Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 30448 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 30448 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 18/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30172/2021 R.G. proposto da :
COGNOME NOME , elettivamente domiciliata in Roma in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE,
rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME, COGNOME NOME
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’appello, sez. dist. di Sassari, n. 162/2021 depositata il 23/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE), dopo aver dato atto di aver acquistato un lotto di terreno con insistente fabbricato, confinante con la proprietà di NOME COGNOME, agì in giudizio per far accertare che la predetta, nel sopraelevare la propria costruzione, aveva occupato abusivamente porzioni immobiliari di sua proprietà, con una riduzione di volumetrie realizzabili e vendibili in misura pari a 14.13 mc, avanzando oltre il confine sino all’interno del lotto confinante e per tutta la sua lunghezza.
A tal fine l’odiern a società controricorrente chiese, previa acquisizione dell’accertamento tecnico preventivo depositato in data 11.02.2013, affermarsi la ‘responsabilità’ di NOME COGNOME per tutti i ‘danni’ conseguenti agli interventi edilizi eseguiti, con seguente condanna al pagamento del la somma di € 12.600,00, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria sino al totale soddisfo.
NOME COGNOME si costituì contestando i presupposti dell’azione avversaria ed affermando il corretto esercizio delle facoltà riconosciutele dagli artt. 884 e 885 c.c.
Il giudice di primo grado rigettò la domanda escludendo che nella specie si trattasse di muro comune, evidenziò che le facoltà edificatorie della RAGIONE_SOCIALE dovessero essere individuate e ricostruite sulla base dell’atto di acquisto del 2011 (ossia considerando l’edificazione già esistente, posta in essere dalla RAGIONE_SOCIALE) e affermò che comunque, nell’ipotesi, avrebbe trovato applicazione l’art. 885 c.c.
La decisione venne impugnata dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, evidenziando che in forza della costruzione realizzata dalla COGNOME era impossibile appoggiare il proprio stabile al manufatto che non era idoneo a sopportare i carichi e sovraccarichi di costruzione.
L’appello fu accolto.
Il giudice di secondo grado chiarì che l’appellante aveva proposto una domanda risarcitoria avente ad oggetto le facoltà edificatorie pregiudicate dalla costruzione realizzata, non sul confine, ma su quota parte della proprietà altrui; sicché legittimato a proporre siffatta domanda era il titolare del diritto leso, nell’ordinario termine di prescrizione, essendosi al cospetto di un’occupazione abusiva che costituiva un illecito a carattere permanente (nella specie la costruzione risaliva al 2003, l’acquisto era intervenuto il 2.11.2011, la domanda di ATP era del 11.2.2013). Pertanto, nessun pregio aveva la contestazione dell’appellata in punto di anteriorità dell’evento pregiudizievole rispetto all’acquisto del diritto di proprietà.
Peraltro, erano pacifici, in quanto non contestati dalla RAGIONE_SOCIALE, sia il diritto di proprietà in capo alla RAGIONE_SOCIALE sia la linea di confine tra i fondi costituita dal muro, come anche accertato dal consulente tecnico in fase di a.t.p.
In particolare, l’ausiliario identificò, analizzando le planimetrie allegate all’atto di divisione nel 1983, il confine nella linea tratteggiata posta a metà dello spessore del vecchio muro e non nella parete della nuova fabbrica eretta dalla COGNOME.
La costruzione non costituiva dunque una costruzione in aderenza sul confine ‘ma una costruzione che per 20 cm e su tutta
la lunghezza del muro corre sulla proprietà RAGIONE_SOCIALE.’ Di qui l’inapplicabilità dell’art. 885 c.c.
Il giudice, inoltre, evidenziò che le conclusioni cui era pervenuto il CTU non erano state contestate dalle parti.
Avverso la prefata decisione ricorre NOME COGNOME con dieci motivi.
A seguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, la ricorrente ha chiesto la decisione ex art. 380-bis, comma 2, c.p.c.
In prossimità dell’udienza la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va esclusa un’eventuale situazione di incompatibilità a comporre il collegio giudicante da parte del consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione accelerata del ricorso atteso.
Nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex art. 380bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione, come avvenuto nella specie, può far parte – ed eventualmente essere nominato relatore – del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio
conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa (v., Cass., Sez. Un., 10 aprile 2024, n. 9611).
