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Immissioni rumorose: Comune paga per feste in piazza

La Corte di Cassazione conferma la condanna di un Comune per le immissioni rumorose prodotte da eventi estivi in una piazza. La sentenza chiarisce che l’interesse pubblico non può sacrificare il diritto alla quiete dei residenti oltre la soglia della normale tollerabilità, che va valutata caso per caso. Ai cittadini è stato riconosciuto un risarcimento per il danno subito, derivante dall’impossibilità di godere appieno della propria abitazione.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Immissioni Rumorose: Comune Condannato per Eventi Estivi Troppo Rumorosi

Le estati nelle città italiane sono spesso animate da eventi culturali, concerti e manifestazioni che arricchiscono la vita sociale. Ma cosa succede quando il divertimento di molti si trasforma nell’incubo di pochi? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato proprio il delicato equilibrio tra interesse pubblico e diritto alla quiete privata, condannando un Comune per le immissioni rumorose generate da spettacoli estivi. Questa decisione stabilisce principi chiari sulla responsabilità della pubblica amministrazione e sui limiti della tollerabilità del rumore.

I fatti del caso: Quando la festa in piazza diventa un incubo

Un Comune ligure organizzava periodicamente, durante l’estate, una serie di manifestazioni culturali in una delle sue piazze principali. Per alcuni residenti, proprietari di appartamenti usati come residenza estiva, questi eventi erano fonte di notevole disagio. Il montaggio del palco e, soprattutto, gli spettacoli che si protraevano fino a tarda notte producevano rumori assordanti, rendendo difficile il riposo e compromettendo il godimento della loro proprietà. Stanchi della situazione, i due proprietari hanno citato in giudizio il Comune per accertare l’intollerabilità delle immissioni e ottenere un risarcimento del danno.

La decisione nei primi due gradi di giudizio

In primo grado, il Tribunale ha dato ragione ai cittadini. Una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) ha confermato che i livelli di rumore superavano la soglia consentita. Di conseguenza, il giudice ha liquidato un danno di 1.000 euro per ciascun proprietario.
Il Comune ha impugnato la decisione, ma la Corte d’Appello non solo ha respinto il suo ricorso, ma ha accolto quello incidentale dei residenti, aumentando il risarcimento a 3.000 euro ciascuno. I giudici d’appello hanno specificato che il danno non era limitato ai soli giorni degli spettacoli, ma si estendeva all’intera inutilizzabilità dell’immobile come luogo di vacanza e riposo.

Il ricorso in Cassazione e le argomentazioni del Comune

Non soddisfatto, il Comune ha portato la questione davanti alla Corte di Cassazione, basando il suo ricorso su due motivi principali:
1. Errata applicazione della normativa sul rumore: Secondo l’ente, la CTU aveva erroneamente utilizzato i parametri di un DPCM del 1997 relativo alle attività produttive, mentre avrebbe dovuto considerare un regolamento comunale che consentiva, per gli eventi all’aperto, un limite più alto (fino a 70 decibel).
2. Mancata considerazione dell’interesse pubblico: Il Comune sosteneva che i giudici non avessero tenuto adeguatamente conto dell’interesse pubblico legato allo svolgimento delle manifestazioni culturali, che avrebbe potuto giustificare un livello di rumore superiore alla normale tollerabilità.

Le motivazioni della Cassazione sulle immissioni rumorose

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando tutte le argomentazioni del Comune e fornendo chiarimenti fondamentali in materia di immissioni rumorose.

Il criterio della ‘normale tollerabilità’ prevale sui regolamenti

I giudici hanno innanzitutto chiarito un punto cruciale: i limiti di decibel fissati da leggi o regolamenti (siano essi nazionali o comunali) sono puramente indicativi. Il criterio fondamentale per valutare la liceità delle immissioni è quello della ‘normale tollerabilità’, sancito dall’articolo 844 del codice civile. Questa valutazione deve essere fatta ‘caso per caso’, tenendo conto delle circostanze concrete: l’orario, le caratteristiche della zona (residenziale, industriale, ecc.) e le abitudini degli abitanti. Anche un rumore che rispetta formalmente un limite regolamentare può essere considerato intollerabile in un contesto specifico, come una zona residenziale di notte.

L’interesse pubblico non è una giustificazione assoluta

La Corte ha poi affrontato il secondo motivo, relativo all’interesse pubblico. Pur riconoscendo l’importanza delle manifestazioni culturali, i giudici hanno affermato che l’interesse pubblico non può comportare il totale sacrificio del diritto soggettivo del privato al pacifico godimento del proprio immobile. Un ente pubblico, al pari di un privato, è tenuto a rispettare il principio del ‘neminem laedere’ (non danneggiare nessuno) e non può provocare immissioni che superino la normale tollerabilità. Il bilanciamento tra i due interessi è necessario, ma il diritto del privato non può essere annullato.

Conclusioni: Le implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza della Cassazione rafforza la tutela dei cittadini contro l’inquinamento acustico, anche quando la fonte è la pubblica amministrazione. Le conclusioni che possiamo trarre sono chiare:
1. Responsabilità del Comune: Un Comune è direttamente responsabile per i danni causati da eventi rumorosi da esso organizzati, se questi superano la soglia della normale tollerabilità.
2. Valutazione concreta: La tollerabilità non si misura solo con il fonometro e i limiti di legge, ma con un giudizio complessivo che tiene conto del contesto. Quello che è tollerabile di giorno in una zona commerciale può non esserlo di notte in un’area residenziale.
3. Il risarcimento è dovuto: Il danno da immissioni intollerabili non è solo una questione di principio. Esso va risarcito, e la sua quantificazione può tenere conto della complessiva compromissione dell’uso dell’immobile, specialmente se si tratta di una casa per le vacanze resa di fatto inutilizzabile.

Un Comune può essere ritenuto responsabile per le immissioni rumorose causate da eventi pubblici da esso organizzati?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che anche un ente pubblico è soggetto al principio generale del ‘neminem laedere’ (non danneggiare altri) ed è quindi responsabile per i danni derivanti da immissioni intollerabili provenienti da aree pubbliche, potendo essere condannato sia al risarcimento del danno sia a ricondurre le immissioni entro i limiti della tollerabilità.

I limiti di decibel fissati dai regolamenti sono l’unico criterio per giudicare la liceità del rumore?
No. La Corte ha stabilito che i limiti posti dai singoli regolamenti sono puramente indicativi. Il criterio fondamentale è la ‘normale tollerabilità’ prevista dall’art. 844 c.c., che deve essere valutata dal giudice caso per caso, tenendo conto delle circostanze concrete come le caratteristiche dei luoghi, gli orari e le abitudini degli abitanti.

L’esistenza di un interesse pubblico allo svolgimento di una manifestazione giustifica il superamento della soglia di normale tollerabilità del rumore?
No. Sebbene l’interesse pubblico debba essere preso in considerazione, la Corte ha chiarito che esso non può giustificare il sacrificio del diritto del privato oltre il limite della normale tollerabilità. Il giudice deve operare un bilanciamento, ma la protezione del diritto alla quiete e al godimento della proprietà privata non può essere completamente annullata in nome dell’interesse pubblico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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