Sentenza di Cassazione Civile Sez. U Num. 4840 Anno 2025
Civile Sent. Sez. U Num. 4840 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
SENTENZA
sul ricorso 13671-2024 proposto da:
COGNOME quale difensore di se stesso elettivamente domiciliato presso il proprio studio in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BARI; PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE CASSAZIONE ROMA;
– intimati – avverso la sentenza n. 196/2024 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE di ROMA, depositata il 13/05/2024;
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, nella persona dell’Avvocato Generale, dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME COGNOME che si è riportato alle conclusioni scritte;
udito l’avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza n. 196 del 13 maggio 2024, ha respinto il ricorso proposto dall’avvocato NOME COGNOME avverso la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina (CDD) della Corte d’Appello di Bari che gli aveva inflitto la sanzione del richiamo verbale.
Tale decisione aveva ritenuto la responsabilità disciplinare del ricorrente, per il solo capo b) dell’incolpazione, previa riqualificazione dell’addebito contestato in tale capo, e precisamente: b) per aver omesso, in violazione dell’art. 27, co. 6, e 33 di informare il cliente in ordine allo svolgimento del mandato nonché per non aver consegnato alla sig.ra COGNOME la documentazione
necessaria al fine di ottenere la cancellazione del nominativo dal registro dei protesti, avendo la sig.ra COGNOME provveduto al pagamento della somma portata dagli assegni emessi in favore del predetto avvocato a mezzo di bonifico bancario.
La vicenda disciplinare traeva origine da un esposto che il CDD di Bari riceveva in data 25 settembre 2018 da COGNOME NOME relativo a comportamenti che sarebbero stati posti in essere dall’Avv. NOME COGNOME nell’esercizio della sua attività professionale. Infatti, riferiva di essersi rivolta al COGNOME per risolvere un contenzioso aperto con la propria banca circa il carattere usurario degli interessi richiesti.
A seguito del consiglio del difensore di non provvedere al pagamento delle rate scadute, era stata segnalata in CAI (Centrale Allarme Interbancaria), sicché il direttore della nuova banca, cui si era rivolta, le aveva consigliato di ritirare tutti gli assegni emessi, compresi due assegni che aveva consegnato all’Avv. COGNOME a titolo di acconto sui suoi onorari. Aggiungeva che aveva chiamato l’Avv. COGNOME per bloccare gli assegni e che, nonostante avesse corrisposto l’importo per il quale erano stati emessi gli assegni, l’Avv. COGNOME non aveva provveduto a richiamare il primo dei titoli, provocando il protesto dello stesso. Aggiungeva, altresì, che l’Avv. COGNOME, anche dopo aver ricevuto il pagamento dell’importo portato dall’assegno già protestato, non le aveva restituito il titolo con la quietanza liberatoria della relativa somma, munita di firma autenticata, e chiedeva di poter ricostruire i rapporti con l’Avv. COGNOME, con la allegata documentazione.
Il CDD con la decisione impugnata: – dichiarava non esservi luogo a provvedimento disciplinare in relazione ai capi a) e c) contestati, essendo insufficiente e contraddittoria la prova in ordine alla
responsabilità dell’incolpato; -dichiarava non esservi luogo al provvedimento disciplinare per il fatto contestato al capo b), quanto alla omessa informativa del cliente, essendo insufficiente e contraddittoria la prova in ordine alla responsabilità dell’incolpato; -riqualificato l’altro fatto contestato al capo b), ovvero la condotta dell’incolpato in relazione alla richiesta di liberatoria necessaria per la cancellazione del nominativo dal registro dei Protesti (art 9 del Codice Deontologico Forense) -disponeva il richiamo verbale.
Avverso tale decisione proponeva impugnazione l’Avv. NOME COGNOME ed il CNF con la sentenza n. 1896 del 13 maggio 2024 ha rigettato il reclamo.
Preliminarmente, disattendeva l’eccezione di prescrizione, rilevando che il Lorusso era stato sanzionato per aver omesso di consegnare all’esponente la liberatoria con firma autenticata necessaria per la cancellazione del nominativo dal registro dei protesti in violazione dell’art. 9 CDF (Doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza) dopo aver ricevuto con altre modalità il pagamento del corrispondente importo indicato nell’assegno. Si tratta di illecito omissivo che nel capo d’incolpazione era cronolo gicamente riferito ‘ Da aprile 2015 all’attualità ‘. Risultava quindi applicabile la normativa in tema di prescrizione di cui all’art. 56 L. n. 247/2012 secondo cui il termine è di sei anni, prorogato a sette anni e mezzo ove ricorrano atti interruttivi. Tuttavia, trattandosi di illecito permanente, per analogia con altre condotte omissive, come l’omessa restituzione della documentazione alla parte assistita la quale costituisce illecito permanente, nel caso di specie il dies a quo andava individuato nella data di cessazione della condotta, e precisamente nella data del 16 marzo 2018 allorché la COGNOME aveva
inviato all’incolpato una richiesta formale di ottenere la consegna della liberatoria con firma autentica, a cui l’avv. COGNOME non aveva risposto.
Quanto all’incompetenza del CDD di Bari, che il COGNOME contestava sul presupposto che il procedimento si sarebbe dovuto svolgere dinanzi al CDD di Roma, in quanto luogo in cui si verificarono i fatti, si rilevava che l’avv. COGNOME risulta iscritto presso l’Ordine degli Avvocati di Bari dal 23.09.1993, e che, ai sensi dell’art. 51 L. n. 247/2012, la potestà disciplinare spetta al CDD della cui circoscrizione fa parte l’ordine degli avvocati a cui è iscritto l’incolpato ovvero al CDD nel cui territorio è compiuto il fatto oggetto di procedimento.
Erano disattese le contestazioni quanto all’omessa audizione dell’incolpato ed al rigetto della relativa richiesta, come del pari era respinta la richiesta di sospensione del procedimento per pregiudizialità (sul presupposto che il Lorusso aveva sporto denuncia presso la procura della Repubblica per i medesimi fatti oggetto di procedimento disciplinare). A tal riguardo il CNF ricordava che la fattispecie in esame soggiace alla nuova legge professionale, nella quale la sospensione per pregiudizialità penale non costituisce più un’ipotesi automatica, bensì una facoltà del CDD. In merito alla censura relativa al capo di incolpazione, per il fatto che la mancata indicazione degli elementi spazio -temporali in cui si sarebbe verificata la vicenda procurerebbe l’eccessiva indeterminatezza della contestazione, che gli avrebbe impedito di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa, la sentenza osservava che gli addebiti erano circostanziati sotto il profilo spazio-
temporale, oltre che nell’individuazione dei profili di responsabilità disciplinare.
In particolare, nel capo d’incolpazione sub lett. b) era contestata l’omessa riconsegna alla parte assistita della documentazione necessaria per ottenere la cancellazione del protesto, e il CDD nel provvedimento aveva solo specificato la tipologia di documentazione richiesta e la violazione del dovere generale di cui all’art. 9 CDF.
In merito alla violazione dell’art 24 della Costituzione, nonché dell’art 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e del Regolamento del CNF n. 2 del 21.02.2014, per l’omessa istruttoria e omessa audizione dei testi indicati dall’incolpato, si rilevava che dall’esame della pronuncia del CDD risultava che l’istruttoria si era svolta regolarmente, attraverso l’audizione dell’esponente e di uno dei testi indicati dall’incolpato, il quale aveva anche rinunciato ad un altro teste indicato.
Quanto alla mancata comunicazione del capo di incolpazione ed alla mancata concessione di termini per il deposito di memorie difensive, il CNF rilevava che l’incolpato aveva regolarmente ricevuto tutti gli atti dal CDD contenenti gli addebiti, aveva depositato memorie difensive, aveva indicato i propri testi ed aveva partecipato al dibattimento.
Circa l’omessa notifica della citazione a giudizio al difensore nominato dall’incolpato, risultava che l’imputato aveva ricevuto le notifiche di rito ed aveva richiesto un rinvio della udienza per legittimo impedimento, previo invio di certificato medico, essendo quindi rituale la notificazione dell’atto di citazione nonché la conseguenziale attività del CDD di Bari.
In ordine alla omessa indicazione dei componenti del collegio giudicante e dei componenti supplenti del CDD, la decisione era stata regolarmente pronunciata.
In merito alla eccepita violazione del regolamento del CDD di Bari, in quanto l’incolpato non avrebbe ricevuto le credenziali per l’accesso al fascicolo digitale ed il fascicolo del suo procedimento non era stato registrato tra quelli sospesi per pregiudizialità, il CNF ribatteva che in materia disciplinare vige, per tutti i CDD, il regolamento del CNF n. 2/2014 emesso in forza di riserva di legge prevista dalla L. n. 24/2012 art. 50, co. 5, e che le censure del ricorrente non potevano essere accolte in quanto allo stesso non era stato negato alcun accesso agli atti del procedimento, che invero gli erano stati notificati sin dalla fase preistruttoria.
Quanto al merito della contestazione, che investiva il mancato raggiungimento della prova dell’illecito disciplinare, per essersi attribuita rilevanza alle dichiarazioni della COGNOME e non essersi considerate le deposizioni dei testi, la sentenza, dopo aver richiamato il principio del libero convincimento ed il potere discrezionale nel valutare la conferenza e la rilevanza delle prove acquisite, reputava la decisione impugnata coerente con le risultanze documentali e probatorie acquisite al procedimento.
Avverso la sentenza era proposto ricorso per cassazione dall’avvocato COGNOME sulla base di trentotto motivi.
L’intimato Consiglio dell’ordine territoriale non ha svolto attività difensiva.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. art. 56, comma 1, della legge n. 247/2012. Prescrizione. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Il motivo è inammissibile, in quanto, incontestata l’applicazione della novella di cui all’art. 56 della legge n. 247/2012, assume apoditticamente, a fronte della puntuale ricostruzione in fatto operata dal CNF, che l’illecito, consistente nella mancata consegna alla cliente della liberatoria necessaria per la cancellazione del suo nominativo dal registro dei protesti, avrebbe natura istantanea, conclusione questa evidentemente non meritevole di accoglimento, in ragione della condotta addebitata. Come del pari è inammissibile nella parte in cui, nella prospettiva del carattere permanente dell’illecito, assume che vi sarebbe stata la consegna della liberatoria alla COGNOME in contrasto con quanto accertato in fatto dal giudice disciplinare che ha riscontrato che, sebbene il COGNOME avesse riconsegnato l’assegno protestato con allegata la liberatoria, aveva però omesso di provvedere alla prescritta autentica della seconda, omissione questa che era ostativa alla possibilità di ottenere la cancellazione dal registro dei protesti (cfr. pag. 9 della decisione del CDD).
Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 4 reg. CNF n. 2/14, con l’incompetenza del CDD di Bari e la conseguente nullità della decisione e del procedimento disciplinare, nonché difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Anche questo motivo è inammissibile, in quanto si limita a riproporre la tesi della necessaria competenza del CDD del luogo ove furono commessi i fatti oggetto di contestazione, senza
minimamente confrontarsi con la puntuale motivazione del CNF, che, in ragione della pacifica iscrizione del ricorrente presso il Consiglio dell’Ordine di Bari, ha ritenuto che fosse il CDD di Bari legittimato a pronunciarsi sui fatti di causa (cfr. sul punto da ultimo Cass. S.U. n. 30650/2023, secondo cui, in tema di procedimento disciplinare nei confronti degli avvocati, l’art. 51 della l. n. 247 del 2012 stabilisce la competenza disciplinare territoriale alternativa del Consiglio Distrettuale di Disciplina del distretto in cui è iscritto l’avvocato oppure di quello nel cui territorio è stato compiuto il fatto oggetto di indagine o di giudizio disciplinare, assumendo rilievo, ai fini del radicamento di tale competenza, la preventiva iscrizione della notizia di illecito nel registro riservato ex art. 58 della citata legge).
Il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 2 e dell’art. 6 del regolamento CNF n. 2 del 21.02.2014, nonché la violazione art. 97 Cost. con la conseguente nullità della decisione e del procedimento disciplinare, oltre che difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente, quanto alla violazione dei criteri dettati dal regolamento per la composizione della sezione del CDD, che ha trattato il suo caso.
Il motivo è inammissibile, in quanto, pur avendo correttamente richiamato il criterio che il citato regolamento detta per la formazione in maniera predeterminata ed oggettiva dell’organico delle sezioni del CDD, assume in maniera apodittica che lo stesso sarebbe stato violato, senza però specificare in dettaglio chi fossero i componenti che avrebbero dovuto in base al regolamento comporre la sezione disciplinare e quali invece in maniera illegittima ne abbiano fatto parte.
4. Il quarto motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 295 c.p.c. e la nullità della decisione e del procedimento disciplinare, con difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente, in quanto il CNF, nonostante il COGNOME avesse denunciato la COGNOME in sede penale per il carattere asseritamente diffamatorio dell’esposto presentato nei suoi confronti, ha omesso di sospendere il procedimento disciplinare in attesa dell’esito del processo penale.
Il quinto motivo lamenta violazione dell’art 54 della l. n. 247/2012 con la conseguente nullità della decisione e del procedimento disciplinare e difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente, in quanto il CNF ha omesso di acquisire atti e notizie derivanti dal processo penale scaturente dalla sua denuncia.
Il diciottesimo motivo denuncia la violazione dell’art. 295 c.p.c., con la nullità della decisione e del procedimento disciplinare e difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente, nella parte in cui il CNF ha omesso di dichiarare la nullità della sua citazione in giudizio, in difetto della sospensione del processo, per la pendenza del procedimento penale derivante dalla sua denuncia.
Il ventesimo motivo lamenta la violazione dell’art. 24 Cost. nonché della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Processo equo. Istanza di sospensione per pregiudizialità penale. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Si richiama ancora una volta la mancata sospensione del procedimento disciplinare per la coeva esistenza di un procedimento penale che concerne fatti sovrapponibili a quelli oggetto di contestazione.
Il venticinquesimo motivo denuncia la violazione dell’art. 24 Cost., e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6, nonché del capo III, art. 13, e del capo VIII, art. 28 del regolamento di funzionamento del CDD di Bari del 3/7/2015, e del regolamento del 20.01.2023 del CDD di Bari capo VIII, art. 27. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Si lamenta che il COGNOME è stato citato in giudizio dinanzi al CDD senza che il procedimento fosse inserito tra quelli sospesi per pendenza penale, come prescritto dal richiamato regolamento di funzionamento del CDD di Bari.
I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono inammissibili in quanto del tutto privi di specificità in relazione alla ratio che sostiene la decisione impugnata.
Il CNF ha escluso che fosse possibile ravvisare un nesso di pregiudizialità tra il procedimento disciplinare e la denuncia penale presentata dal ricorrente nei confronti della ex cliente, sul presupposto del carattere diffamatorio dell’esposto da quest’ultima presentato, ricordando che, in ragione della normativa applicabile ratione temporis , vige la regola di cui all’art. 54 della legge n. 247 del 2012, che, a differenza del passato, prevede come solo facoltativa la sospensione del procedimento disciplinare per la contemporanea pendenza di un procedimento penale per i medesimi fatti.
La giurisprudenza di questa Corte ha peraltro chiarito che l’art. 54 l. n. 247 del 2012 (applicabile dal 1° gennaio 2015) disciplina in termini di reciproca autonomia i rapporti tra il procedimento
disciplinare nei confronti di avvocati e quello penale avente ad oggetto gli stessi fatti e, per l’effetto, subordina l’operatività della sospensione facoltativa del procedimento disciplinare ai casi in cui risulti indispensabile – secondo una valutazione spettante al giudice del merito disciplinare ed insindacabile in sede di legittimità acquisire elementi di prova del processo penale (Cass. S.U. n. 30650/2023; Cass. S.U. n. 12902/2021).
In disparte la effettiva possibilità di sovrapporre i fatti oggetto della contestazione disciplinare con quelli invece oggetto della denuncia da parte del COGNOME, che ha sostenuto il carattere diffamatorio dell’esposto della COGNOME, sicché al giudice penale solo in maniera indiretta sarebbe devoluto l’accertamento dei fatti per cui è causa, e rilevato che il ricorrente non fornisce notizia alcuna di quale sia stato l’esito della denuncia stessa e cioè se sia stata seguita dal rinvio a giudizio della denunciata, e quindi del passaggio dalla fase procedimentale a quella processuale, i motivi non appaiono confrontarsi con l’affermazione del carattere facoltativo della sospensione (Cass. S.U. n. 20384/2021) e, quindi, muovono dall’erroneo presupposto in diritto della necessarietà della paralisi del procedimento disciplinare.
L’erroneità della premessa rende evidente l’infondatezza dei motivi in esame, palesandosi inoltre del tutto generica la doglianza quanto alla mancata presa in esame di elementi di prova raccolti in sede penale in alcun modo specificati da parte del ricorrente.
Il sesto motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 24 Cost. nonché della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6, per l’omessa audizione dell’incolpato. Nullità della decisione e del
procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Si sostiene che non vi è prova dell’invito a comparire del ricorrente e che, ove anche lo stesso vi fosse stato, non si sarebbe tenuto conto del legittimo impedimento a presenziare in ragione di pregressi impegni professionali.
Il motivo è inammissibile per la sua genericità.
Dagli stessi atti prodotti dal ricorrente, e inseriti nel fascicolo telematico, risulta che questi ha depositato memorie difensive sia dinanzi al Consigliere delegato per l’istruzione del CDD, che dinanzi a quest’ultimo, una volta formulato il capo di incolpazione.
La narrazione dei fatti contenuta nella decisione del CDD, oggetto di impugnazione al CNF, riferisce che il COGNOME, dopo la notifica della citazione a comparire, ha provveduto a depositare memorie ed a presentare anche una serie di richieste di rinvii per legittimo impedimento, la maggior parte dei quali accolti, sino a pervenire alla celebrazione dell’udienza del 15 dicembre 2022, nel corso della quale venne sentita la COGNOME con la partecipazione anche dell’avv. COGNOME (cfr. pag. 5 della decisione del CDD dove si riferisce che il COGNOME non si oppose al deposito di una memoria da parte dell’esponente).
Della celebrazione dell’udienza del 15 dicembre 2022 con la partecipazione del ricorrente dà atto anche la sentenza impugnata alla pag. 3, il che rende evidente l’infondatezza della denuncia dell’assenza di un invito a comparire.
Inoltre, una volta provato che il ricorrente ebbe a formulare una serie di richieste di rinvio per legittimo impedimento, la maggior
parte delle quali accolte, manca in ogni caso la prova che questi chiese di essere sentito e che ciò venne negato da parte del CDD.
6. Il settimo motivo denuncia la violazione dell’art. 24 Cost. e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6, attesa la nullità del capo di incolpazione per assoluta indeterminatezza dei fatti contestati. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Si deduce che il CNF ha erroneamente rigettato l’eccezione di nullità, per difetto di specificità, indeterminatezza ed incertezza dei capi di incolpazione, che avevano precluso il corretto esercizio del diritto di difesa.
Il motivo è inammissibile in quanto non si confrota con la motivazione della decisione impugnata.
La sentenza, in relazione alla analoga censura mossa in quella sede, ha osservato come il capo di incolpazione contenesse una puntuale indicazione circa la collocazione cronologica dei fatti, aggiungendo alla pag. 12 che, a fronte della avvenuta contestazione al ricorrente dell’omessa consegna alla cliente della documentazione necessaria per ottenere la cancellazione del protesto, il CDD si era limitato solo a specificare la tipologia della documentazione richiesta, da cui scaturiva anche la generale violazione dell’art. 9 del Codice Disciplinare Forense.
La conclusione appare assunta nel rispetto dei principi affermati da questa Corte, secondo cui, in tema di procedimento disciplinare a carico di avvocato, la necessaria correlazione tra addebito contestato e decisione disciplinare non rileva in termini puramente formali, rispondendo all’esigenza di garantire pienezza ed effettività del contraddittorio sul contenuto dell’accusa e di evitare che
l’incolpato sia condannato per un fatto rispetto al quale non abbia potuto esplicare difesa; ne consegue che la modifica, ad opera del giudice, della qualificazione giuridica dell’incolpazione non determina alcuna lesione del diritto di difesa ove siano rimasti immutati gli elementi essenziali della materialità del fatto addebitato (cfr. Cass. S.U. n. 31572/2021).
Il CDD non ha in alcun modo immutato i fatti storici oggetto della contestazione, essendosi solo limitato ad individuare quale fosse la documentazione, di cui era stata omessa la consegna, che effettivamente si palesava necessaria per l’obiettivo della cliente, ma trattasi di precisazione che evidentemente presuppone che i fatti stessi nella loro storicità e materialità fossero stati puntualmente indicati nel capo di incolpazione.
Peraltro, il ricorrente sorregge la censura in esame facendo richiamo all’inattendibilità della denuncia della COGNOME, il che attiene più al merito della contestazione che non al rispetto dei canoni formali di determinatezza della stessa.
L’ottavo motivo lamenta la violazione dell’art. 24 Cost. e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Nullità ed inesistenza dell’esposto. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Si sostiene che l’esposto della COGNOME sarebbe viziato da nullità ed inesistenza essendo privo di data e luogo di sottoscrizione; inoltre, non si sarebbe tenuto conto della contestazione in merito all’autenticità della sottoscrizione.
Il motivo è evidentemente inammissibile, in quanto, a prescindere dalle contestazioni di carattere formale mosse dal Lorusso al
documento che contiene la denuncia delle violazioni deontologiche asseritamente perpetrate dal proprio difensore, non tiene conto del fatto che la stessa COGNOME ha personalmente partecipato al procedimento dinanzi al CDD, confermando oralmente quanto era stato a suo tempo descritto nell’esposto in forma scritta.
Il nono motivo lamenta la violazione degli artt. 14 e 15 del regolamento CNF n. 2/2014 e dell’art. 24 Cost. e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6., per l’omessa audizione dell’incolpato nella fase istruttoria e l’omesso accoglimento del legittimo documentato impedimento dell’incolpato. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente. Violazione dell’art. 59 l. n. 247/2012.
Si ribadisce che era stata colpevolmente omessa l’audizione del ricorrente nella fase istruttoria, nonostante fosse stata fatta richiesta, il che ha inciso sulla validità del procedimento.
Il decimo motivo denuncia la violazione degli artt. 14 e 15 del regolamento CNF n. 2/2014, dell’art 24 Cost. e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6, sempre in relazione all’omessa audizione. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente. Violazione di legge: art. 59 l. n. 247/2012.
Si ribadisce la nullità della fase istruttoria che si è riflessa sulla nullità della citazione a giudizio per il fatto che in precedenza non era stata disposta l’audizione del ricorrente.
L’undicesimo motivo denuncia la violazione dell’art. 24 Cost. e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Termine ragionevole. Abnormità. Nullità della decisione e del procedimento
disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Sempre in conseguenza della omessa audizione, si evidenzia che il CNF non ha considerato che la dichiarazione di nullità avrebbe dovuto implicare la regressione del procedimento allo stato o al grado in cui è stato compito l’atto nullo.
Il dodicesimo motivo denuncia la violazione degli artt. 14 e 15 del Regolamento CNF n. 2/2014, dell’art. 24 Cost. e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Omessa istruttoria. Violazione degli artt. 14, 16, 17 del regolamento del CNF n. 2 del 21.02.2014. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Si lamenta che non sia stata dichiarata la nullità della citazione in giudizio dinanzi al CDD, senza che fosse stata in precedenza disposta l’istruttoria del procedimento, come vanamente richiesto, anche successivamente all’approvazione del capo di incolpazione.
Il tredicesimo motivo lamenta la violazione dell’art. 24 Cost. e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Termine ragionevole. Abnormità. Violazione degli artt. 14, 16, 17 del regolamento del CNF n. 2 del 21.02.2014. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente. Violazione di legge: art. 59 l. n. 247/2012.
La censura segnala l’errore commesso dal CNF che ha omesso di dichiarare la nullità della citazione in giudizio dinanzi al CDD, senza che fosse disposta l’audizione dei testi indicati dal ricorrente ed omettendo anche di prendere in esame le dichiarazioni rilasciate ai sensi degli artt. 391 bis e 391 ter c.p.p.
Il quattordicesimo motivo denuncia la violazione dell’art. 16 del Regolamento CNF n. 2/2014, dell’art. 24 Cost. e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Processo equo. Termine ragionevole. Abnormità. Violazione degli artt. 14, 16, 17 del regolamento del CNF n. 2/2014. Violazione di legge: art. 59 l. n. 247/2012. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Si lamenta che ha errato il CNF nel non dichiarare la nullità della citazione a giudizio del Lorusso, senza che gli fosse comunicata l’approvazione del capo di incolpazione e gli fosse concesso termine per il deposito di memorie difensive, di produzione documentale, per l’audizione personale e per l’escussione dei testi indicati.
Il quindicesimo motivo lamenta la violazione dell’art. 111 Costituzione. Violazione dell’art. 25 Costituzione. Violazione dell’art. 24 Cost. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Si sostiene che il CNF avrebbe dovuto dichiarare la nullità della citazione in giudizio, per non essere stata previamente verificata l’attribuibilità dell’esposto e la sua sottoscrizione alla COGNOME.
Il sedicesimo motivo lamenta la violazione degli artt. 17 e 18 regolamento CNF n. 2/014, dell’art. 24 Cost. e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Termine ragionevole. Abnormità. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Si sostiene che la citazione a giudizio era affetta da nullità, in quanto era stata emessa senza che fosse stata delibata la tesi difensiva del ricorrente, circa l’improcedibilità e l’inammissibilità dell’azione disciplinare.
Il ventisettesimo motivo lamenta la violazione dell’art. 24 Cost e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Termine ragionevole. Abnormità. Violazione art. 14 del regolamento del CNF del 21.02.2014 n. 2. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
La citazione a giudizio sarebbe nulla in quanto la stessa non tiene conto del fatto che era stato precluso al ricorrente l’esercizio del diritto di accesso agli atti del procedimento, nonostante la sua formale richiesta.
I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono in parte inammissibili ed in parte manifestamente infondati.
Sono inammissibili nella parte in cui si deduce la compressione di alcune facoltà difensive nella fase istruttoria del procedimento disciplinare svoltosi dinanzi al CDD, assumendo in maniera apodittica che sarebbero state disattese delle richieste istruttorie ovvero di accesso ad atti, senza che però i motivi, in palese violazione di quanto dettato dall’art. 366 co. 1, n. 6, c.p.c., specifichino quando tali richieste siano state avanzate ed ove le stesse siano attualmente reperibili nella produzione di parte o nel fascicolo del procedimento disciplinare (non senza trascurare che le affermazioni del ricorrente risultano ampiamente smentite dalla stessa documentazione prodotta che attesta, contrariamente a quanto dedotto, che l’incolpato ebbe modo di sottoporre all’attenzione del Consigliere delegato per l’istruzione le proprie posizioni difensive – cfr. pagg. 5 e 6 della decisione n. 6 del 2023 del
CDD di Bari, che riferisce del deposito di memorie difensive da parte del ricorrente).
Sono manifestamente infondati, e quindi suscettibili di essere quaificati come inammissibili ex art. 360 bis, n. 1, c.p.c., in quanto non si confrontano con la tradizionale giurisprudenza di questa Corte che ha già affermato, in relazione alle funzioni esercitate in materia disciplinare dai Consigli territoriali dell’Ordine degli avvocati ed al relativo procedimento, che le stesse rivestono natura amministrativa e non giurisdizionale (cfr. da ultimo Cass. S.U. n. 9949/2024; Cass. S.U. n. 29588/2022), con la conseguenza che, qualora il Consiglio dell’Ordine proceda a raccogliere informazioni e documentazione ai sensi dell’art. 47 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, la mancata comunicazione di apertura del procedimento all’incolpato e al P.M., prima dell’atto di citazione di cui al successivo art. 48, non comporta alcuna sanzione di nullità (Cass. S.U. n. 28339/2011; Cass. S.U. n. 23540/2015).
E’ stato altresì precisato che, in tema di procedimento disciplinare a carico di avvocati, nella fase, non necessaria, delle indagini conoscitive che l’ordine professionale può svolgere prima dell’emissione del provvedimento che fissa il giudizio disciplinare, l’interessato non ha diritto di essere sentito, e quindi non è necessario effettuare ad esso, ai fini difensivi, alcuna comunicazione (Cass. S.U. n. 5072/2005; Cass. S.U. n. 28336/2011).
Inoltre, sempre in tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, la mancata immediata comunicazione dell’apertura del procedimento all’interessato ed al P.M., secondo quanto prescritto dall’art. 47, primo comma, del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, non determina la nullità della conseguente delibera del Consiglio
dell’ordine degli avvocati, ma solo quella degli atti di istruzione eventualmente compiuti prima della predetta comunicazione (Cass. S.U. n. 737/2015).
Alla luce di tali principi che appaiono suscettibili di estensione anche alla fase istruttoria preliminare che il Regolamento del CNF n. 2/2014 affida al Consigliere Istruttore, deve escludersi che eventuali violazioni (peraltro nemmeno adeguatamente allegate e provate dal ricorrente), determinino la nullità del successivo rinvio a giudizio dinanzi al CDD, potendo in quella sede essere recuperate quelle garanzie difensive eventualmente compresse nella fase dell’istruttoria, il che porta ad escludere che, alla luce dell’attività istruttoria svolta dinanzi al CDD, possa addivenirsi alla nullità dell’intero procedimento disciplinare.
Il diciassettesimo motivo lamenta la violazione dell’art. 24 Cost. nonché della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Termine ragionevole. Abnormità. Violazione dell’art. 18 del regolamento del CNF del 21.02.2014 n. 2. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente, in quanto non è stata dichiarata la nullità della citazione a giudizio che non conteneva l’indicazione dei componenti della sezione del CDD e dei supplenti, analogamente a quanto previsto dall’art. 552 c.p.p.
Il motivo è inammissibile, alla luce del contenuto precettivo dell’art. 21 del menzionato regolamento del CNF che alla lett. c) si limita a prescrivere che debba essere indicata la sezione giudicante del CDD incaricata del dibattimento, senza alcuna prescrizione in merito altresì alle persone fisiche chiamate a comporla, non potendosi
estendere al caso in esame la diversa disciplina dettata dall’art. 552 c.p.p.
