Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 13072 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 13072 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/05/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 22138/24 proposto da:
-) NOME COGNOME NOME , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
-) Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma ;
– intimato – udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 gennaio 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME viste le conclusioni scritte della Procura Generale, in persona dell’Avvocato Generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
L’avvocato odierno ricorrente fu condannato dalla Corte d’appello di Roma in via definitiva per il delitto di calunnia, commessa in danno di due colleghi di studio.
Il giudizio penale ebbe il seguente svolgimento:
Oggetto: disciplinare avvocati – inadempimento di obbligazioni scaturenti da sentenza di condanna – natura di illecito permanente conseguenze.
-) in primo grado il professionista fu condannato a quattro anni di reclusione con sentenza 14.3.2008 e al risarcimento del danno a favore delle parti civili;
-) in appello alcuni dei reati oggetto di imputazione furono dichiarati prescritti; per la parte restante l’imputato fu condannato con sentenza 6.12.2010 alla minor pena di un anno e otto mesi di reclusione, ferme le statuizioni civili;
-) il ricorso per cassazione dell’imputato fu dichiarato inammissibile con sentenza 18.10.2011.
Parallelamente alle vicende del giudizio penale iniziò il procedimento disciplinare che ebbe il seguente svolgimento:
-) dopo la sentenza di primo grado il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati deliberò l’ apertura del procedimento disciplinare in data 24.7.2008;
-) dopo la proposizione dell’appello da parte dell’imputato il procedimento fu sospeso.
Il procedimento disciplinare rimase in stato di quiescenza per nove anni.
Nel frattempo, promulgata la riforma dell’ordinamento professionale ed introdotti i Consigli di Disciplina, il (nuovo) consigliere istruttore solo nel 2019, chieste informazioni alla Corte d’appello di Roma ed alle parti offese, apprese dalla prima che la sentenza di condanna era passata in giudicato nel 2011; e dalle seconde che l’odierno ricorrente non le aveva risarcite, né aveva rimborsato loro le spese di lite.
Appresi questi fatti, il CDD revocò in autotutela il precedente capo di incolpazione e il 27.4.2020 deliberò di contestare all’avv ocato un diverso capo di incolpazione, questa volta fondato sulla violazione degli artt. 5 e 59 del vecchio codice deontologico (corrispondenti agli artt. 9 e 64 del nuovo codice deontologico), per non avere adempiuto le obbligazioni civili scaturite dalla condanna penale.
Con decisione 21.1.2022 n. 147 il CDD, dopo avere rigettato l’istanza di rinvio formulata dall’incolpat o (istanza giustificata adducendo problemi di salute ritenuti dal CDD non provati), lo condannò alla sospensione dall’esercizio della professione per tre anni.
La decisione fu impugnata.
Il Consiglio Nazionale Forense con sentenza n. 324 del 2024 rigettò il gravame, ritenendo che:
-) la mancata audizione dell’incolpato durante la fase preliminare non era causa di nullità, e comunque non era dimostrato l’impedimento assoluto ad essere ascoltato;
-) correttamente il CDD aveva ritenuto non dimostrato l’impedimento assoluto dell’incolpato a partecipare all’udienza del 23.11.2021;
-) nemmeno poteva ritenersi dimostrata l’ esistenza di un impedimento legittimo e assoluto, per motivi di salute, a supporto dell’istanza di rinvio formulat a dall’incolpato anche nel procedimento dinanzi al CNF;
-) non vi era pregiudizialità tra il procedimento disciplinare e il pendente giudizio di revisione della sentenza penale di condanna;
-) l’azione disciplinare non era prescritta, in quanto al professionista era stato contestato un illecito disciplinare permanente (mancato risarcimento delle parti offese), ed alla data di apertura del procedimento disciplinare l’inadempimento permaneva;
-) l’eventuale prescrizione del credito vantato dalle parti offese era irrilevante sul piano disciplinare;
-) la sanzione irrogata era congrua tenuto conto della qualità delle parti offese (colleghi di studio); della permanenza della condotta illecita; del comportamento dell’incolpato, che a espressa domanda del consigliere istruttore circa la sorte del giudizio penale non solo aveva risposto dopo sei mesi, ma per di più aveva negato di conoscerne l’esito.
La sentenza del CNF è stata impugnata per cassazione dal soccombente con ricorso fondato su cinque motivi.
La Procura Generale, in persona dell’Avvocato Generale, ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
Col primo motivo è prospettata la violazione dell’articolo 56 della legge professionale.
La censura non è illustrata in altro modo se non con la deduzione che l’azione disciplinare è stata proposta nove anni dopo la conclusione del giudizio penale.
1.1. il motivo è manifestamente inammissibile.
Esso infatti trascura di confrontarsi con la motivazione sottesa dalla sentenza impugnata, e cioè che trattandosi di illecito permanente la prescrizione non poteva decorrere fino a che non fosse cessata la permanenza.
2. Il secondo motivo di ricorso.
Col secondo motivo la sentenza impugnata è censurata nella parte in cui ha ritenuto non dimostrato un impedimento assoluto e legittimo dell’incolpato a partecipare:
all’udienza dibattimentale del 23.11.2021 dinanzi al CDD;
all’udienza del 23.5.2024 dinanzi al CNF.
Il ricorrente deduce al riguardo che il CNF ‘ non aveva la competenza tecnica ‘ per valutare il contenuto dei certificati medici depositati dall’incolpato a supporto dell’istanza di rinvio, e che comunque la motivazione adottata su questo punto sarebbe ‘ illogica e contraddittoria ‘.
2.1. Il motivo è inammissibile per più ragioni.
In primo luogo è inammissibile ex articolo 366 n. 6 c.p.c., in quanto il ricorrente non riassume specificamente il contenuto dei documenti sui quali il ricorso si fonda, e che si assumono inadeguatamente valutati dal CDD.
In secondo luogo il motivo è inammissibile in quanto lo stabilire se una certificazione medica sia o non sia dimostrativa di un impedimento assoluto a presenziare all’udienza costituisce una valutazione di fatto riservat a al giudice di merito.
3. Il terzo motivo di ricorso.
Col terzo motivo il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia applicato la sanzione disciplinare prevista dall’articolo 64 del nuovo codice deontologico forense, senza previamente valutare se il codice vigente fosse più favorevole. Tale valutazione, prosegue il ricorrente, era doverosa, giusta la previsione dell’articolo 65 del codice deontologico vigente.
3.1. Il motivo è manifestamente inammissibile per estraneità alla ratio decidendi .
Come già detto, il CNF ha qualificato come ‘permanente’ l’illecito commesso dall’incolpato , e dunque correttamente ha applicato il codice deontologico vigente al momento dell’incolpazione, momento nel quale la permanenza dell’ illecito non era cessata (2020).
In ogni caso la sanzione prevista dall’art. 64 del codice deontologico vigente è più favorevole della corrispondente previsione dell’art. 59 del codice previgente : mentre, infatti, quest’ultimo non fissava alcun tetto massimo alla sanzione irrogabile, quello vigente prevede (art. 64) la sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi.
4. Il quarto motivo di ricorso.
Col quarto motivo è censurata la sentenza impugnata nella parte in cui ha dato rilievo, ai fini dell’applicazione dell’a ggravante, alla circostanza che l’incolpato non tenne una condotta trasparente nel rispondere alle domande del consigliere istruttore. Il ricorrente invoca il principio nemo tenetur se detegere e sostiene che esso trova applicazione anche nel procedimento disciplinare.
4.1. Il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza, in quanto le reticenti dichiarazioni dell’incolpato circa la pendenza del procedimento penale sono state solo uno (e non decisivo) dei plurimi argomenti coi quali il CNF ha giustificato l’applicazione del massimo della sanzione.
5. Il quinto motivo di ricorso.
Col quinto motivo è prospettato il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, costituito dall ‘intervenuta transazione fra l’odiern o ricorrente e le parti offese dal reato.
5.1. L’esame di questo motivo non può avere corso, poiché il suddetto documento non risulta allegato agli atti (art. 369 c.p.c.).
In ogni caso la censura è altresì inammissibile perché, in violazione del precetto imposto a pena di inammissibilità dell’articolo 366 n. 6 c.p.c. , il ricorrente non indica in quale fase processuale fu prodotto il suddetto documento, né ne riassume adeguatamente il contenuto.
L’istanza di sospensione resta assorbita dalla decisione nel merito del ricorso.
Non è luogo a provvedere sulle spese, dal momento che la parte intimata non ha svolto attività difensiva
P.q.m.
La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso;
dichiara assorbita l’istanza di sospensione .
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili della