Sentenza di Cassazione Civile Sez. U Num. 22758 Anno 2025
Civile Sent. Sez. U Num. 22758 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/08/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21620/2024 R.G. proposto da:
DISCIPLINARE MAGISTRATI
rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL); W.X.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Ministro pro tempore
; -intimata –
e contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE
elettivamente domiciliato in Roma presso la cancelleria RAGIONE_SOCIALE Procura Generale RAGIONE_SOCIALE Corte di Cassazione (pec: EMAIL);
-intimato – avverso la sentenza n. 64/2024 RAGIONE_SOCIALE Sezione disciplinare del Consiglio Superiore RAGIONE_SOCIALE Magistratura depositata il 29/07/2024;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 giugno 2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Udito il Pubblico RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
In esito all’azione disciplinare esercitata dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione, la Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore RAGIONE_SOCIALE Magistratura con sentenza n. 64/2024 del 16 gennaio 2024 ha dichiarato la responsabilità del AVV_NOTAIO , magistrato fuori dal ruolo organico RAGIONE_SOCIALE magistratura, per l’ illecito disciplinare di cui all’ art. 4, comma 1, lett. d), del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, per fatti commessi dallo stesso nella qualità di sindaco del comune di , e gli ha inflitto la sanzione RAGIONE_SOCIALE perdita dell’anzianità di servizio di anni uno e mesi sei. W.X.
1.1. È stato contestato al magistrato di avere, in violazione dei doveri di correttezza, indipendenza ed imparzialità, commesso atti
idonei ad integrare violazione di specifici precetti penali -in relazione agli artt. 56, 81 cpv., 110, 323, secondo comma, c.p., tali da ledere la propria immagine di magistrato e arrecando indebiti vantaggi a ll’AVV_NOTAIO
, ed ingiusti danni al comune di , nell’esercizio delle sue funzioni di sindaco di quel comune. P.Z.
1.2. Il procedimento disciplinare scaturiva dal procedimento penale promosso nei confronti del magistrato, quale sindaco del predetto comune campano, per il delitto di cui agli artt. 110 e 323, secondo ,
comma, c.p., per avere, in concorso con l’AVV_NOTAIO conferito a quest’ultimo, con il quale aveva stretti rapporti di amicizia, illegittimamente, in violazione di norme primarie e di regolamenti, tra cui quello per l’organizzazione ed il funzionamento RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘per il coordinamento e la promozione dell’azione di governo RAGIONE_SOCIALE città P.Z.
di ‘, in realtà mai istituita e resa operativa, l’incarico di coordinatore tecnico dell’organo collegiale suindicato (la cd. RAGIONE_SOCIALE), intenzionalmente procurandogli un indebito quanto cospicuo vantaggio patrimoniale, pari a 168.153,96 euro, a danno del predetto ente comunale.
1.3. Il procedimento penale si concluse con la sentenza di questa Corte n. 28402/2022, che annullò senza rinvio la sentenza d’appello, che aveva dichiarato prescritto il reato di abuso d’ufficio contestato al l’imputato , in quanto la condotta a questi ascritta non era più prevista dalla legge come reato per effetto RAGIONE_SOCIALE modifica dell’art. 323 c.p. ad opera dell ‘art. 23 del d.l. n. 76 del 2020, convertito nella legge n. 120 del 2020.
A fondamento RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata in questa sede, la Sezione disciplinare ha affermato che:
il magistrato aveva tenuto una condotta che integrava il delitto di abuso d’ufficio, con carattere di rilevante gravità, come esistente al tempo dei fatti in valutazione;
-la gravità del fatto posto in essere e l’intrinseca valenza offensiva
dello stesso, che aveva avuto clamore mediatico e diffusività estesa e nazionale, aveva leso il prestigio sociale e professionale dell’incolpato, essendo al riguardo del tutto irrilevante la circostanza che lo stesso fosse stato collocato fuori dal ruolo organico RAGIONE_SOCIALE magistratura;
-l’intervenuta depenalizzazione del reato di abuso d’ufficio non incideva sulla sussistenza dell’illecito disciplinare non operando in materia disciplinare, in quanto non rinvenibile nella disciplina di cui al d.lgs. n. 109 del 2006, il principio del favor rei di cui all’art. 2 c.p., bensì il diverso principio del tempus regit actum , con conseguente irretroattività RAGIONE_SOCIALE norma penale più favorevole;
sanzione proporzionata alla rilevata gravità, sotto molteplici profili e nella sua valenza globale, RAGIONE_SOCIALE condotta tenuta nel caso di specie dal magistrato, doveva ritenersi quella RAGIONE_SOCIALE perdita di anzianità di anni uno e mesi sei, così determinata anche in considerazione del l’intensità del dolo, chiaramente intenzionale, e RAGIONE_SOCIALE personalità dell’incolpato, già attinto da diverse precedenti condanne disciplinari.
Avverso tale statuizione il magistrato propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Non si è costituito il RAGIONE_SOCIALE.
In prossimità dell’udienza pubblica, il P rocuratore generale ha depositato memoria chiedendo respingersi il ricorso.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., « la violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 109 del 2006, art. 4 lettera D) nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità RAGIONE_SOCIALE motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p. comma 1 lettera B) ed E) ».
1.1. Con il motivo in esame il ricorrente chiede annullarsi la sentenza impugnata stante l’intervenuta abrogazione del reato di abuso d’ufficio di cui all’art. 323 c.p. ad opera del l’art. 1, comma 1, lett. b), RAGIONE_SOCIALE legge n. 114 del 2024.
1.2. Sostiene, al riguardo, che l’abrogazione RAGIONE_SOCIALE norma incriminatrice, che « rende consentito, in termini di condotta, ciò che prima non lo era », non rientra nella casistica di cui all’illecito disciplinare di cui all’art. 4, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 109 del 2006, contestatogli, che « sottomette il magistrato incolpato al giudizio RAGIONE_SOCIALE Sezione disciplinare, anche se il reato a se riferentesi è estinto per qualsiasi causa o l’azione penale non può più essere iniziata o proseguita ».
1.3. Censura la statuizione impugnata in quanto ancorata ad una giurisprudenza superata, secondo la quale la legge successiva più favorevole al reo non si applicherebbe alle sanzioni amministrative, in generale e a quelle in danno dei magistrati, attesa la natura non rieducativa e non punitiva di queste, evidenziando al riguardo che il principio di irretroattività RAGIONE_SOCIALE lex mitior in materia di illeciti amministrativi, quantomeno di quelli punitivi, quali quelli commessi dai magistrati, era stata abbandonata sia dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 149 del 2022, 68 del 2021 e n. 63, 88 e 112 del 2019, sia dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 35457 del 2021.
Pare opportuno premettere che la questione posta nel motivo, pur se nuova rispetto alla statuizione impugnata, in quanto l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, contestato al magistrato nell’originario procedimento penale promosso a suo carico, è intervenuta a seguito dell’entrata in vigore, in data 25/08/2024, del l’art. 1, comma 1, lett. b), RAGIONE_SOCIALE legge n. 114 del 2024, cionondimeno dev’essere scrutinata da queste Sezioni unite proprio perché detta abrogazione è successiva al deposito, in data 29/07/2024, RAGIONE_SOCIALE sentenza disciplinare.
Deve, altresì, premettersi che nessuna censura viene mossa con il ricorso alla ricostruzione dei fatti così come operata dalla Sezione disciplinare nella sentenza impugnata, che deve, pertanto, ritenersi intangibile. Invero, nel ricorso, considerato nel suo complesso e, quindi, non solo con riferimento al motivo in esame ma anche agli altri di cui si
dirà in prosieguo, il ricorrente nulla ha dedotto o argomentato per contrastare l’articolata e dettagliata «ricostruzione RAGIONE_SOCIALE vicenda di cui al capo di incolpazione» effettuata dalla sentenza impugnata (in ben 22 pagine di cui al p. 2.1, da pag. 5 a pag. 27), essendosi limitato a censurare, con il primo motivo, l’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzione disciplinare nonostante l’intervenuta abrogazione del reato originariamente contestatogli, quindi, con il secondo motivo, la ritenuta irrilevanza RAGIONE_SOCIALE sua posizione di magistrato collocato fuori del ruolo organico RAGIONE_SOCIALE magistratura nonché, con il terzo motivo, la sproporzione RAGIONE_SOCIALE sanzione applicatagli.
Passando, quindi, all’esame RAGIONE_SOCIALE questione posta con il primo motivo, questa Corte ritiene che lo stesso sia infondato e vada, pertanto, rigettato.
4.1. Il motivo ripropone la questione dell’applicabilità al procedimento disciplinare dei magistrati del principio del “favor rei”, di cui all’art. 2 c.p., in forza del quale, in deroga al principio “tempus regit actum”, l’intervenuta “abolitio criminis” (nella specie, del reato di abuso d’ufficio di cui all’art. 323 c.p.) opera retroattivamente.
4.2. La tesi sostenuta dal ricorrente muove dal presupposto -erroneo, per come si dirà in prosieguo – che gli illeciti disciplinari dei magistrati siano inquadrabili tra quelli amministrativi cd. punitivi, sicché si estenderebbe ad essi il principio di retroattività RAGIONE_SOCIALE legge più favorevole prevista dall’art. 2 c.p. e che l’abrogazione del reato non è compresa tra le ipotesi previste dall’art. 4, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 109 del 2006.
4.3. Contrasta con tali assunti la costante giurisprudenza di queste Sezioni unite che, anche di recente, hanno negato sia la natura penale degli illeciti disciplinari sia l’invocata estensione, evidenziando, al riguardo, che né le pronunce emesse in materia dalla Corte EDU né le sentenze RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale, tra cui quelle citate dal ricorrente, consentono di pervenire alle tesi sostenute nel ricorso.
Muovendo da queste ultime, il Collegio osserva che già con la sentenza n. 193/2016 la Corte costituzionale aveva ‘ rilevato come la giurisprudenza di Strasburgo non abbia « mai avuto ad oggetto il sistema delle sanzioni amministrative complessivamente considerato, bensì singole e specifiche discipline sanzionatorie, ed in particolare quelle che, pur qualificandosi come amministrative ai sensi dell’ordinamento interno, siano i donee ad acquisire caratteristiche ‘punitive’ alla luce dell’ordinamento convenzionale » ‘ (così in Corte cost. n. 63/2019) .
5.1. Pertanto, nelle pronunce citate dal ricorrente la Corte costituzionale ha molto chiaramente confermato la validità di quel l’orientamento in base al quale l’attribuibilità RAGIONE_SOCIALE natura sostanzialmente penale a ‘sanzioni’ non formalmente tali, come quelle amministrative, deve essere effettuata di volta in volta sulla base dei noti criteri convenzionali (cd. ‘criteri RAGIONE_SOCIALE‘ di cui alla sentenza RAGIONE_SOCIALE CEDU dell ‘8 giugno 1976, RAGIONE_SOCIALE e altri c. Paesi Bassi) e, solo una volta accertata la natura sostanzialmente punitiva RAGIONE_SOCIALE sanzione amministrativa, a questa può essere esteso « larga parte dello ‘statuto costituzionale’ sostanziale delle sanzioni penali: sia quello basato sull’art. 25 Cost. irretroattività RAGIONE_SOCIALE norma sfavorevole (sentenze n. 96 del 2020, n. 223 del 2018 e n. 68 del 2017; nonché, a livello argomentativo, sentenze n. 112 del 2019 e n. 121 del 2018; ordinanza n. 117 del 2019), determinatezza dell’il lecito e delle sanzioni (sentenze n. 134 del 2019 e n. 121 del 2018) -sia quello basato su altri parametri, e in particolare sull’art. 3 Cost. retroattività RAGIONE_SOCIALE lex mitior (sentenza n. 63 del 2019), proporzionalità RAGIONE_SOCIALE sanzione alla gravità del fatto (sentenza n. 112 del 2019) » (Corte sot. n. 68/2021).
5.2. In tale prospettiva, la Corte costituzionale ha esteso l’applicabilità delle « garanzie che la Costituzione e il diritto internazionale dei diritti umani assicurano alla materia penale » (Corte cost. n. 63/2019) soltanto alle sanzioni amministrative ‘convenzionalmente penali’ , secondo i noti criteri indicati dalla Corte
EDU nella sentenza dell’8 giugno 1976, RAGIONE_SOCIALE e altri c. Paesi Bassi.
5.3. Ciò ha fatto, ad esempio, con la sentenza n. 63/2019, con cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale in via consequenziale (ai sensi RAGIONE_SOCIALE legge n. 87 del 1953, art. 27) del d.lgs. n. 72 del 2015, art. 6, comma 2, nella parte in cui esclude l’applicazione retroattiva delle modifiche apportate dallo stesso art. 6, comma 3 alle sanzioni amministrative previste per l’illecito di manipolazione del mercato di cui al d.lgs. n. 58 del 1998, art. 187-ter, ritenendo che tali sanzioni hanno natura e funzio ne ‘punitiva’ .
5.4. Analogamente ha fatto con la sentenza n. 149/2022 con cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p. nella parte in cui non prevede che il giudice pronunci sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere nei confronti di un imputato per uno dei delitti previsti dall’art. 171-ter RAGIONE_SOCIALE legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), che, in relazione al medesimo fatto, sia già stato sottoposto a procedimento, definitivamente conclusosi, per l’illecito amministrativo di cui all’art. 174-bis RAGIONE_SOCIALE medesima legge.
5.4.1. In tale pronuncia la Corte, sulla base dei noti criteri RAGIONE_SOCIALE, ha accertato la natura sostanzialmente «punitiva» RAGIONE_SOCIALE predetta sanzione amministrativa, idonea a far ritenere applicabile il principio del ne bis in idem e nella specie anche integrata la relativa violazione.
La Corte costituzionale ha, invece, reiteratamente escluso che l’apparato sanzionatorio disciplinare dei magistrati abbia natura penale, e ciò in ragione del fatto che si tratta di sanzioni che riguardano non la generalità dei consociati, ma una ristretta e qualificata categoria professionale; che, in quanto tali, si connotano per l’intento di tutelare la credibilità e l’affidabilità RAGIONE_SOCIALE funzio ne giurisdizionale, allontanando (nel caso RAGIONE_SOCIALE massima sanzione RAGIONE_SOCIALE rimozione) quelli tra essi che tali obiettivi hanno più gravemente inficiato; che sono prive di uno scopo rieducativo che deve invece essere proprio di quelle penali (in tal senso,
Cass., Sez. U, n. 4974/2025).
6.1. Invero, nella sentenza n. 197/2018 la Corte costituzionale, d ecidendo in ordine all’automatismo sanzionatorio RAGIONE_SOCIALE rimozione del magistrato previsto da ll’ art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 109 del 2006, ha osservato che, « Benché le sanzioni disciplinari attengano in senso lato al diritto sanzionatorio-punitivo, e proprio per tale ragione attraggano su di sé alcune delle garanzie che la Costituzione e le carte internazionali dei diritti riservano alla pena, esse conservano tuttavia una propria specificità, anche dal punto di vista del loro statuto costituzionale, non essendo – ad esempio – soggette al principio RAGIONE_SOCIALE necessaria funzione rieducativa RAGIONE_SOCIALE pena, che questa Corte ha sempre ritenuto essere connotato esclusivo delle pene in senso stretto (nel senso dell’inapplicabilità di tale principio alle sanzioni amministrative, sentenza n. 281 del 2013 e ordinanza n. 169 del 2013)». Ha, quindi, aggiunto la Corte che «Tale specificità comporta dunque che alcune almeno delle garanzie che, sulla base RAGIONE_SOCIALE giurisprudenza di questa Corte, circondano la pena in senso stretto non si applicano, o si applicano con un maggior grado di flessibilità, alla sfera delle sanzioni disciplinari. Oltre che a logiche punitive e deterrenti comuni alle pene, tali sanzioni possono legittimamente rispondere, quanto meno nei casi concernenti pubblici funzionari cui sono affidati compiti essenziali a garanzia dello Stato di diritto, anche alla finalità di assicurare la definitiva cessazione dal servizio di persone dimostratesi non idonee, o non più idonee, all’assolvimento dei propri doveri. E ciò anche sulla base di automatismi sanzionatori, come quello incorporato nella disposizione ora scrutinata, i quali potranno eccezionalmente superare il vaglio di non manifesta irragionevolezza proprio e soltanto in quanto funzionali all’applicazione di una mera sanzione disciplinare, ma che resteranno invece, in linea di principio, inaccettabili nell’ambito delle pene in senso stretto, dove le esigenze di rigorosa individualizzazione del trattamento sanzionatorio si impongono in maniera assai più stringente, anche in
considerazione RAGIONE_SOCIALE ben più drammatica incidenza RAGIONE_SOCIALE pena sui diritti fondamentali RAGIONE_SOCIALE persona ».
6.2. Principi che la Corte costituzionale ha riaffermato nella recentissima sentenza n. 51/2024 in cui è tornata ad occuparsi RAGIONE_SOCIALE legittimità costituzionale dell’ art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 109 del 2006, ma questa volta con riferimento all’ipotesi di applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzione RAGIONE_SOCIALE rimozione del magistrato nel caso in cui questi incorra « in una condanna a pena detentiva per delitto non colposo non inferiore a un anno la cui esecuzione non sia stata sospesa, ai sensi degli articoli 163 e 164 del Codice penale o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca RAGIONE_SOCIALE sospensione ai sensi dell’articolo 168 dello stesso Codice ».
6.2.1. In tale sentenza la Corte costituzionale, richiamando la precedente pronuncia n. 197/2018 e citandone alla lettera i principi, ha precisato che essi andavano ritenuti « fermi » in quanto « costituiscono lo sfondo sul quale deve essere decisa anche la questione ora all’esame di questa Corte ».
6.3. Al riguardo pare opportuno segnalare che la Corte costituzionale già nella sentenza n. 133 del 2019, pronunciandosi in materia di responsabilità professionale dei notai, «ma sulla base di considerazioni estensibili anche alla materia in oggetto» (come correttamente ritiene Cass., Sez. U, n. 36356/2023 cit.), ha osservato che le sanzioni disciplinari ben possono « essere orientate, oltre che agli scopi di prevenzione generale e speciale, insiti in ogni tipo di sanzione, anche all’obiettivo di preservare l’integrità etica e l’onorabilità RAGIONE_SOCIALE professione, nonché a quello di assicurare la rimozione dalle funzioni di persone dimostratesi non idonee, o non più idonee, all’assolvimento dei propri doveri (sentenze n. 197 del 2018 e n. 161 del 2018), senza dover essere necessariamente finalizzate anche alla “rieducazione” RAGIONE_SOCIALE persona colpita dalla sanzione », in modo tale che « i principi sviluppati dalla giurisprudenza di questa Corte in materia di proporzionalità e
individualizzazione RAGIONE_SOCIALE pena non possono essere sic et simpliciter traslati alla materia delle sanzioni disciplinari, ma devono essere adattati alle peculiarità di un sistema sanzionatorio che persegue obiettivi diversi rispetto a quelli cui il diritto penale è orientato, restando fermo, peraltro, il principio generale che sanzioni manifestamente sproporzionate alla gravità dell’illecito violano l’art. 3 Cost. (nonché i diritti fondamentali su cui tali sanzioni di volta in volta incidono), in quanto eccedenti gli scopi legittimi che le giustificano ».
6.4. Ed infine, nella sentenza n. 149/2022 la Corte costituzionale ha ricordato che « la Corte EDU ha negato la natura punitiva delle sanzioni già irrogate in sede di procedimento disciplinare », nella specie « nei confronti di un medico (decisione 29 settembre 2020, COGNOME e COGNOME contro Francia) »
Deve, quindi, ribadirsi, alla stregua di come condivisibilmente hanno fatto queste Sezioni unite nella sentenza n. 36356/2023, che l’orientamento costituzionale emergente dai citati pronunciamenti «si pone in linea con la giurisprudenza Cedu in materia di autonomia e indipendenza dei corpi giudiziari, là dove si è affermata la natura ‘civile’ ovvero ‘disciplinare’, ma non ‘penale’ ex artt. 6 -7 Cedu, delle sanzioni previste per gli operatori legali ed in particolare per gli stessi giudici, proprio perché applicate da un organo di autogoverno, indirizzate ad una ben determinata e qualificata categoria professionale, aventi lo scopo precipuo di tutelare in primo luogo la funzione pubblica (v. COGNOME c/ Polonia, 22 luglio 2021, con ulteriori richiami: NOME c/ Grecia, 27 giugno 1997, § 45; COGNOME NOME e altri c/ Finlandia n. 63235/00; Baka c/ Ungheria n. 20261/12, §§ 104-105, 23 giugno 2016; COGNOME e altri c/ Ucraina, n. 58812/15, 17 ottobre 2019; Malek c/ Austria, n. 60553/00, § 39, 12 giugno 2003; NOME COGNOME c/ Austria, n. 33060/10, § 60, 5 aprile 2016)», (ma anche NOME COGNOME c/ Ucraina, 9 gennaio 2013 e NOME COGNOME c/ Portogallo, 6 novembre 2018).
Come ben si intende da quanto fin qui detto, quello RAGIONE_SOCIALE Corte
EDU, così come quello RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale, è un orientamento consolidato nell’escludere, sulla base dei noti ‘ criteri RAGIONE_SOCIALE ‘, la natura penale delle sanzioni disciplinari dei magistrati, e tale orientamento è condiviso e fatto proprio da queste Sezioni unite che lo ha reiteratamente affermato in numerose pronunce (cfr., ex multis , oltre alle già citate sentenze n. 36356/2023, n. 4974/2025, anche Cass., Sez. U, n. 22407/2018, n. 24309/2023, e n. 1653/2025) e a cui il Collegio intende dare continuità.
Una volta esclusa, quindi, l’ ascrivibilità delle sanzioni disciplinari dei magistrati all’ambito ‘ sostanzialmente penale ‘ viene conseguentemente ad escludersi l’applicabilità in tale materia «delle garanzie che la Costituzione ed il diritto internazionale dei diritti umani assicurano alla materia penale» (Corte cost. n. 63/2019, cit.), tra cui il principio di irretroattività RAGIONE_SOCIALE legge più favorevole.
In tale direzione muove, ad esempio, la citata sentenza n. 63 del 2019, con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’ illegittimità costituzionale in via consequenziale (ai sensi dell’art. 27 RAGIONE_SOCIALE legge n. 87 del 1953) « dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 72 del 2015, nella parte in cui esclude l’applicazione retroattiva delle modifiche apportate dal comma 3 dello stesso art. 6 alle sanzioni amministrative previste per l’illecito di manipolazione del mercato di cui all’art. 187 ter del d.lgs. n. 58 del 1998. Il quadro sanzionatorio è identico all’abuso di informazioni privilegiate, previsto dall’art. 187 bis, censurato dalla Corte d’appello di Milano e rispondente esso pure a un’evidente logica punitiva; nemmeno in tal caso, pertanto, la deroga al principio RAGIONE_SOCIALE retroattività RAGIONE_SOCIALE lex mitior supera il vaglio positivo di ragionevolezza ».
Richiamando quanto si legge nella citata sentenza n. 35356/2023 di queste Sezioni unite, «Il ragionamento RAGIONE_SOCIALE Corte Costituzionale -reso, come si è detto, in fattispecie di market abuse e, quindi, in materia del tutto avulsa da quella disciplinare dei magistrati -muove, per quanto qui rileva, dai seguenti passaggi fondamentali:
-la giurisprudenza costituzionale assegna al principio RAGIONE_SOCIALE retroattività RAGIONE_SOCIALE lex mitior in materia penale un duplice, e concorrente, fondamento: ‘ l’uno – di matrice domestica – riconducibile allo spettro di tutela del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.; l’altro – di origine internazionale, avente ora ingresso nel nostro ordinamento attraverso l’art. 117, primo comma, Cost. – riconducibile all’art. 7 CEDU, nella lettura offertane dalla giurisprudenza di Strasburgo’ (C. Cost. n. 236 del 2011, n. 215 del 2008, n. 72 del 2008, n. 394 del 2006, n. 393 del 2006 e n. 15 del 1996);
il diverso problema RAGIONE_SOCIALE estensione, anche alla luce RAGIONE_SOCIALE Cedu, del principio RAGIONE_SOCIALE retroattività RAGIONE_SOCIALE lex mitior all’ambito delle sanzioni amministrative globalmente considerate, è questione già esaminata dalla sentenza C. Cost. n. 193 del 2016, nella quale si è osservato ‘ come la giurisprudenza di Strasburgo non abbia «mai avuto ad oggetto il sistema delle sanzioni amministrative complessivamente considerato, bensì singole e specifiche discipline sanzionatorie, ed in particolare quelle che, pur qualificandosi come amministrative ai sensi dell’ordinamento interno, siano idonee ad acquisire caratteristiche “punitive” alla luce dell’ordinamento convenzionale »;
posto che non esiste alcun « vincolo di matrice convenzionale in ordine alla previsione generalizzata, da parte degli ordinamenti interni dei singoli Stati aderenti, del principio RAGIONE_SOCIALE retroattività RAGIONE_SOCIALE legge più favorevole, da trasporre nel sistema delle sanzioni amministrative », la sentenza n. 193 del 2016 cit. ha giudicato non fondata una questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 legge n. 689/81, norma RAGIONE_SOCIALE quale il giudice a quo sospettava il contrasto con gli artt. 3 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 7 CEDU, proprio nella parte in cui non prevedeva una regola generale di applicazione RAGIONE_SOCIALE legge successiva più favorevole agli autori degli illeciti amministrativi: ‘ regola generale la cui introduzione, secondo la valutazione di questa Corte, avrebbe finito «per disattendere la
necessità RAGIONE_SOCIALE preventiva valutazione RAGIONE_SOCIALE singola sanzione (qualificata “amministrativa” dal diritto interno) come “convenzionalmente penale”, alla luce dei cosiddetti criteri RAGIONE_SOCIALE »;
l’estensione del principio di retroattività RAGIONE_SOCIALE lex mitior in materia di sanzioni amministrative non è dunque affatto generalizzata, bensì limitata a quelle sanzioni formalmente amministrative ma aventi natura e funzione sostanzialmente “punitiva”, il che si spiega con il fatto che ‘ laddove, infatti, la sanzione amministrativa abbia natura “punitiva”, di regola non vi sarà ragione per continuare ad applicare nei confronti (dell’autore) tale sanzione, qualora il fatto sia successivamente considerato non più illecito; né per continuare ad applicarla in una misura considerata ormai eccessiva (e per ciò stesso sproporzionata) rispetto al mutato apprezzamento RAGIONE_SOCIALE gravità dell’illecito da parte dell’ordinamento ‘, e ciò sempre che non sussistano ‘ ragioni cogenti di tutela di controinteressi di rango costituzionale, tali da resistere al medesimo «vaglio positivo di ragionevolezza», al cui metro debbono essere in linea generale valutate le deroghe al principio di retroattività in mitius nella materia penale ‘;
in effetti, il principio di retroattività RAGIONE_SOCIALE lex mitior doveva senz’altro valere per la responsabilità colà esaminata, posto che (con richiamo altresì a C. Cost. nn. 223/18 e 68/17): ‘ Non v’è dubbio, infatti, che la sanzione amministrativa prevista dal citato art. 187 bis – la cui elevatissima carica afflittiva si spiega in funzione di deterrenza, o prevenzione generale negativa, certamente comune anche alle pene in senso stretto – abbia natura punitiva, e soggiaccia, pertanto, alle garanzie che la Costituzione e il diritto internazionale dei diritti umani assicurano alla materia penale, ivi compresa la garanzia in esame, non potendo la stessa essere considerata una misura meramente ripristinatoria dello status quo ante, né semplicemente mirante alla prevenzione di nuovi illeciti ‘ ».
11.1. In buona sostanza, «la invocata sentenza n. 63/19 richiede (in
accordo con i criteri Cedu) che l’applicazione del principio ‘penalistico’ RAGIONE_SOCIALE l ex mitior alle sanzioni amministrative non sia effettuata in modo generalizzato ed indistinto, ma avendo riguardo alla natura delle eterogenee discipline sanzionatorie via via applicabili e, segnatamente, in ragione RAGIONE_SOCIALE natura sostanzialmente penale ad esse partitamente attribuibile nell’applicazione dei noti criteri RAGIONE_SOCIALE », che però la giurisprudenza ha costantemente escluso per le sanzioni disciplinari dei magistrati.
11.2. Pertanto, sulla scorta RAGIONE_SOCIALE natura non punitiva delle sanzioni disciplinari applicabili ai magistrati, già nella sentenza n. 15314/2010 queste Sezioni unite hanno affermato il principio secondo cui «In tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, essendo l’illecito riconducibile al “genus” degli illeciti amministrativi, non trova applicazione il principio del “favor rei”, così come sancito dall’art. 2 cod. pen., in forza del quale, in deroga al principio “tempus regit actum”, l’eventuale “abolitio criminis” opera retroattivamente, né tale principio è desumibile dalla norma transitoria contenuta nell’art. 32-bis, secondo comma, del d.lgs. n. 109 del 2006, il quale non prevede un sistema di regole omologo all’art. 2 cod. pen., valido sia per la riforma RAGIONE_SOCIALE fattispecie dell’illecito sia per le modifiche del trattamento sanzionatorio, ma si limita a stabilire, per i fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 109 cit., l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 18 del r.d.lgs. n. 511 del 1946 “se più favorevoli”».
11.3. Principio ribadito da Cass., Sez. U, n. 22407/18 che ha stabilito che: “in tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, essendo l’illecito riconducibile al “genus” di quelli amministrativi, non trova applicazione il principio del “favor rei”, di cui all’art. 2 c.p., in forza del quale, in deroga al principio “tempus regit actum”, l’eventuale “abolitio criminis” opera retroattivamente. Tale principio non è neppure desumibile dalla norma transitoria contenuta nel D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 32 bis, comma 2, che non prevede un sistema di regole omologo
all’art. 2 c.p., valido sia per la riforma RAGIONE_SOCIALE fattispecie dell’illecito, sia per le modifiche del trattamento sanzionatorio, ma si limita a stabilire, per i fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore del decreto legislativo cit., l’applicazione delle disposizioni di cui al R.D.L. n. 511 del 1946, art. 18 “se più favorevoli”” (in quella fattispecie vennero esclusi i presupposti RAGIONE_SOCIALE revoca, ex art. 673 c.p.p., RAGIONE_SOCIALE condanna disciplinare pur a fronte RAGIONE_SOCIALE depenalizzazione del reato posto a base RAGIONE_SOCIALE stessa)». In senso analogo la più recente pronuncia di questo Supremo consesso n. 1653 del 23/01/2025 (Rv. 673432 – 01).
11.4. Più recentemente Cass., Sez. U, n. 4974/2025, richiamando espressamente le citate pronunce, ne ha condiviso i principi osservando che «non esiste alcun “vincolo di matrice convenzionale in ordine alla previsione generalizzata, da parte degli ordinamenti interni dei singoli Stati aderenti, del principio RAGIONE_SOCIALE retroattività RAGIONE_SOCIALE legge più favorevole, da trasporre nel sistema delle sanzioni amministrative’ non penali, come la giurisprudenza sia costituzionale che di legittimità ritengono essere quelle in esame.
12. Dal complesso delle argomentazioni svolte discende, quindi, che nella fattispecie concreta sulla condanna disciplinare riportata dal magistrato per condotte riconducibili al reato di abuso d’ufficio vigente all’epoca dei fatti oggetto di incolpazione, nessun effetto (retroattivo e favorevole) spiega l’abrogazione di tale reato ad opera de l l’art. 1, comma 1, lett. b), RAGIONE_SOCIALE legge n. 114 del 2024.
12.1. Da ciò e dal rilievo che la contestazione è stata mossa al magistrato quando il processo penale per il reato di abuso d’ufficio era già stato promosso nei suoi confronti ed era pendente nella fase di istruttoria dibattimentale (così a pag. 2 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata) e che la sentenza disciplinare è stata emessa in epoca antecedente all’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, emerge l’i nfondatezza RAGIONE_SOCIALE questione, pure posta dal ricorrente nel motivo in esame, con riferimento all’illecito disciplinare di cui all’art. 4, comma 1, lett. d), del
d.lgs. n. 109 del 2006, contestatogli, che, nel prevedere che costituisce illecito disciplinare «qualunque fatto costituente reato idoneo a ledere l’immagine del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l’azione penale non può essere iniziata o proseguita », secondo la prospettazione difensiva non includerebbe tra queste specifiche ipotesi anche l’abrogazione RAGIONE_SOCIALE norma penale. In realtà, diversamente da quanto deduce il ricorrente, l’incolpazione è stata elevata – come peraltro si legge a pag. 7, primo capoverso RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata con esclusivo riferimento alla prima parte RAGIONE_SOCIALE citata disposizione (in base al quale, come detto, costituisce illecito disciplinare conseguente al reato, «qualunque fatto costituente reato idoneo a ledere l’immagine del magistrato »), e non poteva essere diversamente posto che, all’epoca RAGIONE_SOCIALE contestazione mossa al magistrato, il reato di abuso d’ufficio non era stato ancora abrogato e, quindi, la fattispecie non poteva ricadere nell’ambito di applicazione RAGIONE_SOCIALE seconda parte RAGIONE_SOCIALE disposizione in esame.
Di qui il complessivo rigetto del primo motivo di ricorso.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 n. 5, cod. proc. civ., la « violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 109 del 2006, art. 1 e art. 4 lettera d) nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità RAGIONE_SOCIALE motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) ».
14.1. Il ricorrente sostiene che « La sentenza impugnata articola il suo sviluppo motivazionale, a fondamento RAGIONE_SOCIALE sanzione irrogata, superando la circostanza che il AVV_NOTAIO fosse fuori ruolo al tempo del commesso delitto, in quanto RAGIONE_SOCIALE
, che la Sezione disciplinare si richiama ad un orientamento, anch’esso superato ed ancor più superabile, secondo il quale sia possibile parificare il ruolo del magistrato che svolga funzioni tecniche o amministrative (vedi applicazione ai ministeri) con quello di un Magistrato fuori ruolo che non eserciti funzioni giurisdizionali, in senso [..
lato», senza considerare che esso ricorrente, «al tempo dei fatti contestati, svolgeva carica politica elettiva che, di per sé, implica la possibilità di ricorrere ad un ambito di discrezionalità che il ruolo consente, al fine di evitare l’immobilismo dell’Amministrazione, che si governa».
14.2. Sostiene, inoltre, il ricorrente che in punto di risonanza mediatica del processo che lo aveva coinvolto la Sezione disciplinare «si è limitata a generici e non dimostrati riferimenti circa la eco mediatica in seno alla città », trascurando, però, «ogni approfondimento» in merito, come invece avrebbe dovuto fare atteso che tale aspetto RAGIONE_SOCIALE vicenda sottoposto a criteri di valutazione «ben più rigorosi», tenendo conto anche del fatto che l’inchiesta penale era successiva al mandato amministrativo conferito al magistrato e ciò aveva «’raffreddato’ l’attenzione mediatica, rid imensionandone le implicazioni».
15. Il motivo, che incorre nel vizio di inammissibilità per intrinseca contraddittorietà RAGIONE_SOCIALE censura di mancanza di motivazione e quella, pure prospettata nel motivo, di illogicità e contraddittorietà, è comunque infondato in entrambe le sue articolazioni censorie.
16. Quanto al profilo RAGIONE_SOCIALE parificazione, a fini disciplinari, del magistrato collocato fuori dal ruolo organico RAGIONE_SOCIALE magistratura ed il magistrato che, invece, esercita le funzioni giurisdizionali, il Collegio osserva che la sentenza impugnata se ne occupa ampiamente al paragrafo 3.3, e precisamente da pag. 62 a pag. 65, ove risulta fornita al riguardo una motivazione completa, esaustiva, articolata in una serie di considerazioni logicamente sviluppate, peraltro perfettamente aderente all’orientamento giurisprudenziale non solo di queste Sezioni unite (cfr. Cass., Sez. U, n. 25754 del 04/09/2023, Rv. 668996 -02, pronunciata con riguardo a magistrato che ricopriva un incarico politico; Sez. U, n. 6910 del 02/03/2022, Rv. 664406 -02; Sez. U, n. 1653 del 23/01/2025, Rv. 673432 -01, citata, in cui si afferma che la posizione di magistrato collocato fuori ruolo «non attenua in alcun modo l’obbligo
di osservare i doveri propri del magistrato») ma anche RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale, la cui sentenza n. 224/2009 il giudice disciplinare ha richiamato espressamente.
16.1. In tale sentenza la Corte costituzionale ha affermato che «le funzioni esercitate e la qualifica rivestita dai magistrati non sono indifferenti e prive di effetto per l’ordinamento costituzionale (sentenza n. 100 del 1981)». Ha affermato che «Per la natura RAGIONE_SOCIALE loro funzione, la Costituzione riserva ai magistrati una disciplina del tutto particolare, contenuta nel titolo IV RAGIONE_SOCIALE parte II (artt. 101 e ss.): questa disciplina, da un lato, assicura una posizione peculiare, dall’altro, correlativamente, comporta l’imposizione di speciali doveri», il cui adempimento «grava sul magistrato coinvolgendo anche il suo operare da semplice cittadino, in ogni momento RAGIONE_SOCIALE sua vita professionale, anche quando egli sia stato, temporaneamente, collocato fuori ruolo per lo svolgimento di un compito tecnico».
16.2. Orbene, il riferimento all’espletamento di un «compito tecnico» non è di certo preclusivo dell’estensione di quei doveri al magistrato chiamato a svolgere un compito «politico», non essendovi ragione logica di distinguere, come propone il ricorrente, tra magistrato fuori ruolo che svolga funzioni tecniche o ammnistrative e magistrato che ricopre una carica politica elettiva, atteso che non è nemmeno ipotizzabile che l’«ambito di discrezionalità che il ruolo consente, al fine di evitare l’immobilismo dell’Amministrazione, che si governa», come sostiene il ricorrente, possa consentire al magistrato che ricopra una carica politica, di trasgredire impunemente quegli «speciali doveri» (Corte cost. cit.) che gravano sui magistrati. Si osserva, inoltre, che il magistrato con incarico politico non cessa la sua appartenenza all’ordine giudiziario e, pertanto, anche in tale veste concorre al prestigio e alla credibilità dello stesso Ordine.
17. Anche sulla questione RAGIONE_SOCIALE risonanza mediatica del processo che ha coinvolto il magistrato, la motivazione fornita dalla Sezione
disciplinare è completa, esaustiva, coerente e logica e, pertanto, non può essere oggetto di riesame in fatto da parte di questa Corte, trattandosi di tipico giudizio di merito di competenza esclusiva del giudice disciplinare, come tale sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo, nella specie -come detto – del tutto insussistente, RAGIONE_SOCIALE mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità RAGIONE_SOCIALE motivazione (Cass., Sez. U., n. 1653/2025, n. 18302/2020, n. 23677/2014, n. 8615/2009).
17.1. Al riguardo è appena il caso di osservare che la sentenza ha accertato che la vicenda in esame aveva avuto un «eclatante strepitus , con diffusione mediatica nazionale e redazione di articoli (anche) su siti informatici», che il ricorrente, anziché contestare, ha sostanzialmente confermato là dove, contraddicendo quanto dedotto in merito alla genericità dell’accertamento compiuto sul punto dal giudice disciplinare , ha affermato che la circostanza che «l’inchiesta penale intervenuta in epoca successiva al mandato amministrativo» aveva «’raffreddato’ » quel l’attenzione mediatica che dunque vi era stata (ricorso, pag. 4).
Con il terzo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del d.lgs. n. 109 del 2006, nonché la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità RAGIONE_SOCIALE motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), c.p.p.
Il motivo, incentrato sul trattamento sanzionatorio inflitto al ricorrente, che ne deduce la «inusitata sproporzione», è inammissibile perché la motivazione fornita al riguardo dalla Sezione disciplinare è congrua ed immune da vizi logico-giuridici; pertanto non può essere oggetto di riesame in fatto da parte di questa Corte, trattandosi di tipico giudizio di merito di competenza esclusiva del giudice disciplinare, come tale sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo, nella specie -come detto – del tutto insussistente, RAGIONE_SOCIALE mancanza, contraddittorietà
e manifesta illogicità RAGIONE_SOCIALE motivazione (Cass., Sez. U., n. 1653/2025, n. 18302/2020, n. 22427/2018, n. 23677/2014, n. 8615/2009).
19.1. In ogni caso, la sentenza si sottrae alle censure formulate nel motivo in esame in punto di rispetto del principio di adeguatezza e proporzionalità, in quanto, come emerge dalla motivazione, il giudice disciplinare , che ha dedicato alla questione l’intero paragrafo 4, ha esteso la sua valutazione a tutti i criteri rilevanti e oggettivi di valutazione dell’illecito, tenendo conto RAGIONE_SOCIALE gravità dei fatti, delle modalità RAGIONE_SOCIALE condotta (conferimento di incarico in palese violazione di norme di legge e di regolamento, fondato su una procedura ‘ artatamente preordinata ‘ a fornire un ‘ simulacro di legalità ‘ rispetto ad una nomina invece assunta ad personam , per ragioni amicali e professionali risalenti; l’intenzionalità RAGIONE_SOCIALE nomina per far conseguire al nominato un elevato ingiusto vantaggio economico, a danno di un Comune in dissesto e a fronte di un incarico di ‘ impalpabile consistenza ‘ , privo di effettive ricadute sull’azione dell’ente comunale), dell’elemento soggettivo (avendo l’incolpato agito con dolo intenzionale), delle evidenti ricadute sull’immagine e sul prestigio del magistrato , oggetto di ampia eco mediatica, nonché RAGIONE_SOCIALE personalità dell’inco lpato, già attinto da numerosi precedenti provvedimenti disciplinari definitivi.
20. Pertanto, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere sulle spese processuali in mancanza di costituzione dell’intimato RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
In caso di diffusione, i dati riportati nella presente sentenza devono essere oscurati.
Così deciso in Roma in data 10 giugno 2025.
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
La Presidente NOME COGNOME