10. Il diciannovesimo motivo lamenta la violazione dell’art. 24 Cost., nonché degli artt. artt. 10 e ss. del regolamento CNF n. 2/2014. Violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Processo equo. Violazione dell’art. 2697 c.c. Omesso raggiungimento della prova certa dell’addebito disciplinare -proscioglimento dell’incolpato necessità. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Il motivo, dalla formulazione quasi ermetica, è inammissibile, in quanto assume la necessità della propria assoluzione, sul presupposto che non sarebbe stata offerta la prova certa della sua responsabilità, denotando in tal modo come la censura investa direttamente l’apprezzamento di merito del CNF che ha invece ritenuto che le prove raccolte confermassero la sussistenza dell’illecito per il quale è stato sanzionato.
Il ventunesimo motivo lamenta la violazione degli artt. 24 e 97 cost. Violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. della di
Processo equo. Omessa notifica al difensore. Nullità decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto motivazione e motivazione apparente.
Si sostiene che sia stata erroneamente disattesa l’eccezione di nullità del procedimento in quanto la citazione dinanzi al CDD non era stata notificata al difensore nominato, avv. NOME COGNOME così che tale omissione ha generato una violazione del diritto di difesa.
Il motivo è inammissibile, in quanto, anche a voler superare il difetto di specificità del motivo che omette di riportare con
precisione l’atto e la parte in cui vi sarebbe stata la nomina anche dell’avv. COGNOME trascura la circostanza che non viene contestato il fatto che nella fase istruttoria svoltasi dinanzi al CDD l’avv. COGNOME ha assunto in proprio la difesa e che tale qualità risulta confermata anche nell’epigrafe della decisione del CDD, così che ai fini della salvaguardia del diritto di difesa era sufficiente la notifica effettuata direttamente al ricorrente, anche nella spiegata qualità di difensore.
Il ventiduesimo motivo denuncia la violazione dell’art. 24 Cost.
Violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Processo equo. Omessa istruttoria. Violazione di legge: artt. 10 ss. regolamento CNF n. 2/2014. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente. Violazione di legge: art. 59 l. n. 247/2012.
Si deduce che il CNF non ha considerato che era stata omessa l’istruttoria nella fase decisionale, in quanto non era stato consentito all’incolpato di far escutere i testi indicati nell’apposta lista.
Il motivo è inammissibile, in quanto, a fronte dell’affermazione contenuta nella sentenza impugnata (cfr. pag. 3), secondo cui, dopo l’escussione del primo teste indicato dal ricorrente, vi era stata la rinuncia a sentire l’altro teste addotto, si assume che in realtà vi sarebbe stata una coercizione del dritto alla prova, per effetto dell’iniziativa del CDD, ma senza richiamare né indicare, in ossequio al principio di specificità di cui all’art. 366, co. 1, n. 6, c.p.c., con quali provvedimenti siano state realizzate le violazioni denunciate.
Quanto poi all’asserzione secondo cui sarebbe stata illegittimamente acquisita una memoria depositata dalla esponente in occasione della sua audizione dinanzi al CDD, la censura non si confronta con quanto riportato nella sentenza impugnata, che sempre a pag. 3
riferisce che tale acquisizione era avvenuta senza alcuna opposizione da parte dell’avv. COGNOME
13. Il ventitreesimo motivo lamenta la violazione dell’art. 24 Cost. Violazione della convenzione europea dei diritti dell’uomo, art. 6. Abnormità. Violazione del capo III, art. 13, e del capo VIII art. 28, del regolamento di funzionamento del CDD di Bari del 03.07.2015. Violazione del regolamento di funzionamento del CDD di Bari del 20.01.2023, capo VIII, art. 27. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Assume il ricorrente che è stato citato a giudizio dinanzi alla CDD, senza che gli fossero state inviate le credenziali informatiche di cui al software gestionale per accedere al fascicolo, come prescritto dal regolamento del CDD di Bari.
Il ventiquattresimo motivo risulta del tutto identico, anche nella sua formulazione letterale al ventitreesimo
I motivi sono inammissibili, in quanto non si confrontano con la ratio della sentenza impugnata, che ha ribadito la prevalenza del regolamento emesso dal CNF (che all’art. 17, punto 2, lett. a) prevede il diritto dell’incolpato ad accedere ai documenti contenuti nel fascicolo, potendosene trarre copia integrale), nonché con l’affermazione secondo cui non vi è stata alcuna lesione del diritto di difesa, mancando l’allegazione circa il fatto che al Lorusso sia stato negato il diritto di prendere visione o copia degli atti di cui al fascicolo del procedimento disciplinare.
Le censure si limitano a reiterare la doglianza che non erano state inviate le credenziali informatiche, ma omettono di specificare in che termini tale omissione si sia ripercossa sul diritto di difesa.
14. Il ventiseiesimo motivo lamenta la violazione dell’art. 24 Cost. Violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Processo equo. Termine ragionevole. Abnormità. Violazione del capo 1, art. 1, e del capo IX del regolamento di funzionamento del CDD di Bari del 03.07.2015. Violazione del regolamento del 20.01.2023 del CDD di Bari capo VIII, art. 27. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Si deduce che, in contrasto con quanto disposto dal regolamento locale, non si è proceduto alla formazione del fascicolo telematico ed alla sua trasmissione ai componenti del Collegio.
Il motivo è inammissibile in quanto, in disparte la prevalenza assegnata alle previsioni del regolamento del CNF, lamenta un inadempimento che attiene ad una prerogativa dei componenti del Collegio della CDD, al fine di agevolarne il suo lavoro, ma senza che sia in alcun modo esplicato come tale omissione possa avere avuto ripercussioni negative sul diritto di difesa e sulla decisione emessa.
15. Il ventottesimo motivo lamenta la violazione dell’art. 24 Cost. Violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Processo equo. Violazione degli artt. 16 e 17 del regolamento del CNF del 21.02.2014 n. 2. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Si assume la nullità della decisione in quanto è stato citato a giudizio dinanzi al CDD senza che fosse stato approvato il capo di incolpazione e gli fosse stato concesso il termine per il deposito di documenti e memoria.
Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, in quanto a fronte di quanto riferito nella sentenza impugnata, laddove a pag. 3 si ricorda che il Consigliere Istruttore aveva formulato alla CDD una proposta di formulazione del capo di incolpazione, e di quanto riferito dallo stesso ricorrente, e cioè l’avere predisposto una memoria per l’udienza del 22 marzo 2022, si assume che sarebbe mancata una sottopozione al CDD del capo di incolpazione e sarebbe stato menomato il diritto di depositare memorie, ma senza in alcun modo allegare o indicare gli atti dai quali emergerebbero circostanze in senso contrario a quanto affermato dal CNF.
16. Il ventinovesimo motivo denuncia la violazione dell’art. 24 Cost. Violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Processo equo. Violazione dell’art. 18 del regolamento del CNF del 21.02.2014 n. 2. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Si sostiene che la citazione a giudizio dinanzi al CDD sarebbe affetta da nullità in quanto sarebbe stata disposta senza che fosse conclusa l’istruttoria.
Il motivo è inammissibile anche in questo caso per difetto di specificità, avendo omesso di indicare quale mezzo istruttorio non sia stato espletato durante la fase istruttoria, ed è comunque infondato, alla luce delle considerazioni svolte circa il carattere amministrativo di tale fase che si riflette anche sulle conseguenze delle eventuali violazioni ivi commesse.
17. Il trentesimo motivo lamenta la violazione dell’art. 24 Cost. Violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Processo equo. Violazione degli artt. 20 del regolamento del CNF del
21.02.2014 n. 2. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Si deduce che la nullità della citazione a giudizio discende dal fatto che nella stessa non siano stati indicati i testi che il CDD intendeva sentire.
Il motivo è inammissibile, in quanto risulta che sia stato escusso solo un teste indicato dall’incolpato senza che sia nemmeno allegato che si sia proceduto ad escutere testi eventualmente sollecitati dallo stesso CDD.
Il trentunesimo motivo denuncia la violazione dell’art. 24 Cost. Violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Indeterminatezza dei capi di incolpazione. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente, in quanto il ricorrente sarebbe stato citato in giudizio dinanzi al CDD con dei capi di carattere indeterminato e privi delle necessarie indicazioni delle modalità spazio -temporali dei fatti contestati.
Il motivo è inammissibile, potendosi a tal fine fare richiamo a quanto esposto in occasione della disamina del settimo motivo di ricorso.
Il trentaduesimo motivo lamenta l’insussistenza dei fatti contestati. Perizie medico-legali. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione su punti decisivi della controversia, illogicità manifesta della motivazione. Omessa e carente motivazione sul profilo della responsabilità disciplinare. Eccesso di potere sotto il profilo del mancato accertamento e/o del travisamento dei fatti. Vizio di motivazione
apparente. Difetto assoluto di motivazione in ordine alle violazioni di carattere deontologico addebitabili all’incolpato.
Il motivo è inammissibile in quanto si sostanzia in una censura, non consentita nei termini formulati in questa sede, alla valutazione di merito operata dal CNF, che ha ritenuto la colpevole omissione del ricorrente quanto alla richiesta di consegna della ex cliente di documentazione dovuta, contestazione che peraltro appare correlata alla produzione di documentazione sanitaria che attesta gli esiti di un evento traumatico subito dal ricorrente, ma che non comprova altresì che vi fosse un’assoluta impossibilità, anche con la propria organizzazione di studio, ad attendere alle legittime richieste della COGNOME.
20. Il trentatreesimo motivo denuncia la violazione dell’art. 24 Cost. Violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Processo equo. Violazione del principio di immutabilità. Nullità assoluta. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Assume il ricorrente che il CNF non avrebbe considerato la violazione del principio di immutabilità del giudice, poiché era variata la composizione dell’organo giudicante.
Il motivo, che sembra riferirsi alla variazione della composizione del CDD, appare prima facie inammissibile, in quanto non risulta che la deduzione rientrasse tra i motivi di impugnazione presentati al CNF.
Lo stesso è poi del pari inammissibile in quanto riferisce di una pretesa variazione della composizione del collegio giudicante, ma senza indicare in dettaglio in che termini la stessa sia avvenuta.
Infine, è manifestamente infondato, atteso che la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che, in tema di procedimento
disciplinare a carico di avvocati, non integra nullità alcuna il mutamento della composizione del Consiglio dell’ordine degli avvocati (COA) all’atto dell’adozione della decisione rispetto a quella della prima udienza in cui l’incolpato è stato sentito ed ha consegnato documentazione difensiva, in quanto in tale procedimento non si applica il principio dell’immutabilità del collegio giudicante (Cass. S.U. n. 21585/2011; Cass. S.U. n. 5995/201).
21. Il trentaquattresimo motivo denuncia la violazione dell’art. 24 Cost. Violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6. Processo equo. Eccesso di potere. Insussistenza dei fatti contestati. Assenza materia disciplinare. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione su punti decisivi della controversia, illogicità manifesta della motivazione. Omessa e carente motivazione sul profilo della responsabilità disciplinare. Eccesso di potere sotto il profilo del mancato accertamento e/o del travisamento dei fatti. Vizio di motivazione apparente. Difetto assoluto di motivazione in ordine alle violazioni di carattere deontologico addebitabili all’incolpato. Eccesso di potere sotto il profilo della omessa motivazione e della sproporzione tra la condotta contestata con l’incolpazione e la sanzione irrogata.
Il motivo è inammissibile in quanto si risolve in una non consentita contestazione dell’accertamento di fatto operato dal giudice di merito, pretendendo di dover reputare preferibile la personale ricostruzione dell’accaduto operata dal ricorrente, in contrasto con quella compiuta dal giudice disciplinare, sulla scorta degli elementi di prova raccolti.
22. Il trentacinquesimo motivo denuncia la violazione dell’art. 24 Cost. Violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo,
art. 6. Processo equo. Eccesso di potere. Sui capi di incolpazione sub a), b) e c). Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione su punti decisivi della controversia, illogicità manifesta della motivazione. Omessa e carente motivazione sul profilo della responsabilità disciplinare. Eccesso di potere sotto il profilo del mancato accertamento e/o del travisamento dei fatti. Vizio di motivazione apparente. Difetto assoluto di motivazione in ordine alle violazioni di carattere deontologico addebitabili all’incolpato. Eccesso di potere sotto il profilo della omessa motivazione e della sproporzione tra la condotta contestata con l’incolpazione e la sanzione irrogata.
Il motivo è inammissibile in quanto mira a contestare la sussistenza della propria responsabilità in relazione ai fatti contestati nel capo a), per il quale è stata esclusa già dal CDD la responsabilità disciplinare, il che rende evidente il difetto di interesse che sorregge tale mezzo di impugnazione.
23. Il trentaseiesimo motivo denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c. Omessa valutazione travisamento della prova documentale. Eccesso di potere. Sul capo di incolpazione sub b). Violazione di legge. Art. 9 CDF. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione su punti decisivi della controversia, illogicità manifesta della motivazione. Omessa e carente motivazione sul profilo della responsabilità disciplinare. Eccesso di potere sotto il profilo del mancato accertamento e/o del travisamento dei fatti. Vizio di motivazione apparente. Difetto assoluto di motivazione in ordine alle violazioni di carattere deontologico addebitabili all’incolpato. Eccesso di potere sotto il profilo della omessa motivazione e della sproporzione tra la condotta
contestata con l’incolpazione e la sanzione irrogata. Omessa motivazione sul giudizio di valenza tra le attenuanti richieste e prodotte e l’aggravante contestata.
Il motivo, a fronte della rubrica che fa riferimento anche ad elementi del tutto estranei al contenuto della decisione impugnata, quale il bilanciamento delle attenuanti e delle aggravanti, si sostanzia nel far rilevare che in realtà il COGNOME aveva consegnato alla COGNOME la liberatoria necessaria per la cancellazione dal registro dei protesti.
La censura, però, non si avvede che il motivo dell’irrogazione della sanzione non risiede nel fatto che l’assegno non sia stato restituito alla cliente con annessa la dichiarazione liberatoria, ma piuttosto nel rilievo che quest’ultima non avesse ricevuto l’autenticazione necessaria per assicurare la sua proficua utilizzazione ai fini della auspicata cancellazione del nominativo della COGNOME dal registro dei protesti, così che appare inammissibile non avendo colto la reale ratio della decisione impugnata.
Il trentasettesimo motivo lamenta la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. Difformità tra contestato e pronunziato. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e motivazione apparente.
Si deduce che il CNF non avrebbe considerato di avere emesso una decisione a sorpresa, riconoscendo la responsabilità per un fatto diverso da quello ab origine contestato.
Il motivo è inammissibile, alla luce delle considerazioni svolte in occasione della disamina del settimo motivo.
Il trentottesimo motivo denuncia la violazione dell’art. 6 del Regolamento del CNF n. 2/2014, con la nullità della decisione e del procedimento disciplinare. Difetto assoluto di motivazione e
motivazione apparente e violazione dell’art. 59 della legge n. 247/2012.
Si evidenzia che sia la decisione del CDD che del CNF sono state depositate ben oltre il termine di trenta giorni prescritto per il deposito.
Anche tale motivo deve essere dichiarato inammissibile ex art. 360 bis , n. 1, c.p.c., occorrendo far richiamo alla giurisprudenza di questa Corte, suscettibile di estensione anche alla novella di cui alla legge n. 247/2012, che ha affermato che in materia di procedimento disciplinare a carico di avvocati, il termine di quindici giorni di cui all’art. 50, primo comma, del regio D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, riguarda la notificazione dei provvedimenti dei Consigli dell’Ordine dopo il deposito nella segreteria del collegio deliberante, mentre non si riferisce ai tempi che devono intercorrere tra la deliberazione dei provvedimenti medesimi ed il loro deposito nella detta segreteria. Ne consegue che il mancato rispetto di tempi ragionevoli nel deposito dei provvedimenti con cui viene applicata una sanzione disciplinare – mancando, del resto, qualsiasi altra norma che ne contempli l’efficacia invalidante – è insuscettibile di comportare vizio alcuno nei provvedimenti depositati con ritardo, potendo questo dare luogo, al più, a responsabilità disciplinare o civile dei soggetti che vi abbiano colpevolmente dato causa. (Cass. S.U. n. 1904/2002; Cass. S.U. n. 28336/2011; Cass. n. 13167/2021, che concerne più in generale tutti i termini per il procedimento disciplinare dinanzi al CNF).
26. Il ricorso è pertanto dichiarato inammissibile, nulla dovendosi disporre quanto alle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati.
27. Tuttavia la proposizione stessa del ricorso, con la formulazione di numerose censure nella maggior parte dei casi prive di un reale confronto con l’effettivo contenuto della decisione gravata, e volte spesso a proporre questioni di merito inammissibili in questa sede, con la moltiplicazione dei motivi di impugnazione e con la evidente mancata presa in esame della costante giurisprudenza di legittimità, reiterando, senza nemmeno offrire elementi per indurre la Corte ad un ripensamento, tesi del tutto prive di fondamento giuridico, denota una condotta processuale evidentemente suscettibile di essere qualificata come abusiva (cfr., con riferimento all’esercizio del diritto di impugnazione, Cass. n. 5725/2019; Cass. n. 29812/2019).
Ricorrono pertanto i presupposti per addivenire alla condanna a favore della cassa delle ammende, ex art. 96, co. 4, c.p.c., in danno del ricorrente, per l’ammontare che queste Sezioni Unite, in relazione alla rilevanza della condotta posta in essere, ritiene di determinare nell’importo di € 5.000,00, non rilevando a tal fine il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato, essendosi in tal senso già precisato, sebbene in ordine alle sanzioni di cui all’art. 380 bis c.p.c., con principi sicuramente applicabili anche nel caso di applicazione diretta dell’art. 96 co. 4 c.p.c., che la condanna del ricorrente al pagamento della somma di cui all’art. 96, comma 4, c.p.c. in favore della cassa delle ammende deve essere pronunciata anche qualora nessuno dei soggetti intimati abbia svolto attività difensiva, avendo essa una funzione deterrente e, allo stesso tempo, sanzionatoria rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori (Cass. S.U. n. 27195/2023; Cass. n. 27947/2023).
28. Poiché il ricorso è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di € 5.000,00;
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater , del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, l. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore somma pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 4 febbraio 2025.