata denunciata la violazione di legge con riguardo all’art.11 della Convenzione delle Nazioni Unite (Conv. di New York del 2 dicembre 2004 -ratificata con L. 14 gennaio 2013, n. 5), nonché all’art. 31 Convenzione di Vienna del 24 aprile 1963 sulle relazioni consolari (ratificata dall’Italia con l. 6 agosto 1967, n. 804); all’art.10 Cost. ed all’art. 18 reg. CE n. 44/2001 in relazione al difetto di giurisdizione del giudice italiano.
2)-Con il secondo motivo è dedotta la violazione di legge in riferimento all’art. 6 l.n. 604/1966, con riguardo alla validità della impugnazione del licenziamento.
3)Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 2103 c.c. con riguardo al demansionamento ed alla omessa comunicazione per iscritto con conseguente nullità
4)Il quarto motivo lamenta la violazione dell’art. 7 St.lav. nonché dell’art. 2110, con riguardo alla nullità del licenziamento disciplinare.
5)Il quinto motivo denuncia la violazione dell’art. art. 2110 c.c., con riguardo all’ omesso superamento del periodo di comporto
6)- Con il sesto motivo è denunciata la violazione di legge: art. 7 comma 2 L. n. 300/1970. Omesso esercizio del dovere di verifica delle giustificazioni – violazione dei principi di buona fede e correttezza 7)- Il settimo motivo riguarda la violazione di legge: art. 2697 c.c., artt. 112 e 115 c.p.c. Inesistenza ed Irrilevanza disciplinare della condotta contestata.
8)L’ottavo motivo lamenta la violazione dell’art.2106 c.c.. Inesistenza della condotta contestata; assenza proporzionalità.
9)-Il nono motivo lamenta la violazione di legge: art. 2119 c.c. con riguardo alle contestazioni disciplinare, alla illegittimità del licenziamento per carenza di giusta causa.
10)- Con il decimo motivo si denuncia la violazione di legge: art. 15 l.n. 300/70; nullità del licenziamento ritorsivo.
11)L’undicesimo motivo riguarda la nullità licenziamento per assenza della recidiva.
12)Il dodicesimo ha ad oggetto l’omessa affissione codice disciplinare.
13)- Il tredicesimo motivo riguarda la carenza di motivazione del provvedimento adottato.
14)Con il quattordicesimo motivo si denuncia la violazione dell’art. 2103 c.c. con riferimento al danno da demansionamento, da mobbing; al danno esistenziale e di immagine e dignità professionale.
15)Il quindicesimo motivo lamenta violazione di legge con riferimento alla domanda riconvenzionale di risarcimento
16). Il sedicesimo motivo denuncia la violazione di legge: art. 24 Cost., art. 2697 c.c., art. 101 c.p.c., art. 111 Cost. Violazione di legge: art. 2054 c.c. Vizio di motivazione per omessa ammissione delle richieste istruttorie. Violazione di legge: artt. 2712 e 2719 c.c. Violazione di legge: art. 221 c.p.c.
17). Il diciassettesimo motivo lamenta la violazione di legge: art. 112 c.p.c.
18). L’ultimo motivo ha ad oggetto la violazione di legge: art. 91 c.p.c. con riguardo alle spese di lite.
19). È preliminare esaminare il primo motivo, sulla giurisdizione.
La corte di merito aveva escluso la sussistenza della giurisdizione con riguardo alla domanda di reintegrazione conseguente al licenziamento.
La decisione del giudice di merito risulta condivisibile in quanto coerente con i principi affermati da questa Corte di legittimità in materia.
In particolare, (SU 13980/2017) ha rilevato che <> (così anche SU n. 34474/19; SU n. 18661/2019; SU n. 18801/ 22).
19.a). Il principio richiamato, anche successivamente riaffermato da questa Corte, evidenzia come la domanda di reintegrazione o riammissione in servizio quale conseguenza della asserita illegittimità del licenziamento, in quanto idonea ad incidere sulla autonomia e potestà pubblicistica dell’ente datore di lavoro -soggetto straniero, sia estraneo alla giurisdizione italiana.
La corte territoriale, esaminando la domanda posta dal lavoratore (pg.8 della sentenza) ha accertato che la richiesta di reintegrazione costituiva il nucleo della domanda azionata ed ha quindi concluso che, in ragione di quanto chiesto, tale domanda era coperta dal principio della c.d. ‘immunità ristretta’ o relativa, in forza della quale gode di immunità il soggetto internazionale straniero quando i suoi atti siano riconducibili all’esercizio dei suoi poteri sovrani (Cass. Sez. Un. 05/10/2015, n. 19784). Nel caso in esame, la domanda di reintegra coinvolgeva, l’ esercizio di poteri e valutazioni propri de ll’ente estero. Il motivo deve dunque essere disatteso.
20). Il rigetto del motivo relativo alla giurisdizione e l ‘ esclusione, per quanto detto, della giurisdizione del giudice italiano, devono far
considerare assorbiti gli ulteriori motivi di censura, dal secondo al tredicesimo, (con esclusione del terzo motivo nella parte in cui sostiene essersi verificato un demansionamento), in quanto aventi, quale presupposto comune, la reintegra nel posto di lavoro conseguente alla denunciata invalidità del licenziamento.
21). Altresì da rigettare è il terzo motivo con il quale è dedotta la violazione dell’art. 2103 c.c. e dunque il demansionamento.
Non è chiaro se la censura è diretta a denunciare l’errata valutazione delle mansioni svolte (asseritamente non connesse alle finalità istituzionali dell’ente straniero), ai soli fini dell’ affermazione della giurisdizione italiana o all’eventuale danno subito ; nondimeno essa è inammissibile in quanto censura l’omessa considerazione della domanda a riguardo svolta, senza però indicare dove e come tale domanda sia stata proposta innanzi ai giudici del merito, con conseguente carenza della necessaria specificazione.
22). Occorre peraltro osservare che la precedente censura è anche da leggersi congiuntamente al quattordicesimo motivo, che denuncia l’errata affermazione della ritenuta carenza di allegazioni specifiche sul danno da demansionamento-mobbing, danno esistenziale, alla immagine e dignità professionale, nonché al sedicesimo che lamenta la mancata ammissione delle prove dedotte. La corte territoriale aveva escluso, con giudizio di merito basato sulle allegazioni in fatto inserite nel ricorso e quelle oggetto di capitolato di prova, che quanto articolato fosse idoneo a rappresentare (ove provato) l’asserito demansionamento. Le attuali censure non si confrontano per nulla con quanto statuito dal giudice, insistendo su omissioni non meglio specificate, in tal modo risultando inammissibilmente prospettate.
Peraltro, ogni determinazione in punto di prove è questione di merito e ‘Qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente i mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che costituiscono oggetto di
prova, nonché di dimostrare sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove’ (Cass. n. 23194/2017). Tali condizioni non sono rispettate nella censura proposta.
23). Del tutto infondato e inconferente risulta poi il quindicesimo motivo relativo alla domanda riconvenzionale in origine proposta dal datore di lavoro sul danno subito quale conseguenza del sinistro verificatosi per parziale responsabilità del ricorrente; la doglianza difetta di interesse ex art. 100 c.p.c., in forza dell’assorbente rilievo che in sede di merito non risulta essere stata accolta alcuna domanda riconvenzionale.
24). Inammissibile perché priva di specificazione è la diciassettesima censura con cui è denunciata la violazione dell’art. 112 c.p.c. per la omessa valutazione delle altre domande proposte dal ricorrente. La totale assenza di indicazione circa le domande asseritamente omesse non consente alcun tipo di valutazione del motivo di ricorso.
25). Con l’ultimo motivo è lamentata la mancata compensazione delle spese.
Questa Corte ha chiarito che <>. (Cass.n.19613/2017).
Il ricorso, per quanto detto, deve essere rigettato.
Le spese seguono il principio di soccombenza.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 5.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma in data 11 giugno 2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME