Sentenza di Cassazione Civile Sez. U Num. 27284 Anno 2024
Civile Sent. Sez. U Num. 27284 Anno 2024
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9929/2024 R.G. proposto da
AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI VELLETRI; PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE
DISCIPLINARE
AVVOCATI –
Prescrizione- Esercizio di un diritto
avverso la SENTENZA del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE n. 99/2024, depositata il 27/03/2024.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17/09/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il AVV_NOTAIO Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’ accoglimento RAGIONE_SOCIALEa richiesta di sospensione cautelare RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata e del primo motivo di ricorso, con rigetto del secondo;
udito per la ricorrente l’
AVV_NOTAIO;
vista la memoria de ll’AVV_NOTAIO, che ha chiesto di accogliere la richiesta di sospensione RAGIONE_SOCIALEa decisione impugnata ed il primo motivo di ricorso, dichiarando estinto per prescrizione il capo 2) RAGIONE_SOCIALE‘incolpazione , e di rigettare il ricorso nel resto, con le conseguenze di legge.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE è stata sottoposta a procedimento disciplinare per rispondere dei fatti, rilevanti sul piano deontologico, di cui ai seguenti capi di incolpazione, approvati dal RAGIONE_SOCIALE competente, su proposta di citazione a giudizio del AVV_NOTAIO Istruttore (così come riprodotti nella sentenza impugnata):
« 1.Per aver l’AVV_NOTAIO contravvenuto ai doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza, previsti dall’art. 9 NCDF, non avendo dato seguito alla richiesta formulata dall’AVV_NOTAIO di ricevere l’atto di citazione corredato RAGIONE_SOCIALEa relata di notifica e, per lo stesso motivo, aver contravvenuto al dovere di conformarsi ad un comportamento ispirato a correttezza e lealtà nei confronti RAGIONE_SOCIALEa collega, previsto dall’art. 19 e dall’art. 46 NCDF, in violazione RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di collaborare con i difensori RAGIONE_SOCIALEe altre parti, anche scambiando informazioni, atti e documenti.
Fatti commessi fino alla data odierna.
2.Per aver l’AVV_NOTAIO gravemente contravvenuto all’ art.9 NCDF (nella parte in cui impone all’RAGIONE_SOCIALE l’obbligo di esercitare
l’attività professionale con indipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro, diligenza) e all’art. 50 NCDF (“l’RAGIONE_SOCIALE non deve introdurre nel procedimento prove, elementi di prova o documenti che sappia essere falsi …”), per avere:
introdotto e coltivato un giudizio in primo grado, nella fase esecutiva e in appello, utilizzando un documento falso, avvalendosene per ottenere una sentenza di accoglimento RAGIONE_SOCIALEa domanda, in contumacia del convenuto, fatto commesso fino alla data del 29.11.2016 (estinzione del processo d’appello);
posto in esecuzione la sentenza di primo grado, ottenuta in modo fraudolento, con notifica di allegata nota spese, ottenendo fraudolentemente il pagamento RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo e RAGIONE_SOCIALEe spese legali liquidate, da parte RAGIONE_SOCIALEa compagnia assicuratrice del RAGIONE_SOCIALE;
applicato nella nota spesa allegata alla sentenza notificata, voci di compenso non dovute.
Fatti commessi fino alla data del 29.11.2016;
3.Per aver l’AVV_NOTAIO. contravvenuto all’art. 71 NCDF (“l’RAGIONE_SOCIALE deve collaborare con le istituzioni forensi per l’attuazione RAGIONE_SOCIALEe loro finalità, osservando scrupolosamente il dovere di verità…”), avendo consapevolmente attestato falsamente l’avvenuta notifica RAGIONE_SOCIALE‘atto di citazione mediante produzione di documento fraudolentemente predisposto, con l’intento di indurre in errore anche l’organo disciplinare. In fino alla data odierna».
2. L’incolpazione ha trovato origine nell’ esposto depositato al RAGIONE_SOCIALE competente dall’ RAGIONE_SOCIALE, cui è seguita l’istruttoria disciplinare, all’esito RAGIONE_SOCIALEa quale è emerso, sinteticamente, che:
il RAGIONE_SOCIALE, con sentenza resa dal Tribunale competente, era stato condannato, a titolo di risarcimento danni ex art. 2051 c.c., al pagamento di una somma di denaro, oltre alle spese di lite, in favore del danneggiato, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO. S.P.;
la sentenza de qua era stata notificata in forma esecutiva all’ente territoriale condannato, ma all’ufficio contenzioso comunale non risultava pendente il relativo giudizio, né risultava pervenuto al protocollo informatico del medesimo RAGIONE_SOCIALE il relativo atto di citazione;
-sollecitata più volte, nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE, dall’esponente AVV_NOTAIO L.L., l’AVV_NOTAIO S.P. aveva dichiarato che l’atto di citazione era stato regolarmente notificato a mani, dall’Ufficiale giudiziario, ad un incaricato RAGIONE_SOCIALE‘ ufficio comunale, limitandosi tuttavia ad inviare alla collega solo la prima pagina RAGIONE_SOCIALEa citazione, senza la relata di notifica;
-il relativo fascicolo di ufficio presso il Tribunale conteneva solo una copia RAGIONE_SOCIALE‘atto di citazione, sprovvista RAGIONE_SOCIALEa relata di notifica, mentre il fascicolo di parte attrice era stato ritirato dall’AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO; -presso l’ufficio notifiche del Tribunale nessuna citazione risultava passata per la notifica per conto del danneggiato rappresentato dall’ AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO.;
-su invito del AVV_NOTAIO Istruttore, l’AVV_NOTAIO S.P . aveva fatto infine pervenire a quest’ultimo l’atto di citazione de quo , completo RAGIONE_SOCIALEa relata di notifica, apparentemente attestante l’avvenuta consegna a mani del medesimo soggetto, impiegato comunale addetto al ritiro RAGIONE_SOCIALE atti, già indicato all’AVV_NOTAIO. L.L. Tuttavia, un ‘ ulteriore verifica presso l’UNEP competente aveva attestato che il numero di cronologico riportato sulla relata di notifica individuava una diversa citazione, sempre a firma RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO S.P. ed indirizzata al medesimo RAGIONE_SOCIALE, ma in rappresentanza di altra parte, sicché si trattava di atto del tutto diverso da quello dal quale è scaturito il giudizio civile che ha condotto al procedimento qui sub iudice ;
-il RAGIONE_SOCIALE aveva proposto appello contro la sentenza civile di primo grado, con richiesta di inibitoria, rigettata dalla Corte d’Appello sul presupposto (rivelatosi erroneo) RAGIONE_SOCIALEa ritualità RAGIONE_SOCIALEa notifica;
-la compagnia assicuratrice RAGIONE_SOCIALEa responsabilità del RAGIONE_SOCIALE aveva risarcito il danno alla parte assistita dall’RAGIONE_SOCIALE e pagato i compensi professionali a quest’ultima, ed il giudizio di appello tra il danneggiato e l’ente territoriale, a seguito di transazione tra le parti, con contestuale rinuncia agli atti del giudizio civile, era stato abbandonato e dichiarato estinto, per mancata comparizione, dalla Corte d’Appello con provvedimento del 29.11.2016;
l’RAGIONE_SOCIALE aveva allegato alla sentenza esecutiva di primo grado una nota spese con richiesta di pagamento di ulteriori somme, a titolo di compenso ex d.m. n. 55 del 2014, sebbene si trattasse di importi non dovuti in quanto, essendo debitore un ente pubblico, la notifica del titolo costituiva mero atto propedeutico all’azione esecutiva, differita in assenza del pagamento nel termine di 120 giorni.
All’esito RAGIONE_SOCIALE‘istruttoria, il RAGIONE_SOCIALE, con la decisione n. 133/2020 R.D., emessa il 29 settembre 2020 e depositata il 7 gennaio 2021, ha ritenuto insussistenti le violazioni contestate al capo 2) lett. c (« applicato nella nota spesa allegata alla sentenza notificata, voci di compenso non dovute) e per l’effetto ha prosciolto in parte qua l’incolpata; contemporaneamente, ha affermato la sussistenza RAGIONE_SOCIALE altri capi d’incolpazione, irrogando la sanzione RAGIONE_SOCIALEa sospensione dall’esercizio RAGIONE_SOCIALEa professione per un periodo di anni tre e mesi sei. A seguito di ricorso RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, il RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. 99/2024, pubblicata il 27 marzo 2024 e notificata il 4 aprile 2024, ha solo parzialmente riformato la decisione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, limitandosi a rideterminare la sanzione disciplinare RAGIONE_SOCIALEa sospensione dall’esercizio RAGIONE_SOCIALEa professione per la minor durata di un anno.
L’ AVV_NOTAIORAGIONE_SOCIALE ha quindi proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, avverso la predetta sentenza del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, formulando contestualmente istanza di
sospensione RAGIONE_SOCIALE‘esecutorietà di quest’ultima, cui ha fatto seguito successiva richiesta di sollecita trattazione RAGIONE_SOCIALEa sospensiva.
Il ricorso è stato avviato alla pubblica udienza per la trattazione congiunta RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione e RAGIONE_SOCIALE‘istanza cautelare, con abbreviazione del termine di cui all’art. 377, secondo comma, cod. proc. civ. e con concessione del termine per deposito di memorie entro il 3 settembre 2024 per il AVV_NOTAIO Ministero ed entro il 10 settembre 2024 per la ricorrente.
Il RAGIONE_SOCIALE competente è rimasto intimato.
Il AVV_NOTAIO Ministero, nella persona RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, ha depositato memoria, chiedendo di accogliere la richiesta di sospensione RAGIONE_SOCIALEa decisione impugnata ed il primo motivo di ricorso; dichiarare estinto per prescrizione il capo 2 RAGIONE_SOCIALE‘incolpazione ; e rigettare il ricorso nel resto, con le conseguenze di legge.
La ricorrente ha prodotto memoria.
Con ordinanza interlocutoria del 18 settembre 2024, n. 25080, questa Corte ha sospeso l’esecuzione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente lamenta, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o la falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 56 RAGIONE_SOCIALEa legge 31 dicembre 2012, n. 247 (nuova disciplina RAGIONE_SOCIALE‘ordinamento RAGIONE_SOCIALEa professione forense), dovendosi ritenere l’illecito contestato al capo 2) RAGIONE_SOCIALEa rubrica prescritto l’ 11 agosto 2023, e, quindi, in data anteriore a quella di deposito, il 27 marzo 2024, RAGIONE_SOCIALEa sentenza del C.N.F. qui impugnata.
La ricorrente assume infatti che sarebbe incongruo il riferimento, nel relativo capo d’incolpazione, alla pubblicazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza di appello avvenuta il 29 novembre 2016, quale termine di cessazione RAGIONE_SOCIALEa ritenuta permanenza RAGIONE_SOCIALE‘illecito disciplinare – e quindi dies a quo RAGIONE_SOCIALEa prescrizione, in quanto l’utilizzo del documento falso
darebbe luogo ad un illecito di natura istantanea, consumatosi il 3 febbraio 2015, data RAGIONE_SOCIALE‘udienza nella quale l’AVV_NOTAIO è comparsa per la prima volta in udienza nel primo grado del giudizio civile de quo , quale nuovo difensore RAGIONE_SOCIALE‘attore. Tale condotta, integrante l’utilizzo RAGIONE_SOCIALE‘atto falso, avrebbe poi generato, quali meri effetti protratti nel tempo, la successiva fase esecutiva RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado e la difesa RAGIONE_SOCIALEo stesso danneggiato nel giudizio d’appello, con il conseguente rigetto RAGIONE_SOCIALE‘inibitoria richiesta dal RAGIONE_SOCIALE.
Peraltro, aggiunge la ricorrente, ogni effetto RAGIONE_SOCIALE‘ utilizzo del documento interessato sarebbe comunque cessato con il conseguimento del risultato, ovvero con la sottoscrizione RAGIONE_SOCIALEa intervenuta transazione del 12 febbraio 2016, con contestuale rinuncia agli atti del giudizio civile. Il conseguente ‘ abbandono RAGIONE_SOCIALEa causa ‘ in appello, con la mancata comparizione RAGIONE_SOCIALEe parti e la declaratoria di estinzione del giudizio, costituirebbe infatti una mera ‘ attuazione ‘ di tale accordo transattivo, non idonea a collocare la consumazione RAGIONE_SOCIALE‘illecito, e quindi il dies a quo del termine di prescrizione, alla data del deposito RAGIONE_SOCIALEa relativa sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello del 29.11.2016.
Tanto premesso, la ricorrente deduce che il termine massimo, di sette anni e sei mesi, di prescrizione RAGIONE_SOCIALE‘azione disciplinare, ricavabile dal combinato disposto del primo e del terzo comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 56 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 247 del 2012, sarebbe in ogni caso maturato sia se computato dalla data ( 3 febbraio 2015) d ell’ unico ed istantaneo utilizzo RAGIONE_SOCIALE‘atto falso; sia, comunque, se calcolato dalla data (12 febbraio 2016) di cessazione di ogni effetto di tale utilizzo, coincidente con la firma RAGIONE_SOCIALEa transazione tra le parti, con contestuale rinuncia agli atti del giudizio.
In entrambi i casi, la prescrizione sarebbe maturata in data comunque antecedente al deposito, il 27 marzo 2024, RAGIONE_SOCIALEa sentenza del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
1.1. Il motivo è ammissibile. Infatti, la prescrizione RAGIONE_SOCIALE‘azione disciplinare nei confronti RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo, qualora non comporti indagini fattuali che sarebbero precluse in sede di legittimità (Cass., Sez. U – , 28/12/2023, n. 36204), per cui può anche essere eccepita per la prima volta in questa sede dalla parte ricorrente (Cass., Sez. U – , 9 ottobre 2013, n. 22956), tanto più ove se ne deduca la maturazione successivamente all’introduzione del giudizio di merito a quo .
Tanto premesso, il motivo è infondato e va rigettato, sebbene, pronunziando sul ricorso, si debba comunque dichiarare, limitatamente a l capo RAGIONE_SOCIALE‘incolpazione investito dal motivo, l’intervenuta prescrizione RAGIONE_SOCIALE‘azione disciplinare .
La consumazione RAGIONE_SOCIALE illeciti contestati è collocata, negli stessi capi d’incolpazione, successivamente al 2 febbraio 2013, data di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa legge n. 247 del 2012, il cui art. 56, in tema di prescrizione, è invocato dalla ricorrente. Pertanto, l’applicazione di quest’ultima norma al caso di specie è coerente con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il punto di riferimento per l’individuazione del regime RAGIONE_SOCIALEa prescrizione RAGIONE_SOCIALE‘azione disciplinare è la commissione del fatto o la cessazione RAGIONE_SOCIALEa sua permanenza ed è a quel momento, quindi, che si deve avere riguardo per stabilire la legge applicabile (Cass., Sez. U – , 28/10/2020, n. 23746). Il regime più favorevole RAGIONE_SOCIALEa prescrizione RAGIONE_SOCIALE illeciti disciplinari RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, introdotto dall’art. 56 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 247 del 2012, non trova applicazione con riguardo ai fatti che, diversamente da quelli sub iudice , siano stati commessi prima RAGIONE_SOCIALE‘entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa citata norma, e tale conclusione è compatibile sia con la giurisprudenza costituzionale, la quale ha chiarito che le garanzie riguardanti la pena in senso stretto possono essere ritenute inapplicabili (o, quantomeno, applicabili in forme più flessibili) alle sanzioni disciplinari, sia con la giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte Edu, secondo cui il principio di
retroattività RAGIONE_SOCIALEa “lex mitior” concerne esclusivamente la fattispecie incriminatrice e la pena, non anche le norme sopravvenute che modifichino la disciplina RAGIONE_SOCIALEa prescrizione (Cass., Sez. U – , 16/07/2021,n. 20383; Cass., Sez. U – , 17/07/2023, n. 20650).
Dispone il comma 1 del ridetto art. 56 RAGIONE_SOCIALEa l. n. 247 del 2012 che « L’azione disciplinare si prescrive nel termine di sei anni dal fatto.». Il successivo comma 3 aggiunge che « Il termine RAGIONE_SOCIALEa prescrizione è interrotto con la comunicazione all’iscritto RAGIONE_SOCIALEa notizia RAGIONE_SOCIALE‘illecito. Il termine è interrotto anche dalla notifica RAGIONE_SOCIALEa decisione del consiglio distrettuale di disciplina e RAGIONE_SOCIALEa sentenza pronunciata dal CNF su ricorso. Da ogni interruzione decorre un nuovo termine RAGIONE_SOCIALEa durata di cinque anni. Se gli atti interruttivi sono pi ù̀ di uno, la prescrizione decorre dall’ultimo di essi, ma in nessun caso il termine stabilito nel comma 1 pu ò̀ essere prolungato di oltre un quarto. Non si computa il tempo RAGIONE_SOCIALEe eventuali sospensioni.».
Nell’interpretare il regime attuale RAGIONE_SOCIALEa prescrizione, introdotto da tali disposizioni, questa Corte (Cass., Sez. U -, 14/04/2023, n. 10085) ha chiarito che esso configura una fattispecie riconducibile a un moRAGIONE_SOCIALEo di matrice penalistica, volto a promuovere il sollecito esercizio RAGIONE_SOCIALE‘azione disciplinare e la definizione del procedimento disciplinare in tempi certi, laddove, al contrario, quella del regime precedente si rifaceva al moRAGIONE_SOCIALEo civilistico.
Si tratta quindi di prescrizione non di un diritto, ma RAGIONE_SOCIALE‘azione disciplinare, in relazione alla quale la nuova legge, se da un lato ha elevato la durata RAGIONE_SOCIALEa prescrizione, portandola a sei anni, ed ha tipizzato alcuni eventi interruttivi, prevedendo che da quelle date il termine di prescrizione riprenda a decorrere, seppur per una durata più breve, di cinque anni, ha poi previsto un termine finale complessivo e inderogabile, entro il quale il procedimento disciplinare deve concludersi a pena di prescrizione, di sette anni e mezzo dalla consumazione RAGIONE_SOCIALE‘illecito.
L’accertamento RAGIONE_SOCIALE‘eventuale prescrizione presuppone pertanto l’individuazione del dies a quo del relativo termine, rappresentato dal momento di consumazione RAGIONE_SOCIALE‘illecito disciplinare, che a sua volta può essere istantaneo o permanente, in quest’ultimo caso coincidendo con la cessazione RAGIONE_SOCIALEa permanenza.
Con riferimento al caso di specie, è vero che nella giurisprudenza penale l’utilizzazione di un atto falso è effettivamente configurata come reato istantaneo e non permanente, in quanto la sua consumazione si esaurisce con l’uso, mentre la protrazione nel tempo RAGIONE_SOCIALE effetti da questo prodotti rappresenta il risultato RAGIONE_SOCIALE‘azione criminosa (Cass. pen. 28/06/2023, n. 38740; Cass. pen. 29/05/2015, n. 38438 del 29/05/2015; anche se la risalente Cass. pen. 23/06/1966, n. 762, affermava che la reiterazione RAGIONE_SOCIALE‘uso RAGIONE_SOCIALEa scrittura privata falsa, in relazione al reato previsto dall’art 485 cod pen, dà luogo ad una situazione di consumazione protratta analoga a quella del reato permanente o continuato, la quale assume rilevanza per tutti gli effetti per i quali la legge fa riferimento alla cessazione RAGIONE_SOCIALEa consumazione o RAGIONE_SOCIALEa reiterazione).
Tuttavia, non è giustificato un autonomo travaso di qualificazioni di reati dal contesto penale a quello disciplinare, essendo stato già chiarito che in tema di illecito deontologico RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE per fatti contestati anche in sede penale, il procedimento disciplinare deve fondarsi su autonome valutazioni rispetto al processo penale ( ex art. 54 RAGIONE_SOCIALEa l. n. 247 del 2012), anche con riguardo alla decorrenza del termine di prescrizione RAGIONE_SOCIALE‘azione, con conseguente necessità, per l’organo disciplinare, di accertare la data di commissione del fatto, la quale, in caso di illecito permanente, si identifica con quella di cessazione RAGIONE_SOCIALEa permanenza (Cass., Sez. U – , 29/05/2023, n. 14957 del 29/05/2023; Cass., Sez. U – , 10/09/2024, n. 24285).
Infatti sono stati classificati, ai fini disciplinari, come permanenti illeciti che non solo tali in sede penale, come l’ appropriazione di
somma depositata dal cliente a titolo fiduciario, in base alla considerazione -ontologica- che le fattispecie contestate avevano natura disciplinare, non penale, ancorché in parte sussumibili (e concretamente sussunte) in norme incriminatrici penali, sicché non si possono evocare sic et simpliciter le categorie penalistiche inerenti le fattispecie delittuose “parallele”, che integrino reati istantanei e non permanenti ( ex plurimis Cass., Sez. U -, 26/07/2022, n. 23239; Cass., Sez. U – , 29/03/2023, n. NUMERO_TELEFONO).
La fattispecie concreta qui sub iudice , il cui accertamento in fatto è ormai consolidato, è connotata dall’ utilizzazione, ripetuta e continuata, del medesimo atto falso nell’introduzione e nella gestione RAGIONE_SOCIALEa lite risarcitoria nel suo complesso, sia processuale che stragiudiziale, ovvero non solo nell’introduzione e nel la gestione RAGIONE_SOCIALEa difesa nei diversi gradi di merito, nella fase esecutiva RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado e nella conciliazione con il RAGIONE_SOCIALE (attuata, come riconosce la stessa ricorrente solo con la mancata comparizione RAGIONE_SOCIALEe parti all’udienza di comparizione in appello); ma anche nella parallela trattativa con l’assicuratore RAGIONE_SOCIALEa responsabilità civile RAGIONE_SOCIALE‘ente , che ha condotto all’incasso del risarcimento a favore del cliente e dei compensi per l’incolpata.
Si è quindi realizzata una condotta illecita, offensiva dei canoni deontologici, protratta e permanente nel tempo, alla cui cessazione soltanto va ancorato il decorso del termine prescrizionale, in conformità, per quanto qui rileva, al principio enunciato dalla citata Cass., Sez. U -, 29 maggio 2023 n. 14957 ed « in continuità con una giurisprudenza ampliamente consolidata (cfr. infatti, già con riferimento al disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 51 r.d.l. n. 1578/1933: Cass. Sez. U. 26 novembre 2008, n. 28159; Cass. Sez. U. 1 ottobre 2003, n. 14620)» (Cass., Sez. U – , 10/09/2024 n. 24285 del 10/09/2024, relativa a contestazione che comprendeva anche l’uso consapevole di mandati e documenti falsi; per un caso di decorrenza del termine di prescrizione RAGIONE_SOCIALE‘illecito disciplinare dalla cessazione RAGIONE_SOCIALEa condotta falsificatrice, coincidente con la conclusione del giudizio
civile nel quale l’atto è stato utilizzato, cfr. Cass., Sez. U -, 03/11/2020, n. 24378, che ha ritenuto inammissibile la censura del ricorrente rispetto a tale conclusione del CNF).
Non può quindi condividersi la tesi RAGIONE_SOCIALEa ricorrente sulla natura istantanea RAGIONE_SOCIALE‘illecito disciplinare in questione.
Tanto meno può ritenersi, come sostiene la ricorrente, l’ indifferenza , ai fini RAGIONE_SOCIALEa consumazione RAGIONE_SOCIALE‘illecito disciplinare, RAGIONE_SOCIALEa dichiarazione di estinzione del giudizio d’appello. Invero, nel caso concreto, l’estinzione è tutt’altro che priva di rilevanza concreta, poiché ha impedito al giudizio civile pendente di progredire verso l’accertamento RAGIONE_SOCIALEa falsità RAGIONE_SOCIALEa notifica RAGIONE_SOCIALE‘atto introduttivo del primo grado e del conseguente vizio RAGIONE_SOCIALEa sentenza di condanna RAGIONE_SOCIALE‘ente , sul cui presupposto si innestava anche il pagamento effettuato, in sede stragiudiziale, dall’assicurazione RAGIONE_SOCIALEa responsabilità civile del RAGIONE_SOCIALE al preteso danneggiato ed alla stessa incolpata.
Nella sostanza, dunque, l’estinzione del giudizio ha definitivamente ‘consolidato’ gli effetti RAGIONE_SOCIALEa protratta utilizzazione RAGIONE_SOCIALEa falsa notifica. A sua volta, del resto, la stessa ‘attuazione’ ( attraverso la mancata comparizione in appello e la conseguente estinzione del giudizio) RAGIONE_SOCIALE‘accordo conciliativo tra l’attore danneggiato e l’ente territoriale ritenuto responsabile ha costituito un’ulteriore spendita RAGIONE_SOCIALEo stesso atto falso, poiché tale accordo trovava ragione esclusivamente nell ‘avvenuto pagamento da parte RAGIONE_SOCIALE‘assicuratore, e dunque si fondava pur sempre sull’accertamento RAGIONE_SOCIALEa responsabilità RAGIONE_SOCIALE‘assicurato, derivato dalla falsa notifica de qua . In sintesi, attuare consapevolmente un accordo sostanzialmente fondato su un atto falso equivale a (continuare a) utilizzare quest’ultimo.
Gli illeciti di cui ai punti 2.a) e 2.b) del capo d’incolpazione (così come riprodotto nella sentenza impugnata) sono stati quindi correttamente considerati (nella ricostruzione in fatto del l’ incolpazione, confermata integralmente dalla decisione del
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dalla sentenza del RAGIONE_SOCIALE) come «commessi fino alla data del 29.11.2016 (estinzione del processo d’appello)», che costituisce il dies a quo RAGIONE_SOCIALEa prescrizione de ll’azione disciplinare, con conseguente rigetto RAGIONE_SOCIALEa censura RAGIONE_SOCIALEa ricorrente.
1.2. Muovendo tuttavia proprio dal dies a quo del 29 novembre 2016, il termine massimo complessivo di prescrizione, di sette anni e mezzo, è maturato comunque in data 29 maggio 2024, ovvero successivamente al deposito RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata e dopo la proposizione, il 2 maggio 2024, del ricorso per cassazione, ma prima RAGIONE_SOCIALEa data in cui quest’ultimo è venuto in decisione in sede di legittimità.
Pertanto, così come dedotto dal P.M. nella sua memoria, relativamente ai fatti di cui al capo di incolpazione sub 2, nonostante le interruzioni, il relativo termine massimo di prescrizione RAGIONE_SOCIALE‘azione disciplinare è spirato in epoca antecedente alla data RAGIONE_SOCIALE‘udienza fissata dinanzi a queste Sezioni Unite per la decisione del ricorso e successiva alla proposizione di quest’ultimo.
Né risulta peraltro, dalla decisione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dalla sentenza del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che il procedimento disciplinare de quo sia stato sospeso a tempo determinato, con conseguente sospensione del termine di prescrizione ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 54, comma 2, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 247 del 2012 e con esclusione RAGIONE_SOCIALEa computabilità del relativo periodo ai fini del termine massimo di prescrizione, a norma del successivo art. 56, comma 3, ultimo periodo RAGIONE_SOCIALEa stessa legge.
All’accertamento d’ufficio RAGIONE_SOCIALEa maturazione del termine di cui all’ art. 56, comma 1, RAGIONE_SOCIALEa l. n. 247 del 2012 consegue la cassazione, in parte qua , RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, con la dichiarazione RAGIONE_SOCIALEa prescrizione RAGIONE_SOCIALE‘azione disciplinare limitatamente agli illeciti di cui ai nn. 2 a) e 2 b) RAGIONE_SOCIALE‘atto d’incolpazione e con conseguente rinvio al giudice a quo per gli accertamenti in fatto necessari ai fini RAGIONE_SOCIALEa rideterminazione RAGIONE_SOCIALEa sanzione disciplinare in relazione all’illecito
di cui al capo d’incolpazione contraddistinto nella rubrica dal n. 3 (« Per aver l’AVV_NOTAIO contravvenuto all’art. 71 NCDF , avendo consapevolmente attestato falsamente l’avvenuta notifica RAGIONE_SOCIALE‘atto di citazione mediante produzione di documento fraudolentemente predisposto, con l’intento di indurre in errore anche l’organo disciplinare») , non attinto da nessun motivo del ricorso qui in decisione; nonché in relazione al capo d’incolpazione n. 1 RAGIONE_SOCIALEa rubrica, attinto dal secondo motivo di ricorso per cassazione, del quale infra si dirà. Infatti, tanto la decisione disciplinare che, per quanto qui più rileva, la sentenza impugnata hanno determinato la sanzione disciplinare complessiva irrogata individuando la condotta illecita più grave proprio nelle fattispecie di cui ai nn. 2 a) e 2 b) RAGIONE_SOCIALE‘atto d’incolpazione, RAGIONE_SOCIALEe quali è stata tuttavia accertata in questa sede la prescrizione.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 24 Cost., per avere la sentenza impugnata confermato il giudizio di responsabilità per i fatti contestati al capo n.1 RAGIONE_SOCIALE‘incolpazione, in contrasto con il principio nemo tenetur se detegere , applicabile anche ai procedimenti disciplinari. A detta RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, infatti, la sua mancata collaborazione con l’AVV_NOTAIO avrebbe costituito estrinsecazione del diritto di difendersi poiché, ove l’AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO avesse dato seguito alla richiesta RAGIONE_SOCIALEa collega di ricevere copia RAGIONE_SOCIALE‘ atto di citazione corredato RAGIONE_SOCIALEa relata di notifica, avrebbe fornito alla controparte la prova RAGIONE_SOCIALEa falsificazione, così pregiudicando il diritto di difesa RAGIONE_SOCIALEa stessa incolpata in un eventuale successivo procedimento disciplinare, in ipotesi originato proprio dalla consegna RAGIONE_SOCIALE‘atto falso .
La ricorrente invoca dunque la causa di giustificazione- disciplinata dall’art. 51 cod. pen., ma operante anche nell’ambito RAGIONE_SOCIALEa responsabilità disciplinareRAGIONE_SOCIALE‘esercizio del diritto RAGIONE_SOCIALE‘incolpata di non rendere dichiarazioni, scritte od orali, autoindizianti.
Il motivo è infondato.
Questa Corte, sia pur in tema di procedimento disciplinare a carico di altra figura professionale, ha già ritenuto che, in applicazione del principio fondamentale nemo tenetur se detegere , il notaio non può essere costretto a rendere dichiarazioni in seguito alle quali possa essere successivamente esposto a un procedimento sanzionatorio; ne consegue che, operando anche nell’ambito disciplinare il sistema RAGIONE_SOCIALEe cause di giustificazione, costituisce esercizio di un diritto il rifiuto di rendere dichiarazioni scritte o orali autoindizianti, ancorché richieste dal consiglio notarile nell’ambito RAGIONE_SOCIALEe sue funzioni di vigilanza e controllo (Cass., 18/06/2004, n. 11412; Cass. 13/07/2004, n. 12906; cfr. altresì Cass., 04/05/2005, n. 9262, in materia di procedimento disciplinare nei confronti del lavoratore subordinato e di esclusione del dovere RAGIONE_SOCIALE‘incolpato di rendere dichiarazioni “autoindizianti”).
In particolare, poi, questa Corte, con l’ordinanza interlocutoria n. 3831 del 16/02/2018, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata -in relazione agli articoli 24, 111 e 117 Cost., quest’ultimo con riferimento all’articolo 6 CEDU e all’art. 14, comma 3, lett. g), del Patto internazionale sui diritti civili e politici adottato a New York il 16 dicembre 1966, reso esecutivo in Italia con la l. n. 881 del 1977, nonché in relazione agli articoli 11 e 117 Cost., con riferimento all’articolo 47 CDFUE, ed avuto riguardo al principio AVV_NOTAIO ‘nemo tenetur se detegere’ – la questione di legittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALE‘articolo 187 quinquiesdecies T.U.F. nel testo originariamente introdotto dall’articolo 9, comma 2, lett. b), RAGIONE_SOCIALEa l. n. 62 del 2005 – nella parte in cui detto articolo sanziona la condotta consistente nel non ottemperare tempestivamente alle richieste RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE o nel ritardare l’esercizio RAGIONE_SOCIALEe sue funzioni anche nei confronti di colui al quale la medesima RAGIONE_SOCIALE, nell’esercizio RAGIONE_SOCIALEe sue funzioni di vigilanza, ascriva illeciti amministrativi relativi all’abuso di informazioni privilegiate.
All’esito di tale rimessione, la Corte costituzionale, con l’ordinanza n. 117 del 2019, ha a sua volta sottoposto, in via pregiudiziale, la
questione alla Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione europea che, con la sentenza del 2.2.2021, nella causa C-481/19, ha statuito che « L’articolo 14, paragrafo 3, RAGIONE_SOCIALEa direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del RAGIONE_SOCIALE, del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato), e l’articolo 30, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del RAGIONE_SOCIALE, del 16 aprile 2014, relativo agli abusi di mercato (regolamento sugli abusi di mercato) e che abroga la direttiva 2003/6 e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE RAGIONE_SOCIALEa Commissione, letti alla luce RAGIONE_SOCIALE articoli 47 e 48 RAGIONE_SOCIALEa Carta dei diritti fondamentali RAGIONE_SOCIALE‘Unione europea, devono essere interpretati nel senso che essi consentono agli Stati membri di non sanzionare una persona fisica, la quale, nell’ambito di un’indagine svolta nei suoi confronti dall’autorità competente a titolo di detta direttiva o di detto regolamento, si rifiuti di fornire a tale autorità risposte che possano far emergere la sua responsabilità per un illecito passibile di sanzioni amministrative aventi carattere penale oppure la sua responsabilità penale.
Infine, la Corte costituzionale, con la sentenza n.84 del 2021, in sintonia con la citata pronuncia RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia, ha riconosciuto l’esistenza di un diritto al silenzio nell’ambito di procedimenti amministrativi funzionali a scoprire illeciti e a individuarne i responsabili, che siano suscettibili di sfociare in sanzioni amministrative di carattere punitivo fondato, « sull’art. 24 Cost., sull’art. 6 CEDU e sugli artt. 47 e 48 CDFUE, questi ultimi nell’interpretazione che ne ha ora fornito la Corte di giustizia».
La Corte costituzionale ha quindi dichiarato l’ illegittimità costituzionale parziale RAGIONE_SOCIALE‘ art. 187quinquiesdecies del d.lgs. n. 58 del 1998, nel testo originariamente introdotto dall’art. 9, comma 2, lett. b ), RAGIONE_SOCIALEa legge n. 62 del 2005, nella parte in cui si applica anche alla persona fisica che si sia rifiutata di fornire alla RAGIONE_SOCIALE risposte che possano far emergere la sua responsabilit à̀ per un
illecito passibile di sanzioni amministrative di carattere punitivo, ovvero per un reato; ed ha esteso in via consequenziale la declaratoria di illegittimità costituzionale anche al testo RAGIONE_SOCIALEa disposizione risultante dalle modifiche recate dall’art. 24, comma 1, lettera ‘c’, del decreto -legge 18 ottobre 2012 n. 179,convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2012 n. 221, che estende le sanzioni previste dalla norma alle condotte di mancata collaborazione con la Banca d’Italia; nonché al testo risultante dalle notifiche recate dall’art. 5, comma 3, del decreto legislativo 3 agosto 2017, n. 129, nella parte in cui si applica anche alla persona fisica che si sia rifiutata di fornire alla Banca d’Italia o alla CONSOB risposte che possano far emergere la sua responsabilit à̀ per un illecito passibile di sanzioni amministrative di carattere punitivo, ovvero per un reato.
Nella sostanza dunque, come sintetizzato dalla stessa Corte costituzionale, « la decisione RAGIONE_SOCIALEe questioni di legittimit à̀ costituzionale ora sottoposte all’esame di questa Corte è unicamente incentrata sulla disposizione -l’art.187 -quinquiesdecies del d.lgs. n. 58 del 1998 -dalla quale discende l’obbligo di sanzionare anche chi si sia rifiutato di rispondere alle domande RAGIONE_SOCIALEa Banca d’Italia e RAGIONE_SOCIALEa CONSOB nell’esercizio del proprio diritto al silenzio, obbligo che la presente pronuncia dichiara costituzionalmente illegittimo.» (Corte cost., sentenza n.84 del 2021).
Tanto premesso, la fattispecie di illecito disciplinare qui sub iudice appare estranea al perimetro del diritto al silenzio derivante dalle già richiamate disposizioni nazionali ed internazionali ed oggetto RAGIONE_SOCIALEe citate pronunce RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia e RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale. Invero queste ultime riconoscono protezione al diritto RAGIONE_SOCIALEa persona fisica al silenzio « nell’ambito di procedimenti amministrativi che -come quello che ha interessato il ricorrente nel giudizio a quo -siano comunque funzionali a scoprire illeciti e a individuarne i responsabili, e siano suscettibili di sfociare in
sanzioni amministrative di carattere punitivo» (Corte cost., sentenza n. 84 del 2021, cit., punto 3.5), definendo «lo standard di tutela RAGIONE_SOCIALEe condizioni essenziali del diritto di difesa di fronte a un’accusa suscettibile di sfociare nell’applicazione di sanzioni a contenuto comunque punitivo, che non possono non comprendere il diritto -con le parole RAGIONE_SOCIALE‘art. 14, paragrafo 3, lettera g), PIDCP a ‘ non essere costretto a deporre contro se stesso ‘ .» (Corte cost., sentenza n. 84 del 2021, cit.). Sebbene l’operatività̀ di tale garanzia non presupponga necessariamente l’avvenuta contestazione formale RAGIONE_SOCIALE‘illecito, e debba potersi esplicare anche in una fase antecedente alla instaurazione del procedimento sanzionatorio (Corte cost., sentenza n. 84 del 2021, cit., punto 3.6), il diritto al silenzio trova comunque esplicazione nel rapporto tra il potenziale incolpato, che intenda avvalersene, e l’autorità titolare dei procedimenti amministrativi, anche solo di vigilanza, finalizzati alla scoperta di eventuali illeciti, all’individuazione dei responsabili ed all’irrogazione RAGIONE_SOCIALEe relative sanzioni amministrative di carattere punitivo (cfr. Corte di giustizia,2.2.2021, C-481/19, cit. : «nell’ambito di un’indagine svolta nei suoi confronti dall’autorità competente», «si rifiuti di fornire a tale autorità risposte che possano far emergere la sua responsabilità»).
Nel caso di specie, invece, la condotta omissiva contestata con il capo 1 d’incolpazione alla ricorrente si è manifestata non nei riguardi RAGIONE_SOCIALE‘autorità dotata di poteri di vigilanza, indagine e repressione del diverso illecito realizzato con l’utilizzo RAGIONE_SOCIALE‘atto falso, ma nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE di controparte ed all’interno del rapporto di colleganza, con violazione dei doveri di lealtà, correttezza e collaborazione tra i difensori, di cui ai contestati artt. 9, 19 e 46, comma 5, del codice deontologico forense. Pertanto, l’offensività RAGIONE_SOCIALEa condotta omissiva attribuita alla ricorrente dal capo 1 RAGIONE_SOCIALE‘incolpazione prescinde dalla falsità RAGIONE_SOCIALE‘atto non fornito alla controparte e, comunque, non è strumentale alla difesa RAGIONE_SOCIALE‘incolpata dall’accertamento e dalla repressione RAGIONE_SOCIALE‘utilizzazione
RAGIONE_SOCIALE‘atto falso, eventi peraltro neppure inevitabilmente conseguenti all’ eventuale adempimento dei doveri collaborativi trasgrediti dalla ricorrente.
3. L’accertamento RAGIONE_SOCIALE‘avvenuta prescrizione di parte RAGIONE_SOCIALE illeciti giustifica la compensazione RAGIONE_SOCIALEe spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Rigetta il primo ed il secondo motivo e, pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata per la prescrizione RAGIONE_SOCIALE ‘azione disciplinare limitatamente agli illeciti di cui ai punti 2 a) e 2 b) del capo d’incolpazione , rinviando, per la nuova determinazione RAGIONE_SOCIALEa sanzione, al RAGIONE_SOCIALE, e compensando le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 17 settembre 2024