Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21696 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21696 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4401/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimata- per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Bari n. 2268/2019, depositata il 11 novembre 2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso del 29 gennaio 2014, NOME COGNOME riassumeva davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE il giudizio di opposizione avverso l ‘ ordinanza ingiunzione emessa dalla RAGIONE_SOCIALE, il 5 ottobre 2012, prot. n. NUMERO_DOCUMENTO, a seguito della pronuncia declinatoria della giurisdizione da parte della Commissione tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE.
Si costituiva l’RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 192/2018, pubblicata il 18 gennaio 2018, accoglieva l’eccezione di prescrizione e annullava l’ordinanza ingiunzione , condannando l’ RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali. Il giudice di prime cure fondava la decisione sulla natura istantanea dell’illecito posto in essere, in quanto perfezionatosi con l’ultimazione RAGIONE_SOCIALE opere , rilevando che il termine di prescrizione iniziava a decorrere dal giorno di cessazione dell’attività di esecuzione RAGIONE_SOCIALE costruzioni , che nella specie risultavano ultimate già cinque anni prima dell’accertamento.
-Avverso detta pronuncia ha proposto appello l’ RAGIONE_SOCIALE, deducendo l’erroneo calcolo del dies a quo della prescrizione, trattandosi di illecito di natura permanente. Chiedeva, pertanto, in riforma della sentenza, il rigetto dell’opposizione , con condanna della parte appellata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
NOME COGNOME si costituiva chiedendo il rigetto del gravame.
La Corte di appello di Bari, con sentenza pubblicata in data 11 novembre 2019, ha accolto l’appello e, in riforma della sentenza, ha rigettato l ‘ opposizione, condannando l’appellato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del grado di giudizio.
-Il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con due motivi.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva in questa sede.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo del ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 28 l. 689 del 1981, 19 d.lgs. 374 del 1990 e 158 cod. pen. (anche per errata qualificazione giuridica dei fatti) in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. Si deduce, al riguardo, che il giudice di primo grado, contrariamente a quanto affermato dalla corte d’appello, aveva ritenuto che la condotta sanzionata dall’art. 19 dal d.lgs. n. 374 del 1990 non fosse quella dell’occupazione RAGIONE_SOCIALE aree collocate a una distanza inferiore a quella di rispetto doganale (occupazione che eventualmente, ricorrendone i presupposti, avrebbe giustificato l’ordine di demolizione del manufatto previsto dal terzo comma dello stesso articolo) ma l’attività materiale volta ad ‘eseguire la costruzione’, ritenendo tale attività del tutto perfezionata nel momento in cui ‘il manufatto è stato completato ed i lavor i di costruzione sono cessati’, richiamando la giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE sezioni penali della Corte di cassazione (Cass. pen. n. 10642/2003). Il giudice di prime cure, poi, nel motivare la sentenza, ha affermato che, anche volendo qualificare la condotta di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 374 del 1990 come ‘illecito permanente’, come ritenuto da Cass. n. 3535 del 2012, si sarebbe dovuto concludere che , in applicazione del principio generale di cui all’art. 158 cod. pen., il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui è ‘cessata la permanenza”, cioè dalla cessazione dell’attività di costruzione.
1.1. -Il motivo è infondato.
La violazione all’origine della controversia riguarda l’ art. 19 d.lgs. n. 374 del 1990. Questa norma disciplina gli edifici in prossimità della linea doganale e nel mare territoriale. Esso stabilisce:
‘ 1. È vietato eseguire costruzioni ed altre opere di ogni specie, sia provvisorie sia permanenti, o stabilire manufatti galleggianti in prossimità della linea doganale e nel mare territoriale, nonché spostare o modificare le opere esistenti, senza l’autorizzazione del direttore della circoscrizione doganale. La predetta autorizzazione condiziona il rilascio di ogni eventuale altra autorizzazione, nella quale della stessa deve essere fatta comunque espressa menzione.
La violazione del divieto previsto dal comma 1 comporta l’applicazione, da parte del direttore della circoscrizione doganale competente per territorio, di una sanzione amministrativa di importo da un decimo all’intero valore del manufatto.
Il direttore della circoscrizione doganale, accertata la sussistenza di un rilevante pericolo per gli interessi erariali, non diversamente eliminabile a cura e spese del trasgressore, dispone, previo parere dell’ufficio tecnico di finanza del dipartimento RAGIONE_SOCIALE, competente per territorio, la demolizione del manufatto in danno ed a spese del trasgressore. Avverso tale provvedimento è ammesso il ricorso al Ministro RAGIONE_SOCIALE finanze entro trenta giorni dalla data di notificazione al trasgressore del provvedimento stesso. Il ricorso al Ministro sospende l’efficacia del provvedimento impugnato ‘ .
Non vi è dubbio che nel caso di specie si è di fronte a un illecito di carattere permanente, non essendo state demolite le opere realizzate in prossimità della linea doganale (ampliamento della struttura adibita a direzione e ristorante, costruzione di quattordici bungalow) e ritenute abusive dall’amministrazione in sede di sopralluogo. La natura permanente dell’illecito in questione è già stata affermata dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. V, 7 marzo 2012, n. 3535, in fattispecie del tutto analoga alla presente,
relativa a una sanzione amministrativa irrogata per la violazione del d.lgs. n. 374 del 1901, art. 19 per aver la parte realizzato una costruzione in prossimità della linea doganale, senza l’autorizzazione del direttore della circoscrizione doganale; v. anche Cass. n. 14104/2010).
La giurisprudenza della Corte di cassazione penale, richiamata nel ricorso e citata nella sentenza di primo grado, conferma, al contrario di quanto si vorrebbe dimostrare, la natura permanente dell’ illecito, che sussiste qualora le innovazioni non autorizzate determino, come nella fattispecie, un’occupazione abusiva dell’area o un ampliamento di quella autorizzata (Cass. pen., Sez. III, 8 settembre 2022, n. 33105; Cass. pen., Sez. III, 8 giugno 2018, n. 26249)
Per costante giurisprudenza della Corte di cassazione, in tema di illecito amministrativo, la prescrizione di cui alla l. n. 689 del 1981, art. 28 opera con riguardo sia alla violazione, sia alla relativa sanzione pecuniaria, e il relativo termine quinquennale decorre, ove questa abbia carattere permanente, come nella fattispecie in esame, dalla data di cessazione della permanenza ovvero, quando non vi sia la prova di tale cessazione, dalla data dell’accertamento della violazione (Cass., Sez. VI-2, 23 marzo 2015, n. 5727; Cass., Sez. II, 9 gennaio 2007, n. 143; Cass., Sez. I, 3 ottobre 1988, n. 5334).
Ciò posto, è da notare altresì che il diritto di credito dell’amministrazione alla somma di danaro, costituente la sanzione amministrativa pecuniaria, sorge direttamente dalla violazione, la quale si pone come fonte dell’obbligazione, mentre l’ordinanza di pagamento ha l’effetto di determinare la somma dovuta.
La permanenza dell’illecito incide ovviamente sul calcolo del termine della prescrizione e quindi la tesi del ricorrente si rivela infondata.
-Con il secondo motivo del ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 del cod. proc. civ. in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, vizio e nullità del procedimento, art. 360, n. 4 e 5 cod. proc. civ. NOME COGNOME ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva rilevando che nella relazione di stima sommaria allegata all’atto di contestazione RAGIONE_SOCIALE violazioni amministrative del 24 maggio 2010, espressamente richiamato nella ordinanza ingiunzione, viene riportato che l’acce rtamento è stato effettuato ‘presso l o stabilimento balneare denominato RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ubicato in località finale di INDIRIZZO del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, in concessione al sig. RAGIONE_SOCIALE‘ . N ell’oggetto della relazione è esplicitamente e formalmente indicata ‘RAGIONE_SOCIALE‘. Tale assunto, fondante la responsabilità dell’odierno ricorrente per le violazioni contestate, si rivelerebbe del tutto erroneo, atteso che il ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ risulta essere in concessione esclusivamente a NOME COGNOME, nata a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA, come risulta documentalmente comprovato dall’autorizzazione rilasciata dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in data 17 maggio 1977, Prot. N.11765 a NOME COGNOME per l’installazione del ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (doc. 4 fascicolo di primo grado del ricorrente). Pertanto sarebbe evidente che il presupposto della contestazione richiamata nel provvedimento impugnato, così come rappresentato nella relazione di stima sommaria allegata all’atto di contestazione del 24 ottobre 2010, sia del tutto errato, in quanto le opere che si ritengono realizzate in assenza di autorizzazione, si assumono facenti parte integrante ed esclusiva del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la cui titolarità è stata attribuita al RAGIONE_SOCIALE, mentre la stessa ditta è intestata esclusivamente a NOME COGNOME. Si denuncia, inoltre, il mancato esame di ulteriori profili di doglianza riguardanti la legittimità dei presupposti richiamati nell’ordinanza ingiunzione riguardo all’individuazione della linea demaniale e all’identificazione della prossimità della stessa come prescritto dall’articolo 19 del d.lgs.
n. 374 del 1990, così come la quantificazione RAGIONE_SOCIALE opere riportata nell’ordinanza impugnata.
2.1. -Il motivo è fondato nei termini di cui in motivazione.
Se è vero che la responsabilità grava su chi ha realizzato le opere anche se non proprietario del bene, di tutta evidenza la sentenza impugnata non ha affrontato la questione prospettata della titolarità della concessione dello stabilimento balneare, nel cui ambito sono state realizzate le opere oggetto dell’ordinanza ingiunzione.
Sul punto, la corte di appello, in maniera del tutto apodittica, ha ritenuto che non si ravvisasse alcun difetto di legittimazione passiva – questione non esaminata in sentenza di primo grado in quanto ritenuta assorbita – trattandosi del proprietario del campeggio dove sono stati realizzati gli abusi.
Parte ricorrente aveva prodotto nel corso del giudizio di primo grado documentazione da cui risultava che l’ autorizzazione era stata invece rilasciata a NOME COGNOME.
La corte di appello ha affermato apoditticamente che il RAGIONE_SOCIALE risponde come proprietario ma non ci dice da dove ricava tale affermazione e non considera neppure il fatto che il ricorrente era stato attinto dalla ordinanza ingiunzione quale concessionario e non quale proprietario (v. ricorso pag. 17).
Gli ulteriori aspetti dedotti nel motivo risultano assorbiti, stante il rilievo preliminare della questione legata alla titolarità della concessione, aspetto che la corte di appello dovrà riesaminare.
– Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va, quindi, accolto nei termini di cui in motivazione.
La sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, rigetta il primo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al
motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione