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Immobile abusivo: No al trasferimento dal giudice

La Corte di Cassazione ha stabilito che non è possibile ottenere il trasferimento coattivo di un immobile tramite sentenza (ex art. 2932 c.c.) se questo è stato modificato sostanzialmente dopo la firma del contratto preliminare. In particolare, la costruzione di un immobile abusivo, privo di titolo edilizio e non sanabile, impedisce al giudice di emettere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso, sia per la mancanza di identità tra il bene promesso e quello attuale, sia per la nullità dell’atto di trasferimento per violazioni urbanistiche.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Immobile Abusivo: la Cassazione Blocca il Trasferimento Coattivo

Quando si firma un contratto preliminare per l’acquisto di un immobile, ci si aspetta che il bene, al momento del rogito finale, sia lo stesso che si è promesso di comprare. Ma cosa succede se, nel corso di decenni, sul terreno vengono edificati nuovi fabbricati senza alcun permesso? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha chiarito che in presenza di un immobile abusivo e sostanzialmente diverso da quello originario, il giudice non può ordinare il trasferimento forzato della proprietà.

I Fatti di Causa: Un Viaggio Lungo 50 Anni

La vicenda giudiziaria ha origine da un contratto preliminare di vendita stipulato nel lontano giugno 1968. L’accordo prevedeva il trasferimento di un locale rustico e di un vasto terreno. Tuttavia, il contratto definitivo non fu mai concluso, portando i promissari acquirenti ad avviare una causa nel 1978 per ottenere una sentenza che tenesse luogo del rogito mancante (la cosiddetta esecuzione specifica ex art. 2932 c.c.).

Nel corso del lunghissimo processo, è emerso un fatto decisivo: la proprietà oggetto del preliminare era stata radicalmente trasformata. Sul terreno erano stati realizzati nuovi fabbricati, in parte in sostituzione di quelli vecchi e in parte costruiti ex novo, tutti privi di concessione edilizia e, secondo le perizie, non sanabili. Nonostante ciò, la Corte d’Appello aveva accolto la domanda degli acquirenti, ordinando il trasferimento della proprietà, ritenendo che vi fosse una sostanziale identità tra il bene promesso nel 1968 e quello attuale.

Il Ricorso in Cassazione: Identità del Bene e Abuso Edilizio

I promittenti venditori hanno impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando due questioni fondamentali:
1. Mancanza di identità: Il bene attuale, con i nuovi fabbricati abusivi, era totalmente diverso da quello descritto nel contratto preliminare. La sentenza del giudice non può trasferire un bene diverso da quello pattuito.
2. Illegittimità del trasferimento: La legge vieta il trasferimento di immobili privi dei necessari titoli urbanistici. Di conseguenza, il giudice non può ordinare un atto che le parti stesse non potrebbero validamente compiere.

L’Immobile Abusivo e il Requisito dell’Identità Strutturale

La Suprema Corte ha accolto il primo motivo, affermando un principio cardine dell’esecuzione specifica: la sentenza costitutiva deve riprodurre fedelmente l’assetto di interessi definito nel preliminare. Questo presuppone un’identità strutturale e funzionale del bene. Se il bene ha subito modifiche sostanziali, come la costruzione di nuove unità immobiliari, tale identità viene meno.
Nel caso specifico, la stessa Corte d’Appello aveva dato atto dell’esistenza di nuovi fabbricati. Questa circostanza, secondo la Cassazione, preclude la possibilità di emettere una sentenza di trasferimento, perché si finirebbe per trasferire un bene diverso da quello originariamente promesso.

La Nullità Urbanistica come Ostacolo Insormontabile

Anche il secondo motivo è stato ritenuto fondato. La legislazione urbanistica (in particolare l’art. 46 del D.P.R. 380/2001 e le norme precedenti) sanziona con la nullità ‘testuale’ gli atti di compravendita di immobili costruiti senza titolo edilizio o in totale difformità da esso. Questa nullità ha lo scopo di reprimere l’abusivismo edilizio e non può essere aggirata.
La Corte ha precisato che questo limite invalicabile vale anche per il giudice: una sentenza di trasferimento coattivo non può produrre un effetto maggiore o diverso da quello che le parti potrebbero raggiungere con la loro autonomia negoziale. Poiché un atto di vendita di un immobile abusivo e non sanabile sarebbe nullo, anche la sentenza che ne dispone il trasferimento è preclusa.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Cassazione ha cassato la sentenza d’appello, spiegando che l’errore del giudice di merito è stato duplice. In primo luogo, ha affermato l’identità del bene nonostante le evidenti e radicali trasformazioni avvenute, con la costruzione di nuovi corpi di fabbrica completamente abusivi. La pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c. è preclusa quando le difformità del bene sono sostanziali.
In secondo luogo, ha ignorato la nullità derivante dalla normativa urbanistica. La radicale assenza di un titolo autorizzativo per le nuove opere realizzate impedisce il trasferimento della proprietà. Non si tratta di mere difformità parziali rispetto a un titolo esistente, ma di una totale illegalità che rende l’oggetto del contratto illecito e, quindi, non trasferibile per via giudiziale. La Corte ha sottolineato che, sebbene la menzione del titolo edilizio nell’atto sia un requisito formale, il titolo stesso deve esistere realmente ed essere riferibile all’immobile trasferito, cosa che in questo caso mancava del tutto per le nuove costruzioni.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma con forza due principi fondamentali del diritto immobiliare:
1. Il rispetto del patto originario: L’esecuzione in forma specifica è possibile solo se il bene è rimasto sostanzialmente lo stesso. Modifiche radicali, specialmente se abusive, rompono il nesso tra preliminare e definitivo.
2. La lotta all’abusivismo: Le norme sulla nullità degli atti di trasferimento sono un presidio di legalità che né le parti né il giudice possono eludere. Un immobile gravemente abusivo e non sanabile è, di fatto, incommerciabile.
Per chi opera nel settore, la lezione è chiara: è cruciale verificare la conformità urbanistica e catastale dell’immobile non solo al momento del preliminare, ma anche fino al rogito definitivo, per evitare che vicende come questa, durate mezzo secolo, si concludano con un nulla di fatto.

È possibile ottenere dal giudice il trasferimento di un immobile che è stato modificato dopo il contratto preliminare?
No, se le modifiche sono sostanziali. La Corte di Cassazione stabilisce che deve esserci un’identità strutturale e funzionale tra il bene promesso e quello da trasferire. La costruzione di nuovi fabbricati integra una modifica sostanziale che impedisce la sentenza di trasferimento coattivo.

Un immobile abusivo può essere oggetto di una sentenza di trasferimento forzato?
No. Se un immobile è stato costruito senza il necessario titolo edilizio (permesso di costruire) e l’abuso non è sanabile, l’atto di trasferimento sarebbe nullo. Di conseguenza, il giudice non può emettere una sentenza che produca tale effetto nullo, poiché la pronuncia giudiziale non può realizzare un risultato vietato dalla legge.

Qual è la differenza tra difformità totale e parziale di un immobile ai fini del suo trasferimento?
La difformità parziale si ha quando l’intervento costruttivo, pur autorizzato, viene realizzato con modalità diverse che incidono su elementi non essenziali. La difformità totale, invece, si verifica quando si realizza un organismo edilizio completamente diverso o, come nel caso di specie, si costruiscono nuovi fabbricati in assenza di qualsiasi titolo. Quest’ultima, se non sanabile, preclude sempre il trasferimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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