Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 14701 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 14701 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8136/2025 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME;
-ricorrente-
contro
CONSIGLIO DELL’ ORDINE DEGLI AVVOCATI DI FERMO;
-intimato- avverso la SENTENZA del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE ROMA n. 85/2025, depositata il 28/03/2025.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina (C.D.D.) di Ancona, adottata in data 7 dicembre 2023, depositata il 6 maggio 2024 e notificata il successivo 9 maggio, l ‘ Avvocato NOME COGNOME veniva sanzionato disciplinarmente con la sospensione per mesi due dall ‘ esercizio della professione forense, essendo ritenuto responsabile delle condotte ascrittegli con il capo di incolpazione deliberato nella seduta di apertura del procedimento disciplinare del 17 aprile 2023 del seguente tenore: ‘ Violazione degli artt. 64 comma 2 e 9 comma 2 del codice deontologico forense per avere omesso, relativamente alla vicenda COGNOME, di rifondere quest ‘ ultimo delle spese processuali poste a suo carico dalla sentenza n. 18053/2017 del 21/7/2017 della Suprema Corte di Cassazione, Sesta Sezione Civile, nonché per essere stato attinto da atto di pignoramento, notificato ai terzi BPER banca S.p.a. e COGNOME NOME il 21/7/2017 ed ad esso Avv. COGNOME il 12/1/2018, avendo mancato di rifondere il predetto Mecozzi delle spese processuali liquidate a favore del medesimo dalla sentenza n. 204/2015 del 3/2/2015 della Corte di Appello di Ancona: violando, così, anche i doveri di probità, dignità e decoro, nella salvaguardia della propria reputazione e dell ‘ immagine della professione forense’.
1.1. -Gli anzidetti addebiti originavano dall ‘ esposto presentato al Consiglio dell ‘ Ordine degli Avvocati di Fermo il 14 dicembre 2018 dall ‘ Avvocato NOME COGNOME il quale, all ‘ epoca dei fatti difensore di NOME COGNOME in due procedure esecutive presso terzi promosse nei confronti dell ‘ Avvocato COGNOME rappresentava che quest ‘ ultimo non aveva provveduto al pagamento in favore dello stesso COGNOME del credito da costui vantato, a titolo di spese giudiziali, in forza della sentenza della Corte di appello di Ancona
n. 204/2005 e della sentenza della Corte di cassazione n. 18053/2017.
In base ai menzionati titoli giudiziali erano state instaurate delle procedure esecutive; dapprima, a seguito di atto di precetto in data 3 agosto 2015 e, quindi, pignoramento presso terzi notificato in data 11 novembre 2015 (procedura esecutiva R.G.E. n. 830/2015 Tribunale di Fermo) e, poi, con ulteriore pignoramento presso terzi di credito vantato dall ‘ Avvocato COGNOME (procedura esecutiva R.G.E. n. 830/2018).
-L ‘ impugnazione avverso la decisione del C.D.D. di Ancona promossa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME veniva rigettata dal Consiglio Nazionale Forense (C.N.F.) con sentenza resa pubblica il 28 marzo 2025, n. 85.
2.1. -Il C.N.F., a fondamento della decisione (e per quanto ancora rileva in questa sede), osservava che: a ) l ‘ addebito non poteva reputarsi prescritto in quanto: a.1 ) l ‘ inadempimento delle obbligazioni nei confronti dei terzi era illecito permanente, per cui la prescrizione decorreva dalla data di cessazione della Condotta; a.2 ) il C.D.D. aveva correttamente qualificato l ‘ illecito contestato come permanente, avendo accertato ‘la comprovata persistenza dell ‘ inadempimento dell ‘ obbligazione nei confronti del signor COGNOME da parte dell’Avvocato COGNOME il quale non aveva ‘fornito idonea prova dell ‘intervenuto adempimento’; a.3 ) in applicazione dell ‘art. 56 della legge n. 247/2012 e del principio per cui ‘un limite alternativo alla permanenza deve in ogni caso essere individuato nella decisione disciplinare di primo grado’, il termine prescrizionale di sette anni e sei mesi, decorrente dal 9 maggio 2024 (data di notificazione della decisione del C.D.D. di Ancona), non era, dunque, maturato; b ) non era ravvisabile la violazione del diritto di difesa, lamentata dall ‘incolpato, ‘per essere stati cambiati innumerevoli volte i capi di incolpazione contestatigli’; b.1 ) il C.D.D., con delibera del 21 giugno 2021, comunicata all ‘ Avvocato
COGNOME il successive 30 giugno, approvava dapprima i seguenti capi di incolpazione: ‘ a) per la violazione dell ‘ art. 23 4 comma CDF per avere l ‘ incolpato consigliato alla cliente COGNOME azioni inutilmente gravose. Fatti avvenuti nell ‘ anno 2012. b) per la violazione dell ‘ art. 38 1 comma CDF per aver promosso un giudizio contro due colleghi (avv. COGNOME e avv. COGNOME) per fatti attinenti alla professione senza avergliene dato previo avviso in relazione alla vicenda COGNOME. Fatti avvenuti nel 2013. c) per la violazione di cui all ‘ art. 64 co.2 CDF per non aver adempiuto alle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi in relazione alla vicenda Mecozzi violando anche i canoni di probità, dignità e decoro richiesti nell ‘esercizio della professione. Fatti avvenuti nel 2015’ ; b.2 ) con successiva delibera del 17 aprile 2023, ‘lette le difese svolte dall ‘avv. COGNOME, il C.D.D. riteneva prescritti gli addebiti di cui agli anzidetti capi di incolpazione sub a) e b) , mentre disponeva la citazione a giudizio in relazione al capo di incolpazione sub c) , formulato nei termini che avevano, poi, determinato l ‘ irrogazione della sanzione della sospensione dall ‘ esercizio della professione forense per mesi due; b.3 ) ‘dal raffronto tra i capi di incolpazione e l ‘ addebito per cui l ‘incolpato è stato citato a giudizio’ si evinceva ‘una semplice enunciazione più chiara e precisa degli addebiti richiamando con maggior attenzione gli stessi fatti già descritti nel dettaglio nelle contestazioni di cui all ‘ esposto ed al capo di incolpazione c) come formulato in origine e puntualmente comunicato all ‘ incolpato che ha potuto svolgere tutte le difese del caso con riferimento alle violazioni degli artt. 64, c. 2 e 9, c. 2, relativa ai rapporti con il sig. COGNOME; b.4 ) non sussisteva, quindi, ‘una radicale trasformazione degli addebiti’ e, pertanto, non era ravvisabile ‘una violazione del principio di correlazione tra fatti contestati e quelli assunti alla base della decisione e, perciò, una violazione del contraddittorio e dei diritti della difesa’; c ) quanto, poi, alla sussistenza delle violazioni contestate ai sensi degli artt.
64, comma 2, e 9, comma 2, del codice deontologico, dalla documentazione in atti (segnatamente, la sentenza n. 204/2015 della Corte di appello di Ancona e la sentenza n. 18053/2017 della Corte di cassazione, confermativa della prima) e dalle dichiarazioni dell ‘ esponente Avvocato COGNOME (rese all ‘ udienza del 10 novembre 2023) risultava esistente il debito per spese legali dell ‘ Avvocato COGNOME nei confronti del COGNOME e il mancato adempimento di tale debito, mentre l ‘ incolpato non aveva fornito idonea prova contraria; c.1 ) inoltre, era dimostrato che l ‘ Avvocato COGNOME aveva ‘subito più di un procedimento di esecuzione presso terzi nel 2015 e successivamente nel 2018 (per il medesimo credito del signor COGNOME rimasto insoddisfatto)’ e che le ordinanze di estinzione e di sospensione prodotte dallo stesso incolpato non erano tali da ‘elidere la rilevanza delle violazioni deontologiche ascritte’, poiché in un caso (ordinanza del Tribunale di Fermo del 12.2.2016) l ‘estinzione del procedimento esecutivo era dovuta ‘semplicemente in considerazione delle dichiarazioni negative dei terzi pignorati e la conseguente impossibilità di procedere con l ‘ assegnazione di somme’, mentre in altro caso (ordinanza del Tribunale di Fermo del 4.6.2018) era sorta contestazione sul credito del terzo pignorato e quindi non se ne poteva disporre l ‘ assegnazione; d ) era, pertanto, ‘indubbio che le condotte tenute dall’ Avv. COGNOME abbiano costituito violazione degli articoli 64 comma 2 e 9 comma 2 del codice deontologico forense, essendo manifesto l ‘ inadempimento ad obbligazioni nascenti da sentenze rese in giudizi nei quali l ‘ incolpato agiva in proprio ex art. 86 c.p.c. per vantato credito professionale nei confronti del cliente signor COGNOME.
3. -Per la cassazione di tale sentenza ricorre l ‘ Avvocato NOME COGNOME chiedendone anche la sospensione dell ‘ esecuzione ex art. 36 della legge n. 247/2012; a tal fine, il ricorrente ha depositato separata istanza di sollecito alla fissazione dell ‘ udienza di trattazione.
4. -Con provvedimento presidenziale in data 9 maggio 2025 è stata fissata nell ‘ odierna camera di consiglio la trattazione congiunta dell ‘ istanza di sospensione e del fondo dell ‘ impugnazione, con riduzione del termine di sessanta giorni di cui all ‘ art. 380bis .1 c.p.c. in ragione dell ‘ urgenza e concessione di termini al pubblico ministero, al COA di Fermo e al ricorrente per deposito di memorie.
Hanno depositato memoria il pubblico ministero -che ha concluso per il rigetto del ricorso -e il ricorrente, mentre non ha svolto attività difensiva il COA di Fermo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Il ricorso si articola in tre ‘motivi’.
1.1. -Sotto un primo profilo si lamenta l ”eccesso di potere relativamente alla motivazione in punto di prescrizione’, deducendosi che il C.N.F. sarebbe incorso in ‘un evidente errore ermeneutico’, poiché ‘dalla mera lettura degli atti dell’ istruttoria anche dibattimentale, appare evidente e documentato come l ‘ ipotetica violazione sia stata inequivocabilmente ritenuta quale fatto a consumazione istantanea e non permanente’, tant’ è che il C.D.D. aveva provveduto, con verbale del 21 giugno 2021, ad archiviare, in quanto prescritti, ‘fatti del tutto analoghi (eventualmente anch ‘essi permanenti …) risalenti dal 2000 al 2008’.
In tale prospettiva, il ricorrente evidenzia, quindi, che anche la modifica del capo di incolpazione avvenuta con delibera del 17 aprile 2023 -che aveva eliminato la perifrasi ‘Fatti avvenuti nel 2015’ era tale da restringere «l ‘ ambito cronologico della contestazione alla sola ed esclusiva fattispecie relativa al precetto ‘non notificato’ nel 2017».
Il C.N.F. avrebbe, quindi, ‘respinto il ricorso sulla base di motivazione estranea a quanto posto a fondamento del provvedimento impugnato, sulla base di un ponderoso excursus
ermeneutico del tutto presuntivamente dedotto e totalmente estraneo alla fattispecie di cui all ‘originario capo di incolpazione’, che riguardava una ‘condotta omissiva risalente al 2015’.
Ne consegue, secondo il ricorrente, che il C.N.F., non avendo ritenuto ‘maturata la prescrizione di legge’, sarebbe incorso nel ‘vizio di extrapetizione, quale vizio motivazionale’, da ricondursi ‘alla fattispecie dell’eccesso di potere’.
1.2. -Sotto un secondo profilo – sulla scorta di considerazioni in parte sovrapponibili a quelle già spese con il primo motivo – si deduce ‘violazione di legge’, per aver la sentenza impugnata introdotto ‘un argomento totalmente nuovo ed estraneo alla pronuncia del C.D.D.’, nella quale era assente ogni qualificazione della violazione contestata in termini di condotta ‘a consumazione permanente’.
Il ricorrente sostiene che la sentenza del C.N.F. avrebbe, ‘di fatto, impedito all ‘ incolpato l ‘ esercizio del diritto alla difesa come costituzionalmente garantito, essendosi respinto il ricorso sulla base di una motivazione del tutto estranea e letteralmente contraddetta dalla impugnata sentenza del C.D.D.’.
A tal riguardo, si deduce che il ricorso contro la decisione del C.D.D. si era ‘fondato … sulla maturata prescrizione per il compiuto decorso ultranovennale dal fatto del 2015, surrettiziamente posto a fondamento della condanna di primo grado, ancorché del tutto estraneo al capo di incolpazione’, quale vizio che ‘era stato tempestivamente, espressamente e letteralmente denunciato già con il ricorso al C.N.F.’.
Sicché, argomenta ancora il ricorrente, sarebbero stati vulnerati i diritti di difesa di esso incolpato ‘in quanto condannato per motivazione nuova, estranea all ‘ impianto argomentativo della sentenza impugnata e documentalmente contraddetta dagli atti del procedimento di primo grado’.
1.3. -Sotto un terzo profilo si critica la sentenza impugnata ‘nel merito’.
Il ricorrente, oltre a reiterare le argomentazioni poste a fondamento dei precedenti ‘motivi’, assume che non potrebbe ‘mai ipotizzarsi una violazione a consumazione permanente di un fatto ancora sub iudice e quindi suscettibile di riforma o cassazione’, come è nel caso di specie, essendo, per l’ appunto, ‘tutt’ ora sub judice ‘ la ‘vicenda contenziosa con il COGNOME‘.
Sostiene al tal riguardo l ‘Avvocato COGNOME che la ‘perdurante pendenza di contenzioso giudiziale in forza del legittimo esercizio delle facoltà difensive di impugnare ed opporsi ai provvedimenti’ (come nel caso di specie) verrebbe ad escludere ‘totalmente la ipotetica rilevabilità della violazione ex art. 64 c. 2 C.D.F.’; diversamente opinando, ‘si concreterebbe un illegittimo sindacato, da parte dell ‘ organo di autodichia forense, sulla autonomia della funzione giurisdizionale del Giudice’.
-Va esaminato anzitutto, per priorità logica, il secondo motivo di ricorso.
La censura che viene veicolata è manifestamente infondata.
La natura permanente o istantanea dell ‘ illecito disciplinare contestato è questione che, sulla base dei fatti oggetto di incolpazione, spetta senz ‘ altro al C.N.F. esaminare e decidere in autonomia rispetto a quanto ritenuto dalla decisione assunta dal C.D.D., ove investito dell ‘ impugnazione del relativo provvedimento.
Va, infatti, rammentato che il procedimento davanti al Consiglio distrettuale ha natura amministrativa, seppure a carattere giustiziale, e si conclude con un atto che ha forma, natura e sostanza di provvedimento amministrativo (Cass., S.U., n. 20685/2018; Cass., S.U., n. 34476/2019; Cass., S.U., n. 20384/2021; Cass., S.U., n. 36660/2022; Cass., S.U., n. 9949/2024).
Tale ultimo atto diviene, quindi, il presupposto di un successivo procedimento di impugnazione avanti al C.N.F., il quale assume natura e funzione propriamente giurisdizionali, nel quale il giudice disciplinare è investito del potere di conoscere ogni aspetto della vicenda in contestazione (Cass., S.U., n. 34476/2019; Cass., S.U., n. 9949/2024).
Potere che, del resto, investe senz ‘ altro l ‘ accertamento in ordine alla prescrizione, o meno, dell ‘ illecito disciplinare, che è questione rilevabile d ‘ ufficio dal C.N.F. e, finanche, da questa stessa Corte, qualora non comporti indagini fattuali che sarebbero precluse in sede di legittimità (Cass., S.U., n. 36204/2023).
Peraltro, nella specie, non è in discussione che sia stato proprio l ‘ Avvocato COGNOME a chiedere, con il ricorso al C.N.F., una declaratoria di prescrizione degli addebiti (cfr. p. 5 della sentenza impugnata in questa sede).
Non è, quindi, ravvisabile nella pronuncia del C.N.F. una lesione del diritto di difesa, garantito dall ‘ art. 24 Cost.
Né una tale lesione in danno dell ‘ incolpato troverebbe consistenza nel fatto -solo accennato tra le righe del ricorso -che non vi sia corrispondenza tra la decisione assunta dal C.N.F. e i fatti contestati, che l ‘ Avvocato COGNOME fa risalire al 2015, richiamando l ‘ originario capo di incolpazione.
E ‘ lo stesso C.N.F., con la sentenza impugnata in questa sede, ad evidenziare, in coerenza con le emergenze probatorie (richiamando, segnatamente, le sentenze n. 204/2015 della Corte di appello di Ancona e n. 18053/2017 di questa Corte), che il capo di incolpazione definitivo era ‘una semplice enunciazione più chiara e precisa degli addebiti richiamando con maggior attenzione gli stessi fatti già descritti nel dettaglio nelle contestazioni di cui all ‘ esposto ed al capo di incolpazione c) come formulato in origine e puntualmente comunicato all ‘ incolpato che ha potuto svolgere tutte le difese del caso con riferimento alle violazioni degli artt. 64, c. 2 e
9, c. 2, relativa ai rapporti con il sig. COGNOME (cfr. sintesi al § 2.1. dei ‘Fatti di causa’ e p. 10 della sentenza del C.N.F.).
Ratio decidendi , quest ‘ ultima, che non solo trova conforto proprio nella sentenza n. 18053/2017 di questa Corte, confermativa della decisione della Corte territoriale n. 204/2015 (che aveva dichiarato inammissibile l ‘ appello dell ‘ Avvocato COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Fermo che, a sua volta, ne aveva rigettato la domanda di condanna del COGNOME al pagamento degli onorari professionali dovutigli per l ‘ adempimento di un mandato professionale), ma che, in via dirimente, non è stata fatta oggetto di alcuna specifica e pertinente censura con il ricorso in esame.
5. -Il primo motivo di ricorso attiene alla prescrizione dei fatti oggetto del capo di incolpazione, che il ricorrente ritiene maturata in quanto l ‘ illecito disciplinare sarebbe a carattere istantaneo e non già permanente, come invece avrebbe mal compreso il C.N.F. con la sentenza impugnata in questa sede.
5.1. -La doglianza è infondata.
Questa Corte ha già ritenuto che l ‘ illecito disciplinare contemplato dall ‘ art. 64 del vigente codice deontologico, e relativo all ‘ inadempimento di obbligazioni contratte dall ‘ avvocato nei confronti dei terzi (riproduttivo dell ‘ illecito di cui all ‘ art. 59 del codice deontologico abrogato), è da qualificarsi come illecito permanente, ‘in quanto la condotta che costituisce elemento costitutivo dell ‘ illecito disciplinare è rappresentata non da un fatto istantaneo, quanto, piuttosto, da una situazione giuridica che si protrae nel tempo: appunto l ‘ inadempimento che, per modalità e gravità, è tale da compromettere la dignità della professione e l ‘affidamento dei terzi’ (Cass., S.U., n. 5727/2025).
Il C.N.F., avendo accertato -in base alle risultanze probatorie acquisite (cfr. sintesi al § 2.1. dei ‘Fatti di causa’, cui si rinvia) -la attuale persistenza dell ‘ inadempimento dell ‘ Avvocato
COGNOME delle obbligazioni assunte nei confronti del COGNOME, ha individuato la cessazione della permanenza dell ‘ illecito contestato nella notificazione della decisione disciplina del C.D.D. in data 9 maggio 2024, così da escludere che fosse maturato il termine di prescrizione di cui all ‘ art. 56 della legge n. 247/2012.
La statuizione del C.N.F. si fonda sul principio, consolidato in fattispecie di mancata restituzione di una somma illegittimamente acquisita (tra le altre: Cass., S.U., 23239/2022; Cass., S.U., n. 30650/2023; Cass., S.U., n. 30782/2024; Cass., S.U., n. 7473/2025), per cui occorre individuare un ‘limite alternativo’ alla ‘permanenza’ dell’ illecito disciplinare in esame ossia un momento dal quale il termine prescrizionale inizia a decorrere, giacché altrimenti ne deriverebbe una – irragionevole, non prevista dalla legge – imprescrittibilit à̀ dell ‘ illecito stesso. Tale limite è stato individuato, in analogia alla consolidata giurisprudenza penale di legittimit à̀ (tra le molte: Cass. pen., n. 32220 del 2015), nella decisione disciplinare di primo grado.
Si è, quindi, affermato che ove l ‘ illecito abbia natura permanente, la sua consumazione si protrae, in mancanza di restituzione, fino alla decisione disciplinare di primo grado, dalla quale inizia a decorrere il termine prescrizionale massimo di cui all ‘ art. 56, comma 3, della l. n. 247 del 2012.
Di tale principio il giudice disciplinare ha fatto corretta applicazione nella fattispecie oggetto di cognizione, giacché il fatto dell ‘ inadempimento di una obbligazione (e, nel caso, trattasi di obbligazione di pagamento di una somma di denaro) è suscettibile di protrarsi indefinitivamente se non interviene l ‘ adempimento spontaneo ovvero quello coattivo, tramite procedimento esecutivo, analogamente a quanto può accadere in caso di somma, illegittimamente acquisita, che l ‘ incolpato è tenuto a restituire.
E, nel caso, il C.N.F. ha anche accertato l ‘ esito negativo delle procedure esecutive a carico dell ‘ Avvocato COGNOME (cfr. sintesi al § 2.1. dei ‘Fatti di causa’, cui si rinvia).
6. -Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Ribadito quanto già considerato in sede di scrutinio delle altre censure mosse alla sentenza impugnata, è agevole osservare che non ha pregio l ‘ argomento che il ricorrente spende in ordine al fatto che non sarebbe configurabile una permanenza dell ‘ illecito ove il debito è ancora sub judice , giacché, nella specie, trattasi di debito nascente da un provvedimento giudiziale provvisoriamente esecutivo (sentenza della Corte di appello di Ancona n. 204/2015) e, comunque, oggetto di conferma definitiva in sede di legittimità (sentenza n. 18053/2017 di questa Corte).
-Il ricorso deve, quindi, essere rigettato e ciò assorbe la richiesta di sospensione dell ‘ esecuzione ex art. 36, comma 7, della legge n. 247 del 2012.
Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva della parte rimasta soltanto intimata.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezioni