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Immissioni rumorose: quando manca l’interesse ad agire

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21134/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di alcuni residenti contro un supermercato per immissioni rumorose. La decisione si fonda sul principio del difetto di interesse ad agire: poiché le perizie tecniche avevano già accertato che i rumori non superavano la soglia di normale tollerabilità, qualsiasi discussione sulla legittimazione ad agire dei ricorrenti è stata ritenuta irrilevante. In sostanza, anche se avessero avuto il diritto di fare causa, la loro domanda sarebbe stata comunque respinta nel merito.

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Immissioni Rumorose: Inutile Appellarsi se Manca un Danno Concreto

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 21134 del 29 luglio 2024 offre un’importante lezione sul principio dell’interesse ad agire nel contesto delle controversie per immissioni rumorose. La Suprema Corte ha stabilito che non ha senso impugnare una sentenza su questioni procedurali, come la legittimazione ad agire, quando la domanda principale è già stata giudicata infondata nel merito. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati.

I Fatti di Causa

La controversia nasce dalla richiesta di alcuni cittadini, un proprietario di immobile e due suoi familiari comodatari, di far cessare le immissioni rumorose provenienti dagli impianti frigoriferi di un supermercato e di ottenere il risarcimento dei danni.
In primo grado, il Tribunale aveva accolto la domanda del solo proprietario, negando la legittimazione ad agire agli altri due familiari in quanto semplici comodatari.

La società proprietaria del supermercato ha impugnato la decisione e la Corte di Appello ha ribaltato completamente il verdetto. I giudici di secondo grado, basandosi sulle risultanze di una consulenza tecnica, hanno accertato che l’incremento di rumore causato dai macchinari era minimo (tra 0,7 e 1,1 db) e non superava la soglia di tollerabilità prevista dalla legge (3 db per il periodo notturno). Di conseguenza, la Corte ha respinto la domanda originaria, ritenendo non provato il superamento della soglia di tollerabilità e, quindi, l’esistenza di un illecito.

La Decisione della Cassazione e le Immissioni Rumorose

I residenti hanno proposto ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: l’erroneo diniego della legittimazione ad agire per i due comodatari e la valutazione errata del danno.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per un motivo dirimente: il difetto di interesse ad agire. I giudici hanno spiegato che il fulcro della decisione della Corte di Appello era un accertamento di fatto: i rumori non erano intollerabili. Questa valutazione, non adeguatamente contestata, rendeva inutile qualsiasi discussione su altri aspetti.

L’Irrilevanza della Legittimazione ad Agire

Il punto centrale della pronuncia è che, una volta stabilito che non esiste un illecito (perché le immissioni rumorose sono al di sotto della soglia legale), viene a mancare il presupposto stesso per qualsiasi richiesta di risarcimento. Pertanto, stabilire se anche i comodatari avessero o meno il diritto di fare causa diventa una questione puramente teorica e accademica.

Anche se la Cassazione avesse riconosciuto la loro legittimazione ad agire, la loro domanda sarebbe stata comunque respinta nel merito, poiché il danno lamentato era stato giudicato insussistente. Il processo, ricorda la Corte, non può essere utilizzato per ottenere pronunce su questioni di principio senza che vi sia un’utilità concreta e pratica per chi agisce.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità basandosi sul principio consolidato dell’interesse ad agire. Questo presupposto processuale richiede non solo l’astratta titolarità di un diritto, ma anche la prospettiva di ottenere un risultato utile e giuridicamente apprezzabile attraverso il processo. Nel caso di specie, i ricorrenti, pur contestando la negata legittimazione ad agire dei comodatari, non avrebbero ottenuto alcun beneficio pratico da un eventuale accoglimento del loro motivo di ricorso. La Corte di Appello aveva infatti già accertato in punto di fatto, tramite una consulenza tecnica, che le immissioni non superavano la soglia di tollerabilità. Questa ratio decidendi, ovvero il nucleo della motivazione, non essendo stata efficacemente scalfita dai motivi di ricorso, ha reso inattaccabile la conclusione sull’inesistenza di un illecito e, di conseguenza, di un danno risarcibile. Pertanto, la questione della legittimazione ad agire dei comodatari è diventata sterile, poiché anche riconoscendola, la domanda sarebbe stata comunque respinta. La Corte ha altresì confermato la condanna alle spese legali, in corretta applicazione del principio della soccombenza, dato che la domanda dei ricorrenti è stata integralmente rigettata.

Le Conclusioni

In conclusione, questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale: non c’è azione senza un interesse concreto. Prima di intraprendere un’azione legale, e a maggior ragione un ricorso in Cassazione, è essenziale valutare se un’eventuale vittoria su un punto preliminare o procedurale possa effettivamente portare a un risultato favorevole nel merito. Se la sostanza della pretesa è debole o, come in questo caso, smentita da prove tecniche, insistere su questioni formali si rivela un’azione priva di utilità, destinata a essere dichiarata inammissibile. Per le controversie su immissioni rumorose, la prova del superamento delle soglie di legge rimane l’elemento cruciale e imprescindibile per fondare qualsiasi richiesta risarcitoria.

Chi può agire in giudizio per le immissioni rumorose, anche un comodatario?
La Corte di Cassazione non si è pronunciata su questo specifico punto perché lo ha ritenuto irrilevante ai fini della decisione. Il fulcro della sentenza è stato che le immissioni erano state accertate come tollerabili, rendendo infondata la richiesta di risarcimento a prescindere da chi l’avesse proposta.

Perché un ricorso può essere dichiarato inammissibile per ‘difetto di interesse ad agire’?
Un ricorso è inammissibile per difetto di interesse quando il suo eventuale accoglimento non porterebbe alcun vantaggio pratico e concreto al ricorrente. Nel caso esaminato, anche se fosse stata riconosciuta la legittimazione ad agire, la domanda sarebbe stata comunque respinta perché i rumori erano nei limiti di legge.

È sufficiente provare l’esistenza di un rumore per ottenere un risarcimento?
No. Secondo quanto emerge dalla decisione, è necessario dimostrare che le immissioni rumorose superano la soglia di normale tollerabilità stabilita dalla legge. In questo caso, la prova tecnica che ha accertato il rispetto di tali limiti è stata decisiva per respingere la domanda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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