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Illecito permanente: la Cassazione chiarisce i termini

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21696/2024, ha stabilito che la costruzione abusiva in prossimità della linea doganale costituisce un illecito permanente. Di conseguenza, la prescrizione non decorre dalla fine dei lavori, ma dalla cessazione della condotta illecita. Tuttavia, la Corte ha annullato la decisione di merito per non aver verificato adeguatamente la legittimazione passiva del soggetto sanzionato, ovvero se fosse effettivamente lui il responsabile della concessione.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Illecito Permanente e Costruzioni Abusive: la Cassazione Fa Chiarezza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 21696/2024) affronta due questioni cruciali in materia di sanzioni amministrative per abusi edilizi: la natura dell’illecito permanente e la corretta individuazione del soggetto responsabile. Questa pronuncia chiarisce che la prescrizione per opere abusive non decorre dalla fine dei lavori, ma dalla cessazione della condotta illecita. Approfondiamo i dettagli del caso e le importanti conclusioni dei giudici.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un’ordinanza ingiunzione emessa dall’Agenzia delle Dogane nei confronti del gestore di uno stabilimento balneare. La sanzione era stata comminata per la realizzazione di opere (ampliamento di un ristorante e costruzione di bungalow) in prossimità della linea doganale senza la necessaria autorizzazione.

In primo grado, il Tribunale aveva annullato la sanzione, accogliendo l’eccezione di prescrizione. Il giudice aveva qualificato l’abuso come illecito “istantaneo”, ritenendo che si fosse perfezionato con la fine dei lavori di costruzione. Essendo trascorsi più di cinque anni da quel momento, il diritto a sanzionare si era estinto.

Di parere opposto la Corte di Appello che, riformando la prima sentenza, aveva dato ragione all’Agenzia. Per i giudici di secondo grado, la violazione costituiva un illecito permanente, poiché la presenza stessa delle costruzioni abusive perpetuava la lesione della norma. Di conseguenza, il termine di prescrizione non era mai iniziato a decorrere.

Il Ricorso in Cassazione: Illecito Permanente e Legittimazione Passiva

L’imprenditore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali.

La Natura dell’Illecito Permanente

Con il primo motivo, il ricorrente contestava la qualificazione dell’abuso come illecito permanente, sostenendo che la violazione si esaurisce con la cessazione dell’attività di costruzione. La Corte di Cassazione ha rigettato fermamente questa tesi. Citando una consolidata giurisprudenza, ha ribadito che la realizzazione di opere non autorizzate in aree soggette a vincoli dà vita a un illecito permanente. La condotta illecita non è solo la costruzione, ma anche il mantenimento dell’opera abusiva che continua a violare la legge. Pertanto, il termine di prescrizione quinquennale inizia a decorrere solo dal momento in cui cessa la permanenza, ad esempio con la demolizione del manufatto o, in mancanza di prova, dalla data di accertamento dell’illecito.

Il Difetto di Legittimazione Passiva

Il secondo motivo di ricorso si è rivelato decisivo. Il ricorrente ha lamentato un difetto di legittimazione passiva, sostenendo di non essere il corretto destinatario della sanzione. Aveva infatti prodotto documentazione che attestava come la concessione dello stabilimento balneare fosse intestata a un’altra persona. La Corte d’Appello aveva liquidato la questione in modo sbrigativo e “apodittico”, affermando la sua responsabilità in quanto “proprietario” del campeggio, senza motivare tale conclusione e senza considerare che l’ordinanza lo sanzionava come “concessionario”.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha accolto il secondo motivo di ricorso. Pur confermando il principio per cui l’abuso edilizio in area doganale costituisce un illecito permanente, ha censurato la sentenza d’appello per la sua grave carenza motivazionale su un punto decisivo. I giudici di secondo grado non avevano affatto esaminato la questione della titolarità della concessione, un aspetto fondamentale per stabilire chi fosse il soggetto tenuto a rispettare le norme e, di conseguenza, il responsabile della violazione.

La Corte ha sottolineato che la responsabilità per l’abuso grava su chi realizza le opere, ma è onere dell’amministrazione e del giudice verificare con precisione l’identità del trasgressore, specialmente quando questa viene contestata con prove documentali. L’affermazione apodittica e non motivata della Corte d’Appello ha costituito una violazione delle norme procedurali, rendendo necessaria la cassazione della sentenza.

Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza ha portato a due importanti risultati:
1. Conferma del principio: La realizzazione di opere abusive in prossimità della linea doganale è un illecito permanente. La prescrizione decorre non dalla fine dei lavori, ma dalla cessazione della situazione illegale (es. demolizione).
2. Annullamento con rinvio: La sentenza impugnata è stata cassata perché il giudice di merito non ha adeguatamente motivato la ragione per cui ha ritenuto il ricorrente il soggetto responsabile, ignorando le prove prodotte sul legittimo titolare della concessione.

Il caso è stato quindi rinviato alla Corte di Appello, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la vicenda, concentrandosi sulla questione cruciale della legittimazione passiva per decidere a chi debba essere imputata la violazione.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per una costruzione abusiva in area soggetta a vincolo doganale?
Trattandosi di un illecito permanente, il termine di prescrizione di cinque anni non inizia a decorrere dal completamento dei lavori, ma dal giorno in cui la situazione illecita cessa (ad esempio, con la demolizione dell’opera). Se non vi è prova di tale cessazione, il termine decorre dalla data dell’accertamento della violazione da parte delle autorità.

Cosa significa “illecito permanente” in questo contesto?
Significa che la violazione della legge non si esaurisce con l’atto di costruire, ma perdura nel tempo finché l’opera abusiva rimane in piedi. Il mantenimento stesso della costruzione non autorizzata costituisce una condotta che continua a ledere l’interesse protetto dalla norma.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza pur confermando la natura permanente dell’illecito?
La sentenza è stata annullata perché la Corte d’Appello non ha esaminato né motivato adeguatamente un punto cruciale sollevato dal ricorrente: il suo presunto difetto di legittimazione passiva. Il giudice di merito non ha verificato se il soggetto sanzionato fosse effettivamente il titolare della concessione e quindi il responsabile della violazione, rendendo la sua decisione viziata per carenza di motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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