Premesso quanto innanzi possono ora trattarsi i motivi di ricorso.
2.Con la prima doglianza si denuncia la violazione degli artt. 1218, ovvero 2043, c.c., 81, 100 c.p.c., ex art. 360 n. 3 c.p.c.,’ per aver il giudice di merito confuso la permanenza degli effetti con la permanenza dell’illecito e, conseguentemente, ‘per aver erroneamente dedotto la legittimazione ad agire di RAGIONE_SOCIALE (non in base all’accertamento del diritto di proprietà leso al momento dell’evento dannoso, bensì)’ in base al fatto che la Società fosse proprietaria dell’immobile danneggiato e, in quanto tale titolare del diritto al risarcimento .
Con la seconda censura di denuncia l’omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, ex art. 360 n. 5 c.p.c., per non aver esaminato la circostanza dell’istantaneità della causa del danno.
4 . Con il terzo strumento impugnatorio si denuncia la falsa applicazione degli artt. 874, 877, 884 e 885 c.c., ex art. 360 n. 3 c.p.c., per aver erroneamente determinato la linea di confine tra i fondi, e conseguentemente l’asserito pregiudizio subito, sulla scorta delle ‘planimetrie catastali allegate all’atto di divisione del 1983’, piuttosto che, come operato nella sentenza 627/2018 del Tribunale, sulla scorta del titolo di acquisto di RAGIONE_SOCIALE e dei relativi allegati, e aver così erroneamente applicato gli artt. 874, 877, 884 e
885 c.c. in base a uno stato di fatto e di diritto difforme da quello esistente al momento dell’acquisto del diritto di proprietà attoreo.
Con il quarto motivo si denuncia l’omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, in modo rilevante ex art. 360 n. 5 c.p.c., per non aver preso in alcuna considerazione il titolo di acquisto di RAGIONE_SOCIALE nella determinazione della linea di confine tra i fondi.
6 . Con la quinta censura si denuncia la violazione degli artt. 111, co. 6 Cost, 113 c.p.c., in modo rilevante ex art. 360 n. 3 c.p.c., per aver condannato COGNOME a corrispondere a RAGIONE_SOCIALE l’importo pari a € 12.600,00 senza previamente dichiarare il titolo (e la fattispecie ivi sottesa) in base al quale è pronunciata la condanna.
7 . In via subordinata, con la sesta censura si denuncia la violazione degli artt. 885, 1218 (o 2043) c.c., ex art. 360 n. 3 c.p.c., per aver il giudice di merito erroneamente dichiarato la ‘responsabilità’ per fatto illecito di COGNOME NOME in relazione all’impossibilità, per RAGIONE_SOCIALE, di ‘appoggiare il proprio stabile sul muro comune’, benché il pregiudizio anzidetto fosse sussumibile nella diversa fattispecie dell’indennizzo ex art. 885, co. 2 c.c., e, dunque, per aver erroneamente ravvisato l ‘illecito’ di COGNOME .
In ulteriore subordine, si denuncia con la settima censura la violazione degli artt. 1218, ovvero 2043, c.c., ex art. 360 n. 3 c.p.c., per aver erroneamente dichiarato la responsabilità di NOME COGNOME in relazione al ‘danno subito’, benché esso fosse stato concretamente individuato nell’impossibilità, per RAGIONE_SOCIALE, di ‘appoggiare il proprio stabile sul muro comune’ e (benché) questa
(impossibilità) non fosse stata correlata causalmente a una condotta illecita di COGNOME, ma a caratteristiche intrinseche del muro de quo.
9 . In via ulteriormente subordinata, si denuncia con l’ottavo motivo il vizio di extrapetizione ex art. 112 c.p.c., ex art. 360, n. 3 o n. 4 c.p.c., per avere la sentenza pronunciato su una domanda diversa (indennizzo ex art. 885, co. 2 c.c. per le preclusioni correlate alla sopraelevazione) da quella concretamente formulata da RAGIONE_SOCIALE nell’atto di citazione 11.05.2015 (risarcimento del danno per abusiva occupazione di fondo altrui).
Si denuncia inoltre, con il nono motivo, la violazione degli artt. 2909 c.c., 324 c.p.c., in modo rilevante ex art. 360 n. 3 c.p.c., per non aver rilevato la formazione del giudicato sulla carenza di prova dei presupposti della pretesa risarcitoria, relativamente al posizionamento dei pilastri all’interno della struttura muraria .
11 . Con la decima censura si denuncia l’omesso esame di fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 n. 5 c.p.c., per non aver preso in alcuna considerazione i fatti basanti tutte le ragioni per le quali la sentenza 627/2018 ritenne infondata la domanda attorea, e la per carenza di prova dei presupposti della pretesa risarcitoria (in specie: posizionamento dei pilastri all’interno della struttura muraria ) .
Il primo ed il secondo motivo del ricorso sono infondati.
Con essi si contesta la statuizione secondo cui la COGNOME avrebbe occupato parte della proprietà dell’odierna controricorrente. La Corte di Appello, sul punto, ha richiamato il contenuto della C.T.U. esperita in sede di accertamento tecnico preventivo, il cui esito non era stato peraltro contestato dalle parti, dando atto che l’ausiliario aveva
accertato che il confine tra le proprietà delle parti era posto in corrispondenza della linea mediana del muro di confine. La Corte distrettuale ha, quindi, ritenuto che la sopraelevazione del detto muro realizzata dalla COGNOME non costituisse una costruzione in aderenza sul confine ma ‘una costruzione che per 20 cm e su tutta la lunghezza del muro corre sulla proprietà RAGIONE_SOCIALE (cfr. pag. 8 della sentenza).
Si tratta all’evidenza di un accertamento in punto di fatto compiuto dal giudice di merito.
Per consolidato orientamento di legittimità, le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. descrivono i due momenti nei quali si articola il giudizio di diritto, ovvero quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto e quello afferente all’applicazione della norma stessa, una volta correttamente individuata ed interpretata.
Più precisamente, il vizio di violazione di legge consiste nell’inesatta ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e si risolve nella negazione o affermazione erronea dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata, mentre il vizio di falsa applicazione di legge consiste o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista -pur rettamente individuata e interpretata- non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta,
conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione.
Non rientra, invece, nell’àmbito applicativo dell’evocato paradigma processuale l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, la quale è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (cfr. Cass. n. 9293/2023, Cass. n. 21844/2022, Cass. n. 14199/2012, Cass. n. 21944/2020).
La ricorrente, con le prime due censure proposte, mira, attraverso l’apparente denuncia di pretese violazioni di norme di legge e di princìpi di diritto, nonché attraverso la pretesa omessa valutazione di fatti decisivi, a sollecitare una diversa ricostruzione della quaestio facti rispetto a quella operata dalla Corte d’Appello e ad ottenere un riesame del materiale probatorio, allo scopo di farne derivare una decisione diversa da quella cui è pervenuto il giudice distrettuale e conforme alle proprie aspettative. Si tenta, per questa via, di realizzare la surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un non consentito terzo grado di merito (cfr. Cass. n. 12465/2022, Cass. n. 11261/2022, Cass. n. 8758/2017), così totalmente obliterandosi che il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. non può essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr. Cass. n. 33186/2023, Cass. n. 32398/2022, Cass. n. 15568/2020, Cass. n. 27475/2019).
Né è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui ‘l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la
valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014)
Nel caso di specie, inoltre, la motivazione della sentenza impugnata non risulta viziata da apparenza, né manifestamente illogica, ed è idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale e a dar atto dell’iter logico -argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639).
Deve, infine, aggiungersi che l’illecito posto in essere dalla COGNOME è un illecito a carattere permanente e che, pertanto, differentemente da quanto sostenuto dalla stessa, legittimato a proporre la relativa è il titolare del diritto nel momento in cui il danno sussiste e non solo nel momento in cui il danno è stato realizzato.
Il terzo ed il quarto motivo sono inammissibili perché con essi si contesta la valutazione delle prove e l’interpretazione dei titoli di proprietà, in relazione all’individuazione del confine fatta propria dalla Corte di Appello.
Quest’ultima, infatti, sulla base dei rilievi del C.T.U., ha accertato come il confine giaceva sulla mezzeria del muro esistente tra i due fondi avendo la società RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato ‘in data 15 -022011 dagli eredi COGNOME il fondo contraddistinto dal mapp. 312 sub 2, separato dal proprio da un muro posto sul confine, dello spessore di 40 cm. circa’ (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).
Anche con riferimento alla terza ed alla quarta censura valgono le osservazioni riportate in relazione ai primi due motivi respinti. NOME COGNOME anche in questo caso mira a sollecitare una rivisitazione delle emergenze probatorie, circostanza inibita in sede di legittimità.
La COGNOME afferma inoltre che, quando la società RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato il proprio fondo, il muro già esisteva, poiché altrimenti non avrebbe potuto essere indicato, nel rogito del 2011, come confine.
Tale circostanza, come anche già osservato nella proposta di definizione ex art. 380-bis c.p.c. non prova né che il muro fosse stato eretto dalla COGNOME, e dunque fosse di sua proprietà, né tantomeno che esso giacesse per intero nel suo terreno. Sicché la preesistenza del muro rispetto al titolo di acquisto vantato dalla società RAGIONE_SOCIALE è elemento non dirimente al fine di superare la statuizione di proprietà comune dello stesso.
Il quinto, il sesto, il settimo e l’ottavo motivo possono essere trattati insieme, in quanto connessi e sono infondati.
Essi attingono la statuizione con la quale alla RAGIONE_SOCIALE è stato riconosciuto un danno pari ad € 12.600,00. La Corte distrettuale, al riguardo, ha ravvisato la compromissione del diritto di proprietà dell’odierna controricorrente, corrispondente alla minor cubatura realizzabile sul suo fondo per effetto della parziale occupazione dello stesso realizzata dalla COGNOME, ed ha stimato il danno richiamando, anche su tale aspetto, il contenuto della C.T.U., che aveva accertato il valore di € 12.600, a fronte dell’occupazione di totali 5,40 mq. del suolo di proprietà RAGIONE_SOCIALE (cfr. pag.-9 della sentenza). Anche in tal caso, come già in relazione ai precedenti motivi, si tratta di un accertamento di merito al quale la ricorrente contrappone la propria ricostruzione fattuale, dalla quale fa discendere una conseguente diversa qualificazione delle domande formulate, onde possono richiamarsi gli argomenti già espressi in relazione al rigetto delle prime due censure proposte.
15. Il nono e il decimo motivo, possono essere trattati insieme in quanto connessi, sono infondati. Con essi viene dedotta la violazione del giudicato interno, configurato -nella prospettiva della ricorrente -per effetto della mancata contestazione, da parte di RAGIONE_SOCIALE, del punto della sentenza di prime cure che aveva ritenuto carente la prova della pretesa risarcitoria.
Deve al riguardo ribadirsi che ‘costituisce capo autonomo della sentenza -come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato interno -solo quello che risolva una questione controversa tra le parti, caratterizzata da una propria individualità e una propria autonomia, sì da integrare, in astratto, gli estremi di un decisum affatto indipendente, ma non anche quello relativo ad affermazioni
che costituiscano mera premessa logica della statuizione in concreto adottata’ (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 2379 del 31/01/2018, Rv. 647932; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22863 del 30/10/2007, Rv. 599955)
Nella specie la società controricorrente aveva proposto appello avverso la decisione di prime cure -come emerge a pag. 5 della sentenza impugnata -anche ‘per essersi il Tribunale discostato dagli esiti della CTU nella parte in cui non valutava la riduzione delle facoltà edificatorie nel lotto acquistato, causata dalle scelte tecniche della confinante, danno quantificato dal CTU nell’importo di euro € 12,600’ . Sicché la questione del danno era stata riproposta in appello; pertanto, sul punto, nessun giudicato interno risulta formatosi.
Conclusivamente il ricorso va respinto con condanna alle spese secondo soccombenza, liquidate in ragione del valore di lite. Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta non accettata, si applicano gli ultimi due commi dell’art. 96 c.p.c., contenendo l’art.380 bis, ult. co. c.p.c. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di un’ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte (S.U. n. 27195, 27433, 36069 del 2023, e Cass. 27947 del 20 23), l’una come ulteriore aggravamento della condanna alle spese, l’altra con funzione prettamente sanzionatoria a favore della collettività.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del DPR n.115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 -bis del citato D.P.R., se dovuto.
p.q.m.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna altresì le ricorrenti, ai sensi dell’art. 96 III e IV comma c.p.c., al pagamento della somma di euro 5.300,00 in favore della controricorrente ed euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del DPR n.115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1-bis del citato D.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 18 settembre 2025
Il Presidente NOME COGNOME